Le prime apparizioni, secondo i vangeli, Gesù le riserva alle donne. Non possiamo non interrogarci, non domandarci, perché. Perché, Gesù, è stato così attento e solerte nei confronti delle donne?
Una risposta chiara e inconfutabile forse non esiste, in quanto, i testi non ne parlano. Tuttavia, qualcuno cerca di intuirla e la trova nel fatto che le donne furono presenti e tragicamente coinvolte, nel dramma della passione. Con la Madre, esse seguirono Gesù, il Maestro e l’Amico condannato, sulla via dolorosa fino al Calvario. Presenti alla sua crocifissione, all’atroce agonia, alla sua morte violenta, alla sepoltura. Una presenza materna e solidale, sostegno silenzioso e conforto nel momento della sconfitta. Le donne sono scese dal monte con il cuore gonfio per l’atroce dolore insieme ai gesti di perdono.
Ma si possono trovare anche altre ragioni altrettanto significative, tenendo presente che quelle donne facevano parte della cerchia di coloro che erano con Gesù, condividevano, per lo più, la sua vita, la sua missione, le sue gioie, le sue difficoltà; hanno camminato con lui su una via nuova, libera da distinzioni e discriminazioni, dove ciascuna ha potuto imparare a praticare la fratellanza e ha intessuto legami personali profondi.
Anche dopo la risurrezione, il Signore non ha cambiato atteggiamento, non ha smentito il suo passato, ma ha confermato la sua fiducia nella donna come per dare il via alla continuità di un cammino nella prospettiva da lui tracciata.
Al di là di ogni supposizione circa i motivi di tale scelta, una cosa è certa: Gesù incontra per prime le donne e affida loro “mandati”, missioni che richiedono coraggio e “testimonianza”. Proprio a loro chiede di annunciare e testimoniare, a loro, che non ne erano abilitate, in quanto nel mondo antico la donna, come il bambino, era ritenuta incapace di testimonianza anche dalla legge.

Le donne il mattino di Pasqua


Un esempio emblematico lo troviamo nel vangelo di Giovanni, il quale, ci presenta Maria di Magdala che, il mattino di Pasqua, sconvolta e in pianto, presso il sepolcro vuoto, cerca senza sosta l’Amico scomparso. “Cerca” e “interroga”. La sofferenza del cuore non dà tregua, non transige. Ad ogni costo doveva trovare il corpo esanime dell’Amato.
Gesù, il Vivente, sente il suo pianto, vede il suo dramma interiore, non è indifferente al suo soffrire, alle sue lacrime, al suo cercare. S’avvicina a lei, s’interessa, la interroga: “Donna, perché piangi, chi cerchi?”. Da lei vuole ascoltare le ragioni del suo pianto, liberarla, rassicurarla. Ma Maria non lo riconosce… Allora, la chiama per nome: “Maria!” Quella voce inconfondibile e lo sguardo profondo che legge nel cuore, hanno il potere di destarla dal suo incubo. Sì, è lui, il Signore! “Maestro!”. Come un grido di gioia la sua risposta. Il Signore è lì. La qualità della presenza e la vicinanza, la fanno trasalire di stupore, la rassicurano, sono prova di un affetto preveniente e ricambiato a dismisura, capace di riconfermarla nella fiducia e di trasformare il suo pianto desolato in gioia incontenibile.
Soltanto ora Gesù la investe di una missione di prim’ordine, che ha dimensioni universali: “Va’ ad annunciare ai miei fratelli....” la buona notizia della risurrezione. E lei, sollecita e piena di gioia, libera e leggera, corre ad annunciare loro: “Ho visto il Signore!” (Gv 20, 1-18).

