A partire dalla scorsa estate sono intervenuti due importanti cambi nella
guida della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di
vita apostolica, (CIVCSVA), organismo conosciuto più semplicemente come
“Congregazione per i religiosi”. Il 2 agosto 2010, Benedetto XVI ha nominato
come segretario generale padre Joseph William Tobin e il 4 gennaio 2011 come
Prefetto l’arcivescovo di Brasilia dom João Braz de Aviz, che succede al
cardinal Rodé, dimissionario per raggiunti limiti di età.
Sono due americani: uno degli Stati Uniti, p. Tobin, e l’altro del Brasile.
Tobin è un religioso della congregazione dei redentoristi, mentre João Braz de
Aviz proviene dal clero diocesano. Tra loro non si conoscono, ma lo impareranno
a farlo durante gli anni in cui sono chiamati a collaborare insieme nel nuovo
incarico.
Certamente gli osservatori cercheranno di cogliere il significato di queste
nomine e si sforzeranno di intravvedere le ragioni che hanno portato alla loro
scelta. A noi qui basta per il momento cercare di conoscerli più da vicino
stando alle loro dichiarazioni, da ciò che essi stessi hanno detto, per esempio,
nelle prime interviste, rese pubbliche dal settimanale statunitense National
Catholic Reporter, riprese poi anche da altre fonti.
Padre Tobin religioso redentorista
Anzitutto p. Tobin, ora arcivescovo. È considerato un moderato. Proviene da una
famiglia cattolica irlandese di Detroit. Entrato tra i Redentoristi, fu ordinato
sacerdote nel 1978. Esercitò il suo primo ministero tra gli ispanici di Detroit
e di Chicago. Nel 1991 fu chiamato a Roma e scelto come consigliere generale del
suo istituto. Nel 1997 divenne superiore generale, e fu successivamente rieletto
nel 2003. Esercitò un ruolo chiave anche all’interno dell’Unione dei Superiori
generali (USG) e fece parte del “Consiglio dei 16”, composto come è noto da otto
superiori e otto superiore maggiori, organismo che si incontra regolarmente con
la Congregazione per i religiosi.
Al termine dei 12 anni di servizio in qualità di superiore generale, si prese
una pausa, un anno sabbatico da trascorrere ad Oxford. Ma non ebbe però la
soddisfazione di completarlo perché una telefonata del Cardinal Bertone,
Segretario di Stato Vaticano, gli comunicava che era volontà del Papa che
assumesse l’incarico di Segretario della Congregazione per i religiosi. Lì per
lì, ha dichiarato egli stesso, credeva che si trattasse di uno scherzo di
qualche suo confratello burlone. In realtà era tutto vero. Era proprio il papa a
volerlo. Tentò di schermirsi dicendo di conoscere almeno cinque persone molto
più qualificate di lui per questo incarico. Il cardinal Bertone gli lasciò dieci
giorni di tempo per riflettere. Si consigliò allora con i suoi superiori, con
gli amici religiosi più intimi e con il suo padre spirituale. «Onestamente, ha
dichiarato, a chi lo intervistava, all’inizio è stato duro prendere la cosa sul
serio e capire che cosa stava effettivamente succedendo».
Gli è stato chiesto per quale ragione pensa di essere stato scelto. «È la
domanda, ha detto, che ho posto anch’io al card. Bertone. Penso che in gran
parte la ragione di questa nomina sia dovuta al fatto che, oltre ad avere
un’esperienza personale in una determinata forma di vita consacrata, nel corso
degli anni ho avuto anche l’opportunità di ascoltare altri religiosi e religiose
appartenenti ad altri carismi o forme di vita religiosa. Ho avuto molti contatti
con le congregazioni sia femminili che maschili.. Conosco in certo senso anche
il modo con cui i religiosi e le religiose hanno interagito con questo
dicastero… Mi chiedo anche se il fatto di essere nordamericano ha qualcosa da
vedere con tutto ciò. Tra i religiosi del nord America, infatti, c’è una grande
incomprensione circa le decisioni della Santa Sede, in particolare, per la
visita apostolica alle religiose. Penso di poter offrire un contributo al
riguardo, anche perché ho lavorato per tutta la mia vita con le religiose. Sono
state loro a istruirmi quand’ero ancora bambino. La famiglia di mia madre era
vicina alle suore del Cuore immacolato di Maria. Inoltre ho tenuto loro dei
ritiri e le ho ascoltate a lungo nel corso degli anni. Probabilmente io posso
offrire un’immagine diversa delle suore americane rispetto a quella presentata a
Roma. La mia impressione personale è estremamente positiva».
