La chiesa italiana accelera il suo cammino di avvicinamento al Congresso eucaristico nazionale che avrà luogo ad Ancona dal 3 all’11 settembre 2011, ma che coinvolgerà direttamente anche le diocesi che compongono la metropolia: Fabriano-Matelica, Jesi, Loreto e Senigallia. Avrà come tema la domanda rivolta dagli Apostoli a Gesù, tratta dall’icona biblica del testo 6,68 del Vangelo di Giovanni, Signore, da chi andremo?
In vista di questo importante evento, il Consiglio episcopale permanente della CEI ha emanato un messaggio da Ancona, il 27 gennaio scorso, in cui vengono illustrate le finalità del Congresso, che consistono nel favorire nei fedeli una più profonda comprensione delle relazioni tra l’Eucaristia e la vita quotidiana.
Nella chiesa locale di Ancona-Osimo è in atto un intenso cammino triennale di preparazione. A inaugurarlo è stato lo stesso arcivescovo mons. Edoardo Menichelli, con una lettera-messaggio, in data 24 settembre 2008, dal titolo Eucaristia: dalla celebrazione alla missione in cui vengono offerti degli spunti di riflessione «per poter camminare insieme fino al Congresso eucaristico, e cominciare anche a vivere meglio nelle nostre comunità la grandezza, la bellezza e la spirituale sapienza della celebrazione del Mistero eucaristico».
La preparazione è sostenuta anche da tutta una serie di iniziative nelle varie chiese locali. Fra le altre è da segnalare la diffusione di un’abbondante e appropriata sussidiazione, tra cui figura in primo piano l’opuscolo Signore da chi andremo? L’icona biblica del Congresso Eucaristico Nazionale (Ancona 2011) a cura di E. Manicardi, in cui vengono proposte alcune tracce destinate a favorire la lettura orante e una più profonda conoscenza del capitolo sesto del Vangelo di Giovanni. Mons. Menichelli ha elaborato anche una serie di cinque schede, pensate per coloro che operano nei vari campi della società e che ogni giorno sono chiamati a confrontarsi con le dimensioni che sono alla base dello stesso congresso: l’affettività, la fragilità, il lavoro e la festa, la tradizione e la cittadinanza. Solo gli stessi ambiti emersi, come si ricorderà, al IV Convegno nazionale di Verona del 2006, quando Benedetto XVI aveva invitato la chiesa italiana a far emergere nei vari ambiti di testimonianza quel grande “Sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia al mondo».

Fonte e culmine
della vita cristiana

«Riscoprire e aiutare a riscoprire l’unicità singolare di Gesù di Nazaret, sottolinea il Messaggio del Consiglio episcopale permanente, era già l’intento del Giubileo dell’Incarnazione del 2000, come pure degli Orientamenti pastorali per il primo decennio del terzo millennio. Ha accompagnato la scelta di ripartire dal giorno del Signore, che ha caratterizzato il Congresso Eucaristico Nazionale di Bari (2005), ed è stato riproposto con forza ed efficacia dal Santo Padre Benedetto XVI al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (2006). Sullo stesso cardine dell’unicità singolare di Gesù deve svilupparsi la nostra azione pastorale nella catechesi, nella liturgia, nella spiritualità e nella cultura: occorre ripartire sempre dalla salvezza cristiana nel suo preminente carattere di avvenimento, che è l’incontro con il Risorto, Gesù il Vivente.
Anche il prossimo Congresso Eucaristico Nazionale intende collocarsi in questo cammino: riscoprendo e custodendo la centralità dell’Eucaristia e la stessa celebrazione eucaristica come il “culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù”, le nostre Chiese particolari potranno diventare autentiche comunità di testimoni del Risorto».
Il “punto focale” attorno a cui si muoverà il Congresso riguarda l’impegno a insistere sull’efficacia dell’Eucaristia per la vita quotidiana, come già aveva indicato il papa nell’esortazione postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007) sull'Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della chiesa. L’attenzione, sottolinea il messaggio episcopale, va posta perciò sui seguenti interrogativi: «Quale pastorale e quale spiritualità fluiscono dall’Eucaristia per la vita quotidiana? Quali sono i luoghi della testimonianza che il cristiano è chiamato a dare di Gesù Parola e pane di vita negli ambiti del vissuto quotidiano?». Viene così ripresa la tematica del Congresso di Bari, Senza la domenica non possiamo vivere: «è l’invito a non dare per scontato il nucleo essenziale della fede, a tenere aperto il senso del Mistero che si celebra lungo l’anno nella pratica della domenica, “giorno del Signore”, da custodire anche come giorno della comunità cristiana e giorno dell’uomo, del riposo e della festa, tempo per la famiglia e fattore di civiltà. È forte, infatti, il rischio che una pratica religiosa assidua resti rigorosamente circoscritta entro spazi e tempi sacri, senza incidere davvero sui momenti quotidiani della vita familiare, del lavoro e della professione e più in generale della convivenza civile. È doveroso preoccuparsi dei molti fedeli che non partecipano alla Messa domenicale, ma dobbiamo anche chiederci come escano dall’Eucaristia domenicale quanti vi hanno preso parte».

