Tra coloro che hanno caratterizzato in modo significativo la storia della
Chiesa e della società italiana del Novecento sono certamente da annoverare
Giovanni Battista Montini e Primo Mazzolari.
Giovanni Battista Montini (1897-1978) proviene da una famiglia della ricca
borghesia bresciana, impegnata in campo politico e attiva a livello ecclesiale e
culturale, una delle famiglie certo più significative del cattolicesimo italiano
di fine Ottocento-inizi Novecento. Primo Mazzolari (1890-1959) è invece figlio
di una anonima famiglia contadina, costretta per motivi di lavoro a spostarsi
dal Cremonese al Bresciano.
Eppure, nonostante questa differente estrazione sociale, la vicenda biografica
di Primo Mazzolari e di Giovanni Battista Montini si è più volte intrecciata:
hanno infatti abitato in paesi fra loro vicini (Verolanuova e Verolavecchia),
hanno avuto comuni amici (come ad esempio Gian Andrea Trebeschi) e si sono
ritrovati entrambi a frequentare per determinati periodi gli stessi ambienti e
le medesime realtà ecclesiali (come l’Oratorio della Pace di Brescia). La loro
conoscenza iniziale risale probabilmente alla metà degli anni Venti del
Novecento e da allora i rapporti tra i due non si sono mai interrotti, anche se
condizionati certamente dai diversi cammini seguiti in ambito ecclesiale.
Entrambi hanno innanzitutto attinto a quel luogo straordinario che è stato
l’Oratorio della Pace di Brescia e sono entrati in rapporto con padre
Bevilacqua, padre Acchiappati, padre Caresana, padre Manziana. Vi è stata poi
piena collaborazione nel servizio per gli studenti e gli universitari,
soprattutto tramite la Fuci e il Movimento Laureati di Azione Cattolica: più
volte infatti Montini, che dal 1925 al 1933 fu assistente nazionale della Fuci,
chiamò Mazzolari a predicare alla Pasqua Universitaria in varie città italiane.
Entrambi hanno poi percepito sin da subito l’inaccettabilità del fascismo e
l’impossibilità di condividere la sua pretesa di esercitare il monopolio in
campo educativo. L’atteggiamento di Mazzolari era certo più esplicito e diretto,
anche perché aveva a che fare con situazioni contingenti e specifiche, quello di
Montini più diplomatico e meno conflittuale, anche in considerazione del ruolo
sempre maggiore che venne assumendo all’interno della Chiesa; comunque, per
entrambi, vi è stata fin da subito la percezione chiara della negatività
dell’ideologia fascista. Altro momento di incontro tra i due sono stati i
convegni di Camaldoli, del Movimento Laureati di Azione Cattolica, svoltisi tra
il 1936 e il 1941. A questi convegni parteciparono altri comuni amici e
conoscenti di Montini e Mazzolari, come Giorgio La Pira, Mario Bendiscioli e
Laura Bianchini.
A questo tempo di sintonia e di collaborazione è succeduto un periodo, quando
Giovanni Battista Montini è divenuto arcivescovo di Milano e metropolita
lombardo, caratterizzato da frizioni e incomprensioni, accentuate dal fatto che
alcuni vescovi lombardi, come mons. Poma di Mantova, erano fortemente contrari
all’opera del parroco di Bozzolo e premevano sull’arcivescovo di Milano affinché
lo sconfessasse formalmente: vengono considerati inopportuni gli interventi di
Mazzolari in materia di rinnovamento della Chiesa, di ruolo più autonomo e
responsabile del laicato, di dialogo con i lontani, di ecumenismo, di attenzione
privilegiata da riservare alla povera gente, di necessità di un più preciso e
coraggioso intervento sui temi della pace. Tuttavia, proprio nel pieno di questo
periodo, con l’invito a predicare per due settimane alla Missione di Milano del
1957, l’arcivescovo Montini manifesta la propria stima e considerazione per il
parroco di Bozzolo.
Primo Mazzolari e Giovanni Battista Montini si sono trovati, ad un certo punto
della loro vita, agli estremi della scala gerarchica della Chiesa: l’uno parroco
di un piccolo paese della Bassa padana, l’altro arcivescovo della diocesi più
grande del mondo. Eppure, il loro dialogo non si è mai interrotto, pur se
provato dalla diversa sensibilità e soprattutto dai diversi ruoli ricoperti.
Ci troviamo di fronte a due persone che, certo in modo diverso, hanno
autorevolmente parlato agli uomini del proprio tempo e continuano ancora oggi a
far risuonare in modo alto e forte il proprio messaggio. Entrambi sono stati
animati da un grande amore per la Chiesa, un amore espresso in forme certo
differenti, ma non per questo meno appassionate e autentiche. Possiamo in un
certo senso ritenere di trovarci di fronte a due diverse forme di profezia. Da
un lato abbiamo il parroco di Cicognara e di Bozzolo che, dall’interno di una
piccola comunità della Bassa padana, ha saputo indicare strade nuove per
incarnare la fede nella storia, in un momento in cui la Chiesa si poneva su
posizioni di chiusura e di difesa nei confronti del mondo. Dall’altro lato
abbiamo Giovanni Battista Montini-Paolo VI, il quale, nei vari ruoli di
responsabilità che ha man mano assunto fino a diventare la guida suprema della
Chiesa, ha compreso sempre più chiaramente la necessità di confrontarsi in modo
aperto con il mondo moderno, realizzando questa sua convinzione con il sapiente
completamento dei lavori del Concilio Vaticano II e con l’approvazione di
documenti, come la Gaudium et spes, che porteranno la Chiesa a rapportarsi in
modo nuovo con le problematiche della modernità.
