L’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù ricorda i dieci anni della canonizzazione della fondatrice, Teresa Verzeri, avvenuta a Roma il 10 giugno 2001 nel corso di una solenne celebrazione presieduta da Giovanni Paolo II. Per ravvivare la grazia di questo evento – senza dubbio il più grande nella storia di un istituto – e trovare in esso nuovo slancio spirituale e apostolico sarà dedicato a lei un intero anno, a partire dal 27 ottobre prossimo fino alla stessa data del 2011. Si svilupperà in tre tappe: la prima a Bergamo, sua città natale, il 27 ottobre; la seconda, a Roma, l’11 giugno 2011 e la terza che segnerà la conclusione, a Bergamo, il 27 ottobre sempre del 2011.
L’anno coinvolgerà tutte le religiose dell’istituto – 545, secondo i dati più recenti, più 25 novizie e postulanti distribuite in 85 comunità – in ogni parte del mondo dove è diffuso: Italia e Albania, Brasile (Rio Grande do Sul e in altri sei Stati dello stesso Brasile, le 33 comunità in Argentina, Bolivia e Paraguay; inoltre nel Brasile Nordest, in India, con 12 comunità) e nel Distretto dell’Africa, in particolare nella Repubblica Centro africana, Camerun, Costa d’Avorio e Repubblica del Congo.

Sarà un anno di rinnovamento

Per le Figlie del Cuore di Gesù sarà un anno di riflessione, di celebrazioni e di preghiera per un rinnovato impegno, nell’oggi di Dio, di fedeltà al proprio carisma e alla missione ricevuta dallo Spirito attraverso la loro santa fondatrice. Lo sguardo sarà naturalmente rivolto alla sua figura, ma nello stesso tempo anche alla Chiesa e al mondo d’oggi, pieno di quella fiducia nel Signore di cui lei ha dato mirabile esempio durante tutta la sua vita. «A lei – ha affermato Giovanni Paolo II nella messa di canonizzazione – Dio si rivelò come misteriosa presenza davanti a cui ci si deve inchinare con profonda umiltà. Sua gioia era considerarsi sotto la costante protezione divina, sentendosi nelle mani del Padre celeste, nel quale imparò a confidare sempre».
In effetti, se c’è un’esperienza che emerge su tutte nella sua esistenza è proprio questa fiducia che non l’ha mai abbandonata anche nei momenti più difficili, quando, per esempio, non era facile discernere le vie del Signore oppure in mezzo alle prove.
Fin dalla più tenera età, scrivono i suoi biografi, Teresa imparò dalla mamma, donna eminentemente cristiana, a conoscere e ad amare Dio ardentemente. Il Signore le mise accanto una guida sicura – un vero e proprio angelo custode – nella figura del canonico Giuseppe Benaglio, vicario generale della diocesi di Bergamo, che già accompagnava la sua famiglia profondamente cristiana, e che diventerà in seguito co-fondatore dell’Istituto.
Teresa era nata nel 1801, la prima di sei figli. È descritta di temperamento vivace e allegro, indipendente e intraprendente, ma soprattutto molto riflessiva. Fin da piccola manifestò una particolare attrattiva per le cose spirituali. Il canonico Benaglio intuì ben presto in lei i segni di una chiamata del Signore e farsi religiosa. Avrebbe potuto lasciarsi lusingare dal mondo, dalle attrattive di una vita brillante nell’alta società, cosa che sentiva del tutto estranea ai suoi sentimenti e desideri.
Così, poco alla volta, con l’aiuto del Benaglio, si chiarirà davanti a lei la via da percorrere. Nel 1818, all’età di 17 anni, entra nel monastero di Santa Grata, in Bergamo, antico convento di monache benedettine, dove si dedica all’educazione delle giovani convittrici. Ma dopo poco tempo è costretta a tornare a casa in seguito alle leggi governative austriache. Nel 1821, dopo una fase di indecisione e di ricerca, entra di nuovo nel monastero come insegnante delle ragazze nobili del convitto. Ma nel 1823 esce ancora una volta, non tanto per mancanza di sicurezza nella sua vocazione, ma per le difficoltà incontrate in monastero. Vi ritorna nel 1828, malgrado che mons. Benaglio fosse contrario e le monache fossero diffidenti. Era ormai evidente che non era quella la strada su cui la chiamava il Signore. Avviene così la terza uscita, e sarà quella definitiva.
La sua incertezza di fondo, come ci è dato di leggere, non riguardava la sua volontà di donarsi al Signore, ma di non sapere bene come mettersi al suo seguito, come dare a Lui la sua incondizionata prova d’amore: se nella vita claustrale o in quella apostolica. E alla fine la sua scelta cadrà proprio su questa seconda. Ad aiutarla nel difficile discernimento sarà sempre mons. Benaglio e sarà ancora lui a proporle di compiere il passo decisivo in questa direzione.
Teresa non aveva altro desiderio che di piacere a Dio e di fare solo la sua volontà. Ed è proprio in obbedienza a questa volontà che l'8 febbraio 1831, insieme al canonico Giuseppe Benaglio, dà il via ufficiale all’opera che prenderà il nome Istituto “Figlie del Sacro Cuore di Gesù”.
Era quella un’epoca in cui l’Italia stava attraversando una fase di grandi trasformazioni, il cui influsso si faceva sentire anche nella società di Bergamo; un’epoca segnata da cambiamenti politici, rivoluzioni, persecuzioni che non risparmiano la Chiesa, attraversata com’era anche dal giansenismo e dalla crisi dei valori, frutto della rivoluzione francese. E c’era in giro anche tanta povertà.
Teresa vede con chiarezza le urgenze, ne coglie i bisogni. La carità che la anima trova così modo di esprimersi in varie attività educative e assistenziali a favore dei più bisognosi. Nonostante le critiche e perfino le calunnie, l’istituto ben presto si espande, prima nella bergamasca e nel bresciano, poi a Trento, nelle Marche, a Roma, e in luoghi sempre più lontani. Teresa, sottolineano i suoi biografi, progetta, viaggia, scrive e si dedica a una vita di preghiera intensa, sostenuta da una forte spiritualità di fede e di abbandono in Dio, purificata dalla sofferenza e da ostacoli di ogni genere.
Nel 1841 l’istituto ottiene l’approvazione della Santa Sede. Nel giro di 20 anni, alla sua morte, avvenuta a Brescia il 3 marzo 1852, contava già 200 suore e 13 case-opere.

