I frati minori francescani da circa un anno si stanno preparando alla
celebrazione dell’ottavo centenario della fondazione dell’ordine di Santa
Chiara. Il grande evento si aprirà ufficialmente la domenica delle Palme 2011 e
si concluderà nella festa di santa Chiara del 2012.
Il tema che guiderà la riflessione per questo anno, secondo un progetto
approvato dalle Presidenti delle Federazioni durante il I Congresso delle
Presidenti dell'OSC, è la dimensione contemplativa i cui punti cardine sono
l'ascolto, il silenzio e la conversione di vita.
È un argomento fondamentale che riguarda tutta la vita consacrata, richiamato
anche dai documenti della Chiesa, come per esempio La dimensione contemplativa
della vita consacrata (19….), Vita consecrata, Ripartire da Cristo…L’ottavo
centenario dell’ordine di santa Chiara offre perciò a tutti la possibilità di
unirsi alla gioia di questo evento e di approfondire insieme questo tema di cui
oggi, in un momento in cui nelle comunità c’è tanta dispersione, e di recuperare
un valore senza il quale si apre la porta a ogni tentazione e a ogni crisi.
L’opportunità per farlo ci viene suggerita dalla lettera che Fr. José Rodriguez
Carballo ha scritto alle clarisse per questa circostanza in cui propone alcune
importanti piste di riflessione su che cosa si intende per contemplazione, quali
ne sono le fonti, il metodo seguito da santa Chiara e le condizioni per viverla
e attuarla.
Come intendere la contemplazione
Come si può anzitutto definire e intendere la contempazione. Fr. Carballo la
descrive «come l'apertura del cuore al mistero che ci avvolge, per lasciarci
possedere da esso». In questo senso «contemplare è svuotarsi di tutto il
superfluo, perché Colui che è il Tutto ci riempia fino a traboccare. Contemplare
è aprire interamente gli occhi del cuore per poter leggere e scoprire la
presenza del Signore nelle sfaccettature delle persone e delle cose. Contemplare
è aprire le orecchie dell'anima per ascoltare le grida silenziose del Signore
nella sua Parola, nei sacramenti, nella Chiesa e negli avvenimenti della storia.
Contemplare è far silenzio di parole perché parli lo sguardo pieno di stupore,
come quello di un bimbo; perché parlino le mani aperte alla condivisione, come
quelle di una madre; perché parlino i piedi che, con passo leggero, come ci
chiede santa Chiara, attraversano le frontiere per annunciare la Buona Novella,
come quelli di un missionario; perché parli il cuore traboccante di passione per
Cristo e per l'umanità, come parlarono i cuori innamorati di Francesco e Chiara.
Contemplare è entrare nella cella del proprio cuore e, dal silenzio abitato,
lasciarsi trasformare da colui al quale, come Chiara, confessiamo: "sposo di
nobile origine", con la bellezza "più seducente" , "la cui bellezza è
l'ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo" e "l'amore di lui
rende felici". Contemplare è "desiderare, prima di tutto, ad avere lo Spirito
del Signore e la sua santa operazione" (cf. Gal 5,13-21. 26; Rm 13,13-14). La
contemplazione è essenzialmente la vita di unione con Dio che, secondo le parole
di Francesco, è "tenere il cuore rivolto al Signore", e secondo quelle di
Chiara, mettere anima, cuore e mente nello Specchio, in Cristo, fino a
trasformarsi totalmente in immagine della sua divinità» .
«La contemplazione, così intesa – osserva fr Carballo – non ha niente a che
vedere con una vita mediocre, abitudinaria, pigra». In effetti, «la
contemplazione è fare una scelta esclusiva per il Signore, consegnarli la vita,
è poter dire con Paolo "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal
2,20). È poter dire in verità: solo lo Sposo basta, poiché si tratta di Colui la
cui "potenza è più forte d'ogni altra, più larga è la sua generosità; la sua
bellezza è più seducente, il suo amore più dolce e ogni suo favore più fine".
Con le parole di san Francesco, possiamo dire che «contemplare è consegnarsi
completamente a colui che completamente si è donato per noi. Contemplare è
bruciare, spendere la vita per il Vangelo, "regola e vita" per tutti noi». È la
stessa concezione che ne aveva santa Chiara, la quale, per esempio, «non
definisce la vita a san Damiano come vita contemplativa, ma come un vivere il
Vangelo. In questo modo, Chiara non considera la contemplazione come una forma
di vita, ma come una dimensione essenziale della stessa, che rimane sottomessa
al vivere il Vangelo».
