La festa di Tutti i Santi racconta tante storie di donne e di uomini,
promossi a pieni voti nell'esame di figli di Dio. L'esito favorevole della loro
esistenza dice che l'esperienza cristiana è possibile.
La vita di ogni discepolo è una sorta di gestazione della santità, in attesa
della nascita alla vita eterna e definitiva. A tale gestazione prende parte
l'intero creato, come ricorda l'Apostolo delle Genti: «Sappiamo bene, infatti,
che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa
non è sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo
interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Poiché nella speranza noi siamo stati salvati» (Rm 8,22-24).
Le beatitudini definiscono lo stile di vita del discepolo. Esse proclamano che
il Messia, venuto a difendere i deboli e a ristabilire la giustizia, vive nella
persona di Gesù, che realizza i segni del riscatto. Egli sta in mezzo ai
sofferenti per guarirli; mangia con i pubblicani e i peccatori e agisce in loro
come un medico dello spirito; ama i poveri e li libera dal giogo. In Gesù prende
forma e si rende tangibile l'inizio di un vero e proprio capovolgimento.
Dio, stanco di tante ingiustizie, ha deciso d'intervenire per ristabilire il suo
Regno. «Andate a dire a Giovanni ciò che sentite e vedete: i ciechi ricuperano
la vista e gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati e i sordi odono, i morti
risuscitano e la buona novella è annunciata ai poveri» (Mt 11,5). Si ripristina
la sovranità definitiva di Dio sul male. La storia volta pagina: «Dio ha
spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro
cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato
di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi» (Lc 1,51-53). Con
l'incarnazione di Gesù, il Regno si rende visibile, e l' armonia ritrova spazio.
Gesù è il povero che tutto si aspetta da Dio, il mite e umile di cuore, che non
usa violenza, il misericordioso che perdona i propri crocifissori, il puro di
cuore, l'affamato e assetato di giustizia. Egli vive secondo criteri che
sembrano perdenti, ma diventa il vincente che Dio riabiliterà mediante l'evento
della risurrezione.
Ogni discepolo di Gesù assume il suo stile di vita. Vive la beatitudine dei
poveri in spirito, dei miti, dei misericordiosi, dei costruttori di pace, degli
afflitti, di quelli che cercano consolazione vera in Dio, di quanti cercano il
regno di Dio e la sua giustizia. Il vangelo di Gesù è sintetizzato in una
parola: essere felici. «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia anche la
vostra, e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Pellegrino sulla terra, il
discepolo di Gesù cammina verso Dio e la sua gloria, per partecipare alla sua
vita eterna e beata.
Con il battesimo, ogni credente ha ricevuto il sigillo della santità di Dio, ed
è chiamato a diventare santo. La santità è una sorta di vocazione. Non prevede
la conquista di qualcosa, ma, piuttosto, la perdita di tutto ciò che tende ad
allontanarsi da Dio. Si tratta di vivere in Gesù: nell'umiltà del cuore, nel
dolore per il peccato, nella mitezza del temperamento, nell'impegno per i
poveri, nel perdono delle offese, nella purezza delle intenzioni, nella bontà
delle azioni. La santità è il cuore e l'essenza del cristianesimo. Il cristiano
o è santo o non è. La santità è somigliare a Dio che non pensa alla propria
beatitudine, ma ricerca quella altrui. Consiste nello svuotarsi di tutto per
essere riempiti dal Tutto. «La santità non è il lusso di pochi ma il dovere di
tutti» (Beata Teresa di Calcutta)
Lorenzo Piva
Da Oltre il deserto … parlerò al suo cuore
Edizioni San Paolo, Torino, 2009