«Non abbiate paura. Contate su di noi». Con queste parole, Anna Maria Sarrate,
una laica spagnola, coordinatrice dei movimenti laicali maristi a livello
europeo, ha concluso il suo intervento nell’ultima assemblea dei superiori
generali (Testimoni, 12/2010). Insieme all’irlandese Judith King era stata
invitata, proprio in quanto laica, ad interrogarsi sulla realtà della VC oggi in
Europa.
Che la VC stia attraversando un periodo di crisi, ha esordito, non è una
sorpresa per nessuno, anche se, invece, permane la difficoltà di sapere come
evolverà in futuro. Che stia comunque maturando qualcosa di nuovo, magari
partendo dalla riscoperta delle beatitudini evangeliche, è altrettanto certo. La
mancanza di vocazioni, l’aumento progressivo dell’età media, una certa
invisibilità nella società, una presa di distanza e a volte anche una critica
nei confronti dell’istituzione ecclesiastica da parte dei consacrati, sono fatti
reali, ma non definitivi. Sicuramente lo Spirito sta invitando i religiosi/e a
riscoprire il senso della propria vita partendo «dalla povertà del non sapere,
dall'umiltà del non potere, dalla sete e dalla fame di costruire il Regno con
pochi operai, dalle lacrime di coloro che forse piangono perché sono sempre più
pochi».
Ma perché, allora, continuare a parlare di crisi, ostinandosi a non riconoscere
nel mondo di oggi la sete enorme di spiritualità? Perché non provare a
intercettare quella domanda di senso sulla propria vita che tante persone
vorrebbero rivolgere proprio a quei compagni meravigliosi che sono i consacrati?
Da loro ci si attende, soprattutto, la disponibilità ad accogliere, ad
ascoltare, ad avvicinarsi alle persone nella loro situazione concreta di vita.
«Non si tratta di sostituirsi ai professionisti della psicologia, ma di essere
dei compagni di viaggio che aiutano a vivere».
La necessità di guide spirituali
Purtroppo, accanto ai tanti consacrati sensibili a queste reali esigenze di
oggi, non mancano quelli che «contagiati dall'individualismo latente nelle
nostre società, hanno perso il contatto con la realtà, hanno perso la capacità
di stare con gli altri e di mettersi accanto a loro. Non fanno comunità né con i
loro confratelli, né con gli altri». Non è una questione di età, ma di capacità
di «condividere quello che siamo con gli altri». Viene da pensare che la loro
formazione fosse orientata a farne delle guide in campo teologico,
intellettuale, professionale. É stata forse sottovalutata l’importanza della
formazione del cuore di cui parla Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas
es”.
Mai come oggi «abbiamo bisogno di guide spirituali che condividano con noi sia i
successi che le difficoltà a partire dalla propria esperienza personale. Non ci
interessano le teorie, ma i racconti e le esperienze del Dio della vita». Chi
più dei consacrati, nonostante le difficoltà della loro convivenza comunitaria,
può esperimentare la gioia di una piena condivisione, non solo fra loro ma anche
con gli altri, di ciò che vivono attraverso la loro consacrazione a Dio?
Sarrate ha dimostrato di conoscere a fondo la VC proprio nel momento in cui ha
provato a fare sue una serie di domande che, di tanto in tanto, i consacrati per
primi dovrebbero porsi: «abbiamo nelle nostre comunità degli spazi di ascolto
reciproco in un clima tale che ci aiuti a condividere la nostra intimità?
Abbiamo cura dei dettagli dell'accoglienza reciproca nella nostra convivenza?
Quante volte ho condiviso con i miei confratelli/consorelle e con le persone che
mi circondano le esperienze della mia vita? Quante volte ho manifestato agli
altri quel percorso esistenziale che ha portato alla scoperta della mia
vocazione? Siamo veramente convinti che la persona è più importante
dell'istituzione?». Sicuramente sono tanti i consacrati che si pongono e vivono
in positivo tutti questi interrogativi. «Non di rado, però, ho scoperto la
meraviglia della vita di un consacrato o di una consacrata solo dopo la sua
morte, quando se ne scrive la biografia. Quanto avrei desiderato che tutto
questo mi fosse stato detto durante la loro vita!».
Il risveglio della vocazione laicale
Ci si dovrebbe convincere che la sete di spiritualità della società di oggi è
una grande opportunità per la VC. «Con la vostra vocazione, voi ci ricordate che
Dio è capace di riempire tutta una vita». Forse, oggi, anche un superiore
maggiore troverebbe difficoltà a raccomandare ai propri religiosi quello che la
relatrice, con convinzione, si è permessa di suggerire ai suoi interlocutori:
«Abbiate cura della vostra crescita spirituale, della vostra relazione con Dio.
Non cadete nella routine. La vostra preghiera sia fonte della vostra vita e la
vita si renda presente nella vostra preghiera, lasciandovi interpellare da essa.
Così, nel discernimento, potrete scoprire il modo per essere più significativi».
La via del discernimento, mai come oggi, passa attraverso la condivisione del
proprio carisma con i laici. È una grazia straordinaria quella dei laici che
«vivono i carismi che finora erano esclusivi dei consacrati». Qualcosa del
genere è sempre esistito nei classici “terzi ordini” del passato. Oggi, però, in
maniera più esplicita, si tende a condividere la spiritualità, la missione e la
fraternità propria di tanti istituti religiosi.
Anzi, in questo risveglio della propria vocazione laicale, «alcuni di noi hanno
scoperto che il nostro essere cristiani può raggiungere la sua pienezza
attraverso i carismi che originariamente erano nati negli istituti religiosi».
La loro spiritualità e la loro missione «ci hanno catturati e sentiamo che Dio
ci chiama a condividere la loro eredità per rilanciarla insieme verso il
futuro».
