Anna Maria Adorni, nata agli inizi dell’800, esempio originale di sposa e madre, di consacrata e fondatrice, è stata proclamata beata il 3 ottobre scorso, nella Cattedrale di Parma davanti a tantissima gente proveniente da tutta Italia, Romania, Polonia, Svizzera. La Santa Messa, presieduta da mons. Angelo Amato, è stata un momento di particolare commozione: “si è potuto percepire come il cielo e la terra si siano incontrati” ha detto un pellegrino venuto dalla Romania. Il miracolo riconosciuto per intercessione di Anna Maria Adorni riguarda la guarigione di Giuseppe Buttignol, nel 1939, da una grave forma di encefalite virale.

Un percorso di santità

La via che dall'Istituto San Cristoforo, in Parma, porta al carcere di San Francesco è breve, ma non lineare. Tracciando un percorso tra strade e borghi, congiunge edifici tra loro diversi, ma intimamente uniti dall'eccezionale personalità di Anna Maria Adorni, che vi approda in un'importante fase della sua esistenza. Il suo percorso di vita, più lungo di quelle strade, appare complesso, «felicemente» contorto, scritto dalla mano provvida e misteriosa di Dio .
La giovane Anna Maria parte da oltre il crinale dell'Appennino emiliano, dalla natia Fivizzano (Massa Carrara), per arrivare, orfana di padre, a Parma, e divenire in quegli anni sposa e madre. Conserverà però nel cuore una originaria chiamata alla vita claustrale. La sua vita familiare fu autentica e serena, anche se segnata da tanti momenti di dolore: la morte del marito, prima, poi a uno a uno dei sei figli, fino a Paolino che morirà poco prima di lei. In ogni momento della sua vita, Anna Maria Adorni è esempio vivente di carità e di fede. Prorompe in lei, tanto più dopo la morte del marito, quella chiamata che la mette sulla via degli ultimi, in particolare delle donne, spesso ancora giovani, sfruttate, carcerate, senza futuro e speranza. Il carcere si apre a lei e alle dame che l'accompagnano e, con il tempo, la casa di San Cristoforo apre le sue porte a chi esce di prigione con la speranza di una vita nuova.

Una bambina precoce

Nata il 19 giugno 1805 a Fivizzano, nel territorio dell'odierna diocesi di Pontremoli, da Matteo Adorni e Antonietta Zanetti, fu battezzata il 23 giugno con i nomi di Anna Maria Carlotta Emilia. Per tutti gli anni della sua infanzia e giovinezza sarà chiamata col soprannome di Carolina. L’educazione cristiana di Carolina fu armoniosa, grazie all’esempio e all’educazione ricevuta dai suoi genitori. Fu mandata a scuola da una maestra privata, all'età di quattro anni: imparò così precocemente i primi elementi del leggere e dello scrivere. Successivamente frequenterà la scuola dalle benedettine. La piccola Carolina sente presto parlare di peccatori e di anime da salvare e ne è tanto impressionata che a volte, di notte, si alza dal letto per inginocchiarsi sul pavimento a pregare per la loro conversione. A sei anni, decide di farsi un piccolo romitaggio nell'orto, dove rifugiarsi con un'amica a pregare. A sette anni prende la grande decisione di andare fino alle Indie, per convertire gli infedeli. Qualcuno le ha parlato di san Francesco Saverio e lei vuole seguirne le orme. Con la sua amica partì di fatto, una mattina per tempo, pensando forse che in un giorno sarebbe arrivata. Invece arrivò solo a pochi chilometri dal paese, stanca e affamata. E verrà ricondotta a casa rattristata per non essere riuscita nel suo intento.
La mamma Antonietta aveva alloggiato in soffitta un povero vecchio, ammalato. Carolina aveva undici anni: presa da compassione per quel poveretto, volle essere lei a portargli da mangiare, a pulirgli la stanza e a fargli compagnia. A 14 anni Carolina fu colpita dalla morte del padre. Da quell’anno, insieme alla mamma si trasferì a Parma. Questa città sarà dal 1820 in avanti la sua nuova patria.


Sposa  e madre

Appena giunta a Parma, Anna Maria (ormai non più “la bimba Carolina”) andò come istitutrice presso una famiglia benestante. Mentre pensava di consacrarsi tra le monache cappuccine, per rispetto alla madre che si opponeva al suo desiderio, il 18 ottobre 1826 sposò Antonio Domenico Botti, addetto alla Casa Ducale di Parma, al quale diede sei figli, tutti morti in tenera età, ad eccezione di Leopoldo che poi scelse la vita monastica nell'Ordine benedettino. Il 23 marzo 1844 Antonio morì, dopo una lunga malattia. Nel 1845 Anna Maria inizia il suo apostolato nelle carceri, seguendo il consiglio del direttore spirituale, dom Attilano Oliveros, benedettino; nel 1847 fonda la Pia Unione delle Dame Visitatrici delle carceri, approvata da Maria Luigia di Borbone il 27 aprile e dal vescovo di Parma, mons. Neuschel, l’8 giugno dello stesso anno.
Anna Maria avvicina ogni persona con umiltà, ascolta con benevolenza e tenerezza, consola, ammaestra con gli insegnamenti della fede, incoraggia con la speranza e la preghiera. Molte signore, attratte dagli esempi della Adorni, la imitano nel compimento della sua opera di carità, entrando a far parte della Associazione riconosciuta dal vescovo nel 1847 e approvata dalla duchessa di Parma, come "Pia Unione delle Dame visitatrici delle carceri sotto la protezione dei Santissimi Cuori di Gesù e di Maria". Sollecitata anche dalle donne dimesse dal carcere, Anna Maria prende in affitto una casa per loro e per le fanciulle a rischio e orfane. L'opera prende ispirazione dal "Buon Pastore" e per essa, superando innumerevoli difficoltà, trova una sede adatta il 18 gennaio 1856 nell'antico convento delle monache agostiniane, dedicato a San Cristoforo.