Sono molte le donne che piangono

Queste meravigliose e toccanti parole di Gesù, sono rivolte a ogni donna che piange, a ogni donna che cerca, a ogni donna che porta nascosto nel cuore un dramma, una delusione, un dubbio, un’umiliazione, un sopruso.
Forse è importante fermarci, sia pur brevemente, e prestare attenzione, alle ragioni per cui la donna d’oggi piange e cerca. Le lacrime sono espressione di dolore causato da una situazione che pesa più di quanto si riesca a portare.
Tante possono essere le ragioni del pianto. Tra tutte, però, ne emerge una, alla quale sono riconducibili moltissime altre. Non si tratta qui di facile vittimismo, ma di prendere in considerazione una realtà oggettiva che, da sempre, ha segnato negativamente la vita della donna: cioè, l’ingiustizia e la violenza subite nelle culture e nelle strutture del passato e del presente.
Le donne piangono, spesso perché subiscono situazioni inumane che offendono la loro dignità e la loro umanità. Basti pensare oggi alla tratta: quattro milioni di donne vendute ogni anno, destinate al commercio internazionale della prostituzione e ridotte in schiavitù da parte di organizzazioni criminali. Così pure il turismo sessuale che vede coinvolte milioni di donne-bambine nei paesi poveri dell’Oriente.
Ma, anche in casa nostra le donne hanno motivi per piangere. Piangono a causa della violenza: in famiglia, sul lavoro, per la strada; a causa di costrizioni, sottomissioni umilianti, privazioni, maltrattamenti. Piangono sui figli vittime della droga, sulle conseguenze disastrose di una diffusa corruzione morale e sociale che sembra voler invadere ogni spazio del vivere umano.
Com’ è possibile non accorgerci di questo pianto? Si piange con chi piange. Se anche una sola donna fosse moralmente ferita e piangesse a causa dell’ingiustizia o della violenza, tutti dovremmo sentire nel cuore la stessa ferita. C’è una solidarietà che lega.
“Nessun uomo è un’isola” è stato scritto. Nessun essere umano è un’isola, ma un continente, perché vive con gli altri, dove ciascuno ha diritto e dovere di trovare e di dare sostegno e aiuto. Insieme ci salviamo. Beato chi sa vedere e fare proprio il dolore altrui.

Chi cerca, cosa cerca?

Ogni donna cerca. Chi cerca, cosa cerca? Non è vero che la donna cerca solo frivolezze e vuote soddisfazioni. Anche quando sbaglia nella sua ricerca, quando il suo cercare appare soltanto pura e illusoria evasione dalla realtà, essa, nel suo essere profondo cerca liberazione da ciò che la opprime. Cerca giustizia; cerca la bellezza di una relazione paritaria con l’uomo, libera da pregiudizi e prepotenze; cerca un senso alla sua vita, il posto che le compete nella famiglia, nella società, nel lavoro e, spesso, nella Chiesa. È il patire per la mancanza di un bene che suscita in lei questo struggente bisogno di cercare, che nessuno mai potrà annullare, perché fa parte del meglio di sé, della cifra indelebile lasciata nel suo essere dal Creatore.
La donna, come l’uomo, in maniera cosciente o meno, cerca Qualcuno; cerca valori che rimandano a lui, a Dio. Infatti, Dio è tutto questo: giustizia, amore, relazione, amicizia, senso, bellezza. Valori preziosi che egli distribuisce ai suoi figli perché fondino e alimentino una vita umana dignitosa e gioiosa.
Di questo ha bisogno e questo cerca la donna. E Dio è attento e accompagna la sua ricerca. È interessante qui accorgerci che, anche quando nessuno sembra rispondere ai suoi bisogni e alle sue richieste, Dio risponde. Dio risponde in Cristo.
Nei confronti della donna, Gesù ha portato una novità assoluta: l’attenzione a lei, a lei donna. Con lui nasce una relazione diversa, una mentalità nuova che va contro corrente, rispetto ai vecchi pregiudizi del giudaismo e della cultura del tempo. Sfidando usanze e costumi, Gesù riabilita la donna, si prende cura di lei, le apre le porte della comunità apostolica.
Ciò ha significato precisa volontà di non trascurare la ricchezza della diversità degli apporti all’interno della comunità stessa; di dimostrare che per lui non c’era distinzione di sesso o di condizione sociale; di considerare ogni essere umano “immagine e somiglianza di Dio”, su un piano di assoluta parità.

Anche noi “mandate”

Gesù Risorto non ci ha discriminate o dimenticate. Pur con i nostri limiti, fragilità e ambiguità, Egli continua ad accoglierci, ad aver fiducia in ciascuna di noi, continua a mandarci ai fratelli.
Anche noi, “mandate” ad annunciare la risurrezione. Trasformate dal suo amore, possiamo gridare con la vita: “Ho visto il Signore!”.
Questa è la grande, la “lieta notizia” che investe ogni donna! Notizia che colma il cuore di riconoscenza e di canto. Nel giardino della Risurrezione troviamo liberazione, senso e ali al nostro andare.