CAPITOLO GENERALE DEI SERVI DI MARIA

QUALE POVERTÀ OGGI?

 

Il Capitolo non si è limitato a trattare la povertà come elemento fondamentale per la vita religiosa dei Servi, ma ha allargato lo sguardo alle necessità del mondo di oggi, afflitto da varie forme di povertà ed ha impegnato tutto l’Ordine a operare per combatterle.

 

Servi di Maria hanno celebrato, nei giorni 8-30 ottobre 2007, ospiti nella casa Divin Maestro ad Ariccia, il 212° Capitolo generale sul tema Testimonianza di povertà evangelica. I 58 frati capitolari provenivano da paesi dei cinque continenti, dove da secoli o da pochi anni sussistono presenze dell’Ordine. Da oltre due anni era stata attiva una commissione preparatoria internazionale, che aveva predisposto una documentazione precapitolare elaborata mediante consultazione tra tutto l’Ordine. Il ritmo di lavoro, guidato dalla équipe di animazione, alternava appuntamenti in gruppi di dialogo, attività delle commissioni operative, sessioni assembleari lungo le traiettorie: ascolto della realtà - sognando il futuro - obiettivi e passi concreti.

Il tema, disegnato come cornice delle finalità capitolari, echeggiava Lc 5,11, ossia l’opzione dei discepoli di Gesù, i quali “lasciarono tutto e lo seguirono”. Quella sequela veniva resa visibile nella povertà evangelica, connotato irrinunciabile dell’identità di un Ordine religioso sin dalle origini di fatto collocato nella tipologia dei Mendicanti. L’attualità sfida con la domanda: quale povertà oggi. Il Capitolo generale ha cercato di non evadere quella istanza. L’assemblea è stata sollecitata, oltre che dalle relazioni di base in agenda e dal dialogo assembleare, anche ascoltando due lezioni di fra Giancarlo M. Bruni sulla icona di Abramo in Genesi 12,1-4a e sulla sequela “con il Cristo poveri con i poveri”.

 

AMBITI

DELLA POVERTÀ

 

L’introduzione ai documenti capitolari delinea le ispirazioni per pensare e testimoniare la povertà evangelica oggi interpretando i segni dei tempi e dei luoghi. La povertà, si afferma, è una modalità per la sequela di Cristo, resa visibile nella conversione, la quale «non può essere solo frutto di buona volontà ma dono e grazia da chiedere sempre e poi da ravvivare con la contemplazione, la familiarità con la parola di Dio, le scelte di vita». Le visibilità rimarcate sono la comunione dei beni nella fraternità conventuale, ma anche oltre le mura di essa, ossia la solidarietà verso i poveri, verso i «mille volti di una umanità ferita che reclama rispetto, diritto di vivere e di partecipare alla costruzione di una terra nuova, più giusta e fraterna». Il servizio impegna anche a favorire il superamento delle molteplici situazioni di povertà o impoverimento, come sono il degrado ecologico, le privazioni di giustizia e di pace, la ricerca affannosa di ricchezza.

Il Capitolo convoca alla testimonianza di povertà e al servizio generoso verso poveri e povertà l’intera Famiglia servitana. Questa espressione allude alla condivisione della medesima spiritualità, ossia fraternità servizio e ispirazione mariana, da parte dei frati e delle religiose, degli istituti e delle fraternità secolari. «La povertà evangelica e il servizio al povero sono uno stile e un segno che accomunano la Famiglia servitana. La comune ispirazione a Maria infonde un peculiare amore nel servizio al povero. Dalla partecipazione della Madre alla missione redentrice del Figlio, i Servi e le Serve di Maria sono indotti a comprendere le umane sofferenze; con lei sostano ai piedi delle infinite croci per recarvi conforto e cooperazione redentrice».

 

Il Capitolo generale non si è limitato a trattare la povertà come elemento fondamentale per la vita religiosa dei Servi, ma ha allargato lo sguardo alle necessità del mondo di oggi, afflitto da varie forme di povertà ed ha impegnato tutto l’Ordine a operare per combattere tutte le forme di povertà. Nella dichiarazione finale è stato detto:

«Abbiamo scelto la povertà per superare le molte barriere che ancora dividono l’uomo dall’uomo, feriti dall’ascolto dell’immenso pianto del mondo: senza passione per l’uomo non c’è povertà. Dalla comunità la nostra fraternità si espande guidata da un sogno di alleanza con tutto ciò che vive sotto il sole.

La comunità che include i poveri come eredità lasciatale dal Signore, che ordina concretamente i propri beni al loro aiuto (Cost. 62, 289/c) può dire al mondo, con la propria vita, che il bene non sta nel maggior profitto ma in una comunione che si estende; che la verità della storia non è la crescita economica ma la fine delle barriere. L’altro nome di povertà è solidarietà.

Cristo, da ricco che era si fece povero (2 Cor 8, 9). Il povero è il luogo teologico dove la storia sacra accade e ci raggiunge. L’umanità è il luogo dove Dio ancora si incarna, dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli (Cost. 319). Lui ha tracciato la strada, ma noi abbiamo seguito altre vie.

Il Capitolo è grato ai fratelli che, poveri con i poveri, mettono la vita al loro servizio, e li benedice. Ma sente anche che l’impegno di alcuni non gli basta; sente, con tristezza, di aver mancato al suo voto. Sente che ora è il tempo per il cambiamento del cuore.