L’Eucaristia
e il “pane della Parola”

Un ulteriore aspetto che il Congresso di Ancona propone è lo stretto collegamento che esiste tra l’Eucaristia e il “pane della Parola”. Infatti, sottolinea il messaggio dei vescovi, «nella celebrazione eucaristica, questi due modi di presenza del Signore prendono la forma di un’unica mensa, intrecciandosi e sostenendosi mutuamente». L’obiettivo posto al cuore del cammino verso il Congresso Eucaristico è questo: «aiutare a scorgere in Gesù, Parola e pane per la vita quotidiana, la risposta alle inquietudini dell’uomo d’oggi, che spesso si trova di fronte a scelte difficili, dentro una molteplicità di messaggi. L’uomo ha necessità di pane, di lavoro, di casa, ma è più dei suoi bisogni. È desiderio di vita piena, di relazioni buone e promettenti, di verità, di bellezza e di amicizia, di santità».
Di qui, allora, l’invito a promuovere, sia in fase di preparazione al Congresso sia durante le giornate congressuali, «iniziative di ascolto della Parola, di meditazione e di preghiera».
Ma, ricorda il Messaggio dei vescovi, prima ancora delle iniziative, che rischiano di affaticare e di frammentare l’azione pastorale, «è necessario ricuperare l’andare e lo stare con Gesù, credendo nella sua Parola e mangiando il pane dato da lui stesso… Dall’unità di parola di Dio ed Eucaristia nasce così un atteggiamento contemplativo, in grado di dare “forma eucaristica” ai contenuti della vita quotidiana: il senso di gratitudine per i doni di Dio, la coscienza umile della propria fragilità, la capacità di accoglienza e di relazioni positive con le persone, il senso di responsabilità nei confronti degli altri nella vita personale, familiare e sociale, l’abbandono in Dio come attesa e speranza affidabile».
L’Eucaristia deve estendere quindi la sua efficacia nella vita quotidiana fino a pervaderla in tutte le sue espressioni. Deve poi tradursi un impegno di testimonianza, di evangelizzazione e di missione. Infatti, «riscoprire l’unità di Parola ed Eucaristia significa tenere aperta la celebrazione alla vita quotidiana, tanto nella contemplazione quanto nell’azione. L’agire che ne consegue è soprattutto la testimonianza, l’evangelizzazione, la missione. Usciamo dalla Messa cresciuti nella fede e più responsabili. Scopriamo così il volto missionario della tematica congressuale».
Sulla dimensione missionaria dell’Eucaristia aveva insistito anche mons. Menichelli nella citata lettera alla diocesi del 2008, in cui aveva scritto. «Se la Chiesa è eucaristica, non può che essere una Chiesa missionaria». Pertanto, «una comunità che fa esperienza del Cristo vivente esce dal tempio con l’ansia apostolica: questa è la vera e auspicata conversione. Chi fa esperienza di Cristo, vive di Cristo e si fa discepolo e testimone vero di Cristo».

