MARIANNA NASI E IL COTTOLENGO

IL PROFUMO DELLA CARITÀ

 

Nel suo carisma sono fuse le due anime cottolenghine: quella contemplativa e quella attiva. È doveroso riconoscere Marianna Nasi quale “cofondatrice” delle Suore di san Giuseppe Cottolengo. Una figura che comincia ora a uscire dall’ombra.

 

Marianna Nasi è stata definita “prima suora e prima delle suore della Piccola Casa” del Cottolengo di Torino. Sono trascorsi 175 anni dalla sua morte, avvenuta il 15 novembre 1832 a soli 41 anni. Si spense tra le braccia del Cottolengo, il quale, come risulta da una testimonianza, affranto dal dolore, esclamò: «Povero me! una famiglia all’abbandono, tante figlie senza Madre! Ma fu un momento e sull’istante riavutosi, soggiunse: Il Signore tanto buono provvederà».1

Ora la sua figura ha cominciato a uscire dall’ombra in cui è rimasta avvolta per tanto tempo, per iniziativa soprattutto delle suore di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, di cui era stata la prima Madre.

 

L’INCONTRO

CON IL COTTOLENGO

 

Marianna Nasi, di famiglia, si chiamava in realtà Anna Maria Pullino. Solo dopo il matrimonio prese il cognome del marito, Carlo Nasi. Era nata a Torino il 6 luglio 1791, figlia unica dei coniugi Antonio Pullino e Francesca Demateis. Di ceto medio-borghese, riceve un’educazione consona alla sua posizione sociale: sa leggere, scrivere, computare, è brava nel ricamo e nel cucito ma soprattutto è una giovane di profonda religiosità. Desidera consacrarsi a Dio ma i suoi genitori le consigliano il matrimonio e il 4 luglio 1812 sposa Carlo Nasi, un’ottima persona, onesta e religiosa, capace di dedicare il suo tempo libero alla cura dei malati negli ospedali di Torino.

Carlo e Marianna aprono un negozio di chincaglieria. La loro vita scorre serena. Dal loro amore nascono due figli maschi, ma il primo morì appena battezzato; l’altro, Giovanni, aveva appena due anni quando il 25 febbraio 1817 Carlo muore a soli 25 anni, di tifo. Da questo momento, Marianna si divide tra il negozio, la cura del figlio e dei genitori, la preghiera, le opere di carità.

Nel suo cuore è però vivo il desiderio di consacrarsi al Signore. Nel 1818 conosce Giuseppe Cottolengo che nominato canonico del Corpus Domini, vi si trasferisce da Bra, sua città natale e diviene sua penitente, figlia spirituale, amica, anche di famiglia.

Nel 1827 Giuseppe Cottolengo inizia la sua avventura di carità verso i poveri più bisognosi, aprendo nel distretto della parrocchia un piccolo ospedale chiamato popolarmente “Deposito della Volta rossa”, dal nome del cortile in cui le stanze si trovano. Si tratta di pochi locali dove ospita i bisognosi rifiutati dagli altri ospedali.

Marianna è la prima e più coinvolta Dama della Carità. Ben presto le Dame, gruppo di laiche impegnate, non bastano più per soddisfare i bisogni dei poveri.

Nel 1830 viene abbozzata quella che sarà la famiglia religiosa delle suore, che nel suo primo sorgere sarà denominata: “Figlie della Carità sotto gli auspici di San Vincenzo de’ Paoli”. Il Cottolengo ha infatti come suo modello e patrono il noto santo francese.

Il gruppo delle ragazze è guidato e diretto da Marianna Nasi, che ne diventa la Madre.

 

Che tipo di donna è Marianna? A descriverla con poche pennellate è lo stesso figlio Giovanni. «La mia madre era dolce, pacifica, non conosceva parole pungenti; essa era sempre tranquilla, essa era di un’aria sempre composta».2

Questo suo equilibrio, questo suo restare uguale a se stessa, sarà un atteggiamento di tutta la vita, a cui unisce l’amore alla vita nascosta: «Non era amante del comparire, non dei divertimenti e delle compagnie chiassose».

Non è però una persona introversa; riservata sì, ma cordiale e amabile, disinvolta: è una donna che sa stare da sola, che cerca il raccoglimento, ma è anche una persona che sa stare in compagnia anche se tende a selezionare molto le sue amicizie, circondandosi di persone con una sensibilità religiosa simile alla sua.

