La conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) ha celebrato a Milano-Segrate, dal 2 al 6 novembre u.s., le sue "nozze d'oro". Oggi, a cinquant'anni, normalmente una persona si sente ancora giovane. Un organismo come la Cism, invece, proprio come la gran parte dei nostri istituti religiosi, soffrendo fin troppo il peso degli anni, avrebbe potuto cedere alla tentazione di limitarsi a ricordare e a raccontare la sua gloriosa storia passata. Lo ha fatto, ma fino ad un certo punto, consapevole di avere, almeno in votis, ancora una storia da costruire.
Il tempo "passato" della Cism era plasticamente scandito dalle tre targhe commemorative allineate sul tavolo della presidenza nel salone del "Novo Hotel Milano due" di Segrate: quelle del presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano, del sindaco di Milano, Letizia Moratti, e del sindaco di Segrate, Adriano Alessandrini. Ma molto più prezioso e significativo è stato l’omaggio della presidenza Cism ai provinciali: un DVD con i testi integrali di tutte le sue precedenti assemblee e i numerosi contributi apparsi sulla rivista "Religiosi in Italia". Una banca dati del proprio passato ha significato soprattutto se si crede ancora nel proprio futuro.
A questo riguardo, anche a Segrate, parole d'incoraggiamento e di speranza, nonostante le tante ombre, sono state colte in abbondanza nella lectio divina quotidiana di mons. Oscar Cantoni, vescovo di Crema, sulla lettura delle lodi, nelle relazioni (di don Alberto Lorenzelli, salesiano, presidente della Cism, di fr. Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, di p. Fidenzio Volpi, segretario della Cism, del teologo mons. Pierangelo Sequeri, del card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, nelle omelie (di mons. Giuseppe Bertello, nunzio apostolico in Italia, di mons. Joseph Tobin, nuovo segretario del dicastero vaticano per la VC, e del card. Angelo Bagnasco nella chiesa parrocchiale di “Dio Padre” di Segrate e in quella del card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, nella basilica di S. Ambrogio), nelle testimonianze degli ultimi presidenti Cism opportunamente convocati per una tavola rotonda.
Non meno incoraggianti sono stati i messaggi del presidente della Repubblica, del Segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, del presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, e i saluti a viva voce della presidente dell’Usmi (madre Viviana Ballarin), del sindaco di Milano e di quello di Segrate. Madre Ballarin aveva timidamente formulato l'auspicio di veder convergere, magari anche prima della fine del prossimo cinquantesimo, Cism e Usmi in un unico organismo. La proposta, almeno per ora, non sembra aver scaldato i cuori più di tanto! I problemi, come si poteva fin troppo facilmente prevedere, erano altri.