L’aspetto popolare
del cattolicesimo italiano

Nel loro messaggio i vescovi sottolineano anche l’importanza di tenere presente la “caratteristica popolare del cattolicesimo italiano”. È un richiamo importante perché oggi si sperimenta una “distanza culturale” tra la fede cristiana e la mentalità contemporanea in tanti ambiti della vita quotidiana. È una distanza, sottolinea il messaggio episcopale, da non considerare come una fatalità. Pertanto, «rientra in questa prospettiva l’opzione di coltivare in modo nuovo e creativo la caratteristica popolare del cattolicesimo italiano». Quando si dice “popolarità” «non significa una soluzione di basso profilo, ma la scelta di una fede che si fa presente sul territorio, capace di animare la vita quotidiana delle persone, attenta alle esigenze della città, pronta a orientare le forme della coscienza civile».
Su questo aspetto ha attirato l’attenzione anche mons. Menichelli, nella lettera citata. Accennando alla “dimensione pastorale” dell’Eucaristia, si è riferito alla solennità del Corpus Domini, ricordando il modo suggestivo con cui la piccola comunità in cui era cresciuto e che ha nutrito la sua fede preparava e celebrava questa festa: «Era la festa più grande, più bella: tutti in quel giorno dovevano presentare i segni della bellezza e dovevano proclamare la fede nell’ Eucaristia. Era commovente vedere uomini e donne inginocchiarsi al passaggio del SS. Sacramento; era un gesto tanto semplice quanto ricco di fede. Questo ricordo mi fa venire alla mente una frase del Manzoni, che lui amava ripetere sempre: “L’uomo non è mai tanto grande come quando sta in ginocchio davanti alla Maestà di Dio”. E poi la gara a spandere fiori davanti al SS. Sacramento». Certamente, aggiunge, «nessuno può pensare di “rifare” tutto ciò! Ma occorre che l’evento sia preceduto da opportuni momenti di riflessione biblica allo scopo di dare senso al “Segno” che si andrà a compiere. Bisogna cioè, far capire «come questa manifestazione pubblica è segno della fede della comunità che prega, celebra e testimonia».

L’Eucaristia come
“grembo vocazionale”

Un altro aspetto richiamato dal messaggio del Consiglio episcopale e che oggi sta tanto a cuore a tutte le comunità cristiane, è il nesso che esiste tra Eucaristia e vocazioni: «l’Eucaristia per la vita quotidiana diventa così anche il luogo di germinazione delle vocazioni. La storia della Chiesa è la grande prova di questa affermazione: in ogni stagione, l’Eucaristia è stata il luogo di crescita silenziosa di splendide vocazioni al dono di sé e all’amore. La ricchezza delle vocazioni a servizio dell’edificazione comune trova nell’Eucaristia il luogo di espansione nella dedizione incondizionata al ministero ordinato, alla vita religiosa e monastica, alla consacrazione secolare, al matrimonio e all’impegno missionario. Riscoprire l’Eucaristia come “grembo vocazionale” è compito della comunità cristiana, della famiglia – valorizzando non solo i genitori ma anche i nonni – di quanti si dedicano all’educazione dei giovani, dei credenti impegnati nel lavoro, nella professione e nella politica. Ritroviamo qui un invito implicito a impegnarci a dare forma e valore all’idea della “santità popolare”, che si manifesta nella vitalità del costume cristiano, nell’unità della famiglia, nella qualità educativa della scuola e degli oratori, nella ricchezza della proposta cristiana rivolta a tutti nelle parrocchie e offerta nelle associazioni e nei movimenti».

A illuminare e accompagnare i lavori del Congresso sarà la figura di Maria, venerata a Loreto: «la Chiesa vede in Maria, donna eucaristica – come l’ha chiamata il servo di Dio Giovanni Paolo II – la propria icona meglio riuscita, e la contempla come modello insostituibile di vita eucaristica».