Così scrive l'anonimo autore di un testo medioevale inglese: «Scegli una
parola, una piccola frase che esprima bene il tuo amore per Dio, e poi ripetila,
ripetila con pace, senza cercare di formulare pensieri, senza muoverti, ridotto
a un piccolo punto amante dinanzi a Dio-Amore. Non distrarti qualunque cosa
avvenga».
L'invito «non distrarti» non deve farci entrare in quella lotta talora patetica
con le distrazioni — esse, come diceva p. Paisios, sono come le nuvole che
passano sull'Athos — ma tenerci vigili contro la superficialità. La preghiera ci
libera dalla tentazione e dal pericolo della superficialità che spesso si
manifesta attraverso uno spreco di parole (Mt 6,7). I padri consigliano
unanimemente di ricorrere alla preghiera «breve e pura», fatta di poche e
talvolta di una sola parola, talora di una semplice esclamazione.
Si rende necessario un grande e profondo discernimento ogni volta che vogliamo
mettere in pratica la Parola ascoltata traducendola subito e talora
avventatamente in iniziative visibili e rivolte agli altri.
La parola di Dio, infatti, prima di tutto vuole essere fonte di preghiera, per
guarire il nostro cuore e la nostra intimità da tutto ciò che non ci fa essere
«a immagine e somiglianza» (Gen 1,26) di quel Dio che è «Amore» (1Gv 4, 8). E
Dio è Amore prima di tutto e soprattutto in se stesso e per questo è
essenzialmente beatitudine; oggi si direbbe felicità. Il primo grande dono che
il Signore ci vuole fare attraverso il dono della sua Parola è proprio la
partecipazione a questa sua felicità, che sola ci può rendere realmente
generosi. Per essere veramente felici secondo Dio è necessario guarire le
malattie dell'anima. Come ogni malattia per sua natura disgrega le forze
dell'organismo fino a de-comporre lo stesso corpo attraverso la morte così ogni
guarigione non è altro che un'esperienza di unificazione, di armonia, di pace
che genera forza, audacia, coraggio.
Non per caso proprio al cuore del Salterio — il libro e la scuola della
preghiera — si trova un versetto che andrebbe tradotto così: «unifica il mio
cuore o Dio» (Sal 86,11), infatti il «cuore semplice» che si trova nella nostra
traduzione non è altro che un cuore fattosi uno attorno al desiderio di Dio e
alla sua volontà che non ci disgrega interiormente.
Importante e rasserenante è il dono e la compagnia fedele del libro del
Salterio. Da questo libro e attraverso le preghiere che esso contiene, siamo
condotti al cuore del mistero dell'orazione, che ci permette di arrivare al
cuore del mistero della vita senza escludere nessun aspetto: gioia e dolore,
successi e fallimenti, fede e disperazione.
Se avremo accolto e perseverato nella fatica della preghiera accettando di non
vedere subito l'effetto della Parola nella nostra vita allora — possiamo esserne
certi! — essa sta germogliando dentro di noi e il «come» (Mc 4,27) resta un
segreto. Si tratta di chiudere gli occhi lasciandosi andare alla sorgente
interiore che la Scrittura ha ri-aperto perché ne sgorgasse 1' «acqua viva» (Gv
7,38) e vi fosse acceso un nuovo fuoco nel «cuore» (Lc 24,32).
Come consigliano i padri:«Dovunque tu sei, entra in te stesso e prega. Se sei
lontano dall'oratorio, non cercare un luogo, perché tu stesso sei il luogo della
preghiera».
Fratel Michael Davide
da Seme è la Parola
EDB, Bologna 2011