L’Italia sta affrontando uno dei tornanti più insidiosi della sua storia moderna e i cristiani sono chiamati a fare un salto di qualità, coscienti di essere tra i “soci fondatori” del paese. Occasione privilegiata sarà l’imminente 46ª Settimana sociale ((Reggio Calabria, 14-17 ottobre 2010) durante la quale il laicato cattolico potrà scrivere un’agenda di speranza per una nuova stagione di impegno politico.
Già del 20 luglio scorso il comitato scientifico e organizzatore (presidente mons. A. Miglio, vicepresidente il prof. L. Diotallevi) ha presentato ai leader politici italiani di opposizione e di maggioranza il documento preparatorio dal titolo I cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del paese. Grazie anche alle riflessioni scaturite dall’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI e dal recente documento dei vescovi italiani Per un paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, lo scritto vuole condividere «alcune buone ragioni perché proceda l’opera di discernimento necessaria alla declinazione, oggi, in Italia, della nozione di bene comune» (n. 1). In un sistema-paese che affronta le prove della globalizzazione da “media potenza declinante”, alla ricerca di un orientamento che dia speranza alla sua gente per il futuro. Mentre la globalizzazione sta impietosamente alzando il velo sulle nostre fragilità e incongruenze: peso del debito pubblico, debolezza dei processi di istruzione e della ricerca, bassa produttività del sistema economico, attacco ai diritti della persona e della vita, povere dinamiche demografiche, divario di opportunità tra donne e uomini, minacce all’istituto familiare, rarefazione dei soggetti educativi, crisi da mancato aggiornamento delle istituzioni politiche, aumento delle povertà, incapacità di debellare con efficacia la criminalità organizzata, abbandono e devastazione del patrimonio ambientale, artistico e culturale (n. 5).

I cattolici in politica

In una intervista alla Radio Vaticana, l’attuale segretario delle Settimane sociali, Edoardo Patriarca, ha puntato il dito su una delle questioni oggi più delicate che fa da sfondo all’appuntamento di Reggio Calabria: la nascita di una nuova generazione di cattolici impegnati in politica. Proprio per l’urgenza di questa chiamata alla responsabilità del laicato questa 46ª Settimana si è messa sotto il segno di don Luigi Sturzo e del famoso “Appello ai liberi e forti” del 1919, pietra miliare del cattolicesimo democratico.
Preso atto della debolezza della presenza trasversale dei cattolici in politica, Patriarca ha auspicato di poter trovare «momenti di convergenza sulle grandi questioni che riguardano il paese, tra i parlamentari, tra i politici cattolici al di là dello schieramento»; non nascondendo la sua personale fatica nel riabituare i politici di ispirazione cristiana «a ritrovare nella dottrina sociale della Chiesa un filo conduttore che li impegni in egual modo nei vari schieramenti». In questo direzione registriamo la positiva esperienza del laboratorio con un gruppo ristretto di membri del Parlamento, che hanno indicato 5 temi prioritari (unità e federalismo; responsabilità e legalità; economia, fisco e lavoro; povertà e nuove politiche sociali; identità, intercultura e convivenza) e 5 impegni concreti: federalismo solidale, piano straordinario di istruzione per il sud, nuovo patto fiscale, priorità dei più deboli e modernizzazione delle politiche sociali, sicurezza e cittadinanza per i minori.
Altre priorità sono emerse dalla collaborazione di associazioni, territori, società scientifiche e organizzazioni professionali (taluni hanno anche offerto i loro contributi). L’associazionismo giovanile (Azione Cattolica e Fuci), per esempio, indica quattro obiettivi per la crescita dell’Italia: garantire una formazione all’altezza dei sogni dei giovani, creare le condizioni per un lavoro che sia espressione di un progetto di vita, costruire una comunità solidale aperta al mondo, educare a una cultura della legalità fondata su giustizia e pace. La Fondazione Lanza invece chiede che la custodia del creato venga organicamente inserita nell’elaborazione sociale dei cattolici, senza ridurla a questione settoriale. Per riprendere a crescere infatti occorre un progetto educativo con una vera riflessione sul rapporto con i beni, in una cosciente assunzione della sobrietà e valorizzando le esperienze in atto circa l’educazione a ‘nuovi stili di vita’.
Umanità Nuova, espressione dei Focolari, invita invece a liberarsi da un approccio pessimistico e a vivere oggi una “cultura della risurrezione”: siamo in un tempo misterioso (viste le crisi finanziaria ed economica, ambientale e alimentare, culturale ed etica) ma appassionante, che invita a stare in piedi per non farsi intrappolare dalle molteplici emergenze e per cogliere i segni dei tempi. La Federazione del volontariato cristiano nel mondo (Focsiv), dal canto suo, ha puntato su valori non negoziabili e sacralità del diritto alla vita, impegno contro la fame nel mondo, questione occupazionale e dignità del lavoro, diritto alla sovranità alimentare, creazione di un’autorità globale fondata sulle pratiche della democrazia partecipativa. Ricordiamo, infine, il contributo delle Acli, articolato attorno a tre questioni cruciali: lotta contro povertà ed esclusione sociale; crescita del paese a partire dal Mezzogiorno; priorità dell’educazione.