Dopo la morte di don Mazzolari (12 aprile 1959), Giovanni Battista Montini, che
il 21 giugno 1963 era stato eletto al soglio pontificio con il nome di Paolo VI,
ne riconoscerà pubblicamente la statura profetica. Nel nuovo clima diffusosi con
il Concilio Vaticano II, la validità delle posizioni assunte da don Primo e il
suo amore per la Chiesa emergono in tutta la loro evidenza e Paolo VI lo
riconosce chiaramente, ricevendo in S. Pietro, il 1° maggio 1970, un gruppo di
bozzolesi, insieme a parrocchiani di Cicognara e di Roncadello, per la
benedizione della lampada che sarebbe stata posta sulla tomba di don Mazzolari
nella chiesa di S. Pietro a Bozzolo. Al termine dell’udienza Paolo VI rivolge ai
presenti queste parole:
«Coltivate la memoria di don Primo, imitate il suo amore e la sua fedeltà a
Cristo e alla sua Chiesa. Per tanti anni, con fede generosa e dedizione piena,
fu guida e padre delle vostre anime. […]. C’è chi va dicendo che io non ho
voluto bene a don Primo. Non è vero: gli ho voluto bene. Certo, sapete anche
voi: non era sempre possibile condividere le sue posizioni: camminava avanti con
un passo troppo lungo e spesso noi non gli si poteva tener dietro! E così ha
sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. È il destino dei profeti ».
Montini e Mazzolari sono stati animati da una grande fedeltà alla Chiesa, con un
esercizio dell’obbedienza in entrambi esemplare, con un atteggiamento
assolutamente dignitoso anche in momenti non sempre facili, come insegnava a
Mazzolari e Montini un comune maestro, il vescovo di Brescia mons. Giacinto
Gaggia, secondo il quale davanti all’autorità non si deve stare né in ginocchio
né seduti, ma in piedi. La loro fedeltà è stata anche all’uomo, in sintonia con
la linea tracciata dal vescovo di Cremona, il bresciano mons. Bonomelli, caro ad
entrambi, una linea tesa ad aiutare la Chiesa a superare l’estraneità dal
proprio tempo e a riconoscersi sempre più “esperta in umanità”.
Prendere in considerazione le figure di Giovanni Battista Montini-Paolo VI e don
Primo Mazzolari costringe ad affrontare il problema del rapporto fra autorità e
profezia all’interno della Chiesa. Il destino dei profeti è sempre quello di
rimanere inascoltati, emarginati, non compresi? Il destino dei profeti è sempre
quello di “avere un passo troppo lungo”, come ha riconosciuto Paolo VI
riferendosi a don Mazzolari?
In conclusione, possiamo riportare ciò che ha scritto Giovanni Colombo,
ausiliare di Montini a Milano e in seguito suo successore come arcivescovo della
diocesi ambrosiana: «Montini e Mazzolari erano in realtà molto affini tra loro
per sensibilità e vicini nelle vedute più di quanto non si possa immaginare.
Tuttavia la loro profezia percorreva strade diverse e per realizzarla essi si
avvalevano di collaboratori diversi, dato anche il diverso ufficio che
ricoprivano nella Chiesa».
Il presente lavoro di Anselmo Palini intende ricostruire in modo puntuale e con
taglio divulgativo i rapporti fra il parroco di Bozzolo e il sacerdote bresciano
che divenne Papa. Si tratta della prima opera che, in modo articolato e
sistematico, esplora ed approfondisce tale rapporto nei suoi vari aspetti e nei
diversi momenti storici in cui si è sviluppato. Il testo è arricchito dalla
prefazione di don Bruno Bignami, presidente della “Fondazione Mazzolari” di
Bozzolo, che affronta il tema del rapporto fra autorità e profezia all’interno
della Chiesa: per don Bignami “autorità e profezia si richiamano in un circolo
virtuoso”: l’autorità si deve mettere in ascolto della voce profetica, della
creatività di credenti che portano la testimonianza evangelica nelle realtà
temporali attraverso le personali decisioni di coscienza, mentre la profezia non
è l’idealità, ma l’incarnazione, non si rifugia in assoluti campati in aria, ma
compie scelte e dice parole che fanno intraprendere nuove pieghe alla storia
umana. Dando risposte alle necessità che si presentano, le coscienze profetiche
promuovono valori disattesi e stimolano l’autorità ecclesiale alla fedeltà
evangelica.
Don Antonio Lanzoni, vice postulatore della causa di beatificazione di Paolo VI,
è invece autore della postfazione al volume, dove spiega come Mazzolari e
Montini-Paolo VI avevano modalità diverse, stili diversi di vivere la stessa
dimensione carismatica, con un momento sintetico che don Lanzoni definisce come
“profezia della fedeltà”: sia Montini che Mazzolari sono stati fedeli al
Vangelo, seguendo una linea di condotta alla luce dell’insegnamento di un comune
maestro, padre Bevilacqua, secondo cui “le idee valgono per quello che costano e
non per quello che rendono”.
Anselmo Palini
Sui sentieri della profezia.
I rapporti fra Giovanni Battista Montini-Paolo VI e Primo Mazzolari
editrice Messaggero, Padova novembre 2010, pp. 160, euro 16,00
prefazione di don Bruno Bignami, presidente della “Fondazione Mazzolari” di
Bozzolo (MN) e postfazione di don Pierantonio Lanzoni, vice postulatore della
causa di beatificazione di Paolo VI