Anni fa si parlava molto di collaborazione dei religiosi con i laici. Poi il tema è sembrato piuttosto teorico o persino utopistico. Nel frattempo i problemi sono rimasti: ridimensionamento, tentativi di rivitalizzare opere difficilmente sostenibili, mancanza di ricambi vocazionali, almeno qui in occidente.
Che fare? È opportuno praticare l’accanimento terapeutico o vale la pena si ripensare la nostra presenza in termini più ampi e realistici?
Si può per esempio pensare ai nostri carismi non come isole, ma come arcipelaghi? Si può pensare ai nostri carismi in termini di isole che appartengono cioè ai grandi arcipelaghi della sanità, dell’educazione, dell’assistenza e così via?
E ancor più. è possibile agire di fatto in termini di collaborazione tra Istituti e Chiesa locale? E possibile insomma intraprendere vie nuove che permettano la presenza di un’azione carismatica coordinata nella complessità del mondo d’oggi?
Abbiamo posto queste domande a Madre Carmela Zaninoni, superiora generale delle Ancelle della carità di Brescia, istituto che ha dato origine a una complessa forma di collaborazione intercongregazionale ed ecclesiale nel campo della sanità, con creatività istituzionale e preoccupazione evangelica.
Un esperimento che risponde a molte esigenze ed è guardato con interesse per il coinvolgimento di molti soggetti ecclesiali.

Madre Carmela, il suo istituto è stato promotore di una nuova entità che ha unito molte forze nell’ambito della sanità. Può spiegarci di che cosa si tratta?

Noi Ancelle siamo nate a Brescia nel 1840 ad opera della nobile e giovane Paola Di Rosa, proclamata santa da Pio XII nel 1954, con il suo nome di religiosa, Maria Crocifissa.
Il carisma, dono dello Spirito, accolto da Paola con tutta la passione della carità, nel corso del tempo, ha scritto una bella storia di dedizione al mondo della sofferenza e ha fatto nascere istituzioni benemerite che, nello scorrere degli anni, hanno necessariamente subito delle trasformazioni.
L’ultima istituzione nata da questo impegno di adeguamento alle esigenze del tempo e del territorio si chiama Poliambulanza che, nel 1997, dopo la ricostruzione, da Casa di cura è diventata Istituto ospedaliero con annesso Pronto Soccorso e Centro di ricerca.
L’intento dell’allora madre generale, Eugenia Menni era quello di dare alla città natale della fondatrice un segno moderno e attuale a tutti gli effetti, della passione che l’aveva spinta a donarsi ai fratelli ammalati e bisognosi di cura.
Le esigenze gestionali però di tale realtà, nel contesto attuale, hanno obbligato la congregazione a cercare collaborazione e competenze che, condividendo l’ispirazione cristiana della cura, garantissero futuro, efficienza ed efficacia alla nuova realtà.
Così nel 2005, per volontà condivisa nel Consiglio della congregazione, è nata una Fondazione, costituita da quattro enti: Congregazione Ancelle della Carità, Poveri Servi della Divina Provvidenza di don Calabria (Negrar – VR), Diocesi di Brescia e Università cattolica del Sacro Cuore.
Nel 2010 la stessa Fondazione ha acquisito l’Ospedale S. Orsola, storica e benemerita struttura dei Fatebenefratelli che a Brescia continueranno a dedicarsi all’altra importante loro struttura presente in città, altamente specializzata in patologie mentali (l’ IRCCS. S. Giovanni di Dio).

Come è nato un progetto tanto innovativo?

Da una parte la complessità crescente della gestione di opere tanto impegnative, che richiedono competenze sempre più elevate e dall’altra la diminuzione delle nostre forze hanno sollecitato a pensare al futuro in termini di sinergie fra entità che perseguano la tradizione millenaria della sanità cattolica.
Del resto da anni siamo stimolati dal magistero ecclesiale alla collaborazione e alla comunione dei vari carismi. Impotenza umana e zelo per la causa del Vangelo fanno trovare strade non per diventare potenti, ma per non lasciar perire ciò che lo Spirito ha fatto nascere nella Chiesa.
Al termine del percorso previsto, entro il dicembre del 2012 la Poliambulanza sarà un ospedale con circa 570 posti letto.
E ciò grazie all’apporto di tre istituti religiosi, di una diocesi, e dell’Università cattolica del Sacro Cuore.

Quale è stato il percorso? Quali le competenze coinvolte?
Bisognerebbe descrivere tutte le tappe, per dare l’idea dell’iter, fatto di incontri a tutti i livelli, con il supporto dei rispettivi Consigli e dei professionisti incaricati di sviluppare tutti gli aspetti formali della costituzione della nuova entità. È stato un percorso di laboriosa ricerca di soluzioni innovative che ha trovato interessate, e direi persino entusiaste, le varie competenze,da quelle sanitarie a quelle amministrative, sorrette dalla forza dei santi fondatori e dalla convinzione di poter riaffermare ai massimi livelli la presenza della Chiesa nella rete del sistema sanitario.

Come hanno reagito le religiose e i laici dipendenti?
I laici, specie i dirigenti, hanno compreso immediatamente gli obiettivi: dare continuità ai servizi, con nuove possibilità di miglioramento. La loro reazione è stata generalmente positiva.
Più laboriosa e comprensibilmente più sofferta è stata la reazione delle religiose, che inizialmente hanno giustamente temuto una diminuzione della ispirazione carismatica. Alcune hanno faticato a comprendere la necessità del passaggio, forse anche per mancanza di adeguate informazioni circa le nuove condizioni gestionali, che superavano le prospettive congregazionali.
È evidente che è stato necessario mettere in atto una opportuna coscientizzazione che favorisse l’accettazione del progetto.
Si è proceduto tenendo presenti le difficoltà inerenti all’affacciarsi di prospettive che, pur modificando la tipologia del ruolo non riducevano la missione.

