A distanza di dieci anni da un analogo incontro, il 23 ottobre 2010 ad Assisi
si sono ritrovati per un’intensa giornata di comunione antichi e nuovi carismi.
Mentre l’antico non poteva non avere il volto dei figli di Francesco, il nuovo
si è rispecchiato soprattutto nel movimento dei focolari. Ma insieme e grazie a
loro, numerosi altri protagonisti hanno provato a delineare il profilo
carismatico della Chiesa attraverso una successione, quasi senza soluzione di
continuità, tra un evento e l’altro, dal mattino fino a tarda sera.
Il primo importante appuntamento, in mattinata, è stato quello della
concelebrazione eucaristica nella basilica di santa Chiara, presieduta
dall’arcivescovo emerito di Praga, il card. Miloslav Vlk («uno dei 300 vescovi
simpatizzanti dei focolarini», come ha ricordato lui stesso), con la
partecipazione di una cinquantina di concelebranti. Tutti i presenti, in
collegamento audio dalla clausura, sono stati accolti, salutati e incoraggiati
in questo cammino di comunione dalla madre Chiara Damiana, abbadessa del
monastero di santa Chiara.
La fioritura dei movimenti ecclesiali
Dal primo pomeriggio fino a tarda sera non si sarebbe potuto trovare uno spazio
più idoneo e ispirante della basilica superiore di san Francesco per una seria
riflessione sulla comunione tra i diversi carismi. Ha preso per primo la parola
il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino. È stato qualcosa di più e di
diverso di un saluto formale. Grazie al Vaticano II, ha detto, quello dei
carismi è diventato un tema-chiave non solo per la comprensione e il
rinnovamento della Chiesa, ma anche per il superamento della loro
contrapposizione alla istituzione ecclesiale. «Se l'istituzione esprime la
dimensione della stabilità, i carismi esprimono piuttosto la "fantasia" dello
Spirito, la continua novità e imprevedibilità dei suoi doni». Se fino al
concilio sembrava che esistessero solo i carismi degli ordini e degli istituti
religiosi antichi, da allora in poi «la fioritura dei movimenti ecclesiali ha
segnato la stagione post-conciliare ampliandone enormemente l'orizzonte».
Tra le possibili tentazioni che possono ritardare o anche, a volte,
compromettere la maturazione della comunione carismatica, il vescovo di Assisi
ha ricordato soprattutto quella dell’autoreferenzialità. Pur con le migliori
intenzioni, può succedere che «si cerchi di affermare la propria identità fino
alla sottile concorrenza, dichiarata o dissimulata. Può capitare che alla base
delle attività anche più spirituali, pur con la bocca piena di Cristo, si miri
non tanto agli interessi di Cristo, quanto a quelli del proprio ordine
religioso, della propria congregazione, del proprio movimento».
Se il “carisma dei carismi”, come dice Paolo, è la carità, questo dovrebbe far
riflettere non solo le singole persone, ma anche le loro eventuali
“appartenenze”. «Può capitare, così, che degli ordini religiosi siano formati da
persone individualmente molto povere, ma che la povertà non sia abbastanza
visibile nelle scelte istituzionali della propria comunità religiosa». Può anche
succedere che «rinunciare al primo posto, non primeggiare con lo sventolio della
propria bandiera, non procurarsi la maggiore visibilità mediatica», sia visto
quasi come «un torto al proprio carisma». Nessuna meraviglia allora, se alcune
persone, individualmente anche “sante”, finiscono poi con il restare esse stesse
«vittime dell'orgoglio di gruppo, magari ammantato di devozione». «Il crinale
tra l'orgoglio di gruppo e la responsabilità testimoniale, ha concluso il
vescovo di Assisi, è spesso labile e impercettibile. Richiede un discernimento
comunitario spesso faticoso, esige tanta onestà mentale e spirituale».
