«Le opere di carità hanno sempre avuto nella diocesi di Verona costante e nuovo impulso per la particolare sensibilità che uomini e donne hanno manifestato nella loro vita come espressione di un fervente amore di Dio che serbavano nel cuore. Alla schiera innumerevole degli operatori di amore fraterno si aggiunge un nuovo tassello con la vita di Germana Sommaruga, che ha rivolto il suo sguardo in modo particolare agli ammalati, sulla scia di San Camillo de Lellis». Con queste parole mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, ha aperto il 5 novembre scorso le fasi del processo di beatificazione di Germana Sommaruga.

Sulle orme  di S. Camillo

Un grande amore nella vita di Germana è S. Camillo de Lellis. Cerca di seguirne il messaggio, di coglierne gli insegnamenti; su di lui discute la sua tesi di laurea in Lettere all’Università Cattolica di Milano, nel 1938. Di S. Camillo pubblica diverse biografie, per presentarlo ai giovani, a chi desidera vivere la propria professione di medico o di infermiere come una missione, per sensibilizzare alla dedizione ai sofferenti, ai morenti, ai poveri. Sulle orme di S. Camillo, Germana segue e coltiva per tutta la vita con passione, con fede, con dedizione totale, un forte ideale di consacrazione a Dio, nella carità. Donna di grandi intuizioni e tenace nelle sue convinzioni, Germana inizia la sua vita di consacrata - dapprima in maniera «privata», poi «pubblicamente» quando la Chiesa riconoscerà ufficialmente questo stile di vita – dedicandosi alla cura di chi è infermo nel corpo e nello spirito.
«È una donna forte, volitiva, capace e perfino temeraria. Sa scrivere e parlare ai cuori di altre giovani donne che decidono di unirsi a lei in questo cammino difficile, quando esso è ancora in via di sperimentazione e non ufficialmente riconosciuto dalle gerarchie ecclesiastiche. L'Ordine camilliano l'appoggia e la incoraggia».

Orfana dalla nascita

Germana nasce a Cagliari il 25 maggio 1914 da Ubaldo Sommaruga, appartenente a una delle migliori famiglie della città, e da Margherita Sernagiotto, di origine ebrea. Ma gravi motivi di salute costringono ad allontanarla, appena nata, dalla mamma che dopo poco morirà. Della mamma ricorderà sempre una monumentale tomba che i nonni portavano spesso a visitare e su cui lei giocava a palla mentre la nonna sistemava i fiori!
Germana trascorre la prima infanzia circondata dall'amore del padre e dei nonni, fino a trovare una nuova mamma in Paola Léger, di raffinata cultura artistica, musicale e letteraria. Sarà per Germana e per il fratello Giuliano una vera mamma, fonte di amore e di una solida formazione umana e cristiana.
Aperta alla fede, Germana scopre ben presto il fascino del dono di sé. A soli 9 anni sogna di andare in un lebbrosario, per curare quelli che pensava i più poveri tra i poveri.

Il dono «fatale» La biografia di s. Camillo


L'adolescenza di Germana si sviluppa quando la fragile pace degli anni Venti si tramuta in una tragica guerra. Tuttavia, sostenuta da una famiglia unita e serena, Germana cresce sensibile e attenta, vivace e riflessiva, acuta e critica, volitiva e al tempo stesso tenerissima; aperta al nuovo, in continua e appassionata ricerca del bene. L’agiatezza della famiglia le consente gli studi superiori ai quali seguirà l’Università.
Intanto nella Chiesa, si vanno via via sviluppando nuovi fermenti con quella che diventerà la “teologia del laicato”, con il sorgere di un forte associazionismo, con la «scoperta» di nuove forme possibili di consacrazione della propria vita al Signore, nel servizio ai fratelli più poveri e più deboli. Germana sa cogliere i segni del suo tempo e li conserva nella mente e nel cuore.
Della sua adolescenza racconterà un momento particolare: «Quella mattina non avevo voglia di alzarmi. Era il 25 maggio. Nel dormiveglia mi accorsi della presenza di mamma: “Tanti auguri! Eccoti il mio regalo: un libro, anzi un librone! Penso che ti piacerà …“ Un bacio. Poi mamma si ritirò in punta di piedi: potevo dormire ancora un po', perché quel giorno non c'era scuola, che felicità! Non allungai subito la mano per prendere il dono: mi gustavo quel mio dormiveglia, l'inizio dei miei diciassette anni. Ed ecco che mi parve di sentire vicino al mio letto la presenza di qualcuno, d'un gigante balzato fuori dal libro...».
Il dono, “fatale” per Germana, fattole da mamma Paola, è una biografia di San Camillo de Lellis, il fondatore dell'Ordine dei Ministri degli Infermi, meglio conosciuti come Camilliani: era definito il “gigante della carità”, il santo che ha rivoluzionato l'assistenza ai malati, agli infelici, ai sofferenti, vedendo in quei volti, sfigurati dal dolore, il volto stesso di Gesù. Dalle pagine di padre Vanti, storico dell'Ordine Camilliano e autore della biografia donata a Germana, emerge una poderosa figura d'uomo e di santo che affascina la giovane donna: Camillo è rimasto, anche dopo la sua conversione a Cristo, il soldato indomito, il combattente che non arretra di fronte alle difficoltà. Anche Germana ha in sé lo stesso spirito, la stessa volontà che non si arrende, la stessa “grinta“. Come s. Camillo, Germana ha fantasia, creatività e scopre la forza dell'amore, di quell'Amore che è l'unico nome conosciuto e pronunciabile di Dio. Quel dono, quel giorno, è il «sussurro di Dio» che si fa, in lei, rivelazione, richiamo che non può restare inascoltato.

