A vent’anni dalla pubblicazione del documento Sviluppo nella solidarietà.
Chiesa italiana e Mezzogiorno, i vescovi italiani desiderano ribadire la
consapevolezza del dovere e della volontà della Chiesa di promuovere un
autentico sviluppo di tutto il paese: «Nel 1989 sostenemmo: “il Paese non
crescerà, se non insieme”. Anche oggi riteniamo indispensabile che l’intera
nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune,
infatti, è molto più della somma del bene delle singole parti». Questa
l’affermazione chiave del nuovo documento Per un Paese solidale. Chiesa italiana
e Mezzogiorno (21 febbraio 2010), che giunge mentre il governo ufficializza la
creazione della Banca del Mezzogiorno (istituto di secondo livello senza propri
sportelli, appoggiato alla rete esistente delle banche di credito cooperativo e
delle Poste italiane, con possibilità di emettere titoli finalizzati a
finanziare investimenti con rendimenti tassati al 5% invece del normale 12,5) e
la Confcommercio denuncia l’odiosa tassa sulla criminalità che nel Mezzogiorno
pesa per l’8% del Pil (3,5 miliardi di euro, ovvero 5.400 euro all’anno per ogni
impresa!).
«Affrontare la questione meridionale diventa un modo per dire una parola
incisiva sull’Italia di oggi e sul cammino delle nostre chiese», spiegano i
vescovi, e mons. Agostino Superbo (vicepresidente Cei per il sud) sottolinea che
con questo scritto, breve ma non occasionale, si illustra il lavoro umile e
silenzioso delle chiese del Mezzogiorno, presentato a tutta l’Italia affinché
possa essere un “punto di forza nella creazione di un rinnovamento”, che sarà
autentico solo se sarà basato, come affermato più volte dal papa, sulla
trasformazione delle coscienze. Un testo, a detta del sociologo gesuita p.
Domenico Pizzuti, caratterizzato dalla novità del linguaggio ‘religioso’ che non
si misura con analisi economico-politiche o etico-sociali, ma che accomuna
“fatica del pensare e grazia dall’alto” per sollecitare un superamento della
“divaricazione tra pratica religiosa e vita civile”.
Mons. Arrigo Miglio (presidente Commissione Cei per problemi sociali e lavoro,
giustizia e pace), da uomo del nord, ha puntato l’attenzione sulla
‘reciprocità’, termine risuonato più volte durante la preparazione di un
documento espressione di tutto l’episcopato italiano (“reciprocità significa
maggiore conoscenza, nella consapevolezza che le chiese del nord hanno molto da
ricevere da quelle del sud”) e ha chiesto di guardare alle “vocazioni di
speciale consacrazione”, la cui presenza numerosa nel meridione si contrappone
alla scarsità che si registra nelle diocesi del nord Italia.
Risvegliare i cittadini credenti
La riflessione è appena iniziata e deve attraversare le chiese della penisola,
ma investire anche le realtà civili, per formare cittadini-fedeli. Già varie
realtà ecclesiali e associative hanno manifestato interesse verso una simile
analisi sul Mezzogiorno che è diventato “un laboratorio ecclesiale del
Mediterraneo” nel quale “si sono generati, alla luce anche del primo approdo di
migliaia di immigrati dall’Europa dell’est, dall’Africa e dall’Asia, non solo
percorsi di ospitalità e accoglienza, ma anche di giustizia e legalità,
promozione umana e dialogo religioso” (mons. Giancarlo Perego, direttore di
Fondazione Migrantes). L’emigrazione del secolo scorso segna infatti ancora i
giovani meridionali; la povertà delle famiglie e la disoccupazione, “solo
alleggerita da un diffuso lavoro sommerso, ma anche l’illegalità e il controllo
della criminalità rinnovano un flusso migratorio dei giovani fra i 20 e i 35
anni verso il centro-nord e l’estero. Si tratta di almeno 70mila persone”. In
questa emigrazione, conclude mons. Perego, molte missioni cattoliche italiane in
Europa, Canada, Australia, Usa, sono “animate da laici e sacerdoti provenienti
dalle chiese del sud, in una sintonia più profonda con le chiese locali”.
