Un capitolo che da tempo sta entrando tra le priorità di tanti ordini e
istituti religiosi, è sicuramente quello della loro sempre più problematica
presenza in Europa. A fronte di un numero sempre rilevante di opere, un po’
ovunque si lamenta il calo (o l’assenza!) di nuove vocazioni, aggravato da un
esponenziale aumento di religiosi anziani. Anche solo in base ai numeri, è in
gioco il futuro di non pochi istituti religiosi che proprio in Europa hanno
visto le loro origini.
Il contesto ecclesiale e sociale
I primi ad accorgersene e a preoccuparsene non potevano non essere i superiori
generali. Nelle loro due prossime assemblee semestrali, in maggio e in novembre
di quest’anno, hanno già posto all’ordine del giorno proprio il tema della VC in
Europa. Il perché di due assemblee così ravvicinate sullo stesso tema, è dato
proprio dalla consapevolezza della gravità della situazione. In maggio, si
vorrebbe guardare in faccia la realtà, per quella che è, in tutti i suoi
aspetti, demandando all’assemblea di novembre l’individuazione delle proposte
programmatiche con cui affrontare seriamente il proprio futuro.
Al momento, sono già state definite le linee di fondo dell’assemblea di maggio.
Per capire, anzitutto, l’entità e la serietà delle provocazioni di fronte alle
quali si trova oggi la VC in Europa, è stata invitata Isabelle Degaulmyn,
inviata speciale permanente, a Roma, del quotidiano La Croix. La sua iniziale
prospettiva panoramica sarà poi più concretamente integrata dalle riflessioni e
dalla testimonianza di tre qualificati religiosi: fr. Emili Turú, superiore
generale dei fratelli maristi, fr. Mauro Jöhri, ministro generale dei minori
cappuccini, p. Adam Zak, consigliere generale dei gesuiti. Per approfondire,
poi, le tendenze emergenti all’interno della società europea verrà ascoltato il
sociologo Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia dell’università
cattolica di Milano. Al vescovo della diocesi francese di Metz, il domenicano
mons. Pierre Raffin, è stato chiesta una messa a punto dei rapporti tra Chiesa e
VC oggi in Europa. Gli ultimi tre interventi sono stati affidati a dei laici
(Anna Sarate, spagnola, Judith King, irlandese, Carlo Di Cicco, italiano, vice
direttore dell’Osservatore Romano), i quali, proprio in quanto laici,
cristianamente e professionalmente impegnati, tenteranno di leggere l’attuale
realtà della VC in Europa.
Non si può affrontare questo argomento ignorando il contesto religioso ed
ecclesiale europeo. Lo smarrimento della memoria e dell’eredità cristiana,
accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e d’indifferentismo religioso,
si riflette pesantemente anche nella vita dei religiosi. I simboli della
presenza cristiana, com’è stato detto con chiarezza nel sinodo sull’Europa del
1999, stanno diventando semplici vestigia del passato. Mentre si sta dilapidando
il patrimonio cristiano ereditato dal passato, il futuro spesso è più temuto che
desiderato.
Dio è sempre più esiliato dalla vita dell’uomo e dalla società. La fede
cristiana non sembra aver più nulla da dire nel campo delle esperienze
quotidiane sociali, economiche, politiche. L’uomo, sempre più autonomo e
rinchiuso nell’al di qua, non ha alcun bisogno di Dio. Insieme a Dio, rifiuta
anche la Chiesa. In momenti di crisi così gravi, la ricerca di senso nella
propria vita prescinde, spesso e volentieri, da qualsiasi dimensione e da
qualsiasi proposta cristiana.
Oggi, in non pochi ambiti pubblici, è più facile dirsi agnostici che credenti.
Il credente ha bisogno di una continua legittimazione sociale della sua fede non
più data come ovvia o scontata. Il non credente, invece, è tranquillamente
accettato in quanto tale, come un fatto di assoluta normalità. Come non
preoccuparsi se la cultura europea sta rischiando di trasformarsi in
un’apostasia silenziosa, consentendo così all’uomo di vivere come se Dio non
esistesse?
