Mettere l’educazione al centro delle attività e delle preoccupazioni della Chiesa, nelle sue articolazioni territoriali, per il prossimo decennio. Nella loro 61ma Assemblea generale, che si è chiusa venerdì 28 maggio in Vaticano, i vescovi italiani hanno approvato gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, che verranno resi noti nei prossimi mesi. Nel corso delle conferenze stampa durante l’assise e a chiusura di questa, sono state fornite delle anticipazioni sul contenuto dell’ampio testo. L’impegno nel settore educativo, tra l’altro, è stato ribadito essere una priorità assoluta anche da Benedetto XVI, durante il discorso che ha rivolto ai vescovi il 27 maggio.
E quella italiana si mostra così una Chiesa che intende interpretare la propria missione «senza complessi e senza menomazioni», che con il piano pastorale per il decennio intende dotarsi di un «orizzonte temporale proporzionato alla radicalità e all’ampiezza della domanda educativa», come sottolineato da Benedetto XVI nel suo discorso. In tale intervento – incentrato essenzialmente sul tema dell’educazione – il papa ha richiamato anzitutto la necessità di superare «un falso concetto di autonomia», in virtù del quale «l’uomo dovrebbe svilupparsi solo da se stesso, senza imposizioni da parte di altri, i quali potrebbero assistere il suo autosviluppo, ma non entrare in questo sviluppo ». Al riguardo, ha ribadito che «solo l’incontro con il tu e con il noi apre l’io a se stesso, per cui la cosiddetta educazione antiautoritaria non è educazione, ma rinuncia all’educazione». Vanno inoltre superati, ha spiegato il papa, «scetticismo» e «relativismo», che escludono le «due fonti che orientano il cammino umano», ossia la natura – intesa oggi come «una cosa puramente meccanica», priva di «alcun imperativo morale, alcun orientamento valoriale, alcun orientamento dall’essere stesso» – e la Rivelazione («considerata o come un momento dello sviluppo storico, quindi relativo come tutto lo sviluppo storico e culturale» o, comunque, non comprendente «contenuti, ma solo motivazioni»). Quando tacciono la natura e la Rivelazione – ha aggiunto Benedetto XVI – «anche la terza fonte, la storia, non parla più, perché diventa solo un agglomerato di decisioni culturali, occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il futuro».
Così nell’incoraggiare la Chiesa italiana a «percorrere senza esitazione la strada dell’impegno educativo», il papa ha additato l’obiettivo di «formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa, di un patrimonio interiore condiviso, della vera sapienza, che – mentre riconosce il fine trascendente della vita – orienta il pensiero, gli affetti e il giudizio».
Siamo pertanto all’interno di un piano pastorale che apre prima di tutto uno scenario su una prospettiva più ampia, quella cioè che intende fornire un senso all’agire dell’uomo nel mondo e a quello della Chiesa.
Tale orizzonte di senso ha costituito lo sfondo anche della prolusione del cardinale Bagnasco, ripresa e valorizzata da un ampio dibattito assembleare. In particolare il presidente della Cei ha ribadito la necessità che «si affermi una generazione di adulti che non fuggano dalle proprie responsabilità perché disposti a mettersi in gioco, a onorare le scelte qualificanti e definitive, a cogliere – loro per primi la differenza abissale tra il vivere e il vivacchiare».

Approvato il testo degli Orientamenti

Il testo degli Orientamenti pastorali è stato poi presentato e discusso durante i lavori a partire dalle sue articolazioni: la lettera di consegna; i quattro capitoli, che evidenziano i fondamenti biblici, teologici, ecclesiali e i riferimenti socio-culturali dell’educazione e indicano i percorsi pedagogici e pastorali conseguenti; la proposta di alcune indicazioni relative a una possibile agenda pastorale per la scansione del decennio.
Alla presentazione è seguito il dibattito in aula e nei gruppi di studio. Ascoltata la sintesi finale, l’Assemblea ha approvato il documento a larga maggioranza, demandando al gruppo redazionale di integrarlo alla luce delle osservazioni emerse e degli emendamenti votati. Il testo definitivo sarà presentato nel prossimo settembre al Consiglio episcopale permanente, che ne autorizzerà la pubblicazione.
Quanto ad alcuni aspetti particolari del testo in questione, mons. Cesare Nosiglia, vescovo di Vicenza ed eletto vicepresidente per l’area Nord, ha sottolineato che il presente e il futuro dell’Italia dipendono dalla capacità di educare. Anzi, questo ambito rappresenta per «il nostro paese la sua miniera d’oro più produttiva». Una miniera «a cui attingere e da cui ripartire», perché «sull’educazione si gioca l’avvenire di una società e sappiamo bene che la stessa crescita economica di un paese aumenta in proporzione all’investimento che si fa sulla formazione».
Mons. Nosiglia ha articolato così la scelta compiuta dai vescovi italiani di dedicare il prossimo decennio pastorale alla sfida educativa. Per sottolineare quanto i vescovi lo abbiano a cuore Nosiglia ha detto: «noi riteniamo che sia un tema che interessa e coinvolge tutta la società. L’investimento di personale, risorse e mezzi adeguati al raggiungimento delle finalità dell’educazione rappresenta sia per la Chiesa, sia per la società il primo e indispensabile impegno che non può essere eluso o sminuito da altri pure necessari ambiti di lavoro in campo economico e sociale». Il nuovo vice-presidente Cei per il Nord non ha nascosto l’importanza della sfida. «È in gioco – ha aggiunto – la conservazione e il rinnovamento di quel patrimonio di qualità del sapere, della cultura e della vita, ricchi di valori umani, spirituali e morali, religiosi e civili e di uomini e donne che li hanno incarnati con genialità». Dunque anche il metodo con cui affrontare il problema deve essere il più inclusivo possibile. «I nostri orientamenti – ha spiegato – intendono sollecitare un dialogo, confronto e collaborazione con tutte le forze vive del paese impegnate in questa frontiera per affrontare uniti l’emergenza educativa e farvi fronte con comune senso di responsabilità». «Credo – ha proseguito l’arcivescovo – che la Chiesa in Italia con questo impegno decennale indica chiaramente a se stessa ma anche al paese dove puntare la bussola del suo progresso e del suo futuro». E lo fa rivolgendosi alle famiglie, alle realtà civili, alle comunità cristiane. «Si rivolge infine alle istituzioni politiche, culturali, economiche e sociali perché investano le loro migliori energie in questo ambito che rappresenta il cuore pulsante del paese».