All’intervento del vescovo di Assisi, ha fatto immediatamente seguito quello
della presidente dei focolarini, Maria Voce. Si è introdotta rievocando
brevemente tutti i “precedenti” che hanno di fatto preparato quest’ultimo
appuntamento. In occasione del primo storico incontro di Giovanni Paolo II con i
movimenti e le nuove comunità ecclesiali del 30 maggio 1998 (solennità di
Pentecoste), Chiara Lubich aveva promesso al papa di impegnarsi con tutte le sue
forze per la piena realizzazione della comunione fra i diversi carismi nella
vita della Chiesa. Il 26 ottobre del 2000, Chiara, sulla tomba di san Francesco,
aveva posto la prima pietra di questo cammino, assicurando che la comunione
sarebbe diventata «più una, più attraente, più calda, più familiare, più
dinamica, più mariana, più carismatica».
L’augurio di Chiara Lubich ha trovato due immediate concretizzazioni, anzitutto
con la pubblicazione dell’istruzione “Ripartire da Cristo” (maggio 2002) e
l’assemblea dei superiori generali (USG) nel novembre successivo. Se nel
documento del 2002 per la prima volta si parla esplicitamente di “comunione tra
carismi antichi e nuovi”, all’assemblea USG, anche qui per la prima volta,
avevano partecipato ben 50 rappresentanti di 14 movimenti e associazioni laicali
«non per parlare del rapporto tra religiosi e movimenti, ma per incominciare ad
affrontare insieme le grandi sfide che il 3° millennio avrebbe aperto».
Il terreno concreto su cui era andata sbocciando sia la comunione tra i
movimenti che quella tra i carismi antichi e nuovi, ha commentato Maria Voce,
era evidentemente l'ecclesiologia di comunione del Vaticano II, diventata ben
presto «il leit motiv della vita di Chiara e di milioni di persone che
compongono ora il movi¬mento dei focolari». È sorprendente quanto, ha aggiunto,
proprio grazie a questa spiritualità di comunione sia stato possibile scoprire
la complementarietà e la specifica identità dei singoli carismi.
Passato e presente di un lungo cammino
Il tema della complementarietà dei carismi è ritornato con insistenza anche nel
corso della tavola rotonda, moderata dal giornalista di Avvenire Mimmo Muolo.
Dopo il saluto iniziale del custode del sacro convento, p. Giuseppe Piemontese,
e del ministro generale dei conventuali, p. Marco Tasca, hanno preso la parola,
per un breve intervento, alcuni esponenti di movimenti ecclesiali, ordini
religiosi e responsabili nazionali degli organismi di vita consacrata in Italia.
Mario Landi, coordinatore nazionale del Rinnovamento nello Spirito, ha ricordato
come al termine della celebrazione della Pentecoste del 1998 in piazza san
Pietro (questa grande “irruzione” dello Spirito nella storia dell’uomo, come
l’aveva definita il card. Ratzinger), Chiara Lubich si fosse posta la domanda:
«E adesso?». Dal momento che non ci può essere comunione senza comunicazione,
proprio da lì ha preso corpo tutta una serie d’incontri fra i più importanti
movimenti ecclesiali. Particolarmente significativo è stato quello di Stoccarda
del 2004. Il dato più confortante, in questo come in tutti gli altri incontri, è
sempre stata la presenza non solo dei responsabili, ma anche del “popolo” dei
movimenti, segno evidente di una comunione ormai consolidata anche in basso.
Sul versante della comunione tra antichi e nuovi carismi, Raimund Schreier,
abate premonstratense di Innsbruck, ha ricordato l’incontro di Monserrat del
2002. Fra i 400 partecipanti, insieme a monaci, suore, abati, abbadesse, al
presidente della conferenza episcopale catalana, c’erano anche numerosi membri
dei focolarini. Chiara Lubich, nel suo intervento, parlando dei fondamenti della
spiritualità dell’unità, era arrivata ad evidenziare le somiglianze fra la
spiritualità dell’ordine benedettino e quella del suo movimento. In questo come
in tutti gli altri numerosi incontri è andata emergendo la consapevolezza che il
Vangelo è l’unica regola comune ai nuovi come agli antichi carismi.
Valeria Martano, responsabile relazioni della comunità di sant’Egidio con gli
altri movimenti, ha esordito dicendo (rifacendosi ad un autore francese), che
«in un secolo uscito da Dio, i movimenti sono stati la risposta di Dio».