Fondatrice delle Ancelle dell’Immacolata di Parma


Il suo desiderio di consacrarsi totalmente a Dio fu pienamente appagato quando, il 1° maggio 1857, dà inizio alla famiglia religiosa delle Ancelle dell’Immacolata di Parma, insieme a otto compagne, per continuare a testimoniare con la sua opera l’amore misericordioso di Dio e la maternità di Maria. La sua vita è un esempio quotidiano di virtù e soprattutto di una grande carità, ammirevole per la totale donazione di sè nelle cose più difficili come in quelle più umili; poverissima per sè, ma ricchissima per gli altri.
Le vicende storiche e politiche entrano nella vita dell'Adorni e del suo « gruppo »: a volte aderiscono alla Provvidenza, più spesso gravano pesantemente ponendo non pochi ostacoli.
L’avvento del Regno d’Italia interrompe nel 1860 la loro attività: non si può entrare nelle carceri, ma dietro richiesta delle detenute e della direzione del carcere, nel 1864 riprende. Nel 1867 scoppia il colera a Parma. Anna Maria e le compagne assistono le detenute malate, i malati terminali, insegnano il catechismo e preparano i bambini ai sacramenti.
Il 25 marzo 1876 il vescovo di Parma, Domenico Villa, erige l'Istituto del Buon Pastore in congregazione religiosa, sotto il titolo di "Pia Casa delle Povere di Maria Immacolata" e le Regole sono confermate il 28 gennaio 1893 dal suo successore, Andrea Miotti.

Donna forte nella fede

Vi era nell’Adorni una particolare armonia tra contemplazione e azione: donna di intensa preghiera, era sempre disponibile e gratuita nella carità. Aveva una fede forte. Lei stessa diceva: «Ho chiesto spesso al Signore che mi accresca la speranza e la carità, ma non gli ho mai chiesto di accrescermi la fede perchè me la sento tanto grande da trasportare le montagne». Effettivamente la sua vita è segnata anche da grazie straordinarie.
Una volta mandò due suore a pulire il cassone dove si metteva la farina. Una delle suore le disse: «Va bene pulirlo, Madre, ma che cosa ci mettiamo dentro? È completamente vuoto!». L‘Adorni rispose: «Abbiate fiducia, figlie mie, e vedrete che la Provvidenza ci verrà in aiuto. Il Signore sa che abbiamo bisogno e non abbiamo mezzi». Poche ore dopo arrivò all'Istituto un carro carico di sacchi di farina.
In un’altra occasione la Madre guardava le piante da frutto nell'orto e pensava che già da qualche anno non producevano più nulla. Un po' di frutta sarebbe stata una manna del cielo! Non sarebbe costata nulla e avrebbe giovato molto alla salute delle sue ricoverate. Pregò quindi il Signore di far produrre molta frutta al suo orto, in quell'anno di miseria. E le piante, in quell'anno, si riempirono di frutta!
La sua fama di santità si era già così diffusa che andava gente da ogni parte a visitarla, a chiedere preghiere e consigli. La Madre accoglieva tutti con un sorriso luminoso, ascoltava con materna attenzione e per tutti aveva una parola buona, un consiglio saggio, un'esortazione spirituale. Il beato Guido Maria Conforti, – fondatore dei Missionari Saveriani – da giovane sacerdote, andò a confidarsi con lei circa il suo progetto missionario. La Beata gli predisse che avrebbe fondato l'Istituto per le Missioni Estere, aggiungendo particolari, tutti successivamente avveratisi. Il Conforti si era recato da Madre Adorni anche quand'era seminarista. Gli era stata rimandata l'ordinazione sacerdotale per una malattia che l'aveva colpito e che lo tormentava da anni. La Beata gli disse con accento sicuro: «Vada a Fontanellato . La Madonna l'attende per farle la grazia. Diverrà sacerdote e anche vescovo». Monsignor Conforti stesso confermò questo episodio in occasione della posa della lapide per la Beata.
La vita di Anna Maria Adorni, quotidianamente donata per amore, si aprì all’abbraccio definitivo del suo Signore il 7 febbraio 1893.
La sua missione è continuata dalle sue figlie, in risposta alle esigenze di tempi e luoghi. Durante la seconda guerra mondiale, per esempio, moltissimi bambini rimasero feriti, mutilati, orfani. Un “santo” sacerdote cominciò a raccoglierli e a prendersene cura, don Carlo Gnocchi (beatificato nel 2009). La sua carità arrivò anche a Parma. Nel 1949, per l'assistenza a questi bambini, egli si rivolse alle Ancelle dell'Immacolata e, per mansioni che richiedevano personale maschile, ai Fratelli delle Scuole Cristiane. Così le “figlie dell’Adorni” entrarono in vari collegi di don Gnocchi; alcune si specializzarono in fisioterapia, per rispondere meglio alle emergenze del momento. Successivamente si diffonderanno anche altrove, in Italia e in Romania, offrendo un prezioso servizio a ragazze e donne italiane e straniere, in situazioni di difficoltà.