«Oltre a ciò, a me piace stare con una grande varietà di gente, parlare con
persone di cultura e mentalità diverse. Spero che tutto questo mi serva nel mio
incarico».
Nel corso degli anni ci sono state delle tensioni tra il Vaticano e alcuni
ordini tradizionalisti e gruppi di vita religiosa, come l’Unione dei superiori
generali.
Lei, gli è stato chiesto, è un veterano dell’USG. Questa sua nomina può essere
interpretata come un segno di riconciliazione? «Lo spero» ha detto. «Per decenni
c’è stata una specie di misteriosa frattura tra l’Unione dei Superiori generali
e il Vaticano… “misteriosa” nel senso che nessuno è in grado di spiegare come
ciò possa essere avvenuto. L’USG cercò per anni, senza riuscirvi, di ottenere
un’udienza dal papa, al tempo di Giovanni Paolo II. Bisogna però dire che
Benedetto XVI, dopo la sua elezione, ha ricevuto sia l’unioni maschile, sia
quella femminile. Ciò ha voluto dire una certa apertura al dialogo. Penso che la
mia designazione si muova nella stessa direzione… ma anche questa è una buona
spiegazione quanto ogni altra! Personalmente sono stato coinvolto in numerosi
progetti dell’USG, compreso il congresso internazionale sulla vita religiosa del
2004 che fu più o meno boicottato (boycotted) dal Vaticano. Probabilmente questa
nomina rappresenta una specie di riabilitazione».
Sul tavolo, a Roma, oltre alla spinosa questione della visita apostolica alle
religiose degli Stati Uniti, Tobin troverà anche quella, altrettanto lacerante,
dei Legionari di Cristo, vicenda che ha portato alla nomina di un visitatore
apostolico. «Il visitatore, ha affermato Tobin, ha ampie facoltà per occuparsi
di questa situazione, ma penso che a un certo punto egli farà delle
raccomandazioni alla Congregazione. Sono certo che il dicastero desidera essere
informato al riguardo… Dal punto di vista teologico e spirituale credo che i
legionari si trovino davanti a delle sfide enormi… Sinceramente non conosco
nessuna esperienza come questa, e non so che cosa fare al riguardo. So che a
Roma i Legionari godono di appoggi, pertanto sarà interessante vedere come andrà
a finire. Personalmente non provo alcuna gioia per quanto sta succedendo. So che
è una faccenda terribilmente penosa».
Il nuovo Prefetto dom João Braz de Aviz
Il nuovo Prefetto, dom João Braz de Aviz, è nato nel 1947 a Mafra, diocesi di
Joinville, in Brasile. Ha studiato filosofia nel seminario maggiore “Rainha dos
Apostolos” di Curitiba e nella facoltà di Palmas. Ha quindi completato i suoi
studi a Roma, presso le Università gregoriana e lateranense. Nel 1992 si è
laureato in teologia dogmatica. Ordinato sacerdote nella diocesi di Apucarana
Stato del Paranà), dopo aver esercitato il suo ministero in varie parrocchie, è
diventato rettore del se min ario maggiore di Apucarana e di Londrina e
professore di teologia dogmatica presso l’Istituto Paolo VI di Londrina. Il 6
aprile 1994 fu scelto come ausiliare dell’arcidiocesi di Vitoria e consacrato
vescovo il 31 maggio del medesimo anno. Nel 1998 è stato vescovo di Ponta Grossa
e promosso arcivescovo di Maringá nel 2002. Nel 2004 è stato trasferito alla
sede arcivescovile di Brasilia dove nel mese di maggio 2010 ha organizzato il
XVI Congresso eucaristico nazionale, nel 50° anniversario della città.
Mons. João ha saputo della sua nomina come Prefetto della Congregazione per i
religiosi il 14 dicembre scorso, anch’egli attraverso una telefonata del card.
Bertone. Per il momento si trova ancora in Brasile per sistemare alcune faccende
nella sua arcidiocesi e ha in programma di essere a Roma per la metà di
febbraio.
