L’Unione Europea ha deciso di considerare il 2011 Anno Europeo del volontariato. È significativo l’inserimento del tema in un contesto triennale, preceduto dall’Anno di lotta alla povertà e seguito dall’Anno dell’Invecchiamento e della solidarietà intergenerazionale. La scelta costituisce un invito a considerare il volontariato risorsa importante per affrontare seri problemi sociali, quali la povertà e l’invecchiamento della popolazione, in un tempo segnato dalla crisi economica e dalla inadeguatezza delle risorse.
Gli obiettivi fissati dall’UE sono piuttosto generici:
– migliorare la qualità del volontariato, e rendere più efficienti e funzionali le organizzazioni di volontariato;
– creare nell’UE un clima che faciliti l’inserimento dei cittadini nelle attività di volontariato;
– vivacizzare i programmi e l’organizzazione del volontariato, così da aprirlo a persone di tutte le età, ma soprattutto ai giovani;
– potenziare il volontariato come strumento di lotta alla povertà, in logica continuazione all’anno 2010 dedicato a questo specifico obiettivo.

È facile cogliere in queste finalità una certa concezione strumentale del volontariato: non vengono naturalmente negati i suoi valori intrinseci, ma viene accentuata la potenzialità della sua azione, nel contribuire a risolvere i nodi dello Stato sociale, che appaiono sempre più problematici.

Un documento ministeriale di indirizzo


L’iniziativa dell’Unione Europa è stata recepita e inquadrata nel nostro paese in un documento di indirizzo, predisposto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel quale, viene riconosciuta l’identità del volontariato, la sua valenza sociale, il suo apporto specifico. Alcuni aspetti del documento meritano di essere evidenziati.
– Anzitutto viene messa a fuoco con chiarezza l’identità del volontariato, presentato come attività sociale, realizzata per iniziativa spontanea, gratuita cioè non retribuita, effettuata a vantaggio di terzi esterni al proprio ambiente familiare o amicale . Viene sottolineato in particolare, che «La gratuità è l’elemento distintivo dell’agire volontario e lo rende originale rispetto ad altre componenti del terzo settore e ad altre forme di impegno civile». È singolare che la gratuità del volontariato venga presentata come il fondamento della sua valenza sociale, in quanto, grazie ad essa, i volontari possono aiutare la cittadinanza tutta a scoprire una nuova cultura, quella della solidarietà, della non discriminazione, dello sviluppo sostenibile, della non violenza, del rispetto dell’altro e della cittadinanza responsabile, fondata sulla promozione dei diritti e delle buone pratiche di democrazia partecipativa.
– Viene inoltre riconosciuta al volontariato, una specie di vocazione profetica, che lo spinge a scoprire i bisogni emergenti della società e ad assumere un ruolo di stimolo nei confronti degli attori istituzionali e della società, ai fini di sviluppare maggiore attenzione ai bisogni della comunità stessa e di ricercare soluzioni adeguate.
– Infine viene sottolineato che il peso specifico del volontariato va ben oltre il suo apporto in termini di valore economico. Quest’ultimo è un aspetto non disprezzabile se, come dicono alcune stime, le ore di lavoro gratuito equivarrebbero al 5% del Pil. Il vero contributo del volontariato, però va ricondotto all’accrescimento del capitale sociale, in quanto valorizza le relazioni interpersonali, rafforza la centralità della persona, attraverso la scelta preferenziale degli ultimi ed esprime un apporto qualitativo di innovazione e di sperimentazione sociale.
L’inquadramento del volontariato disegnato dal documento governativo può apparire alquanto idealistico a chi conosce nel concreto la realtà e i limiti del volontariato italiano. Tuttavia lo sforzo di fare chiarezza sulla sua identità è particolarmente importante nel momento attuale in cui, spesso, sotto il termine “volontariato”, passa di tutto e di più, e regna una diffusa confusione, nella quale, proprio il volontariato rischia di essere la vittima designata.

Il volontariato in Italia

Ma qual è la consistenza del volontariato in Italia? È una domanda alla quale è difficile dare una risposta precisa, per varie ragioni. Anzitutto perché non esistono statistiche complessive, ma solo statistiche relative alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali: sfuggono pertanto i volontari che operano singolarmente e quelli che, pur operando in gruppi organizzati, hanno scelto di non inserirsi nei registri pubblici. Inoltre perché il volontariato si caratterizza per una accentuata mobilità: ogni anno sono molti i gruppi che nascono e molti i gruppi che cessano di operare. Infine non tutte le organizzazioni che si qualificano come volontarie, hanno la medesima visione di volontariato. Per alcuni infatti il volontariato è compatibile con una qualche retribuzione, e quindi sacrificano la gratuità. Altri tendono a sottovalutare l’elemento “continuità” dell’impegno di servizio e ritengono di considerare volontariato anche la disponibilità a una o due prestazioni di servizio all’anno.
Normalmente vengono richiesti ai volontari alcuni requisiti: la libera scelta, la gratuità delle prestazioni, l’apertura del servizio all’intera comunità senza esclusioni di sorta, la democraticità dell’organizzazione, una certa stabilità dell’impegno dei soci, la disponibilità a diffondere nell’ambiente esterno i valori che caratterizzano il volontariato.
Le organizzazioni di volontariato registrate operanti in Italia, sono circa 40.000. I volontari inseriti nelle organizzazioni sono circa 1.100.000 con una media di circa 28 volontari per associazione. Naturalmente ci sono associazioni numericamente modeste e altre molto più consistenti.
In confronto con altre nazioni europee, l’Italia conta proporzioni modeste che non superano il 2% degli abitanti, percentuale lontanissima dal 30% che è la media europea. Gli uomini sono la maggioranza (54%), le donne sono il restante 46% . Quanto alla distribuzione territoriale, il 60% operano nel Nord; il 21% nel mezzogiorno e il 19% al centro. La maggiore concentrazione di volontari è collocata tra i 30 e i 54 anni. Dovunque si registra una diminuzione dei volontari negli ultimi anni, in coincidenza con la crisi economica. Debole risulta infine la presenza dei giovani. È comprensibile questo vuoto giovanile, se si pensa che in Italia ci sono 2 milioni di giovani senza lavoro; esso tuttavia è preoccupante per il futuro del volontariato. È proprio in ragione a questa latitanza giovanile, che la Rete dei Centri di Servizio del Volontariato, ha programmato per l’anno in corso, un’azione massiccia di sensibilizzazione nelle scuole, con l’obiettivo di illustrare la realtà del volontariato e di offrire anche opportunità di introduzioni sperimentali alla vita solidale.