Si può dire perciò che «la contemplazione va di pari passo con la qualità
evangelica di vita secondo il proposito di vita che abbiamo abbracciato; con una
volontà ferma di "progredire di bene al meglio, di virtù in virtù", e di
percorrere il sentiero delle beatitudini. Per questo sentiamo la necessità di
ripartire dal Vangelo, nucleo fondamentale e fondante della nostra forma di
vita, perché solo esso ci darà la possibilità di accendere un fuoco nuovo e
iniettare linfa giovane nella nostra storia comune, otto volte centenaria.
Essere contemplativi implica, poi, assumere il Vangelo nelle sue esigenze più
radicali, senza sconti, senza giustificare sistemazioni a uno stile comodo di
vita».
Ma, attenzione, «la contemplazione non è neanche "infischiarsene" degli altri».
Infatti, «la passione per Cristo è passione per l'uomo». In effetti, «la
contemplazione che alimenta la nostra vita non può essere mai estranea alla vita
dei nostri popoli e a ciò che accade loro. La realtà dei nostri fratelli, uomini
e donne, deve essere portata nella preghiera. Un'anima contemplativa è un'anima
che si sente in comunione con tutti, che presenta tutti al Signore, con le loro
gioie e tristezze, con le loro speranze e le loro frustrazioni. Porta tutti nel
suo cuore, tutti accoglie nella sua anima contemplativa».
Pertanto, «la contemplazione è molto di più di momenti più o meno prolungati di
preghiera, ma è far sì che tutte le cose temporali siano a suo servizio. È
un'esistenza vissuta per il Signore e, per lui, spesa anche a favore degli
altri. Non potrebbe essere in altra maniera, se teniamo presente che la
contemplazione, come afferma Chiara, è imitare e seguire lo Sposo».
Fonti della contemplazione
Quali sono le fonti principali a cui la contemplazione attinge la linfa che la
nutre e la rinvigorisce? Francesco e Chiara ne indicano due: la Parola di Dio e
la liturgia.
Anzitutto la Parola di Dio: «I salmi e i cantici biblici ispirano e nutrono la
loro preghiera a tal punto che possiamo tranquillamente dire che entrambi
incarnano in se stessi la figura del povero di Yahvé in ogni sua dimensione:
l'uomo che pone la sua piena fiducia nel Signore e l'uomo che si immerge
nell'adorazione e nella lode».
In secondo luogo la liturgia, «canale ordinario attraverso il quale Francesco e
Chiara accolgono la Parola di Dio», ma deve trattarsi di «una Parola che non è
semplice oggetto di meditazione, ma, di più, una Parola celebrata, attualizzata;
una parola che si trasforma in azione».
Il metodo di Chiara per la contemplazione
Come i grandi maestri della contemplazione, – spiega fr. Carballo – anche Chiara
elaborò il suo "metodo", il suo percorso, però senza conformarsi a nessuna delle
grandi correnti. Si tratta di un metodo molto semplice che sgorga dalla propria
esperienza e che riassumersi in tre verbi: mirare (osservare), meditare,
contemplare.
Mirare. Lo sguardo coinvolge tutti i sentimenti nella sequela contemplativa di
Gesù Cristo. "Ogni giorno porta l'anima tua in questo specchio ( .. .) Mira, in
alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe avvolto in poveri
pannicelli". «Non si tratta di un atteggiamento romantico di fronte al presepe,
ma di un'esperienza reale di povertà, di una scelta forte per la povertà, come
il cammino intrapreso dal Figlio di Dio. Non si tratta di ammirarsi, ma di
uscire da se stessi e contemplare la povertà di chi si è reso "disprezzabile per
te". Per Chiara non rimane altra strada: "segui il suo esempio rendendoti
spregevole in questo mondo". Il mirare a cui Chiara invita è, in definitiva, lo
sguardo della sposa allo Sposo, che, essendo quotidiano e costante, porta a
scoprire la bellezza dello "Sposo di più nobile origine"».
Meditare. È una meditazione che «abbraccia la mente e porta a percepire l'umiltà
come un contrasto che scandalizza e affascina: il Re degli angeli avvolto in
panni e deposto in un presepe. Se per Francesco il binomio povertà-umiltà è
inseparabile, lo è anche per Chiara. La povertà mette in rilievo la vita nella
stessa condizione dei poveri. L'umiltà esprime l'aspetto più profondo della
povertà: l'abbattimento, l'umiliazione e il disprezzo. Se la povertà è negazione
della ricchezza, l'umiltà è negazione del potere. L'umiltà è la dimensione
kenotica della sequela».