Gli “anni difficili”postconciliari

Sarebbe presuntuoso, in questa sede, tentare una sintesi di quanto detto e ascoltato in quattro dense giornate di lavori. Possono bastare alcuni cenni, giusto per cogliere l’atmosfera respirata in assemblea. Al suo presidente, il salesiano don Alberto Lorenzelli, è spettato l’onere e l’onore non solo di una relazione di fondo, “Un cammino aperto al futuro”, ma anche della prolusione e della conclusione dei lavori. Fin dalla prolusione ha affrontato, con molta lucidità, due temi particolarmente sensibili per non pochi dei 150 provinciali e vicari presenti: la mancata copertura finanziaria alla scuola cattolica paritaria garantita ancora dieci anni fa dalla legge 62 del 2000, e la prospettiva di una normativa fiscale sempre più paralizzante le tante attività dei religiosi nel campo della solidarietà e in quelli educativo-scolastico, assistenziale e sanitario.
Su un tono solo apparentemente meno problematico, si è poi snodata la sua relazione sul futuro cammino della Cism che si lascia alle spalle "anni difficili" non solo per la pervasiva secolarizzazione della società italiana, ma anche per le «diverse e talora divergenti modalità di intendere e condurre l'aggiornamento conciliare» da parte di molti istituti di VR. A conferma, nonostante tutto, di una solida presenza dei religiosi/e nella società e nella Chiesa, don Lorenzelli ha sfornato alcuni consistenti dati statistici forse sconosciuti anche agli stessi addetti ai lavori. Auspicando una crescita comune in creatività e in umanità, non può bastare, ha detto, «l'audacia della retorica che riempie i nostri proclami di belle intenzioni». Accanto ad una vita religiosa classica sicuramente “priva di futuro”, ha concluso, non mancherà, pur tra prevedibili nuove difficoltà, «un'altra VC classica che s’impegnerà ad essere agli avamposti, succeda quel che succeda; sarà minoritaria, per ora, ma inarrestabile».
Di “futuro" ha parlato anche il segretario della Cism, p. Fidenzio Volpi. Ha proposto due possibili percorsi: quello di una sempre più consolidata comunione tra religiosi e Chiesa in Italia (Cei, diocesi, parrocchie e movimenti ecclesiali), oppure quello di una privilegiata attenzione a ciò che di nuovo sta nascendo o potrebbe nascere nella VR e nei rapporti tra Cism centrale, regionale, diocesana. Dall'assemblea sono emerse solo alcune e non del tutto concordi risposte, forse a conferma del fatto che le due proposte vanno sempre più configurandosi come due urgenti aspetti dell'unico vero problema, quello del futuro della VR in Italia.

La “tribolazione” del momento presente

A parte l’atteso discorso del presidente della Cei, i due interventi palesemente di maggior richiamo erano quelli di Enzo Bianchi e di Pierangelo Sequeri. Mentre Sequeri incontrava per la seconda volta i provinciali italiani dopo aver partecipato ad un'analoga assemblea a Palermo (Isola delle femmine) ancora nel 2002, per Enzo Bianchi si è trattato di una "prima" in casa Cism. Il priore di Bose ha parlato di crisi della VR come di un tempo di "tribolazione", in senso paolino. La crisi attuale, ha ribadito con forza, non è affatto una questione di "decadenza morale" o di "decadenza spirituale", come già in altri tempi della Chiesa. Oggi la VR sta respirando l’atmosfera tipica di quell'ars moriendi che, se consapevolmente vissuta, potrebbe anche preludere all’ora pasquale della morte sconfitta dalla vita. In una sua rilettura delle varie fasi attraverso le quali è passata la VR dal concilio in poi, non sono mancate valutazioni molto severe sui “ritardi” con cui ci si è mossi, da parte degli istituti religiosi, nel campo di un rinnovamento biblico, teologico, liturgico, spirituale. Si è impiegato troppo tempo a capire e a impegnarsi a vivere la consacrazione religiosa come un’esegesi vivente del Vangelo. Parlare di futuro della VR non ha senso, fino a quando, in una prospettiva pasquale, non si intraprende un serio cammino di conversione, di umanizzazione, di alleanza con Dio in Gesù Cristo e con i fratelli.
Come Enzo Bianchi, anche Pierangelo Sequeri non si è sottratto ad alcune salutari provocazioni. Non certo per una specie di captatio benevolentiae, ma per una semplice constatazione di fatto, si è introdotto affermando che non solo i religiosi, ma anche i teologi, oggi, non se la passano proprio bene. Il comune stato di “precarietà”, comunque, non è tale da darsi per vinti. Non ci si dovrebbe sottrarre alla fatica di cogliere le complesse relazioni che intercorrono tra sacro, religione, cristianesimo. Senza questo preliminare lavoro di scavo, sarebbe difficile, da parte anche dei religiosi, sfidare il sacro proprio sul suo terreno: un groviglio di bene e di male, di grazia e di peccato, nell’esercizio del potere, dei beni materiali, del sesso. A suo dire ci sono in giro ancora troppe sublimazioni narcisistiche da parte di quanti pensano alla vita religiosa come ad uno stato di “piena realizzazione di sé”. Potrebbe diventare, invece, uno vero “stato di eccezione” solo se e quando i religiosi, sull’esempio dei profeti, sapranno vedere nella propria vita una “chiamata”, anzi, un “comandamento” vero e proprio da parte di Dio a fare quello che Lui, e solo Lui, può chiedere ad una persona. Dall’adesione convinta o meno a questo “comandamento” dipende in gran parte, insieme al futuro della Chiesa e del cristianesimo, anche quello della VR.

