«È da poco iniziato il tempo della quaresima. Come ci insegna la Chiesa, è un
tempo di conversione, un cammino di “trasfigurazione” a immagine del Risorto; un
tempo non di tristezza, ma di fede operosa.
Sono tantissimi i messaggi su questo argomento (tra cui anche quello di
Benedetto XVI), la esortazioni e le lettere pubblicati in tutte le istanze della
Chiesa e anche dai vari superiori/e degli istituti religiosi. Qui vogliamo
riprendere, stralciando, quanto ha scritto don Alberto Lorenzelli, ispettore dei
salesiani e presidente nazionale della Cism, in una lettera ai suoi religiosi
per accompagnare il loro cammino quaresimale. Egli ha definito la quaresima una
“grande occasione per una vera conversione del cuore” e ha osservato che se sarà
vissuta in pienezza, potrà «diventare fonte di gioia e di santità nelle
comunità», e sarà anche «specchio attraente di testimonianza e di proposta
vocazionale nel luogo di missione in mezzo ai nostri giovani e alla nostra
gente, dove il Signore ci ha collocati ad annunciare lui e il suo Vangelo, “in
un mondo che cambia».
La conversione, tuttavia, non si risolve in questa o quella pratica, ma «è un
processo sempre in atto che impegna continuamente, poiché ogni giorno Gesù ci
chiama a rinnovare la nostra vita in consonanza col suo Vangelo». Ma perché sia
effettiva, «ci vogliono molta umiltà e molto coraggio per ammettere i propri
errori, confessare i propri peccati e fare inversione di marcia… (infatti) non è
possibile credere al Vangelo e affidarsi alla Parola del Signore se non si
immette nella mente e nel cuore il dinamismo della conversione, del cambiamento
di mentalità e del rinnovamento della vita».
Le opere quaresimali
Per sottolineare quanto questo cammino di conversione sia importante, don
Lorenzelli ricorda che i monaci, nell’antichità ne facevano un voto specifico.
Nell’emettere la professione, infatti, promettevano «la conversione dei
costumi». Era stato lo stesso san Benedetto a mettere in relazione vita
monastica e quaresima. Nel capitolo 49 della sua Regola, si trova scritto: «Il
monaco dovrebbe conservare in ogni tempo un rigore di vita quaresimale».
Infatti, i monaci si percepirono, alla loro origine, come la continuazione,
nella Chiesa, dell’Ordine dei Penitenti; i quali vivevano la quaresima come
periodo di preparazione al rito della loro riconciliazione con il vescovo e la
Chiesa, il Giovedì santo.
Durante questo tempo, la Chiesa, per favorire il loro cammino di conversione,
suggerisce ai fedeli anche delle “opere quaresimali” e cioè la preghiera,
l’elemosina e il digiuno.
– La preghiera, per un giusto rapporto con Dio.
– L’elemosina, per un giusto rapporto con il prossimo.
– Il digiuno, per un giusto rapporto con se stessi.
«Si digiuna – commenta don Lorenzelli – per poter fare elemosina e rendere così
accetta ed efficace la preghiera». In effetti, «il cristiano è chiamato a
condividere la scelta fondamentale di Gesù. Con le promesse battesimali
s’impegna a respingere le medesime tentazioni del benessere, del successo e del
dominio. (cf Mt 4,1-11). La Chiesa glielo ricorda ogni anno con la celebrazione
della Quaresima. È un cammino di essenzialità, in cui l’adesione a Dio
scaturisce da scelte di sacrificio” (CdA 184). La Quaresima deve essere per il
cristiano ciò che è stata per il suo Signore: un “deserto” nel quale risuoni la
“Parola” che purifica e motiva l’ascesi, che illumina e ci apre alla mistica»..
Si tratta di un’azione purificatrice dello Spirito «che suppone il nostro
coinvolgimento attivo nell’ “ascesi” in tutti i suoi vari aspetti di:
– abnegazione, che è rinuncia ai nostri egoismi;
– mortificazione, come nostra partecipazione alla morte di Cristo, facendo
morire in noi ciò che appartiene all’uomo vecchio;
– digiuno da tutto ciò che è superfluo e ci condiziona;
– silenzio interiore ed esteriore, per far posto alla Parola;
– umiltà, che è la verità del nostro essere: siamo di fango e in polvere
ritorneremo».
