"Libertà religiosa, via per la pace". Questo è il tema che Benedetto XVI ha voluto per la Giornata mondiale per la pace del 2011 quasi a concludere un "cammino della pace" che egli ha tracciato, anno dopo anno, nei suoi Messaggi per questa Giornata. Il papa ci ha condotti a una riflessione complessiva sulla pace in relazione alla verità (Nella verità, la pace, 2006), alla dignità della persona umana (La persona umana, cuore della pace, 2007), all'unità della famiglia umana (Famiglia umana, comunità di pace, 2008), alla lotta contro la povertà (Combattere la povertà, costruire la pace, 2009) e alla custodia del creato (Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato, 2010).
Siccome il Messaggio si apre ricordando che i cristiani sono il gruppo religioso che è maggiormente perseguitato, certi hanno concluso che il tema di quest’anno è dettato da interessi “interni” della Chiesa e non si rivolge a tutti. Per questo il portavoce del Vaticano, P. Federico Lombardi, analizzando l’affermazione incriminata, ha ammesso che questa «è una delle affermazioni che più colpiscono nel Messaggio del papa, perché molti continuano a vivere nella falsa idea che i cristiani siano generalmente in posizioni di potere e che ad essere discriminati siano generalmente i seguaci di altre religioni, magari per colpa dei cristiani … ma non è questo il centro del Messaggio». Il papa guarda al mondo «al bene di tutta l'umanità, appellandosi alla dignità della persona umana, di ogni persona umana, e rivendicandone un diritto fondamentale (…) Non è quindi un messaggio solo in favore dei cristiani. È un messaggio in favore di tutti, che porta il segno dell'esperienza diretta dei cristiani, che rivendicano per tutti il diritto di cercare Dio, riconoscerlo e onorarlo nella loro vita, personalmente e insieme agli altri». Se questo diritto, che è di tutti e per tutti, non viene rispettato, non è immaginabile costruire una comunità pacifica, perché prevarranno i fanatismi, i fondamentalismi e il secolarismo aggressivo che «sono nemici della vera pace».
Il Messaggio, che chiede il rispetto della libertà religiosa, costituisce una riflessione nuova e originale che è «seconda solo al documento conciliare Dignitatis humanæ, che ha segnato per la Chiesa l'apertura a questa dimensione», scrive Lucetta Scaraffia (Osservatore Romano del 18 dicembre 2010). La Chiesa ha lungamente esitato ad accettare la libertà religiosa, «non in nome di un oscurantismo timoroso del diverso, come è stato detto da molti, ma per la preoccupazione che il fedele meno avveduto confondesse la verità e l'errore, una volta messi sullo stesso piano». Dopo il concilio la Chiesa ritiene di essere in grado di spiegare le ragioni di quest’apertura, ma sa anche di aver assunto un nuovo impegno in questa fase di continuo confronto con la secolarizzazione avanzante. Del resto il papa afferma che la libertà religiosa non ha nulla a che vedere con il relativismo, il quale nega l'esistenza stessa della verità.

Un discorso molto articolato

Ciò detto, possiamo dare uno sguardo, anche se molto sommario, al contenuto di questo Messaggio che è molto articolato e che difficilmente si lascia sintetizzare senza perdere la ricchezza dei contenuti. Il papa inizia la sua riflessione dicendo che la negazione della libertà religiosa costituisce «un’offesa a Dio e alla dignità umana, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale», che negare o limitare la libertà religiosa viene da una «visione riduttiva della persona umana», come «oscurare il ruolo pubblico della religione significa generare una società ingiusta e rendere impossibile l’affermazione di una pace autentica e duratura di tutta la famiglia umana» (1) .
Infatti il diritto alla libertà religiosa è radicato nella dignità della persona umana, creata da Dio con una vocazione trascendente. La libertà religiosa è all’origine della libertà morale, ma non di una libertà nemica o indifferente verso Dio che finisce per negare Dio e non garantisce il rispetto dell’altro. Una libertà che non cercasse la verità cadrebbe in quel relativismo che non garantisce una pacifica convivenza, come molti acriticamente pensano, ma è origine di altre divisioni e nega la dignità della persona umana. «È inconcepibile, scrive il papa, che i credenti debbano sopprimere una parte di se stessi, la loro fede, per essere cittadini attivi: non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti» (3). Qui si radica anche il diritto della famiglia di educare religiosamente i propri figli (4).
La libertà religiosa gode di uno statuto speciale tra le altre libertà legate alla persona umana, sicché «quando la libertà religiosa è riconosciuta, la dignità della persona umana è rispettata nella sua radice, e si rafforzano l’ethos e le istituzioni dei popoli. Viceversa, quando la libertà religiosa è negata, quando si tenta di impedire di professare la propria religione o la propria fede e di vivere conformemente ad esse, si offende la dignità umana e, insieme, si minacciano la giustizia e la pace, le quali si fondano su quel retto ordine sociale costruito alla luce del Sommo Vero e Sommo Bene» (5). La libertà religiosa è «un’acquisizione di civiltà politica e giuridica» tale che non dovrebbe incontrare ostacoli chi «volesse, eventualmente, aderire a un’altra religione o non professarne alcuna» (ib.). Come tale, la libertà religiosa non è patrimonio esclusivo dei credenti, ma dell’intera famiglia dei popoli della terra. Essa è come “la sintesi e il vertice” di tutti i diritti e delle libertà fondamentali e un elemento imprescindibile di uno Stato di diritto che non può negarla senza intaccare nelle stesso tempo anche tutti i diritti e le libertà fondamentali; essa è inoltre «la cartina tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani» (ib.) e mentre «favorisce l’esercizio delle facoltà più specificamente umane, crea le premesse necessarie per la realizzazione di uno sviluppo integrale, come afferma Caritas in veritate al n. 11» (ib.).