“Frontiera dell’educazione” e pastorale integrata

Ad un doveroso raccordo tra passato e futuro ha offerto il suo prezioso contributo la tavola rotonda moderata dal monfortano p. Pier Luigi Nava. Erano stati invitati gli ultimi cinque presidenti Cism: p. Pier Giordano Cabra (dal 1978, della Famiglia di Nazaret), p. Sante Bisignano (dal 1990, oblato di Maria Immacolata), p. Vittorio Liberti (dal 1997, gesuita), don Mario Aldegani (dal 2001, sup. gen. dei Giuseppini del Murialdo) e don Alberto Lorenzelli (dal 2005). Purtroppo p. Cabra e don Aldegani, per ragioni di salute il primo e per impegni il secondo, hanno dovuto, loro malgrado, declinare l’invito. Non sono mancati, comunque, degni sostituti: p. Giovanni Dal Piaz, camaldolese, e Onorino Rota, dei fratelli maristi. Al di là di tutte le preziose testimonianze sollecitate abilmente dal moderatore, anche a causa delle due forzate assenze rimane forse il parziale rimpianto di un mancato confronto più diretto e storicamente circostanziato sui problemi di fondo della vita religiosa in Italia, così come potevano essere visti da un osservatorio privilegiato come quello della presidenza Cism.
L’evento per eccellenza di quest’ultima assemblea, però, non poteva non essere la presenza, anche in qualità di relatore, del presidente della Cei, il card. Angelo Bagnasco. Proprio nei giorni precedenti, erano stati ufficialmente pubblicati gli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 “Educare alla vita buona del Vangelo”. Quale occasione migliore per poter stimolare anche i religiosi a entrare nella dinamica dell’emergenza educativa assunta come prioritaria dalla Chiesa italiana?
Il card. Bagnasco, ha esordito facendosi portavoce della stima e dell’apprezzamento di tutto l’episcopato italiano «per il contributo sostanziale che i religiosi e le religiose hanno dato e continuano ad offrire (alla Chiesa e al Paese), tanto più degno di nota quanto più grandi sono le difficoltà culturali, sociali, economiche dentro alle quali dovete operare». Nella «originale vocazione e pluriforme testimonianza» dei religiosi, l’emergenza diventa, come ha scritto Benedetto XVI, «un’urgenza con i caratteri della quotidianità e non tanto della straordinarietà».
Al presidente della Cei, però, premeva cogliere l’occasione per raccomandare una sempre più intensa «sinergia tra religiosi e Chiese locali in Italia sulla frontiera educativa». “Compartimenti stagni” tra istituti religiosi e vita ecclesiale, oggi non hanno più nessuna ragion d’essere. Proprio in quest’ultimo documento della Cei, si afferma esplicitamente che di fronte a possibili difficoltà vocazionali o ai sempre più frequenti ridimensionamenti di opere soprattutto in campo educativo, scolastico, oratoriale o di centri giovanili, «è bene che ogni decisione in merito tenga conto di un dialogo previo e di una valutazione comune con la Chiesa locale interessata». «Chiaramente, ha aggiunto il card. Bagnasco, vale anche per le Chiese locali considerare con stima, mantenere il dialogo e prestare aiuto e collaborazione con l’azione educativa dei religiosi nel territorio, elaborando e partecipando a iniziative comuni». Dopo aver ribadito che non è più possibile lavorare “isolatamente”, ha concluso affermando che il decennio in corso potrebbe essere il banco di prova della disponibilità degli istituti religiosi e di tutti i movimenti a loro associati, ad assestarsi sulla “frontiera dell’educazione” nella reale prospettiva di «una pastorale integrata con le parrocchie e gli altri soggetti ecclesiali».