In questo modo, «creeremo in noi quel deserto nel quale Dio potrà parlare al
nostro cuore (Os 2,16-25), per educarci all’Assoluto, spogliandoci dei nostri
idoli (Dt 32,10-12). Così il “deserto” da luogo di tentazione, diverrà il luogo
del nostro fidanzamento con Dio (Ger 2,2). Se lo vogliamo, anche la nostra
città, le nostre comunità, i nostri luoghi pastorali, possono essere il
“deserto” dove Dio c’incontra».
Le “armi” indicate da Gesù
Ma, si domanda don Lorenzelli, «se la Quaresima è “tempo favorevole” nel quale
la grazia ci invita a prendere maggiormente coscienza della nostra chiamata a
vivere come “creature nuove”, quali sono i mezzi o le “armi” che Gesù stesso ci
invita ad abbracciare, affinché il nostro cammino quaresimale sia segnato da
risvolti positivi e concreti di conversione?». Sono le stesse che lui ci ha
indicato col suo esempio, rimanendo quaranta giorni nel deserto, e insegnandoci
che le seduzioni non si possono vincere se non con le “armi” del digiuno, della
penitenza, della preghiera, della carità e dell’intima disponibilità alla Parola
di Dio. La conversione esige quindi delle scelte concrete e un serio impegno.
Anzitutto il «digiuno e l’astinenza: «La nostra penitenza, rileva don Lorenzelli,
– che si tratti di digiuno, di astinenza o di altri proponimenti che ci
addossiamo liberamente nel campo dell’ascesi – ha come scopo ultimo una più
chiara coscienza della nostra creaturalità, e il riconoscimento della Signoria
di Dio nella nostra vita.
Il “di più” (ad es. particolari preghiere o astinenze da cibi e da bevande) o il
“di meno” (cibo, bevanda, sonno, loquacità, svago) a cui invita san Benedetto
nella sua Regola, mirano a una percezione o lucidità spirituale più affinate,
necessarie, da una parte, per individuare e combattere quelle sacche di male che
tendono a riprodursi dentro di noi, e dall’altra per giungere a modellare con
umile sottomissione il nostro cuore su quello di Gesù nostro Salvatore. La
purità e la lucidità spirituale rappresentano, dunque, lo scopo immediato di
qualsiasi attività ascetica».
In secondo luogo, la preghiera. «L’altro aspetto che esprime bene lo spirito
della Quaresima è l’invito a intensificare la preghiera e l’ascolto della parola
di Dio, quella Parola che nutre la nostra stessa preghiera e forgia la nostra
vita: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di
Dio» (Mt 4,4 – cf. Dt 8,3). Ma, ancora una volta, il “di più” di preghiera deve
essere l’espressione del nostro desiderio di assomigliare di più a Gesù. Non
deve cioè rappresentare un “peso” in più da sopportare, come se si trattasse di
una penitenza, ma deve piuttosto fornirci un’ulteriore occasione per gustare la
“gioia dello Spirito Santo” (1Ts 1,6) che prega in noi, con noi, per noi; che
crea spazi di risonanza e fonda e nutre la nostra amicizia con il Signore. La
tensione a essere uomini pasquali passa dalla consapevolezza di essere abitati e
sorretti dalla presenza dello Spirito del Signore, fonte di luce e di forza, e
sorgente inesauribile di conforto, di serenità e di gioia, anche quando il
cammino si fa più arduo».
In terzo luogo, l’elemosina/carità: «Infine, nella sua grande sapienza, la
Chiesa ci invita a verificare l’estensione del nostro impegno quaresimale anche
alla luce della carità, nella quale è inclusa l’elemosina, che dovrebbe essere
espressione del dono di noi stessi ancor prima che di qualcosa di nostro. Se
dunque la penitenza e la preghiera mirano a creare spazi nei quali la presenza
di Dio nella nostra vita possa essere percepita con maggiore sensibilità, e se
questo Dio al quale sottomettiamo umilmente la nostra esistenza è un Dio di
amore (cf. 1 Gv 4,8.16), ne consegue che gli spazi lasciati per Dio e a lui
offerti, ci vengono resi ripieni di lui e del suo amore, trasformati cioè in
spazi della carità, nei quali accogliere i nostri fratelli e i nostri giovani.