È fin troppo facile pensare, come spesso si fa, che questa nuova sensibilità
nasca come una necessità, come una strategia in momenti di crisi vocazionali
come quello attuale. No! «Si tratta, invece, di una chiamata personale, di una
iniziativa di Dio, in vista di un nuovo modo di essere realmente discepoli di
Gesù». Questa vocazione vera e propria, «ci associa e ci porta a condividere con
i consacrati la missione, la spiritualità, la formazione... e la vita. Abbiamo,
anzi, la certezza che le nostre vocazioni specifiche, senza confondersi, si
illuminano reciprocamente, diventando gli uni per gli altri fonte costante di
ricchezza e di complementarità».
L’esperienza dei laici in fatto di famiglia, di coppia, di figli, d’impegni
domestici, di sforzi continui per migliorare la vita quotidiana, può offrire ai
consacrati «un colore diverso alla loro spiritualità, aiutandoli ad avvicinare
la quotidianità di queste realtà. Noi donne, inoltre, possiamo arrecare alle
congregazioni maschili una nuova percezione femminile del carisma».
Sia da una parte che dall’altra, tutto questo suppone un grande cambiamento di
mentalità nelle tre dimensioni cristiane fondamentali: la missione, la vita
condivisa e la spiritualità. «Sentiamo queste dimensioni come inseparabili: la
spiritualità, infatti, la si vive in e per la missione. La missione crea e anima
la vita condivisa. Questa, a sua volta, è fonte di spiritualità e di missione».
La varietà crescente delle attività e delle professioni in cui sono impegnati i
laici, apre oggi al carisma di un istituto religioso prospettive assolutamente
impensabili in passato. Anche nella gestione delle opere, i laici sono in grado
di offrire un valore aggiunto in ordine alla loro rivitalizzazione. «Possiamo
dar vita a comunità locali che siano il cuore e il seme di una nuova vitalità
della missione, senza farla dipendere interamente dalla presenza dei
consacrati».
Proprio per questo, «oggi più che mai, la VC è chiamata ad essere, anche se in
maniera non esclusiva, l'anima del carisma nella missione, preoccupandosi più
della fedeltà al carisma stesso che non al mantenimento, a tutti i costi, delle
opere».Tutto questo, però, non è possibile senza una piena corresponsabilità tra
consacrati e laici.
Una formazione comune
La piena condivisione dei carismi esige, naturalmente, spazi e tempi per una più
profonda comunicazione e una più intensa vita comune. «È necessario cercare
questi momenti e spazi di qualità che ci uniscano in ciò che è essenziale».
Sarà, così, più facile «comprendere i diversi modi di pensare e di agire,
accettando i propri limiti e quelli degli altri in un clima di fraternità». Man
mano che si cresce in questa comunione, «sorgeranno nuove forme di relazione,
ogni volta più profonde, che esigeranno, a loro volta, nuove strutture che
accolgano e diano impulso alla vitalità e alla novità che intuiamo grazie allo
Spirito».
L'esistenza di comunità di consacrati e laici che, salvaguardando la propria
specificità, condividono la vita e un progetto comune, è già un dato di fatto in
alcuni istituti religiosi. «L'apertura e l'accoglienza delle comunità, come
hanno affermato alcune persone che hanno vissuto quest’esperienza, sono state un
dono per tutti». Al di là delle possibili forme di collaborazione fra laici e
consacrati, ciò che conta è il fatto di «discernere in comune quello che Dio ci
può chiedere qui e ora». L’arricchimento, allora, è sempre reciproco e mai a
senso unico. «Nella mia storia personale ho scoperto come questo condividere tra
consacrati e laici abbia rivitalizzato la vocazione di molti consacrati. A sua
volta, ovviamente, spesso sono stati i consacrati a motivare la vita e le scelte
di tanti laici». Le difficoltà, a questo riguardo, più che dei laici, sono dei
consacrati, soprattutto se non hanno mai fatto esperienze del genere. Temono di
perdere la propria identità. Da parte sua Sarrate non può fare che un invito:
«venite e vedete».
Le difficoltà, da parte dei laici, spesso nascono dal fatto che «non sono
consapevoli neppure della loro vocazione cristiana». Il peso di certe tradizioni
li ha portati ad essere dei «soggetti passivi nella Chiesa». Quante persone non
si sentono chiamate ad una vocazione per il semplice fatto che «nessuno le ha
aiutate a scoprirla». Questa è una sfida che impegna sia i laici che i
consacrati. Sia chiaro, ribadisce Sarrate, «noi amiamo la nostra vocazione
laicale, come amiamo le altre vocazioni». Ma è proprio questa la ragione per cui
«ci sentiamo responsabili anche per l'animazione vocazionale di coloro che ci
circondano».
La condivisione sarà tanto più solida, quanto più nascerà anche da una
formazione comune. Quante volte si è rivelata fonte preziosa per prospettive
apostoliche e spiritualità inaspettate! «Condividere in uguaglianza di
condizioni i nostri processi vitali, pregare insieme, discernere, appassionarci
per la missione, ci ha aiutato ad essere coscienti del fatto che lo Spirito era
con noi, ci ha toccato il cuore e si è fatto esperienza vitale e incarnata». Le
teorie e i documenti non bastano, se non sono seguiti da una conversione
autentica. «Non abbiate paura!», ha concluso Sarrate. Qualsiasi cambiamento
comporta rischi e difficoltà. «Condividendo il medesimo carisma, ci sentiamo
responsabili insieme con voi per rivitalizzarlo alla luce dei segni dei tempi,
per promuoverlo e trasmetterlo camminando verso il futuro. Contate su di noi!».