Per vivere con fedeltà la propria vocazione non basta l’entusiasmo iniziale e
nemmeno sono sufficienti i buoni propositi. Sono indispensabili la preghiera, e,
almeno in certi momenti, il sostegno di un accompagnatore. Lo insegna
l’esperienza. Lo ribadisce qui il gesuita brasiliano Inácio Luiz Rhoden,
scrivendo nel numero di giugno di Itaici, tutto dedicato al tema della fedeltà,
rivista edita dal Centro di spiritualità ignaziana CEI Itaici, località situata
nello stato di San Paolo (Brasile).
L’articolo di cui vogliamo parlare, dal quale riprendiamo alcune parti
essenziali, è intitolato: La fedeltà è possibile per chi coltiva una vita di
preghiera e vive i frutti della preghiera. Ci sembra infatti importante
insistere su questo argomento, soprattutto in un tempo come il nostro in cui la
fedeltà è diventata una virtù rara, e anche le persone consacrate faticano
spesso a viverla.
La ragione è presto detta. La preghiera personale, scrive p. Inácio, è
necessaria e indispensabile durante tutta la vita se si vuole perseverare nella
opzione che si è fatta. Essa ci aiuta a discernere e integrare fede e vita. La
nostra fede nel Dio di Gesù Cristo è infatti frutto di una vita spirituale
autentica. Dio si è fatto umano per essere più vicino a ciascuno di noi. È
importante essere veramente umani per farci così prossimi gli uni gli altri.
Certamente un gesto profondamente umano sta nel riconoscere la nostra fragilità
e i nostri limiti come creature che hanno un progetto di vita. L’umiltà e la
sincerità ci inducono a chiedere aiuto nei momenti più difficili. Dobbiamo
riconoscere di avere bisogno di essere accompagnati da qualcuno che ci possa
guidare in maniera adeguata. Oggi è del tutto giustificato e opportuno
sottolineare l’importanza dell’accompagnamento spirituale. Sembra infatti sempre
più complicato discernere la mozione degli spiriti, perché il mondo ci presenta
spesso situazioni in cui il cattivo spirito ci impiglia in tante difficoltà da
cui, da soli, non siamo in grado di liberarci. È proprio in questi momenti che
l’accompagnatore può aiutare e sostenere colui che è accompagnato a riconoscere
l’azione del cattivo spirito e incoraggiarlo a reagire. Se l’accompagnato
dialoga francamente con chi l’accompagna, allora si apre alla possibilità di
essere aiutato e orientato verso una decisione sicura di vita.
Crisi di preghiera e molte altre crisi
Non sempre ci rendiamo conto della crisi della preghiera, oppure non la
riconosciamo. La nostra vita spirituale diventa così sempre più fiacca e debole,
e la crisi aumenta. Molte volte cerchiamo di giustificarci dicendo che siamo
molto occupati con gli studi, con il lavoro e con le attività pastorali.
Pensiamo che questo sia sufficiente nel senso che anche studiare, lavorare e
fare pastorale sarebbe preghiera… Ma se c’è una crisi personale di fede,
probabilmente la sua radice si trova in una crisi di preghiera: o non preghiamo
correttamente o smettiamo di pregare. In questo modo, l’opzione fondamentale e
il significato della vita si svuotano. Allora, probabilmente, finiamo col
riempire questo vuoto con altre cose che, a loro volta, possono portare a un
attivismo sfrenato o anche a un coinvolgimento affettivo incompatibile con
l’opzione di una vita che esige fedeltà, sia nel matrimonio come nella vita
consacrata e nel sacerdozio ministeriale. In questo momento, la figura
dell’accompagnatore spirituale può rivelarsi provvidenziale, aiutando a scoprire
le cause e a discernere con libertà e così ritrovare la propria strada e la vera
missione.
Condividere è vivere
Umanamente parlando, non possiamo vivere a lungo senza condividere le nostre
gioie, le nostre sfide, i nostri dubbi e le nostre esperienze. O le condividiamo
al nostro accompagnatore spirituale oppure a qualcuno che si fa prossimo. Può
darsi però che questo qualcuno non sia preparato a guidarci e ad aiutarci.
La preghiera personale è il mezzo che ci apre al dialogo con Dio, crea dentro di
noi un’apertura spirituale e ci dà la forza necessaria per vivere con fedeltà la
vocazione. L’accompagnamento e il dialogo con il nostro padre spirituale è
un’apertura all’alterità e anche questo è indispensabile nella vita di colui che
vuole vivere con fedeltà la sua opzione di vita. Quanto più siamo aperti e
abbiamo sete, quanto maggiore è la possibilità di sperimentare la grazia e la
benedizione di Dio.
Chi ha già qualche esperienza di accompagnamento spirituale sa com’è cosa buona
poter condividere le esperienze forti, i dubbi, le inquietudini, le gioie e le
angustie con qualcuno che sia capace e qualificato per ascoltare e orientare con
dei criteri e con sapienza. Quante volte troviamo delle persone che soffrono
perché sentono il bisogno, o semplicemente il desiderio, di trovare qualcuno
preparato e disponibile a condividere ma non ci riescono oppure non trovano uno
che sia preparato e abbia la disponibilità a occuparsi di loro. Forse chi legge
conosce qualcuno che non riesce a progredire nella vita spirituale per non
trovare nessuno preparato ad ascoltarlo e a orientarlo. Perché questo avviene?
Forse perché questa persona non avverte il bisogno di un accompagnamento, e/o
perché nessuno gli domanda se ha un accompagnatore spirituale? Certamente la
vita è più difficile se non c’è nessuno con cui confrontarsi o che accompagni
quando si devono prendere delle decisioni importanti. Il rischio di scoraggiarsi
è molto grande.