Il continente europeo, non da oggi, sarebbe ormai entrato in un tempo di
nomadismo religioso, culturale e morale sempre più insofferente ad ogni forma di
scelte definitive. Le stesse comunità ecclesiali sono sempre più alle prese con
debolezze, fatiche, contraddizioni interne. Cresce il numero dei non battezzati.
Anche in Europa è sempre più tempo di nuova evangelizzazione non solo dei
singoli, ma anche delle stesse comunità cristiane.
Le ripercussioni sulla vita consacrata
I superiori generali sanno bene che questi sono solo alcuni dei problematici
aspetti del contesto in cui vivono i propri religiosi. Basterebbe scorrere
alcuni documenti post capitolari o rileggere le analisi degli esperti della VC
per cogliere fino in fondo la serietà delle loro preoccupazioni. Con molto
realismo, si parla sempre più insistentemente di una precarietà
istituzionalizzata della VC, dovuta soprattutto all’invecchiamento delle forze
in campo da una parte, e alla sempre più preoccupante carenza vocazionale
dall’altra.
Le conseguenze si ripercuotono inevitabilmente sulla qualità della vita dei
consacrati, sulla loro testimonianza, sulla loro missione, sull’indispensabile
riorganizzazione di tutte le loro opere. È in atto non solo un calo quantitativo
delle risorse umane, ma anche un ridimensionamento qualitativo nel dinamismo
spirituale e nella creatività apostolica. Il rischio di una progressiva
scomparsa apostolica in parecchi settori della vita europea, insieme alla fine
pura e semplice di questo o quest’altro istituto religioso, come, per altro, si
è verificato in altri periodi della storia, è un’ipotesi tutt’altro che remota.
Nonostante tutte le acquisizioni post conciliari, la VC in Europa sembra poco
attrezzata a vivere in pienezza e con radicalità evangelica la sua vocazione e
la sua missione. Anche senza volerlo, rischia facilmente di adottare uno stile
di vita sempre più secolarizzato. Soprattutto la VR apostolica, insieme alla sua
significatività e alla sua identità, sta sempre più compromettendo anche la sua
visibilità, fino al punto da assumere un’irrilevanza istituzionalizzata.
Gli stessi voti religiosi risentono spesso dello scollamento e del non risolto
equilibrio tra passione per Cristo e passione per l’umanità. Quando l’unica
reale passione è quella della difesa delle proprie sicurezze e della
sopravvivenza del proprio istituto, non è difficile prevederne l’inevitabile
epilogo. In Europa oggi la VC ha ancora una sua indiscutibile ricchezza tanto
nella molteplicità delle spiritualità che nelle opere apostoliche. Però, molto
spesso questa ricchezza si rivela incapace di sprigionare tutto quel dinamismo
che proprio una situazione generale come quella europea attuale esigerebbe.
Stranamente, mentre da una parte si lamenta la carenza di nuove vocazioni,
dall’altra non si è in grado di cogliere l’inaspettata vitalità di nuove forme e
di nuove comunità religiose. Spesso, anzi, sono proprio queste nuove realtà a
ingenerare nuovi e preoccupanti interrogativi: il futuro della VC sarà tutto e
soltanto in queste nuove comunità? E quelle antiche, che fine faranno? Non c’è
più speranza? Dovranno necessariamente scomparire?
Il “luogo teologico” della crisi in atto
Nonostante la piena consapevolezza di tutte queste sfide, superiori maggiori,
capitoli generali ed esperti della VC, guardano al tempo presente come a una
straordinaria e, per certi versi, anche provvidenziale occasione per una
rivitalizzazione della propria presenza nel mondo e nella Chiesa. Basterebbe
riscoprire e attualizzare il proprio carisma di fondazione, non dimenticandosi
mai che la VR è per la missione della Chiesa e si fonda sulla radicalità
evangelica. Testimoniare, con la vita fraterna in comunità, l’Unico necessario
in modo visibile e riconoscibile, è un passaggio sempre più obbligato.