Contemplare. Il contemplare coinvolge particolarmente il cuore. Per Chiara il
cuore è il luogo dell'alleanza con lo Sposo, esprime la radicalità della
risposta, il donarsi totalmente, la comunione che permette di assaporare Dio.
D'altra parte, la contemplazione richiede un cuore puro, totalmente rivolto al
Signore. Ciò permette di guardare con altri occhi, gli occhi di Dio, di
considerare in maniera diversa, di percepire in profondità. Contemplare
significa, perciò, avere gli stessi sentimenti di Cristo (cf. Fil 2,5),
rivestirsi di Cristo (cf. Gal 3,27; Ef 4,24). Contemplare è aprirsi allo Spirito
che rinnova, trasforma e conduce alla testimonianza, meta di tutta la
contemplazione».
Mira-medita-contempla, più che gradi, sono dimensioni di uno stesso processo che
non si riduce ad una mera considerazione intellettuale, ma è un' esperienza che
coinvolge tutta la persona in tutte le sue dimensioni: spirituale,
intellettuale, affettiva e sensibile. È come l'amore autentico: avvolgente, che
porta alla sequela e all'identificazione con la persona amata, alla
trasformazione dell' amante nell'Amato.
Come condizioni il silenzio e la solitudine
Così pensa Chiara nella sua Regola, così pensa la Chiesa, così lo esprimono le
vostre costituzioni: "la ricerca dell'intimità con Dio comporta il bisogno,
veramente vitale, di un silenzio di tutto l'essere" (Evangelica Testificatio,
46). Chi desidera fissarsi unicamente nell'intimità di Dio, sull'esempio di
Chiara, deve allontanare dalla sua anima "ogni rumore".
«E questo – sottolinea fr. Carballo – non solo per voi che avete scelto una vita
ritirata, ma per tutti quelli che desiderano vivere una vita interiore
autentica: il silenzio come cammino di libertà è un valore universale,
necessario per una vita in pienezza, per la riflessione profonda... Il silenzio
e la solitudine abitati sono manifestazione di una vita piena traboccante, che
parla da sola. Il silenzio e la solitudine sono, poi, mezzi indispensabili per
concentrarci sull'essenziale, per vivere in presenza del Signore. È da questa
prospettiva che la clausura acquista la sua vera dimensione. Senza sottrarre
alcuna importanza alla clausura verso l'esterno, non si può dimenticare la
clausura verso l'interno: non fermarsi all'accidentale, gusto per la Parola di
Dio, raccoglimento dei sensi. Se, per chi vive sull'orlo del nulla, il silenzio
è un segno spaventoso del vuoto, per chi cerca la pace interiore, il silenzio,
la solitudine e, nel vostro caso la clausura, sono opportunità impagabili per
l'incontro con Dio e con gli altri.
L'uomo nuovo, a cui la fede ha dato un occhio penetrante che va oltre la scena e
un cuore capace di amare l'Invisibile, cerca il silenzio e la solitudine, non
come fuga, non come mezzi per chiudersi in se stesso, ma il silenzio e la
solitudine fatti di relazioni profonde, autentiche. Per paradossale che sembri,
solamente chi è capace di restare solo, è capace di incontrarsi con gli altri.
Forse questo spiega perché oggi passiamo tanto tempo insieme e non riusciamo a
incontrarci veramente con qualcuno.
Oggi tanto voi, quanto noi e chi desideri dedicare il cuore esclusivamente a
Dio, abbiamo bisogno di silenzio e solitudine, pieni di una Presenza, attenti
all'ascolto, aperti alla comunione. Dobbiamo curare il silenzio e la solitudine
abitati per non essere vittime di un attivismo – anche questo è un pericolo
reale in molti dei vostri monasteri – privo di riflessione; vittime di un
attivismo vuoto e, pertanto, sterile. Dio parla sempre e anche il suo silenzio è
parola».
«Il Signore – conclude fr. Carballo –ci dia un cuore puro per poterlo mirare,
meditare e contemplare, perché, trasformandoci in lui, possiamo testimoniarlo
agli uomini e alle donne del nostro tempo!