Conservare le radici culturali e limitare l’emigrazione, la pace, i diritti dei popoli, sono tra i temi trattati dal Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente e riassunti nel Messaggio diffuso alla chiusura delle due settimane di lavori, domenica 24 ottobre. Il Sinodo ha prodotto due documenti: il primo appunto il Messaggio; il secondo è la lista delle 44 Proposizioni finali, rese note per volontà del papa e che serviranno da base per l’Esortazione apostolica post-sinodale. Sono inoltre disponibili i diversi interventi in aula sinodale e le due relazioni del patriarca Antonios Naguib: quella di apertura dei lavori e la seconda di sintesi dei diversi interventi in aula dopo la prima settimana di lavori.
Tra i tanti temi toccati quelli più rilevanti hanno riguardato la situazione politica della regione mediorientale con il conflitto in corso, l’emigrazione dei cristiani – un esodo dalle proporzioni drammatiche – il rapporto con l’islam e con il mondo ebraico. Da notare anche le accuse del mondo ebraico che ha rilevato nel Messaggio finale esplicite posizioni anti-israeliane.
Le proposizioni risultano assai sintetiche rispetto all’andamento dei lavori e una loro lettura andrebbe integrata con alcune analisi sviluppate durante gli interventi in aula. Ad esempio, mons. Raboula Antoine Beylouni, vescovo di Curia di Antiochia dei Siri (Libano), ha indicato senza mezzi i termini e con toni espliciti poco usuali all’Aula i problemi aperti nel dialogo con l’islam. «Il Corano – ha spiegato – inculca al musulmano l’orgoglio di possedere la sola religione vera e completa, religione insegnata dal più grande profeta, poiché è l’ultimo venuto. Il musulmano fa parte della nazione privilegiata e parla la lingua di Dio, la lingua del paradiso, l’arabo. Per questo affronta il dialogo con questa superiorità e con la certezza della vittoria. (…) Nel Corano non c’è uguaglianza tra uomo e donna, né nel matrimonio stesso in cui l’uomo può avere più donne e divorziare a suo piacimento, né nell’eredità in cui l’uomo ha diritto a una doppia parte, né nella testimonianza davanti ai giudici in cui la voce dell’uomo equivale a quella di due donne. Il Corano permette al musulmano di nascondere la verità al cristiano e di parlare e agire in contrasto con ciò che pensa e crede. Nel Corano vi sono versetti contraddittori e versetti annullati da altri, cosa che permette al musulmano di usare l’uno o l’altro a suo vantaggio; così può considerare il cristiano umile, pio e credente in Dio ma anche considerarlo empio, rinnegato e idolatra. Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la jihad (guerra santa). Ordina di imporre la religione con la forza, con la spada. (…) Per questo i musulmani non riconoscono la libertà religiosa, né per loro né per gli altri. Non stupisce vedere tutti i paesi arabi e musulmani rifiutarsi di applicare integralmente i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite. Di fronte a tutti questi divieti e simili argomenti dobbiamo eliminare il dialogo? No, sicuramente no – osserva il vescovo. Ma occorre scegliere i temi da affrontare e gli interlocutori cristiani capaci e ben formati, coraggiosi e pii, saggi e prudenti, che dicano la verità con chiarezza e convinzione”.