Il centro di tutto è il Cuore di Gesù

Le idee basilari e le grandi linee che la guidavano sono ben descritte nelle Costituzioni, nel suo Libro dei Doveri e nelle oltre 3.500 lettere, raccolte in sette volumi, che ha lasciato.
Il fondamento di tutto, in particolare dell’ispirazione carismatica che pervade la sua spiritualità e anima la missione dell’Istituto, è il Cuore di Gesù. Alle prime compagne consegna infatti questo testamento: «Gesù Cristo, a voi e al vostro istituto, ha fatto il prezioso dono del suo Cuore, perché non da altro impariate la santità, essendo Egli della vera santità la sorgente inesausta» (Libro dei Doveri, vol I, p. 484). E ancora: «Le Figlie del Sacro Cuore di Gesù, come quelle che attingono la loro carità alla sorgente stessa dell’amore, cioè dal Cuore di Gesù Cristo, devono ardere verso i loro prossimi della carità medesima di quel Cuore divino. Carità purissima che non va vista se non alla gloria di Dio e al bene delle anime; carità universale che non eccettua persona, ma tutti abbraccia; carità generosa che non si perde per patimento, non si sgomenta per contraddizione, ma anzi, nel patimento e nell’opposizione cresce in vigore e vince col pazientare» (ivi, vol. I, p. 58).
Animata da questo fervore di carità, Teresa è spinta a farsi “tutta a tutti”. Assieme alle sue compagne si dedica a vari servizi apostolici, che sono, come leggiamo nelle Pratiche (1841): «l’educazione delle giovani di media e infima classe, i convitti delle orfane pericolanti, abbandonate e anche traviate; scuole, dottrina cristiana, esercizi spirituali, ricreazioni festive, assistenza agli infermi».