Le prospettive operative?
L’impegno è di mantenere l’efficienza delle strutture e l’efficacia dell’azione, nella fedeltà al carisma che, ispirato dalla carità, serve la vita dal suo nascere al suo morire. Il comprensibile timore di una minore presenza carismatica, data anche una diminuita visibilità delle suore è in parte attenuato dall’impegno formativo e dall’azione pastorale che la cappellania interna svolge presso i degenti.
Sicuramente ci sono dei vantaggi a livello gestionale e organizzativo; rimane la responsabilità di accompagnare il processo formativo del personale e il dovere della comprensione della nostalgia che abita i cuori di chi ha lavorato per anni con le suore: tempi che l’ attuale situazione fa prevedere non torneranno più.

Le prospettive pastorali del personale religioso?
Siamo in presenza di un cambiamento notevole, dal momento che le religiose saranno sempre meno impegnate nel settore infermieristico e sempre più in quello della pastorale sanitaria.
A mio avviso, è un guadagno, anche se non tutti erano, e in parte non sono, di questo parere. La presenza di suore preparate nella pastorale sanitaria sta dando buoni frutti e sta cambiando il volto della nostra presenza.

Una domanda indiscreta, ma utile per chi vuol ispirarsi: dove ha trovato le principali difficoltà?
Nel trovare collaborazioni giuste.

Che suggerimenti darebbe a chi volesse mettersi su questa strada?
In primo luogo, siamo tutti invitati a intraprendere questa strada della collaborazione solidale… anche perché siamo obbligati dalla complessa situazione nel campo della sanità. La povertà aiuta a scoprire le ricchezze della collaborazione paritaria.
Occorre investire tempo in incontri a tutti i livelli, per permettere alle diverse tradizioni di integrarsi e di dare il meglio di sé. Solo a queste condizioni, cioè mediante la politica dei piccoli passi, si possono sostenere grandi obiettivi ispirati dal carisma.
Inoltre è necessario ribadire che le difficoltà possono essere meglio superate dalla passione ecclesiale e carismatica, preoccupata di non lasciar mancare alla Chiesa la nostra testimonianza attraverso il servizio coordinato e fraterno. Chi ama la Chiesa fa questo e altro!

A suo avviso, questa via è percorribile anche per altri settori, quale quello scolastico?
Da quello che ho ascoltato e conosco, anche a livello internazionale, nel settore scolastico appare molto fruttuosa e necessaria la collaborazione con altre congregazioni.
Mi permetto un’osservazione conclusiva: in tutte queste questioni mi pare indispensabile molta paziente ricerca condotta alla luce di una saggia coscienza del proprio limite, spirito di comunione, fiducia nella Provvidenza che conduce la storia, attenzione ai segni che lo Spirito semina sui passi di chi cerca il bene del prossimo, capacità di mediare per non perdere di vista l’obbiettivo che ci si propone,
Come sottofondo ritengo necessarie gratuità e libertà. Strumenti piccoli e fragili nelle mani di Dio; siamo responsabili, non padroni delle opere. Il distacco da ambizioni che alimentano l’io della Congregazione favorisce la crescita del “noi” ecclesiale. Discorso delicato, ma necessario, per un coordinamento di vari carismi “pro Ecclesia sancta Dei”.

Riflettendo sulle Costituzioni

La prima parola che si incontra nelle costituzioni è carisma.
Il che sta a significare alcune realtà fondamentali per la comprensione della mostra realtà di Ancelle:
La prima: il nostro istituto non è solo frutto di “una intuizione di carità” della fondatrice, ma di un intervento dello Spirito, che ne ha illuminato gli occhi per vedere il Signore presente “nella persona dell’gli ammalati, dei poveri, dei piccoli” .

La seconda:il carisma è un dono dello Spirito dato per la costruzione del Corpo di Cristo che è la Chiesa, un dono fatto alla fondatrice e da lei trasmesso a tutto l’istituto, che prima di essere una organizzazione, o una istituzione, è frutto “dell’infinita potenza dello Spirito Santo,mirabilmente operante nella sua Chiesa”. Il carisma va continuamente collegato con la sua origine: lo Spirito Santo, che viene dato a coloro che lo pregano “concordi e perseveranti”, “nell’amorosa contemplazione di Gesù crocifisso ed eucaristico”, una parola usata oggi con diversi significati.
Nel modo comune di parlare, si dice che una persona ha carisma, quando sa coinvolgere, convincere, trascinare altre persone.
Nel linguaggio teologico il carisma è un dono dato per la costruzione del corpo di Cristo che è la Chiesa.
Il nostro articolo usando la parola carisma, secondo il linguaggio teologico, vuol dire che l’Istituto della Ancelle della carità non è semplicemente opera della fondatrice, ma viene anche dallo Spirito Santo, che ha gettato luce sui bisogni del tempo “particolarmente nella persona degli ammalati, dei poveri, dei peccatori”
Il carisma collega il presente con un aspetto del mistero di Cristo, suggerendo una “risposta cristiana”, analoga di quella che avrebbe dato Cristo.