Non è un religioso, anche se da giovane ha frequentato il seminario, ad Assis
(Brasile), retto dai padri italiani del PIME.
Nell’intervista, ha affermato di avere ricevuto una meravigliosa educazione,
come seminarista diocesano, tra gli anni 1958 e il 1964… Inoltre di aver
sviluppato molti contatti con religiosi e religiose attraverso il movimento dei
Focolari, con cui ha coltivato una profonda amicizia.
Ha conosciuto questo movimento all’età di 16 anni e ne rimase subito innamorato.
«È stato un momento importante per me, ha detto, perché in quell’epoca in
Brasile stavano diffondendosi le grandi ideologie. Stava nascendo la teologia
della liberazione, con la sua attenzione per i poveri, e noi giovani ne eravamo
molto attratti. I Focolari mi hanno trasmesso il giusto senso equilibrio».
In Brasile dicono che mons. João non va in Vaticano con una agenda molto
nutrita, ma con il desiderio di imparare. «Credo, ha affermato, che sia proprio
così ed è la stessa cosa che è stata detta alle gente in questi giorni.
Anzitutto non ho alcuna aspirazione di carriera e non considero questo nomina
come una promozione personale. Nel mio cuore, la vedo come un servizio al Santo
Padre e alla Chiesa. Siamo chiamati a essere fratelli e sorelle nella Chiesa e
per questo dobbiamo essere sempre pronti a offrirci per servire. Ma al di là di
questo, devo ammettere che non conosco molto la Congregazione nella quale
lavorerò, per cui ho molte cose da imparare. Dovrò camminare assieme a coloro
che già si trovano lì, con persone che conoscono molto bene questo campo, perché
si tratta di un’area enorme e molto specializzata. La mia impressione è che il
Santo Padre sia molto contento del lavoro che si sta facendo, per cui penso di
non esser stato scelto per fare dei cambiamenti drammatici immediati. Credo di
essere stato nominato perché il Santo Padre vuole un brasiliano in Vaticano, dal
momento che attualmente lì non c’è nessuno in una posizione importante.».
Che cosa pensa della crisi della vita religiosa? «Credo – ha risposto – che ci
siano certamente dei segni di difficoltà, come la diminuzione delle vocazioni…
Dobbiamo stare attenti a ciò che sta succedendo e cercare di capire quali sono i
problemi. Dobbiamo anche riconoscere che i grandi cambiamenti nella cultura del
nostro tempo toccano la vita religiosa. Viviamo in un mondo molto diverso da
quello in cui siamo nati. La globalizzazione, per esempio, è una realtà che non
siamo riusciti a governare in maniera adeguata. Dobbiamo chiederci in che modo
un forte impegno di consacrazione può, nel nostro mondo, rendere felici gli
uomini e le donne, dato che ci sono tante altre cose nella cultura che
promettono la felicità». Ma, ha aggiunto,«ci sono anche tanti segni di
speranza».
Alla domanda come descriverebbe la sua visione della vita religiosa, ha
risposto: «Ogni congregazione, ogni ordine nella Chiesa, è come un bel fiore.
Insieme i fiori fanno un giardino e dobbiamo preoccuparci non solo dei singoli,
ma anche del giardino nel suo complesso. Qual è il rapporto tra i diversi
carismi? Questi fiori hanno la capacità di vedere la bellezza degli altri? Se si
vuole che questo giardino sia florido, bisogna che i fiori crescano insieme. È
un altro modo di parlare dell’equilibrio tra unità e diversità, qualcosa che può
essere difficile da raggiungere in una cultura individualistica in cui tutti
vogliono che la loro visione personale prevalga su tutto il resto. Dobbiamo,
invece, lasciarci governare dalla regola della carità. Credo che questo sia
qualcosa che dobbiamo riscoprire nella Chiesa».
L’arcivescovo Braz de Aviz comincerà presto il suo servizio assieme a p. Tobin.
Solo dopo potremo verificare quale sarà il loro modo di procedere, quale impulso
imprimeranno alla vita religiosa e quale lo stile che adotteranno per affrontare
i problemi che via via incontreranno. Ma già fin d’ora, da quanto ci pare di
cogliere dalle loro risposte, sarà lo stile del dialogo e della carità.