Per questo, a nome dell’Ordine intero, il Capitolo dei Servi chiede oggi perdono a Dio e ai poveri per aver ignorato le loro voci; per aver taciuto quando era necessario alzare la voce in loro difesa; per non averli neppure visti quando, come il povero Lazzaro, sedevano alle porte delle nostre case, della casa grande che è il mondo, a mendicare pane e fraternità; chiede perdono ai poveri per la carità senza amore e senza giustizia».

 

LANCIATI

DUE TIPI DI ALLEANZA

 

E, dopo aver chiesto perdono, il Capitolo ha lanciato due tipi di alleanza, perché la vita religiosa sia un impegno a favore degli uomini del nostro tempo.

«Il Capitolo – si afferma nel documento finale – ha fatto spesso riferimento al fenomeno mondiale della povertà economica e ai meccanismi di ingiustizia che producono una sempre maggiore separazione tra ricchi e poveri. Dichiariamo inaccettabile questo crescente divario.

Le parole di papa Paolo VI 40 anni fa nella Populorum progressio (26 marzo 1967) rimangono tuttora valide: costruiamo una comunità umana dove le persone possano godere una vita veramente umana… dove Lazzaro possa sedersi a tavola al medesimo banchetto del ricco (n. 47). Le sofferenze dei nostri fratelli e sorelle attraverso il mondo ci raggiungono.

Sono volti di popoli in guerra; volti di bambini, vittime di violenza, fame, abusi, abbandono; volti di donne, violate, comprate e vendute; volti di popoli indigeni, espropriati per secoli di terra, cultura e fede; volti di esiliati e di migranti, alla ricerca di sopravvivenza e dignità; volti di carcerati, che affollano le infinite carceri del mondo; volti di ammalati, manifesto della nostra precarietà, ma vittime spesso di interessi ciechi, di epidemie, della tremenda piaga dell’AIDS. Volti di lavoratori precari e senza garanzia, privati della speranza di futuro. Volti di bambini non nati.

E mille altri volti di una umanità ferita che reclama rispetto, diritto di vivere e di partecipare alla costruzione di una terra nuova, più giusta e fraterna. A questi volti e al loro grido dobbiamo in qualche modo rispondere».

 

E infine, riflettendo sulla povertà, si è capito che la vita religiosa deve oggi trovare anche una “alleanza con il creato”. Per questo i capitolari si sono chiesti: «Come dobbiamo rispondere alla gravissima aggressione che la terra stessa subisce attraverso lo sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta, e che rischia di compromettere l’esistenza stessa dell’umanità? Una ricerca affannosa di ricchezza sta generando un rischio di morte per l’intero pianeta. Esempio doloroso di questo squilibrio sono il riscaldamento globale, l’inquinamento, la privatizzazione dell’acqua, lo spreco, la distruzione della Foresta Amazzonica.

I nostri primi Padri, nella solitudine del Senario, coltivavano rispetto per la natura e devozione verso il creato come dono di Dio (cf. L.O. 41). Anche oggi alcuni Servi promuovono la responsabilità ecologica, altri difendono attivamente le risorse della terra, ma insieme a loro tutte le comunità devono crescere nell’amore e nel rispetto del creato, ponendo particolare attenzione alla sobrietà dello stile di vita, all’uso consapevole di acqua e di energia, alla testimonianza contro il consumismo».

 

IL NUOVO

GOVERNO GENERALE

 

I vari altri argomenti in agenda sono stati delineati nella cornice della povertà. «L’organizzazione dell’Ordine non è un mero strumento giuridico, ma un mezzo per favorire il bene comune, facilitare la comunione fra tutti e prestare una attenzione particolare ai fratelli che vivono nelle strettezze del bisogno». Anche il campo della amministrazione finanziaria è solcato da intendimenti di servizio: «siamo chiamati a usare nel modo più proficuo i nostri beni aiutandoci gli uni gli altri a rispondere alle esigenze ministeriali e ai bisogni umani del nostro mondo e a provvedere prudentemente per il futuro». La povertà evangelica e le visibilità peculiari secondo tradizione e incarnazioni nella attualità con l’ottica dei segni dei tempi e dei luoghi, si configurano come uno stile che diviene mentalità tramite una solida formazione, a cominciare da quella iniziale, «nell’intento di confermare o suscitare nell’Ordine valori e decisioni che nascano dal necessario confronto tra la povertà evangelica e le sfide concrete che la Chiesa e il mondo contemporaneo indicano e sollecitano per viverla autenticamente».

Un’incombenza primaria erano le elezioni del governo centrale. È stato confermato nel servizio di priore generale fra Angel M. Ruiz Garnica, messicano cinquantenne. Il consiglio generalizio, del tutto rinnovato, è composto dai frati Eugene M. Smith statunitense, Reth M Sarabia filippino, Gino M. Leonardi modenese, Charlie M. Leitao De Souza brasiliano.

La “salita dei Sette Santi Fondatori a Monte Senario”, affresco dell’Annigoni, era il logo iconografico del Capitolo. Il priore generale ha sovente invitato a tornare “alle fonti della nostra vocazione, per riprendere energia, gioia e speranza”, a camminare “insieme per la vita, al servizio di quanti il Signore porrà sul nostro cammino quotidiano, con cuore grande e compassionevole, assieme a santa Maria e ai nostri Sette Santi Fondatori”.

Lino M. Pacchin _e Umberto Omnibus