Alcuni punti essenziali

Ma torniamo ai due documenti ufficiali, il Messaggio e le Proposizioni, illustrando alcuni punti essenziali.
Denunciando il fenomeno dell’emigrazione, rivolgendosi ai “fedeli nella diaspora” il Messaggio esorta: «Conservate i beni e le terre che avete in patria; non affrettatevi ad abbandonarli e a venderli. Custodite tali proprietà come un patrimonio per voi e una porzione di quella patria alla quale rimanete attaccati e che voi amate e sostenete». Alla “terra” è dedicata anche una “propositio”, nella quale s’invitano fedeli e comunità ecclesiali a «non cedere alla tentazione di vendere» le proprietà immobiliari e si propone «la creazione di progetti che si facciano carico di farle fruttificare per permettere ai proprietari di restare dignitosamente nei loro paesi».
Il Sinodo ha prestato particolare attenzione alla Terra Santa. «Abbiamo avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione israeliana», ricorda il Messaggio al popolo di Dio invocando «una pace giusta e definitiva» come «unico mezzo di salvezza». Per conseguirla, un appello “alla comunità internazionale” affinché adotti le «misure giuridiche necessarie per mettere fine all’occupazione dei differenti territori arabi». «Il popolo palestinese – prosegue il Messaggio – potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d’Israele potrà godere della pace e della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute».
Con tale richiamo, ha sottolineato mons. Cyrille Salim Bustros nella conferenza stampa conclusiva dei lavori, si chiede che «la necessità di avere due Stati» trovi realizzazione «il più presto possibile e non resti un sogno, un’utopia». «Noi crediamo che la parola di Dio è eterna» e «la stessa Scrittura santa ci unisce», con Abramo «nostro padre comune nella fede, padre degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani» riporta il Messaggio. Proprio per questo, ha rimarcato mons. Bustros, non si possono usare le Scritture «per giustificare l’occupazione da parte degli ebrei delle terre palestinesi». Su questo aspetto si sono riversate le critiche del mondo ebraico all’indomani della chiusura dei lavori.

Tra le sfide il dialogo ecumenico

Il dialogo ecumenico ed interreligioso è un’altra delle “sfide” del Sinodo. «Ciò che Cristo ci domanda – riporta il Messaggio – è di accettare la nostra fede e di viverla in ogni ambito della vita. Ciò che egli domanda alle nostre Chiese è di rafforzare la comunione all’interno di ciascuna Chiesa sui iuris e tra le Chiese cattoliche di diversa tradizione», impegnandosi verso “l’unità di tutti i cristiani”. Il documento si rivolge alle “Chiese ortodosse” e alle “comunità evangeliche dei nostri Paesi”, chiedendo di «portare insieme la testimonianza di discepoli di Cristo», e incoraggia «tutte le istanze di dialogo ecumenico». Attenzione al dialogo interreligioso – con ebrei e musulmani – si osserva nel Messaggio come pure nelle propositiones, laddove si precisa che «i cristiani del Medio Oriente sono chiamati a continuare il dialogo con i loro concittadini di altre religioni, dialogo che avvicina gli spiriti e i cuori» e che porta «al perdono reciproco del passato e alla ricerca di un avvenire comune migliore».
Le Proposizioni invece, molto stringate, mettono in evidenza gli aspetti più importanti sia della presenza cristiana dell’area, sia del dibattito all’interno della Chiesa in merito a misure concrete da prendere e che riguardano la pastorale ed il diritto canonico.
«Le nostre Chiese – notano le Proposizioni – devono creare un ufficio o una commissione che si occupi dello studio del fenomeno migratorio e delle sue motivazioni per trovare i mezzi per contrastarlo», impegnandosi a «consolidare la presenza dei cristiani» attraverso “progetti di sviluppo”. Chiedendo alle Chiese locali di «adottare una pastorale specifica dell’emigrazione», i padri sinodali richiamano il legame «tra gli emigrati e la Chiesa di provenienza» e raccomandano che le Chiese d’accoglienza «conoscano e rispettino la teologia, le tradizioni e i patrimoni orientali». Sui lavoratori immigrati in Medio Oriente, invece, si sollecitano Chiese, istituzioni e forze politiche «a fare tutto quanto rientra nelle loro competenze perché i diritti fondamentali degli immigrati, riconosciuti dal diritto internazionale, siano rispettati». All’interno della Chiesa cattolica si raccomanda, tra l’altro, di «creare una commissione di cooperazione tra le gerarchie cattoliche del Medio Oriente, incaricata di promuovere strategie pastorali comuni», si richiamano i nuovi movimenti ecclesiali a «operare in unione con il vescovo locale e secondo le sue direttive pastorali», si fa cenno alla «situazione dei fedeli cattolici nei Paesi del Golfo» e alla “pastorale delle vocazioni”, si parla dell’«importanza della lingua araba» chiedendo d’intensificarne l’uso da parte della istituzioni vaticane «affinché i cristiani di cultura araba abbiano accesso alle informazioni provenienti dalla Santa Sede nella loro lingua materna”.
Nel rapporto tra vescovi, clero e fedeli ha suscitato la curiosità dei media la Proposizione relativa ai “preti sposati” laddove si afferma che «il celibato ecclesiastico è stimato e apprezzato sempre e dovunque nella Chiesa cattolica, in Oriente come in Occidente», chiedendo tuttavia «la possibilità di avere preti sposati fuori dai territori patriarcali» per «assicurare un servizio pastorale in favore dei nostri fedeli» rispettando «le tradizioni orientali».
Sul piano ecumenico, invece, si riafferma l’“importante ruolo” delle Chiese orientali cattoliche, incoraggiate «a instaurare un dialogo ecumenico a livello locale», raccomandando che «siano maggiormente coinvolte nelle commissioni intenzionali di dialogo».