Parole chiave per riprendere a crescere

Facendo tesoro di questi e numerosi altri apporti, il Documento preparatorio coglie cinque parole chiave che corrispondono ad altrettante “risorse” già presenti nel paese: intraprendere, educare, includere le nuove presenze, slegare la mobilità sociale, completare la transizione istituzionale. L’ambizione è quella di disegnare un’Agenda di speranza collettiva per ritrovare smalto ed entusiasmo, presentando i problemi senza la pretesa di trovare tutte le soluzioni.
Le radici dell’Agenda sono nell’ultima Settimana Sociale, quella del centenario (Pistoia-Pisa 2007,“Il bene comune oggi. Un impegno che viene da lontano”): da qui la scelta di declinare il bene comune su alcune proposte maturate, come si è detto, a seguito di incontri a tanti livelli. Al centro di tale declinazione sta l’idea che il bene comune non è compatibile con una teoria della società “al singolare”. La famiglia e le associazioni hanno infatti un’originalità che non può essere eliminata senza danno per il bene comune stesso: le loro logiche devono essere distinte, ma non possono essere isolate. E ancora, una matura coscienza del valore che la pluralità dei legami sociali acquista alla luce della rivelazione cristiana comporta un’esaltazione anche del principio della solidarietà. Tanto maggiore è infatti la valorizzazione di differenze e specificità, tanto più grande è il contributo specifico del condividere, del sostenersi reciprocamente. Su questo sfondo riteniamo che anche la vita consacrata possa e debba contribuire al discernimento sui temi identificati per rilanciare in particolare l’azione del laicato.
L’Italia dunque deve tornare a crescere, concentrandosi sulle cinque direttrici indicate sopra.
– Intraprendere. Quattro i problemi prioritari per liberare e regolare in modo efficace le energie dell’intraprendere: a) un mercato del lavoro accessibile e accogliente, flessibile e sicuro (il nodo è dato dalla convivenza di un’area di occupazione protetta e di un’altra priva di tutele o con tutele diseguali; sono necessarie la riduzione di precarietà e privilegi, aumentando la partecipazione e la flessibilità in entrata/uscita); b) politiche per la famiglia con figli (fiscalità e servizi che riconoscano la funzione pubblica della procreazione e dell’educazione sono segnali del fatto che l’Italia vuole ancora credere nel suo futuro); ammodernamento del sistema fiscale (un regime iniquo e inefficiente deve ridistribuire la pressione fiscale e riequilibrarla, passando dai redditi ai patrimoni); sostegno alla crescita delle imprese (con reti tra aziende, accesso al credito bancario ecc.).
– Educare. In un tempo di emergenza educativa, la risorsa chiave è costituita dalle persone adulte che non vengono meno alla vocazione a crescere-accompagnare i giovani. Vanno inventati strumenti atti a premiare l’esercizio responsabile della funzione docente, a sostenere l’esercizio dell’autorità genitoriale in famiglia e l’azione educativa dell’associazionismo e delle comunità elettive.
– Includere gli immigrati. La coscienza di rischi e opportunità che comporta l’intensificarsi dei flussi migratori richiede di combinare strategie di inclusione che offrano alle nuove presenze le opportunità ricercate insieme a riferimenti istituzionali e percorsi di responsabilizzazione. Conviene forse cominciare dal nodo della cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia. Infatti, già oggi i figli dell’immigrazione sono più di un milione e, di questi, circa 600mila sono nati e cresciuti in Italia.
– Slegare la mobilità sociale. In questo momento, sono i giovani a pagare più di tutti i costi della crisi. Dobbiamo perciò riflettere sul finanziamento del sistema universitario (autonomia degli atenei e crescita di sostegni che restituiscano opportunità a capaci/meritevoli senza adeguate risorse economiche) e sulla riduzione delle barriere per l’accesso alle professioni.
– Completare la transizione istituzionale. Riprendere a crescere richiede anche un adeguamento delle istituzioni politiche. L’incompiutezza della transizione nuoce al bene comune. Le preoccupazioni per il bilanciamento dei poteri sono l’essenza di un regime che rispetta i diritti fondamentali in un quadro sociale poliarchico: per questo le istituzioni politiche debbono completare il passaggio a un modello più competitivo. I problemi sul tappeto, secondo il Documento preparatorio, riguardano sia i raccordi tra potere e responsabilità e quindi la forma di governo (contrappesi adeguati e legge elettorale coerente), sia la coerenza del sistema federalista.
L’ultimo capitolo del Documento preparatorio, dossettianamente dedicato a Eucaristia e città, sintetizza bene il senso complessivo dell’Agenda, allontanandola da logiche di ‘nuova’ egemonia ecclesiastica. Il criterio di misura di vecchi e nuovi cristiani sanamente impegnati nel sociale è infatti sempre quello eucaristico: «siamo abilitati e invitati a vivere tutta la nostra vita secondo il progetto di vita personale e sociale di Gesù… Ogni Messa domenicale genera e offre bene comune, sostiene visioni e responsabilità di bene comune».