In fondo la parola ultima, che deve sempre brillare nel nostro cuore al di sopra
di tutto, è quella della carità, perché tutto un giorno avrà fine, ad eccezione
della carità (cf. 1Cor 13,8). E allora, a qualunque punto siamo del nostro
cammino cristiano, non fermiamoci, e – con le parole di Sant’Agostino –
chiediamo a Dio che ci infiammi del suo amore per non venir meno nella
quotidiana corsa della carità: «O amore, che sempre ardi senza mai estinguerti,
carità, Dio mio, infiammami!».
Alcune scelte impegnative
Sono elementi che anche noi consacrati non possiamo dare per scontati. Non
dobbiamo illudere noi stessi ripetendo le parola di quel giovane di cui parla il
Vangelo che risponde a Gesù: “Tutte queste cose le ho osservate” (Mt 19,20).
Per questo don Lorenzelli scrive: «carissimi confratelli la Quaresima di
quest’anno è una grande occasione per ciascuno di noi per una vera conversione
del cuore… Tutti sperimentiamo questo bisogno di conversione… Tutti abbiamo
bisogno di tornare al Signore… Ecco perché vogliamo vivere la quaresima di
quest’anno in maniera del tutto particolare sia a livello personale sia a
livello comunitario».
Per cogliere questa “grande occasione”, chiede di porre in atto «coraggiosamente
e generosamente, scelte, atteggiamenti e comportamenti per uno stile di vita
cristiana sobrio ed essenziale, che renda possibile un passaggio spirituale da
una pienezza di sé a un “prosciugamento” della propria autosufficienza e del
proprio orgoglio sì da consentire al Signore di entrare nella nostra vita con la
sua parola e con il suo amore».
Tra le altre cose, suggerisce di vivere concretamente le giornate di digiuno:
«per coloro che possono tutto il giorno solo acqua, per chi ha difficoltà di
salute pane e acqua o un pasto, nei seguenti giorni di Mercoledì delle ceneri e
il Venerdì Santo. Inoltre, tutti i venerdì di quaresima, astenersi dai mezzi di
comunicazione (televisione, internet, cellulare) eccetto il giornale quotidiano,
la posta elettronica o il telefono per il lavoro ordinario». Ma aggiunge anche
di «mettere in pratica un digiuno delle nostre parole, dalle chiacchiere
inutili, dai pettegolezzi e dalle maldicenze e dalle lamentele….. per far
silenzio e “deserto” dentro di noi e attorno a noi. Solo in quel silenzio sarà
possibile ascoltare il Signore e consentirgli di cambiare il nostro cuore».
Un cammino di riconciliazione
Altri suggerimenti riguardano la preghiera, la parola di Dio, con la lectio
divina, la riconciliazione con Dio, con i fratelli e con se stessi . A questo
riguardo osserva: «Sicuramente “il nostro cuore ci rimprovererà qualcosa” (1Gv
3,20) e nelle profondità della nostra coscienza forse potranno affiorare sensi
di colpa e rimorsi per una fede che non ci fa innamorare di Dio (che esiste e di
cui abbiamo bisogno) e che ancora non ce lo rende presente nel volto del Signore
e nella bella esperienza della Chiesa, santa e peccatrice, che è nostra madre.
Sensi di colpa e rimorsi per i conflitti, i litigi, le divisioni, gli odi,
l’intolleranza, l’indifferenza e quel senso di superiorità che ci rendono nemici
gli uni degli altri, perfino nelle nostre comunità, lontani anni luce da
quell’ammonizione evangelica: “Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Sensi di colpa e rimorsi per le agitazioni, le irrequietezze e la mancanza di
equilibrio, di moderazione e di dominio delle nostre passionalità e istintualità.
Impossibile dunque ogni cammino di conversione e di riconciliazione?
Infine la pratica dell’elemosina. La quaresima infatti «è il tempo nel quale far
esperienza della nostra capacità di apertura del nostro cuore e delle nostre
mani a gesti di accoglienza, di condivisione e di solidarietà ai tanti poveri
che sono in mezzo a noi.
La dolcezza della Parola ascoltata e la gioia della riconciliazione troveranno
pienezza di significato e autenticità nella carità».