Libera in una nota manifesta di condividere “la convinzione che la mafia,
definita vero e proprio ‘peccato’ e ‘piaga profonda’, non interessi
esclusivamente il sud dell’Italia ma l’intero paese e pertanto l’azione di
contrasto deve costituire un impegno comune. La speranza di debellare questa
tessitura malefica che avvolge e schiavizza la dignità della persona deve
vederci tutti protagonisti”. Infine, anche Retinopera, che dal 2005 riunisce le
maggiori realtà aggregative del laicato ecclesiale italiano, accoglie “con
attenzione e interesse il documento” e si impegna “a sviluppare una nuova
riflessione e diverse iniziative” per aiutare “le nostre comunità a capire che
il bene comune è molto più della somma del bene delle singole parti”.
Alla luce del “Vangelo della condivisione”
Il nuovo documento, di tre capitoletti, è dunque importante perché frutto di un
cammino di riflessione e di condivisione promosso dai vescovi delle diocesi
meridionali e confluito nel convegno Chiesa nel Sud, Chiese del Sud, celebrato a
Napoli il 12-13 febbraio 2009. La condivisione è il valore su cui si punta
prioritariamente: «donare senza trattenere per sé: in ciò consiste lo specifico
servizio dei discepoli di Gesù verso il mondo… Si tratta, infatti, non soltanto
del ‘fare’ a cui sono abituati i governanti delle nazioni, ma del ‘consegnare a
Dio’ tutto ciò che si condivide con la gente, cioè i pochi pani e i pochi pesci…
Per rispondere all’appello del Signore oggi, fondati nell’Eucaristia e nella sua
esemplarità di condivisione, vogliamo qui riflettere sulla condizione del nostro
Mezzogiorno».
Da qui parte una riflessione sui profondi cambiamenti che hanno segnato il
quadro generale internazionale, nazionale e anche meridionale. In Italia, è
cambiata la geografia politica, con la scomparsa di alcuni partiti e la nascita
di nuove formazioni; mutato anche il sistema di rappresentanza nel governo di
comuni, province e regioni, con l’elezione diretta degli amministratori. L’avvio
di un processo di privatizzazioni delle imprese pubbliche, il venir meno delle
partecipazioni statali e la fine dell’intervento straordinario della Cassa del
Mezzogiorno hanno determinato nuovi scenari economici. Il complesso fenomeno
della globalizzazione dei mercati ha mutato profondamente la geografia economica
del pianeta e accresciuto la competizione sui mercati. Infine, con
l’allargamento dell’Unione Europea, si sono dovuti riequilibrare gli aiuti,
prevedendo finanziamenti in favore di nuove zone anch’esse deboli e depresse (n.
4).
In questo contesto va riconosciuto che il Mezzogiorno vive uno sviluppo bloccato
e una modernizzazione incompiuta (cf. nn. 5-7). Senza aver scardinato meccanismi
perversi o malsani nell’amministrazione della cosa pubblica, particolarmente
grave è la questione ecologica (stravolgimento del mondo agricolo e fenomeno
delle ecomafie), mentre la crisi economica ha ancor più evidenziato l’egoismo,
individuale e corporativo (col rischio di tagliare fuori il sud dai canali della
ridistribuzione delle risorse, trasformandolo in collettore di voti per disegni
estranei al suo sviluppo). Si aggiunga, dal punto di vista culturale, che
accanto a valori di umanità e religiosità autentici, permangono forme di
particolarismo familistico, fatalismo e violenza: un terreno arcaico sul quale
la modernità avanzata ha finito per potenziare quegli antichi germi innestandovi
individualismo e nichilismo. L’assorbimento acritico di modelli comportamentali
diffusi dai media si è accompagnato poi al mantenimento di forme tradizionali di
socializzazione, di falsa onorabilità e omertà diffusa.