Ispirandosi a san Francesco, fin dagli inizi la comunità di sant’Egidio ha
sempre saputo concretamente coniugare preghiera e amore dei poveri. Fra le tante
iniziative della comunità, Martano ne ha ricordate due: anzitutto la lotta
all’Aids in Africa, un “sogno” che ha potuto realizzarsi grazie anche al
coinvolgimento di una decina di congregazioni religiose maschili e femminili, e
poi la battaglia per la moratoria contro la pena di morte ufficialmente firmata
dall’Onu nel 2007, grazie anche agli oltre cinque milioni di firme raccolte
dalla comunità insieme a tante altre realtà ecclesiali. «Era la prima volta in
cui l’Onu diceva “no” alla pena di morte».
Comunione sì, confusione no!
A tavola rotonda già iniziata, era arrivato da Roma (trattenuto per la
conclusione del Sinodo sul Medio Oriente) il ministro generale dei frati minori,
p. Rodriguez-José Carballo. Nel suo breve intervento ha chiarito soprattutto una
cosa importante: la comunione non va mai confusa con l’uniformità. «Sì alla
comunione, ha detto, no alla confusione di carismi». «Ognuno di noi, ha
aggiunto, dovrebbe essere profondamente (anzi, francescanamente!) orgoglioso del
proprio carisma. Solo nella fedeltà al proprio carisma si può insieme edificare
la Chiesa». La regola base per tutti dovrebbe essere il Vangelo, nella cui
riscoperta c’è tutta l’originalità di Francesco. Infatti «qui inizia e qui
finisce tutto il francescanesimo». La comunione «non può mai sacrificare,
proprio mai!, la propria appartenenza ad un determinato carisma, ad una
determinata vocazione».
Dopo l’intervento di Benedetto Lino, del consiglio generale dell’ordine
francescano secolare (OFS), sulle vicende storiche e sul ruolo e l’importanza
che il suo ordine sta sempre più riscoprendo all’interno del movimento
francescano attuale, la tavola rotonda è stata conclusa dagli interventi della
presidente Usmi, madre Viviana Ballarin, e dal presidente Cism, don Alberto
Lorenzelli. Dopo una rapida presentazione dell’articolata realtà dell’Usmi,
madre Ballarin ha voluto soffermarsi su una concreta realtà di comunione di
carismi portata avanti da alcuni anni da una piccola comunità di religiose
appartenenti a tre diversi istituti a Kabul. Queste sorelle «non hanno niente,
neanche la possibilità di spostarsi da un luogo all’altro. Hanno solo un
tabernacolo in una piccola stanza per testimoniare che Gesù è il centro della
loro vita».
Don Lorenzelli, in apertura del suo discorso, non poteva non ricordare come
proprio ad Assisi, nel 2004, la Cism si fosse confrontata sul tema della
comunione fra carismi diversi. Senza rimpianti nostalgici per il passato, i
religiosi oggi, stimolati dall’esempio dei loro fondatori, non dovrebbero
assolutamente temere il nuovo, l’incontro, il dialogo. La diversità non è mai
facile da accettare. «Noi vorremmo gli altri uguali a noi». Proprio in ragione
di queste difficoltà «spesso l’incontro dei carismi si manifesta più come
desiderio che come prassi di vita». È fin troppo facile essere tolleranti in ciò
che «ci somiglia». Il DNA della vita religiosa, il suo “centro”, invece, sta
tutto «nell’accettazione dell’alterità del fratello e della sorella».
È toccato al vescovo di Spoleto, mons. Salvatore Boccardo, concludere, dopo
cena, nel suo incontro con i giovani, la grande giornata di Assisi. Poco prima,
dopo un breve recital su Chiara Luce Badano, era stato realizzato dal vivo
l’ultimo musical di Carlo Tedeschi: «Carismi… in musica», uno spettacolo di
notevole livello musicale e spirituale, suggello ideale del “patto di comunione”
antecedentemente sottoscritto dai rappresentanti dei vari carismi proprio
davanti all’altar maggiore della basilica superiore (A.A.).