 

DOPPIAMENTE

“MADRE”

 

Negli anni dopo la morte di Carlo, Marianna è soprattutto mamma attentissima che circonda il piccolo Giovanni delle cure più tenere, lo educa con profonda finezza pedagogica. Più volte egli sottolinea come la mamma non lo obbligasse mai a entrare in una chiesa o a pregare contro la sua volontà, perché voleva che la sua preghiera fosse sincera. È Marianna stessa a prepararlo alla prima comunione e alla cresima. Gli insegna a non domandare mai nella preghiera grazie per cose temporali: per questo basta un Padre nostro; piuttosto lo invita caldamente a chiedere la grazia di farsi buono e santo.

Non lo punisce se non è veramente necessario. Giovanni ricorda due episodi in cui dimenticò di spegnere la fiamma della candela. Fortuna che sua madre aveva la stanza a fianco della sua e l’abitudine di andare a vederlo prima di coricarsi! Giovanni rischiava di morire, e non lui solo; Marianna riesce a estinguere la fiamma senza nemmeno svegliarlo. Non si spazientisce, benché in questi casi ne avrebbe avuto tutte le ragioni. L’unica cosa che si sente di dirgli la mattina è di ringraziare il Signore. «Al mattino mi disse in tono dolce: vedi Giovanni che bella grazia hai ricevuto dal Signore; e più non mi disse. Io non ho mai visto mia madre a essere in collera o con me o con altri».

Negli anni in cui è vedova, Marianna vive il suo martirio del cuore. Riaffiora sempre più forte il desiderio di consacrarsi a Dio. Il Signore mette sulla sua strada il canonico Cottolengo. Inizia un cammino da lui accompagnata e scopre il dono di Dio: essere madre dei poveri. Con delicata attenzione chiede a Giovanni il permesso di dedicarsi interamente alle opere di carità, disposta anche a rinunciarvi davanti a un suo rifiuto. Giovanni acconsente.

Nel 1830 la vita di Marianna subisce la svolta decisiva: si consacra a Dio nel servizio dei poveri e diviene Madre delle prime Figlie della Carità che andranno a vivere nella sua casa.

 

MODELLO

DI CARITÀ

 

La signora Nasi, si trasferisce nelle vicinanze del “Deposito”, proprio per prendersi cura delle Figlie; è l’estate del 1830.3 Queste giovani sono poste sotto la sua direzione e Marianna è da loro chiamata comunemente la Madre. La sua responsabilità nei confronti delle Figlie ha le caratte­ristiche di una “autorità” reale, da tutte riconosciuta. Affiancata dal Cottolengo, non sarà però sua mera controfigura.

Il Cottolengo ha grande fiducia in lei, apprezza il suo fine intuito, in modo particolare per quel che riguarda il discernimento delle vocazioni. Non accetta infatti nessuna giovane senza aver avuto prima il suo giudizio a riguardo.

È soprattutto la formatrice delle Figlie; possiamo tentare di delineare quale genere di formazione Madre Nasi desse loro?

Condivide prima di tutto la loro vita quotidiana. «Non era possibile vedere in lei il contegno da superiora, ricorda Giovanni. Era una figlia tra le figlie, una sorella fra gli ammalati e le ammalate… faceva, come io la vedeva a fare, i più bassi servigi, essa scopava, preparava la tavola».

Sr Arcangela ci informa che le Figlie venivano da lei istruite: «nei lavori donneschi (femminili), nel leggere, nel catechismo, e sul modo di assistere i malati».

La sua formazione comprendeva quindi l’aspetto pratico: assistenza ai malati e lavori femminili, ma anche la formazione culturale di base: il leggere, e quella religiosa: il catechismo.

La Madre era per le giovani soprattutto un modello nell’esercizio della carità verso i poveri, come ci dice suor Pia che tante volte lo aveva sentito raccontare dalle prime figlie. «Mi ricordo d’aver sentito tante volte quelle prime figlie (che furono poi suore Vincenzine) a parlare della somma carità che aveva la si­gnora Nasi».

Formazione pratica, culturale, religiosa, esempio di vita… ma non è tutto: altro aspetto fondamentale è la formazione spirituale. «Lo spirito poi, con cui questa pietosa cercava informarle […] era questo: consacrazione del loro cuore a Gesù Cristo, specialmente Sacramentato; esercizio di preghiera in casa, e pratiche di carità d’ogni maniera intorno agli infermi».

Quindi, consacrazione del loro cuore, della loro persona a Gesù Cristo, come vere spose. Consacrazione che trova la sua massima espressione nel duplice precetto dell’amore. Amore a Dio, a Gesù nella preghiera, soprattutto con l’adorazione e le pratiche di pietà tipiche del tempo.

Amore al prossimo, particolarmente nel servizio di carità verso i poveri più abbandonati, nei quali, come insegnava il Cottolengo, le Figlie dovevano vedere Gesù stesso.