Sr. Eugenia Libratore, impegnata nella missione educativa dell’istituto, delinea così i tratti attuali dell’identità carismatica delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù: «Figlie nel Figlio, eredi della carità di Gesù Cristo, seguono Gesù, conformandosi a Lui, facendo propri i suoi sentimenti. Chiamate ad ardere del suo stesso amore umano e divino, sperimentano l’intimità con il Padre, facendo la sua volontà nella comunione di vita con le sorelle e nella disponibilità a farsi tutte a tutti fino al dono della vita… Come Gesù si dedicano attivamente all’evangelizzazione nella cura dei giovani, nell’attività pastorale nelle parrocchie, nella missione ad gentes promuovendo la vita, curando la formazione integrale della persona, perché ognuno, in particolare il povero e l’emarginato, possa vivere la propria dignità del figlio di Dio».
In questi tratti rientra anche l’attenzione verso i nuovi orizzonti della evangelizzazione. Infatti, sottolinea sempre sr. Eugenia, «sull’esempio del Verbo incarnato, (esse) assumono, nel contesto multiculturale della società, il cammino di inculturazione e di interculturalità e condividono con i laici il dono carismatico».

Il metodo preventivo

Ma c’è un altro aspetto che caratterizza l’attività apostolica della Verzeri: è il metodo educativo basato sulla prevenzione, che anticipa quella che sarà più tardi la grande intuizione di san Giovanni Bosco. È interessante, per esempio, leggere ciò che lei scrive in proposito alle sue Figlie nel Libro dei Doveri: «Coltivate e custodite molto accuratamente la mente ed il cuore delle vostre giovinette mentre sono ancora tenere, per impedire, per quanto possibile, che in essi entri il male, essendo migliore cosa preservare dalla caduta coi vostri richiami ed ammonimenti che risollevarle con correzione» (Libro dei Doveri, vol. III, p. 368).
Nell’educare, diceva, «non si deve cominciare dai piedi ma dalla testa», e ancora: «prevenire è più importante che correre ai ripari».

Dalle indicazioni contenute nel Libro dei Doveri, è stato ricavato una specie di decalogo del buon educatore e delle qualità che deve avere:
l’autorevolezza della persona che educa mediante una sua testimonianza credibile;
la testimonianza personale, nel senso che «bisogna mostrare con l’esempio prima di insegnare con le parole»;
– maturità ed equilibrio.
– capacità e abilità, ossia competenze e professionalità;
– la prossimità, in un sereno atteggiamento di ascolto, del “prendersi… cura”; – l’individualizzazione, vale a dire la personalizzazione degli interventi, nello sforzo costante di una progressiva conoscenza del soggetto;
– la formazione di una coscienza cristiana, trascurando aspetti non essenziali allo sviluppo della persona;
– l’educazione ai valori morali, puntando soprattutto sul dominio della volontà e l’efficacia della autodeterminazione perché si sviluppi nei giovani una giusta gerarchia dei valori;
– l’educazione alla libertà e alla responsabilità;
– la carità del cuore, nel senso che alla base dell’educazione è richiesto l’amore che genera vita.

A dieci anni di distanza dalla sua canonizzazione, ci sembra quanto mai suggestivo ciò che ebbe a scrivere di lei don Divo Barsotti: «La vita di Teresa Verzeri è tra le più straordinarie che conosca la storia della santità, una spiritualità che riflette molto il pensiero mistico-spirituale di grandi maestri di spirito: santa Teresa d’Avila, sant’Ignazio di Loyola, san Francesco di Sales… sulla quale costruisce una vita in cui l’amore per Dio e la morte per i fratelli sono così profondamente intrecciati da trasformarla in una sorella e madre per tutti, “madre” perché fa suoi i problemi degli altri, di coloro che, come dice Giovanni Paolo II, sono “la via per andare a Dio”, “madre” perché sa ascoltare le voci della storia del suo tempo e la voce di coloro che avvicina…».

Durante l’anno a lei dedicato le Figlie del Sacro Cuore di Gesù, mentre potranno nuovamente rivivere l’emozione di quell’evento di grazia, contemplando la loro fondatrice nella gloria di Dio, vedranno in lei non solo un modello da tenere davanti allo sguardo, ma anche un tesoro incomparabile di santità e sapienza a cui continuamente attingere; inoltre una miniera di consigli e suggerimenti con cui poter trovare le risposte sempre nuove che sono chiamate a dare oggi alla loro missione nella Chiesa e nel mondo.