Il silenzio è un atteggiamento essenziale anche quando a soffrire non siamo
noi ma l'altro che ci sta accanto, cui non dobbiamo a tutti i costi dire delle
parole. Molto più spesso di quanto non crediamo, di fronte alla sofferenza, noi
non possiamo che fare silenzio.
Il silenzio ha un ruolo importante anche nella teologia.
Il nostro Dio è infatti un Dio silenzioso e questo suo silenzio deve essere
rispettato, evitando di scadere in chiacchiere su Dio ... Il Dio
ebraico-cristiano è un Dio silenzioso, che spesso tace e che scandalizza per
questo suo silenzio. Di ciò hanno sofferto i profeti; ha sofferto Gesù sulla
croce; ha sofferto il popolo di Israele in quella catastrofe che è stata la
shoah.
In questo silenzio di Dio soffre ogni uomo che grida senza trovare risposta; e
si tratta di un silenzio che nessuno è autorizzato a riempire con spiegazioni
che umiliano Dio innanzitutto.
Dio tace, dunque, e su Dio anche i credenti devono saper tacere. Il silenzio
deve far parte integrante dell'annuncio, della nostra parola su Dio. Dio può
essere conosciuto e deve essere fatto conoscere, ma egli rimane comunque una
realtà nascosta, silenziosa; e questa è una dimensione necessaria alla fede.
Ricordiamo in proposito l'esperienza di Elia sull'Oreb, cui Dio si rivela non
nel fuoco o nell'uragano, ma in quella "voce di silenzio leggero", capace di
calmare l'impeto del profeta (cf. 1Re 19,12-13).
E il silenzio continua ad avere un ruolo importante, anche laddove Dio si è
fatto visibile. La Parola, infatti, che è Gesù, più si fa carne più diventa
silenzio. Il Logos si è fatto carne fino a diventare silenzio (cf. Is 53,7);
secondo la testimonianza dei vangeli, Gesù spesso ha fatto ricorso al silenzio
durante il suo ministero pubblico (cf. Lc 6,12; Mt 26,39-44), e ancora di più
sulla croce, dove il centurione riconoscerà la sua qualità di Figlio di Dio non
da una sua parola ma dal suo silenzio: "Vistolo spirare in quel modo disse ..."
(Mc 15,39).
La verità è silenziosa, non ha bisogno di essere difesa, né gridata. Dice Isacco
dì Ninive: "Se tu ami la verità, sii amante del silenzio". Gli uomini hanno
cercato lungo la storia di colmare in vario modo, spesso maldestro, i silenzi di
Dio e su Dio.
Dio lo si narra con la parola e con il silenzio! Del mistero di Dio noi possiamo
arrivare a comprendere solo qualcosa; il resto, dice Gregorio di Nazianzo, "sia
adorato in silenzio".
Lo stesso vale anche per la Scrittura, della quale noi possiamo comprendere e
spiegare solo qualcosa. Il silenzio precede e segue la parola di Dio, come
d'altronde precede e segue la vicenda di Gesù, il Logos nato infante e morto
afasico sulla croce.
Il prodigio del silenzio è giungere a parlare tacendo, a essere espressivi senza
usare le parole, ad avere una vita silenziosamente eloquente. Il silenzio è un
modo diverso di comunicare e, più in profondità, un modo diverso di essere e di
vivere. Obiettivo del vero silenzio è quello di trovarvi un luogo di pace, altro
criterio della sua autenticità. Al credente è chiesto di prendere coscienza
della specificità che il silenzio assume per la sua vita spirituale: per la vita
interiore, l’ascolto della Parola, la preghiera, il discernimento, la conoscenza
di Dio. Il silenzio richiede ascesi: contro la lingua, contro la paura
dell’assenza di suono, per una interiorizzazione sempre più profonda, ben
sapendo, però, che il suo compimento è un dono che non possiamo che invocare.
Sabino Chialà
da Silenzi
Edizioni Qiqajon, Magnano BI 2010