Rischi di una libertà religiosa strumentalizzata

Il papa tratta poi dei rischi che si corrono quando la libertà religiosa è strumentalizzata per «interessi occulti, come il sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il mantenimento del potere da parte di un gruppo» e si concretizza in forme di fanatismo, di fondamentalismo e di pratiche contrarie alla dignità umana che non possono mai essere giustificate in nome della religione. «La libertà religiosa – ricorda il papa – è condizione per la ricerca della verità e la verità non si impone con la violenza ma con la forza della verità stessa. In questo senso, la religione è una forza positiva e propulsiva per la costruzione della società civile e politica» (7).
Ma non sono solo il fanatismo e il fondamentalismo a compromettere la libertà religiosa. Benedetto XVI rinnova qui la denuncia del laicismo che produce «forme di ostilità contro la religione che limitano il ruolo pubblico dei credenti nella vita civile e politica» (8) Se il fondamentalismo conduce all’integrismo, il laicismo che rifiuta il ruolo pubblico della religione conduce al rifiuto del legittimo pluralismo e di una laicità positiva. Perciò il Messaggio del papa richiama la società a «vivere e a organizzarsi in modo da favorire l’apertura alla trascendenza, senza ignorare la dimensione religiosa dei cittadini» (ib.).

Una ricchezza per tutti i popoli

Proponendo positivamente la libertà religiosa e il valore della religiosità, il papa ricorda che le religioni dell’umanità con il loro «patrimonio di principi e di valori espressi da una religiosità autentica [sono] una ricchezza per i popoli e i loro ethos», parlano direttamente alla coscienza e alla ragione degli uomini e delle donne, rammentano l’imperativo della conversione morale, motivano a coltivare la pratica delle virtù e ad avvicinarsi l’un l’altro con amore, nel segno della fraternità, come membri della grande famiglia umana. Nel rispetto della laicità positiva delle istituzioni statali, la dimensione pubblica della religione deve essere sempre riconosciuta. Ma ciò richiede «un sano dialogo tra le istituzioni civili e quelle religiose» per lo sviluppo integrale della persona umana e dell'armonia della società (9).
Il Messaggio del papa prosegue ricordando che le religioni possono costituire un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana e per una convivenza pacifica in un mondo che sarà sempre più multietnico e multiconfessionale. Non è vero che le religioni siano fattore di scontro e fonte di violenza, come spesso viene affermato. Rivolgendosi ai cristiani il papa dice che essi «sono sollecitati dalla stessa fede in Dio, Padre del Signore Gesù Cristo, a vivere come fratelli che si incontrano nella Chiesa» e a collaborare all’edificazione di un mondo nuovo segnato dalla fratellanza universale (10). La Chiesa è convinta che «il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno strumento importante per collaborare con tutte le comunità religiose al bene comune [e] nulla rigetta di quanto è vero e santo nelle varie religioni» (Nostra Ætate n. 2). Il dialogo non è la strada del relativismo o del sincretismo, dato che la Chiesa sa di annunciare Cristo che è “via verità e vita” per tutti e che, che come dice san Tommaso d’Aquino, «ogni verità, da chiunque sia detta, proviene dallo Spirito Santo» (11).
Benedetto XVI invita poi i politici e i diplomatici a promuovere la libertà religiosa, a destrutturate le ideologie e a favorire un impegno costante affinché le leggi promulgate dallo stato siano fondate sui principi della legge naturale (12) e la libertà religiosa sia promossa ovunque superando «persecuzioni, discriminazioni, atti di violenza e di intolleranza basati sulla religione» in modo speciale in Africa e Asia dove «le principali vittime sono i membri delle minoranze religiose, ai quali viene impedito di professare liberamente la propria religione o di cambiarla, attraverso l’intimidazione e la violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e dei beni essenziali, giungendo fino alla privazione della libertà personale o della stessa vita» (13).

Beatitudini e non violenza


Rivolgendosi infine alle comunità cristiane perseguitate, il papa ricorda loro le beatitudini evangeliche e il principio della non violenza: «La violenza non si supera con la violenza» (14) e auspica che «in occidente, specie in Europa, cessino l’ostilità e i pregiudizi contro i cristiani per il fatto che essi intendono orientare la propria vita in modo coerente ai valori e ai principi espressi nel Vangelo» e invita l’Europa a «riconciliarsi con le proprie radici cristiane, che sono fondamentali per comprendere il ruolo che ha avuto, che ha e che intende avere nella storia; saprà, così, sperimentare giustizia, concordia e pace, coltivando un sincero dialogo con tutti i popoli» (14). Il Messaggio si chiude riprendendo il tema: «La libertà religiosa è un’autentica arma della pace, con una missione storica e profetica. Essa infatti valorizza e mette a frutto le più profonde qualità e potenzialità della persona umana, capaci di cambiare e rendere migliore il mondo. Essa consente di nutrire la speranza verso un futuro di giustizia e di pace, anche dinanzi alle gravi ingiustizie e alle miserie materiali e morali. Che tutti gli uomini e le società ad ogni livello ed in ogni angolo della Terra possano presto sperimentare la libertà religiosa, via per la pace!» (15).