Vocazione e specifica e accompagnamento
Nella vita religiosa il noviziato è un periodo di intensa vita spirituale e ci
si attende che i candidati/e assimilino i valori di questa vocazione specifica.
Ma come mai spesso non si continua poi a coltivare la vita spirituale? Non sarà
forse perché a causa dell’individualismo o del rispetto eccessivo della persona
molti giovani si considerano autosufficienti?
Non si possono ignorare le conseguenze dell’epoca postmoderna che presenta una
realtà in cui esiste una crisi di identità, di valori, una crisi religiosa e
tutta una serie di nuovi interrogativi circa una opzione significativa di vita.
L’indifferentismo, l’autosufficienza e l’individualismo sono realtà in cui molto
difficilmente viene accolta la proposta di solidarietà e di vita in comunità. Il
cristiano trova in una spiritualità solida, nella preghiera (meditazione e
contemplazione) la forza e la luce per vivere la sua missione. O saremo persone
di preghiera profonda, oppure avremo ben poco da offrire all’uomo d’oggi.
La vita spirituale che ha come nucleo fondante il Dio di Gesù Cristo, porta con
sé delle esigenze e delle responsabilità. Io sono responsabile della mia vita e
corresponsabile di quella dell’altro. La fede in Dio è presente nella vita della
maggior parte della gente. Molti, tuttavia, l’hanno privatizzata, o meglio,
hanno ridotto Dio a un proprio uso personale. Il vero Dio è comunitario.
Dio-Trinità. Sappiamo che la nostra fede è la fede nel Dio vero se le nostre
opere ne danno testimonianza. Pertanto, è la vita di figli e figlie di Dio in
comunione con i nostri fratelli e le nostre sorelle che conferma la nostra fede
in Dio Padre-Figlio-Spirito Santo.
Per rinvigorire la nostra fedeltà
La fedeltà è frutto di una autentica esperienza di Dio che non si chiude mai in
se stessa, ma si apre in una interminabile spirale. Avere l’esperienza di Dio
porta a una apertura generosa in modo da lasciare che sia Lui tutto in tutte le
cose, nella rinuncia ad ogni tentativo di dominio per chiuderlo nel carcere dei
nostri schemi stretti e ambigui.
Pertanto, la grazia ricevuta e accolta ci porta a una fedeltà resa possibile da
una autentica esperienza di Dio; è un’esperienza che libera e unifica, in cui
noi, afferrati dall’assoluto di Dio, diventiamo volontariamente disarmati, senza
resistenze, disponibili nelle sue mani, scoprendo in questo affidamento la
pienezza di noi stessi come persone rese capaci di una fedeltà filiale.
Le nostre parole sembrano insufficienti, il nostro pensiero fa sorgere il dubbio
che sembra oscurare la mente la quale, a sua volta, ci rimanda alla fede.
Infine, la lode accende il nostro cuore e il nostro essere si inchina per
lasciare spazio al mistero. Quando non parliamo, probabilmente riflettiamo e
pensiamo oppure ascoltiamo la voce di qualcuno che ci parla. E questo può essere
inteso come preghiera. Il silenzio ci invita ad ascoltare la voce della
sapienza. Molte volte è necessario ascoltare con le orecchie del cuore.
Ascoltare la voce del cuore è desiderare di udire la Parola che si è fatta carne
e abitò fra noi. Sappiamo che il cuore è il simbolo dell’amore, della
comprensione vitale del nostro essere. Il cuore umano è la grandezza e il limite
interiore dell’uomo, è il luogo della sapienza, dell’amore, della volontà, dei
sentimenti, degli affetti, è il luogo paradossale anche del peccato e della
conversione. Crediamo che se la persona che si converte ha ricevuto la grazia di
convertirsi, essa può anche ricevere la grazia di vivere la fedeltà di un amore
per sempre. Sappiamo che se la persona riesce ad essere fedele al piano di Dio,
è sempre in forza della grazia che egli le concede. Mai possiamo affermare di
essere capaci di vivere senza tradire il progetto di Dio, unicamente con le
nostre forze umane. Ma in Cristo, con Cristo e sotto l’azione dello Spirito è
possibile vivere una vita nuova e fedele in conformità con il piano di amore di
Dio.
Penso che per una pastorale che liberi e per l’accompagnamento spirituale non
sia opportuno affermare che non è possibile rimanere sempre fedeli al piano di
amore. Un’affermazione del genere sarebbe infatti angosciante e poco stimolante.
Deve essere piuttosto chiaro che poter vivere nella fedeltà agli insegnamenti di
Gesù, non significa dire che la persona ne è capace con le sue forze ma che è
amata da Dio il quale le dona la grazia che mette in grado di vivere con libertà
e fedeltà secondo la volontà del Padre celeste.
Possiamo ora chiederci: per vivere nella fedeltà all’insegnamento di Gesù e alla
verità che ci ha rivelato, sensibili ai segni del regno di Dio, cosa dipende da
noi e che cosa dalla grazia divina? Non sappiamo di preciso ciò che è merito
nostro e ciò che frutto della grazia divina. La fede e la speranza sono luci che
illuminano i nostri passi. Davanti al mistero divino della storia della salvezza
dell’uomo, mi piace sempre ricordare le parole di sant’Ignazio di Loyola, il
quale diceva: «Confida in Dio come se tutto dipendesse da te e niente da lui e
fa’ come se tutto dipendesse da lui e niente da te». In definitiva, è in Dio,
che è amore sempre nuovo, spirito e verità, che la persona umana trova speranza,
pace, amore e accoglienza, ossia, il senso per vivere la sua vita nella fedeltà.