Si moltiplicano un po’ dovunque le iniziative per commemorare la grande
poliedrica figura di p. Matteo Ricci, gesuita, matematico, cartografo,
esploratore e grande apostolo della Cina, a quattro secoli della sua scomparsa,
avvenuta a Pechino l’11 maggio 1610. La celebrazione di questo anniversario
assume un rilievo ancor più importante oggi sia per rinnovato interesse con cui
si guarda oggi alla Cina e sia anche perché la Chiesa trova in lui un modello di
annuncio inculturato del Vangelo nella via da lui sapientemente tracciata, in un
mondo sempre più globalizzato dove le culture tendono a incontrarsi e a
integrarsi.
Numerosi sono gli appuntamenti in questo anno commemorativo, aperto il 23
gennaio, a Milano, con un convegno, un concerto e una mostra sul tema
Dell’Amicizia. Oriente e Occidente in dialogo, presente padre Adolfo Nicolás,
superiore generale della Compagnia. L’anno commemorativo ha ricevuto nuovo
impulso anche dalla riapertura, il 24 gennaio, della causa di beatificazione
(Ricci fu proclamato «servo di Dio» nel 1984). Numerose le iniziative nei
prossimi mesi. In Cina saranno esposti i capolavori del Rinascimento italiano
accanto a opere d'arte dell'impero dei Ming in una mostra itinerante dal titolo
«Incontro di civiltà nella Cina dei Ming»: alla prima tappa di Pechino,
inaugurata lo scorso 6 febbraio, seguiranno quelle di Shanghai (2 aprile-23
maggio), Nanchino (4 giugno-25 luglio) e Macao (5 agosto-25 settembre). A
Macerata, città natale di Ricci, due i convegni internazionali: «Scienza ragione
e fede: il genio di padre Matteo Ricci» (4-6 marzo) e «Matteo Ricci a 400 anni
dalla morte» (28-30 ottobre). A Roma, nel mese di maggio, la provincia d'Italia
della Compagnia aprirà alle visite guidate la Chiesa e la Casa del Gesù;
quest'ultima conserva uno dei più famosi ritratti di Ricci, opera di Emmanuel
Pereira. Altre iniziative mirano a far conoscere ai giovani la figura di Ricci:
il Cenag (Centro nazionale apostolato giovanile della Provincia italiana) ha
organizzato un pellegrinaggio a Macerata dal 31 marzo al 4 aprile e organizzerà
un campo missionario in Cina dall’ 8 al 24 agosto. Entro la fine dell'anno sarà
intitolato a Matteo Ricci il nuovo Collegio Saveriano di Scutari, in Albania.
Vita e vocazione
Matteo Ricci nacque in una famiglia nobile, il 6 ottobre 1552 nella provincia
marchigiana di Macerata. Il padre Giovanni Battista era farmacista. La madre,
Giovanna Angiolelli, diede alla luce nove figli, dei quali cinque maschi di cui
Matteo fu il primogenito. Già da fanciullo si sentiva attirato “o verso i
cappuccini o verso la Compagnia di Gesú”. A 26 anni fu inviato dal padre a
studiare giurisprudenza nell'Università di Roma, intendendo avviarlo cosí alla
carriera nella corte pontificia. Durante gli anni dello studio, Matteo si fece
membro della Congregazione Mariana dell'Annunziata: in questo ambiente i germi
di vocazione maturarono e il 15 agosto 1571 Matteo entrò nel noviziato della
Compagnia di Gesú a S. Andrea al Quirinale. Il 25 maggio 1572 fece i voti
religiosi e in settembre passò al Collegio Romano dove studiò retorica,
filosofia, logica, metafisica e matematica. Questi studi gli sarebbero stati
tanto preziosi per la sua missione in Cina. L’incontro che Ricci fece verso la
fine del 1576 con P. Martino da Silva, procuratore delle missioni dell'India,
fece nascere in lui il desiderio di dedicarsi alle missioni estere. Scelto
l’anno dopo dal Generale dell'Ordine, partí da Roma diretto in Portogallo; nel
marzo 1578 lasciò Lisbona per Goa, avamposto portoghese sulla costa indiana. Qui
trascorse alcuni anni, insegnando materie umanistiche nelle scuole della
Compagnia. Nel 1580 fu ordinato sacerdote a Cochin. Nel 1582 lasciò l'India e
partì per la Cina, paese nel quale i gesuiti, fin dalla fondazione dell'Ordine
nel 1534, desideravano recarsi.