Si trattava perciò di una formazione completa, che teneva conto di tutte le dimensioni della persona umana: quella spirituale, profondamente radicata nell’amore per Cristo, e quella delle opere, in cui questo amore per Cristo, coltivato nella preghiera, si faceva servizio al prossimo nella carità, coinvolgendo ed educando tutta la costellazione delle virtù umane che rendono la persona accogliente e affettuosa, segno dell’attenzione sollecita di Dio sotto forma di quell’amore materno che deve plasmare il cuore e gli atteggiamenti di una donna consacrata. Di tutto questo Madre Nasi si offriva come modello visibile e quotidiano davanti agli occhi delle sue figlie: madre per loro e per i poveri. È donna discreta e prudente, la sua condotta non suscita pettegolezzi. «Era donna di molta orazione, di soda pietà e di esemplarissima condotta».

 

GRANDE AMORE

ALL’EUCARISITIA

 

C’è un aspetto rilevante della vita spirituale di Marianna Nasi che merita di essere messo particolamente in risalto: il suo amore all’Eucaristia.

Normalmente assiste alla messa, assorta in profonda meditazione. Giovanni racconta: «Riguardo al SS. Sacramento essa nutriva profonda divozione e grande amore. Sentendo la santa messa, la vidi, essendo con lei, raccolta, anzi assorta, facendo spesso meditazione piuttostoché lettura su un libro di divozione».

Il suo amore per l’Eucaristia, il suo profondo raccoglimento durante la messa erano una catechesi esperienziale per il piccolo Giovanni. Marianna non si limitava però all’esempio, educava il figlio a ricevere con amore Gesù nell’Eucaristia. «Mi ricordo che per tutte le volte che mi accostava alla Santa Mensa, essa si infiammava nel parlarmi dell’Eucaristia e nell’eccitarmi a ricevere Gesù nel mio cuore».

Questo stesso fervore lo comunicava anche alle prime Figlie della carità di cui era formatrice. «In ogni occasione che le si offrisse la faceva da missionaria per infiammar nella divozione al ss. Sacramento tutte quante le persone che l’avvicinavano, e specialmente le dilette sue figlie spirituali, le suore».

«Per quanto poteva – dice Giovanni – essa faceva visite al SS. mo Sacramento». Egli ricorda le lunghe passeggiate in campagna insieme alla mamma dopo la benedizione festiva nella chiesa del Corpus Domini, durante le quali, passando accanto ad alcune chiese, vi entravano facendovi una breve preghiera.

Marianna Nasi, soprattutto dopo la morte del marito «vedevasi in chiesa ad adorarvi il suo sacramentato Signore, …se non era adoratrice di nome lo era di fatto in spirito e verità».

Durante la solenne esposizione nelle Quarantore «era per tutti i tre giorni sempre in chiesa, tolto il tempo del mangiare. Questo vidi io stesso – conferma il figlio accompagnandola qualche volta».

Marianna Nasi è un’innamorata dell’Eucaristia, questo suo amore al sacramento dell’altare altro non è che una delle più alte espressioni della sua profonda vita di preghiera e di unione con il Signore.

Scrive a ragione la teologa Adele Colombo: «Marianna Nasi emerge come colei che ha vissuto una vita pienamente evangelica, fondata sulla relazione di amore con il Signore che, in tal modo, ha motivato e sostenuto il suo amore per il prossimo più emarginato. Il suo carisma è stato quello di sintetizzare le due anime cottolenghine: quella contemplativa e quella attiva. Pertanto è doveroso riconoscere Marianna Nasi quale “cofondatrice”». Due anime che oggi si incarnano nelle due famiglie del nostro Istituto, quella di vita apostolica e quella di vita contemplativa che in lei trovano la radice da cui continuano ad attingere linfa per incarnare nell’oggi il carisma cottolenghino.

 

Maria Lara Broggi

 

1L. Anglesio, PO, Sessione CCCCXCV, vol. 9, int. 17, p. 463.

2Deposizione del cav. Giovanni Nasi…, in Antonio Pellegrino (a cura di), Madre Marianna Nasi, memorie storiche edificanti, Pinerolo 1964, p. 150.

3Cf. L. Piano, San Giuseppe Benedetto Cottolengo…, p. 214. Le prime ragazze, secondo la versione di suor Clara (cf. p. 62), furono accolte il 25 novembre di quello stesso anno. È plausibile pensare, come spiega L. Piano, che non si tratti di due versioni divergenti riguardo la data di fondazione del gruppo delle Figlie, ma che il Cottolengo abbia voluto premettere alcuni mesi di prova prima di dare avvio formale alla comunità. Cf. Ibid., p. 215.