(…) «Elemento fondamentale e riconoscibile di ogni vocazione al sacerdozio e
alla consacrazione è l'amicizia con Cristo. Gesù viveva in costante unione con
il Padre, ed è questo che suscitava nei discepoli il desiderio di vivere la
stessa esperienza, imparando da Lui la comunione e il dialogo incessante con
Dio. Se il sacerdote è l'“uomo di Dio”, che appartiene a Dio e che aiuta a
conoscerlo e ad amarlo, non può non coltivare una profonda intimità con lui,
rimanere nel suo amore, dando spazio all'ascolto della sua Parola. La preghiera
è la prima testimonianza che suscita vocazioni. Come l'apostolo Andrea, che
comunica al fratello di aver conosciuto il Maestro, ugualmente chi vuol essere
discepolo e testimone di Cristo deve averlo "visto" personalmente, deve averlo
conosciuto, deve aver imparato ad amarlo e a stare con lui.
Altro aspetto della consacrazione sacerdotale e della vita religiosa è il dono
totale di sé a Dio. Scrive l'apostolo Giovanni: “In questo abbiamo conosciuto
l'amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi
dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv 3,16). …Alla sequela di Gesù, ogni
chiamato alla vita di speciale consacrazione deve sforzarsi di testimoniare il
dono totale di sé a Dio. Da qui scaturisce la capacità di darsi poi a coloro che
la Provvidenza gli affida nel ministero pastorale, con dedizione piena, continua
e fedele, e con la gioia di farsi compagno di viaggio di tanti fratelli,
affinché si aprano all'incontro con Cristo e la sua Parola divenga luce per il
loro cammino. La storia di ogni vocazione si intreccia quasi sempre con la
testimonianza di un sacerdote che vive con gioia il dono di se stesso ai
fratelli per il Regno dei Cieli. Questo perché la vicinanza e la parola di un
prete sono capaci di far sorgere interrogativi e di condurre a decisioni anche
definitive (cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 39).
Infine, un terzo aspetto che non può non caratterizzare il sacerdote e la
persona consacrata è il vivere la comunione. Gesù ha indicato come segno
distintivo di chi vuol essere suo discepolo la profonda comunione nell'amore:
“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per
gli altri” (Gv 13,35). In modo particolare, il sacerdote dev'essere uomo di
comunione, aperto a tutti, capace di far camminare unito l'intero gregge che la
bontà del Signore gli ha affidato, aiutando a superare divisioni, a ricucire
strappi, ad appianare contrasti e incomprensioni, a perdonare le offese. Nel
luglio 2005, incontrando il clero di Aosta, ebbi a dire che se i giovani vedono
sacerdoti isolati e tristi, non si sentono certo incoraggiati a seguirne
l'esempio. Essi restano dubbiosi se sono condotti a considerare che questo è il
futuro di un prete. È importante invece realizzare la comunione di vita, che
mostri loro la bellezza dell'essere sacerdote. Allora, il giovane dirà: “questo
può essere un futuro anche per me, così si può vivere” (Insegnamenti I, [2005],
354). Il concilio Vaticano II, riferendosi alla testimonianza che suscita
vocazioni, sottolinea l'esempio di carità e di fraterna collaborazione che
devono offrire i sacerdoti (cf. Decreto Optatam totius, 2).
Mi piace ricordare quanto scrisse il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II:
“La vita stessa dei presbiteri, la loro dedizione incondizionata al gregge di
Dio, la loro testimonianza di amorevole servizio al Signore e alla sua Chiesa –
una testimonianza segnata dalla scelta della croce accolta nella speranza e
nella gioia pasquale –, la loro concordia fraterna e il loro zelo per
l'evangelizzazione del mondo sono il primo e il più persuasivo fattore di
fecondità vocazionale” (Pastores dabo vobis, 41). Si potrebbe dire che le
vocazioni sacerdotali nascono dal contatto con i sacerdoti, quasi come un
prezioso patrimonio comunicato con la parola, con l'esempio e con l'intera
esistenza.
Questo vale anche per la vita consacrata. L'esistenza stessa dei religiosi e
delle religiose parla dell'amore di Cristo, quando essi lo seguono in piena
fedeltà al Vangelo e con gioia ne assumono i criteri di giudizio e di
comportamento. Diventano "segno di contraddizione" per il mondo, la cui logica
spesso è ispirata dal materialismo, dall'egoismo e dall'individualismo. La loro
fedeltà e la forza della loro testimonianza, poiché si lasciano conquistare da
Dio rinunciando a se stessi, continuano a suscitare nell'animo di molti giovani
il desiderio di seguire, a loro volta, Cristo per sempre, in modo generoso e
totale. Imitare Cristo casto, povero e obbediente, e identificarsi con Lui: ecco
l'ideale della vita consacrata, testimonianza del primato assoluto di Dio nella
vita e nella storia degli uomini.