Una felice Intuizione

Il 1936 segna per Germana e la sua famiglia l’inizio di un periodo di grandi tribolazioni. Germana era figlia di madre ebrea, quindi incriminata dalle leggi razziali naziste e fasciste; tribolazione che si aggrava anche a causa dell'antinazismo della famiglia cui appartiene la sua “seconda mamma”, di nobili origini francesi, i cui parenti sono perseguitati in patria dagli invasori nazisti. Tutta la famiglia deve quindi vivere alla macchia, lontano dalle città, evitando ogni attività pubblica. La prima soluzione che si presenta al desiderio di Germana è di entrare nella Congregazione delle Figlie di S. Camillo. Ma questa si rivela ben presto non essere la sua strada, non corrispondere al “sogno” di Dio su di lei. Lei stessa scrive: «Il 6 gennaio 1936, mentre la Madre Generale stava benedicendo la mensa, un'idea improvvisa venne a mutare il mio orientamento di vita: tornare nel mondo, riprendervi gli studi universitari, dar vita a un movimento di laiche consacrate che nel mondo accostino e assistano i malati nello spirito di S. Camillo, che penetrino in ogni ambiente, anche il più miserabile…». Così Germana lascia la comunità delle Figlie di S .Camillo e ritorna a Milano. Sostenuta da alcuni padri camilliani, tra cui il superiore generale dell’Ordine, comincia un’avventura di fede e di speranza, vivendo giorno per giorno nella fedeltà a quella “felice intuizione”.

le missionarie degli infermi

Nel 1938 alcune giovani chiedono di condividere questa avventura, indirizzate dagli stessi padri camilliani, che danno piena fiducia a Germana. Il 25 marzo 1948 viene riconosciuto il nuovo Istituto secolare "Missionarie degli Infermi Cristo Speranza" che otterrà l’approvazione definitiva nel 1961 dal papa Giovanni XXIII.
Successivamente un'altra intuizione di Germana diventa realtà: sostenere il desiderio di persone sposate e di quelle che, non sentendosi chiamate alla consacrazione, pure desiderano vivere una vita cristiana, impegnata nel servizio ai sofferenti, secondo una spiritualità di speranza. Iniziano così i gruppi degli associati: "Collaboratrici Cristo speranza" e "Comunità familiari Cristo speranza" . Germana avverte l'esigenza di estendere ancora di più l'amore verso i sofferenti e nel 1954 realizza un'altra sua grande intuizione: il C.A.M. (Centro Assistenza Malati), un'associazione per l'assistenza ai malati a domicilio, gratuita per i poveri.
Dopo le prime fondazioni in Francia e Belgio, spesso dietro richiesta dei vescovi del luogo, sono accolte nuove vocazioni in America Latina e in Asia e negli ultimi decenni anche in Africa.
La Chiesa fa tesoro dell'esperienza e della saggezza di Germana attraverso la sua nomina a “consultrice” alla Sacra Congregazione per i Religiosi (divenuta in seguito per la vita consacrata e società di vita apostolica), compito che svolge per molti anni.
Finché le è possibile, Germana segue di persona le Fondazioni. Nell’Assemblea Generale del 1973 Germana, con il consenso della Sede Apostolica, chiede, con umiltà e libertà di spirito, di non essere più rieletta presidente generale dell’Istituto, che ormai ritiene adulto e capace di procedere senza la sua guida.

Il suo grande amore alla Chiesa

Germana svolge anche attività di insegnante, con grande passione e dedizione. Risponde inoltre a richieste di tenere conferenze, di partecipare a dibattiti, a trasmissioni radiofoniche, sempre sui temi posti al centro della sua vita: l'avventura umana e cristiana sulle orme di Camillo de Lellis, la secolarità consacrata. Numerosi sono anche i suoi scritti. Uno dei suoi favoriti generi letterari è la poesia. Germana scrive abitualmente in versi anche molte preghiere. Tutti i suoi scritti denotano finezza di stile, insieme a una spiritualità di particolare spessore.
Fra i talenti di cui lo Spirito ha dotato Germana, uno in particolare merita d'essere sottolineato: la sua delicata attenzione alle persone in ricerca vocazionale. Desidera che ognuna trovi la strada che il Signore per lei, unicamente per lei, sta disegnando. Quindi indirizza anche ad altri istituti, alla vita religiosa, al matrimonio... Ciò che ritiene importante, per lei stessa come per chi incontra, è che si realizzi il «sogno» di Dio per ciascuno.
Germana testimonia infine un grande amore alla Chiesa: un amore che sa dimenticarsi non solo di ogni interesse personale, ma anche dell'interesse stesso dell'Istituto. «Non possiamo non offrirci disponibili se la Chiesa ha bisogno di noi... Questo amore alla Chiesa reclama una disponibilità incondizionata, un "eccomi, vengo!"»
Sino agli ultimi giorni della sua vita, pur segnata da una grave forma di artrite deformante, Germana è rimasta una presenza vigile e preziosa, un dono inestimabile, esempio di fedeltà, di generosità di pensiero e di cuore.
Coerente con lo stile della scelta di vita, nel febbraio 1988 lascia la sua abitazione di Milano per vivere in casa di riposo: prima a Rho, poi a Capriate (BG) presso i Camilliani, dove conclude la sua esistenza terrena il 4 ottobre 1995.