Le finalità da perseguire

Nel documento tutto ciò viene tradotto in alcune finalità. Il presule le ha riassunte così: «qualificare la proposta educativa cristiana, esercitare un equilibrato discernimento sulla odierna situazione culturale, puntare sulla formazione degli educatori, promuovere alleanze educative sul territorio.
Rispondendo poi a una domanda sulla quantità di investimento richiesto, Nosiglia ha spiegato che non si tratta solo di investimento economico ma «di personale, di cultura e soprattutto di mentalità e che chiama i causa i tanti adulti che sulla sfida educativa hanno messo i remi in barca». Invece «ne va del futuro e del presente del paese. Tutti devono dare il proprio contributo. A ciascuno è chiesto di dare il meglio di sé».

Un altro tema rilevante affrontato dall’Assemblea ha riguardato la presenza dei sacerdoti stranieri impegnati nella pastorale in Italia. I numeri sono in crescita e il comunicato finale della Cei nota che sono state prese in esame «le motivazioni che soggiacciono a tale presenza; il rischio di impoverire le Chiese di provenienza, contribuendo nel contempo a raffreddare la disponibilità italiana alla missione; la necessità di accompagnare attivamente queste nuove presenze».
Infine tra le diverse questioni legate all’attualità e alla cronaca, le conferenze stampa hanno registrato soprattutto domande sulla questione della pedofilia. In proposito il cardinale Bagnasco, il 28 maggio, ha ribadito che la preoccupazione dei vescovi è il bene vero delle singole vittime. Ed è ciò che presiede al discernimento e agli interventi. «Non è un enunciato ovvio o scontato» per un problema che il presidente della Cei non ha esitato a definire «terrificante». «Le Linee-guida della Congregazione per la dottrina della fede – ha spiegato il cardinale – non sono un riferimento nuovo ma una ripresa e precisazione dei documenti della Santa Sede». Ad oggi, ha aggiunto, «sono il testo più aggiornato, autorevole ed esplicito esistente, al quale i vescovi italiani si riferiscono per il discernimento nelle singole diocesi». Il presidente della Cei ha precisato che i vescovi italiani «non hanno ritenuto necessario elaborare altri documenti perché le Linee-guida sono il riferimento più concreto per orientarsi dinanzi a questo fenomeno terrificante». «Definire modelli assoluti di comportamento è meno importante che definire i criteri di fondo che sono quelli indicati dal papa. Ogni vescovo deve decidere iniziative e gesti nella sua diocesi in base a questi criteri».
Così il card. Bagnasco ha risposto alle domande circa la possibilità d’istituire nelle diocesi un referente o una commissione apposita per affrontare i casi di abusi sessuali. «Il referente naturale per ogni diocesi – ha ricordato il presidente della Cei – è il vescovo a cui ci si rivolge per qualunque motivo e a cui si può riferire con fiducia». Al riguardo il cardinale ha sottolineato la «massima autorevolezza del referente, cioè il vescovo, che darà risposte e interventi adeguati».
Le situazioni, ha spiegato ancora il card. Bagnasco, «possono essere diversificate» e per questo «è importante richiamare il criterio del discernimento alla luce del quale ogni vescovo prenderà provvedimenti necessari». Alla Chiesa, ha poi aggiunto, viene chiesta «giustizia: questa va coniugata con la cura e il perdono. Si tratta di tre categorie che si completano l’una con l’altra». Circa possibili coperture in Italia, il cardinale ha detto che «il giudizio della Chiesa è noto: si tratta di una cosa sbagliata che va corretta e superata». Oggi, ha concluso, dinanzi a questo problema «tutta la società, in cui la Chiesa vive, ha preso una consapevolezza diversa rispetto al passato».