Modello di chiesa e nuova generazione in politica
Questa l’analisi lucida e coraggiosa, che spinge a passare dal lamento
deprecatorio o dal catalogo delle buone intenzioni all’indicazione di un
percorso fatto di autentico ‘umanesimo cristiano’. Viene così focalizzata una
questione sostanziale di democrazia, come ha detto il segretario generale Cei
mons. Crociata nella presentazione del documento: si tratta quindi di dimostrare
che conviene più lo sviluppo che l’arretratezza, la legalità che il crimine, la
giustizia che il sopruso e la violenza, l’investimento che la rendita, la verità
che la menzogna e la truffa.
Per farlo però bisogna parlare alla concretezza della vita: questa è la radice
della grande opera educativa che la Chiesa propone e si propone. Con ‘risorse
ecclesiali’ (80 diocesi, 4mila parrocchie e una miriade di istituti religiosi,
scuole, aggregazioni varie) da mettere all’opera e un quadro istituzionale
(federalismo solidale, principio di sussidiarietà) da valorizzare nel senso del
bene comune. Ma, soprattutto, sostenendo i giovani che hanno ritrovato «il gusto
dell’associazionismo, dando vita a esperienze di volontariato e a reti di
solidarietà, non volendo più sentirsi vittime della rassegnazione, della
violenza e dello sfruttamento… Bisogna dunque favorire in tutti i modi nuove
forme di partecipazione e di cittadinanza attiva, aiutando i giovani ad
abbracciare la politica, intesa come servizio al bene comune ed espressione più
alta della carità sociale» (n. 11).
Proprio l’attenzione alle future generazioni sollecita a un rinnovamento del
modello ecclesiale fondato sulle «risorse spirituali, morali e culturali che
germogliano da un rinnovato annuncio del Vangelo e dall’esperienza cristiana»
(n. 14). Si tratta di curare la qualità della vita spirituale-pastorale,
promuovendo forme di condivisione che accrescano il senso della comunione
ecclesiale e fermentino la responsabilità nella vita civile. Nello scambio tra
le chiese vanno superate le chiusure prodotte da inerzie e stanchezze. «D’altra
parte, si chiedono i vescovi, se non saranno per prime le nostre comunità a
sentire il desiderio dello scambio e del mutuo aiuto, come potremo aspettarci
che le disuguaglianze e le distanze siano superate negli altri ambiti della
convivenza nazionale? » (n. 15).
Il problema dello sviluppo del Mezzogiorno non ha solo carattere economico, ma
etico, culturale e antropologico. Cultura del bene comune, della cittadinanza,
del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto
dell’illegalità: capisaldi da promuovere in un grande progetto educativo, in «un
laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che
i processi di modernizzazione spesso hanno prodotto, cioè la capacità di
guardare al versante invisibile della realtà… al gratuito e persino al grazioso,
e non solo all’utile e a ciò che conviene; al bello e persino al meraviglioso, e
non solo al gusto e a ciò che piace; alla giustizia e persino alla santità, e
non solo alla convenienza e all’opportunità».
Il futuro si prepara con investimenti quali “percorsi mirati” per i giovani più
dotati (in particolare per quelli che si trasferiscono nel centro-nord per
continuare gli studi) e nuovi itinerari formativi intraecclesiali, che non siano
scuola di dottrina diventino «occasione d’incontro con la persona di Cristo e
laboratorio in cui si fa esperienza del mistero ecclesiale, dove Dio trasforma
le nostre relazioni e ci forma alla testimonianza evangelica di fronte e in
mezzo al mondo» (n.17). In questo ci accompagna un testimone come padre Puglisi.
Dalla sua «vicenda “eucaristica”… come di chiunque ha reso testimonianza a
Cristo fino al dono della propria vita, si può ricavare la consapevolezza
credente che pane e Vangelo non possono essere disgiunti né nelle attese della
nostra gente, né nella volontà di Dio».