A servizio dei più deboli

Per quanto riguarda i settori di intervento: la sanità e l’assistenza sociale si confermano i settori nei quali opera il maggior numero di organizzazioni di volontariato. Seguono e sono in crescita i settori dello sport e ricreazione, della cultura, della protezione civile e della tutela dell’ambiente. Esistono anche, ma in numero molto ridotto, associazioni a tutela dei diritti. Questo aspetto di tutela dei diritti dovrebbe essere una dimensione comune a tutte le associazioni di volontariato.
Pur con i limiti numerici sopra ricordati, i destinatari dei servizi del volontariato superano i 7 milioni di persone, quindi oltre l’11% della popolazione residente. Da tener presente che i destinatari non sono l’universo della popolazione, ma le persone in difficoltà, per motivi di malattia, di solitudine, di disagio abitativo o relazionale. Quindi: anziani, minori, handicappati, persone non autosufficienti, malati e malati terminali, carcerati e famiglie di carcerati, persone con disturbi psichici, immigrati e profughi, ragazze madri e vittime di violenze, persone senza fissa dimora ecc. In sintesi, – per usare una felice espressione del defunto Paolo VI° – destinatarie sono le persone che «non contano, non hanno voce, non vengono interpellate nemmeno quando si prendono decisioni che le riguardano, e rischiano perciò maggiormente di essere ignorate e discriminate». Ce n’è abbastanza, per capire la preziosità del volontariato: senza di esso la cosiddetta “civile” sarebbe meno umana e responsabile.
Talvolta emergono, anche nell’ambito ecclesiale, atteggiamenti critici di fronte al volontariato. Non sono effetto di scarsa stima; al contrario provengono dal desiderio che questo patrimonio di solidarietà sviluppi tutte le sue potenzialità e “contamini” positivamente la cultura e le istituzioni.

Alcuni nodi da sciogliere


Il volontariato sta attraversando un momento di difficoltà, in Italia e in Europa. Per quanto riguarda il nostro paese, oltre al calo numerico, sopra ricordato – secondo Astra Ricerche, negli ultimi tre anni è stato del 10%, – si è potuta registrare una sempre più debole incidenza del volontariato sulle grandi decisioni sociali e politiche, riguardanti il Welfare, il superamento delle disuguaglianze e la lotta contro la povertà. Il paese sta andando a rotoli, è diffuso un pericoloso qualunquismo etico, cresce la sfiducia nelle istituzioni, aumenta ogni giorno più una conflittualità lacerante tra le forze politiche, viene messa in discussione la stessa appartenenza a una patria comune. Di fronte a questo degrado, sarebbe normale che il volontariato, che di sua natura è portatore di grandi valori, facesse sentire la propria voce, diventasse coscienza critica della società. Invece si registra un suo silenzio assordante e deludente. Esso dà l’impressione di essere soddisfatto delle buone azioni che compie a favore dei poveri, volendo forse rispettare la regola del silenzio e della discrezione raccomandata dal Vangelo. Si dimentica però che il Vangelo chiede ai cristiani anche di essere lievito della storia e sale che previene la corruzione e da sapore alla vita.

Un impegno ecclesiale rinnovato


Chi ridarà ossigeno al volontariato? Tutti quanti credono al valore della gratuità, ma in particolare dovrà farsene carico la comunità cristiana.
Il volontariato è nato nella Chiesa e si è imposto, nel corso dei secoli, come una delle espressioni più trasparenti della carità cristiana. È il segno visibile dell’amore gratuito di Dio. I confratelli delle antiche Misericordie, quando si recavano nelle case a visitare i malati e a seppellire i morti, portavano un cappuccio, che impediva di riconoscerli. I beneficiari dei loro servizi pertanto ringraziavano dicendo: Deo gratias.
Oggi si impone il dovere di una nuova evangelizzazione, che passi attraverso l’annuncio verbale e soprattutto attraverso la testimonianza dei credenti. L’anno Europeo del volontariato può costituire uno stimolo per le nostre parrocchie a inserire, nell’itinerario dell’evangelizzazione, dentro la catechesi, la proposta del volontariato fatta a tutti, dai bambini agli adulti. Non sarebbe forse anche una buona iniziativa per vivere pienamente quella carità di cui parla la quaresima?
Forse il mondo attende, oggi più che in passato, dalla Chiesa questo segno di conversione autentica al Signore Gesù, che per amore dell’uomo si è fatto suo servo.