Andrebbero sapientemente analizzate e verificate tutte le dinamiche non solo
spirituali e apostoliche della vita fraterna, ma anche quelle umane, quelle
psicologiche e sessuali.
Non si può programmare il proprio futuro senza un umile e coraggioso esame di
coscienza. Si tratta di riconoscere le proprie paure, gli errori, confessando
con sincerità tutte le lentezze, le omissioni, le infedeltà, le colpe. Non è
possibile sentire la passione per Cristo e per l’umanità senza incarnarsi
realmente nella società come testimoni viventi della fede, senza un rinnovamento
interiore profondo, senza aprirsi decisamente verso la profezia, senza saper
affrontare anche le domande difficili sulla VC di oggi, senza saper lanciare
ponti tra generazioni, culture e congregazioni diverse, senza un vivo desiderio
di vivere in maniera più autentica la propria consacrazione.
In una stagione invernale o di fronte ad un certo collasso della VC in Europa,
come non vedere, comunque e nonostante tutto, una più grande coscienza della
propria realtà religiosa, una sete più autentica di spiritualità, un senso di
appartenenza che nasce da una maggior interiorità e da una minore
istituzionalizzazione della VC?
Un dato oggi sempre più evidente è quello dello spostamento del baricentro della
VC, almeno a livello quantitativo, verso il Sud del mondo. Fino a che punto si
può e si deve guardare in quella direzione per sperare in una rivitalizzazione
della VC in Europa? Non sono pochi quanti pensano che i nuovi cammini di VC in
Europa dovrebbero essere intrapresi a partire da quanti stanno vivendo
dall’interno la crisi in atto. Tra i motivi più verosimili, in appoggio a queste
posizioni, ci sarebbe quello di una inarrestabile occidentalizzazione, anche
nelle sue conseguenze negative, della VC negli altri continenti. Prima o poi, si
ripete da più parti, la crisi in atto della VC in Europa, si potrebbe
manifestare anche nei paesi attualmente più promettenti a livello vocazionale.
Proprio in Europa, dove più acuta si presenta la crisi, è anche maggiormente
percepita l’esigenza di un cambiamento radicale di prospettiva, di rottura con
il passato, di deciso orientamento verso un nuovo futuro totalmente diverso. In
Europa, prima che altrove, ci si sta accorgendo che certe prospettive
post-conciliari di un semplice rinnovamento della VC, non bastano più. Non basta
più, forse, neanche una parola come rifondazione sulla quale si sono articolati
i lavori di interi capitoli generali. Secondo alcuni osservatori, il problema
della crisi della VC in Europa, lo si potrebbe risolvere solo con una
metamorfosi, una mutazione genetica di una certa visione della VC ereditata dal
passato, addirittura andando oltre il percorso tracciato a suo tempo dal
Vaticano II.
Sono tutte prospettive, a volte anche decisamente provocatorie, che comunque
potrebbero avere il merito di stimolano un confronto di cui, forse, proprio dai
tempi del concilio, si sente un nostalgico ricordo. Proprio in questo senso,
allora, anche la crisi della VC in Europa, potrebbero diventare un nuovo luogo
teologico, a partire dalla riscoperta dei suoi contenuti autenticamente
evangelici.
Ma è una mutazione che, almeno per quanto concerne l’apporto umano, non può
nascere dal nulla. Va, anzitutto invocata dall’alto, e, insieme, ricercata,
creata, inventata, senza esitazione alcuna nell’investirvi le proprie migliori
energie e tutte le migliori risorse umane disponibili. É con questo spirito che
non possiamo non guardare con fiducia alle due prossime assemblee semestrali dei
superiori generali.