Il Ricci fu considerato singolare dai cinesi, oltre che per le sue
caratteristiche somatiche europee e per la sua barba fluente, soprattutto per la
sua prodigiosa memoria, per l'inesplicabile celibato, per la sua fede in Dio da
lui professata apertamente. L'appellativo di "strano" assumeva un significato
benevolo presso i cinesi, i quali vi vedevano un'allusione a una celebre frase
di Confucio: "L'uomo è strano per gli uomini, ma è simile a Dio". Il 10
settembre 1583 Ricci e il confratello Michele Ruggieri ottennero dalle autorità
cinesi il permesso di stabilirsi a Shao-ch'ing, a ovest di Canton. «Farsi cinese
con i cinesi» diventò presto il suo motto. Per questo Ricci e i suoi confratelli
iniziarono a prendere nomi cinesi (Li Ma Tou, dove Li sta per l'iniziale del
cognome Ri, e Ma Tou come suono più vicino al nome Matteo) e a vestirsi come
tali, con le tuniche al posto della veste. Scelsero inoltre di farsi chiamare
"letterati" e non preti per non essere scambiati per sacerdoti buddhisti.
Nel 1589 p. Matteo si trasferì a Shao-Chou dove entrò in stretta amicizia con lo
studioso confuciano Chu T'ai su; gli insegnò le nozioni basilari della
matematica, mostrò un'invenzione tipicamente occidentale come l'orologio; questo
gli valse la possibilità di entrare nei circoli dei Mandarini, gli alti
funzionari imperiali. Le conversazioni scientifiche preparavano la strada per
procedere oltre, su quel terreno che stava a cuore al missionario, e cioè
l'annuncio del Vangelo. Approfittando del passaggio di un gran Mandarino che si
recava a Nanchino e Pechino, il 18 aprile 1595 p. Matteo si mise in viaggio con
lui. A Nanchino fu ben accolto e riuscì a fare amicizia con personalità
governative e uomini di cultura. Cominciò a dare regolari lezioni di scienze
occidentali a visitatori sempre più numerosi. Completò una parafrasi latina dei
Quattro libri confuciani e tracciò tre carte geografiche del mondo. Il 19 maggio
del 1600 p. Matteo si mise in viaggio per Pechino, dove nel gennaio 1601 si
stabilì definitivamente. L'imperatore in persona se ne interessò, permise di
aprire una chiesa e dispose che fosse sostentato a spese dell'erario. Frequenti
erano gli inviti al palazzo imperiale e le visite dei più ragguardevoli
Mandarini, i quali lo consideravano non più come "curioso straniero", ma come
rispettato dottore. E proprio nella cerchia dei mandarini ricevette il titolo
onorifico di studioso confuciano del grande Occidente
Straordinaria avventura missionaria
Matteo Ricci è stato senza dubbio un grande precursore sotto numerosi aspetti.
Grazie alla sua preparazione scientifica introdusse in Cina la matematica e la
geometria dell’Occidente; presentò le grandi acquisizioni del Rinascimento nel
campo della geografia, della cartografia e dell'astronomia. Il piano delle
scienze umane e delle scienze della natura hanno costituito il luogo di incontro
con la cultura cinese e il luogo dell’ annuncio cristiano. Ma questo non avvenne
mai in modo funzionale o tattico, seducendo un popolo per annunziare il Vangelo.