I cristiani portatori  della Buona Novella
Il Sinodo, apertosi il 10 ottobre con la messa in San Pietro celebrata dal papa, è stato chiuso il 24 ottobre sempre da Benedetto XVI. Nel corso dell’omelia il papa ha sottolineato il «legame tra preghiera e giustizia», che «ci fa pensare a tante situazioni nel mondo, in particolare nel Medio Oriente. Il grido del povero e dell’oppresso trova un’eco immediata in Dio, che vuole intervenire per aprire una via di uscita, per restituire un futuro di libertà, un orizzonte di speranza». «La preghiera comune ci ha aiutato anche ad affrontare le sfide della Chiesa cattolica nel Medio Oriente – ha chiarito il Pontefice. Una di esse è la comunione all’interno di ogni Chiesa sui iuris, come pure nei rapporti tra le varie Chiese cattoliche di diverse tradizioni». Infatti, «una più piena comunione all’interno della Chiesa cattolica favorisce anche il dialogo ecumenico con le altre Chiese e comunità ecclesiali. La Chiesa cattolica ha ribadito anche in quest’assise sinodale la sua profonda convinzione di proseguire tale dialogo».
Anche se i cristiani sono “poco numerosi”, sono «portatori della Buona Notizia dell’amore di Dio per l’uomo, amore che si è rivelato proprio in Terra Santa nella persona di Gesù Cristo. Questa Parola di salvezza, rafforzata con la grazia dei sacramenti, risuona con particolare efficacia nei luoghi in cui, per divina Provvidenza, è stata scritta, ed è l’unica Parola in grado di rompere il circolo vizioso della vendetta, dell’odio, della violenza. Da un cuore purificato, in pace con Dio e con il prossimo, possono nascere propositi e iniziative di pace a livello locale, nazionale e internazionale». «In tale opera, alla cui realizzazione è chiamata tutta la comunità internazionale – ha aggiunto il papa – i cristiani, cittadini a pieno titolo, possono e debbono dare il loro contributo con lo spirito delle beatitudini, diventando costruttori di pace e apostoli di riconciliazione a beneficio di tutta la società».
Da troppo tempo nel Medio Oriente, ha osservato il papa,«perdurano i conflitti, le guerre, la violenza, il terrorismo. La pace, che è dono di Dio, è anche il risultato degli sforzi degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali e internazionali, in particolare degli stati più coinvolti nella ricerca della soluzione dei conflitti». Dunque, «non bisogna mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente».
Durante i lavori dell’Assemblea, ha affermato Benedetto XVI, «è stata spesso sottolineata la necessità di riproporre il Vangelo alle persone che lo conoscono poco, o che addirittura si sono allontanate dalla Chiesa. Spesso è stato evocato l’urgente bisogno di una nuova evangelizzazione anche per il Medio Oriente». Per questo, dopo aver consultato l’episcopato del mondo intero e dopo aver sentito il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi, il papa ha deciso di dedicare la prossima Assemblea Generale Ordinaria, nel 2012, al tema: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Il Sinodo del 1974 aveva già avuto per tema L’evangelizzazione nel mondo moderno e l’anno successivo era stata pubblicata l’Esortazione apostolica Evangelii nuntiand”.
Il recente Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è stato caratterizzato dal “realismo della speranza”, ha affermato, da parte sua, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano. Che cosa chiede nel suo Messaggio il sinodo ai governanti dei popoli del Medio Oriente? – si è chiesto: «che i cristiani possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione perché sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali».
E che cosa dice rivolgendosi alla comunità internazionale? «Che noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi estremismo religioso. Condanniamo ogni forma di razzismo, l’antisemitismo, l’anticristianesimo e l’islamofobia, e chiamiamo le religioni ad assumere le loro responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra regione e nel mondo intero».