Il mondo era, ed è, il luogo della presenza di Dio. Le scienze umane, le scienze
della natura e la tecnica sono vie attraverso le quali è possibile comprendere
l'azione di Dio nel mondo e nella storia. Lo studio delle arti e delle scienze è
già teologia, perché è contemplazione e presa di consapevolezza della presenza
di Dio. Il metodo di evangelizzazione di p. Matteo si può riassumere nella breve
espressione «farsi cinese con i cinesi», in un processo di "inculturazione"
linguistica, sociale, intellettuale e religiosa. Per raggiungere questo
obiettivo padre Ricci si adeguò con intelligenza e umiltà, anche nel modo di
vivere esterno, alle usanze e tradizioni cinesi, cosa che non mancò di
procurargli noie e critiche da altri missionari e talvolta anche dai
confratelli.
Grazie al suo slancio missionario, sostenuto da una formidabile intelligenza e
grande umiltà, Matteo Ricci riuscì a superare la diffidenza e la chiusura del
popolo cinese guadagnando stima e prestigio fino ad essere accolto e ospitato a
corte per desiderio dell'imperatore Wanli della grande dinastia Ming.
A richiesta del principe di Kienan, già nel 1595 il missionario raccolse e
tradusse in cinese i Detti dei nostri filosofi e dei nostri santi sull'amicizia:
fu la prima opera cinese scritta da lui. Ben presto il Ricci si rese conto che
molto si poteva fare in Cina per mezzo della stampa: applicatosi con singolare
impegno al perfezionamento della conoscenza della lingua, in breve ne divenne
padrone così da poter scrivere in cinese con estrema accuratezza ed eleganza: di
lì lo svilupparsi della sua attività letteraria. Oltre alle numerose lettere e
alle memorie, egli compose in cinese più di 20 opere di matematica, astronomia,
religione. Le sue opere, accolte con singolare favore e ammirazione, trattavano
di cartografia, matematica, filosofia morale, teologia e apologetica. Fra queste
la celebre opera di apologetica: Il solido trattato di Dio, edita nel 1603, e la
nuova redazione della Dottrina cristiana del 1605. Tra i lavori scientifici
emerge il grande Mappamondo cinese (di m 3,75 x 1,80). Copie di questo
Mappamondo rimangono tuttora a Pechino, Londra e nella Biblioteca Apostolica
Vaticana. Il Ricci vi raffigurò i continenti e le isole fino ad allora scoperti.
Così veniva portata a conoscenza dei cinesi l'esistenza di molti nuovi e lontani
paesi e, quindi, della stessa Europa.
Pietra miliare per l’inculturazione
Per quanto riguarda il modo di evangelizzare, egli non fu preoccupato
principalmente di predicare, ma di incarnare il Vangelo, entrando in relazione
con il popolo cinese. Apprese la lingua cinese, non solo per poterla parlare, ma
principalmente per poter ascoltare l'universo cinese. Questo è forse l'aspetto
più originale e innovativo, pietra miliare nel processo di inculturazione del
Vangelo: si pose in ascolto di una cultura millenaria, acquisendo tutti gli
strumenti per poterlo fare. Dopo essere entrato in Cina come religioso
occidentale, si lasciò istruire dalla cultura cinese entrandovi in profondità,
comprendendo che il confucianesimo era la via più feconda, il suolo più
propizio, per far germogliare i semi del Vangelo. È interessante vedere in che
modo Ricci abbia aperto la strada alla rilettura del Vangelo in cinese,
attraverso le categorie simboliche di questa millenaria cultura.
Nel richiamare il "lungimirante lavoro" di padre Ricci "di inculturazione del
cristianesimo in Cina", mons. Giuliodori, vescovo di Macerata e presidente della
Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, ha espresso
l'auspicio che alla luce della sua testimonianza "possa crescere l'amicizia con
il popolo cinese e possano rafforzarsi i vincoli di comunione con i cattolici di
questo grande paese". E in tale contesto, ha concluso, "possa procedere in modo
spedito e positivo anche il riconoscimento del suo cammino di santità".
Un segno di quanto Matteo Ricci fosse ben accetto in Cina è quanto accadde in
occasione della sua morte, avvenuta a Pechino l' 11 maggio 1610. Narra il p. De
Ursis, allora superiore della Residenza di Pechino, che il Ricci aveva il volto
così sorridente che non pareva morto, ciò che fece esclamare ai cinesi presenti:
"È un santo! Veramente è un santo!"