CAPITOLO GENERALE DEI
SERVI DI MARIA
QUALE POVERTÀ OGGI?
Il Capitolo non si è limitato a trattare la povertà
come elemento fondamentale per la vita religiosa dei Servi, ma ha allargato lo
sguardo alle necessità del mondo di oggi, afflitto da varie forme di povertà ed
ha impegnato tutto l’Ordine a operare per combatterle.
Servi di Maria hanno
celebrato, nei giorni 8-30 ottobre 2007, ospiti nella casa Divin Maestro ad
Ariccia, il 212° Capitolo generale sul tema
Il tema, disegnato come
cornice delle finalità capitolari, echeggiava Lc 5,11, ossia l’opzione dei
discepoli di Gesù, i quali “lasciarono tutto e lo seguirono”. Quella sequela
veniva resa visibile nella povertà evangelica, connotato irrinunciabile
dell’identità di un Ordine religioso sin dalle origini di fatto collocato nella
tipologia dei Mendicanti. L’attualità sfida con la domanda: quale povertà oggi.
Il Capitolo generale ha cercato di non evadere quella istanza. L’assemblea è
stata sollecitata, oltre che dalle relazioni di base in agenda e dal dialogo assembleare,
anche ascoltando due lezioni di fra Giancarlo M. Bruni sulla icona di Abramo in
Genesi 12,1-4a e sulla sequela “con il Cristo poveri con i poveri”.
AMBITI
DELLA POVERTÀ
L’introduzione ai
documenti capitolari delinea le ispirazioni per pensare e testimoniare la
povertà evangelica oggi interpretando i segni dei tempi e dei luoghi. La
povertà, si afferma, è una modalità per la sequela di Cristo, resa visibile
nella conversione, la quale «non può essere solo frutto di buona volontà ma
dono e grazia da chiedere sempre e poi da ravvivare con la contemplazione, la
familiarità con la parola di Dio, le scelte di vita». Le visibilità rimarcate
sono la comunione dei beni nella fraternità conventuale, ma anche oltre le mura
di essa, ossia la solidarietà verso i poveri, verso i «mille volti di una
umanità ferita che reclama rispetto, diritto di vivere e di partecipare alla
costruzione di una terra nuova, più giusta e fraterna». Il servizio impegna
anche a favorire il superamento delle molteplici situazioni di povertà o
impoverimento, come sono il degrado ecologico, le privazioni di giustizia e di
pace, la ricerca affannosa di ricchezza.
Il Capitolo convoca alla
testimonianza di povertà e al servizio generoso verso poveri e povertà l’intera
Famiglia servitana. Questa espressione allude alla condivisione della medesima
spiritualità, ossia fraternità servizio e ispirazione mariana, da parte dei
frati e delle religiose, degli istituti e delle fraternità secolari. «La
povertà evangelica e il servizio al povero sono uno stile e un segno che
accomunano la Famiglia servitana. La comune ispirazione a Maria infonde un
peculiare amore nel servizio al povero. Dalla partecipazione della Madre alla
missione redentrice del Figlio, i Servi e le Serve di Maria sono indotti a comprendere
le umane sofferenze; con lei sostano ai piedi delle infinite croci per recarvi
conforto e cooperazione redentrice».
Il Capitolo generale non
si è limitato a trattare la povertà come elemento fondamentale per la vita
religiosa dei Servi, ma ha allargato lo sguardo alle necessità del mondo di
oggi, afflitto da varie forme di povertà ed ha impegnato tutto l’Ordine a
operare per combattere tutte le forme di povertà. Nella dichiarazione finale è
stato detto:
«Abbiamo scelto la
povertà per superare le molte barriere che ancora dividono l’uomo dall’uomo,
feriti dall’ascolto dell’immenso pianto del mondo: senza passione per l’uomo
non c’è povertà. Dalla comunità la nostra fraternità si espande guidata da un
sogno di alleanza con tutto ciò che vive sotto il sole.
La comunità che include i
poveri come eredità lasciatale dal Signore, che ordina concretamente i propri
beni al loro aiuto (Cost. 62, 289/c) può dire al mondo, con la propria vita,
che il bene non sta nel maggior profitto ma in una comunione che si estende;
che la verità della storia non è la crescita economica ma la fine delle
barriere. L’altro nome di povertà è solidarietà.
Cristo, da ricco che era
si fece povero (2 Cor 8, 9). Il povero è il luogo teologico dove la storia
sacra accade e ci raggiunge. L’umanità è il luogo dove Dio ancora si incarna,
dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli (Cost. 319). Lui ha tracciato
la strada, ma noi abbiamo seguito altre vie.
Il Capitolo è grato ai
fratelli che, poveri con i poveri, mettono la vita al loro servizio, e li
benedice. Ma sente anche che l’impegno di alcuni non gli basta; sente, con
tristezza, di aver mancato al suo voto. Sente che ora è il tempo per il
cambiamento del cuore.
Per questo, a nome
dell’Ordine intero, il Capitolo dei Servi chiede oggi perdono a Dio e ai poveri
per aver ignorato le loro voci; per aver taciuto quando era necessario alzare
la voce in loro difesa; per non averli neppure visti quando, come il povero
Lazzaro, sedevano alle porte delle nostre case, della casa grande che è il
mondo, a mendicare pane e fraternità; chiede perdono ai poveri per la carità
senza amore e senza giustizia».
LANCIATI
DUE TIPI DI ALLEANZA
E, dopo aver chiesto
perdono, il Capitolo ha lanciato due tipi di alleanza, perché la vita religiosa
sia un impegno a favore degli uomini del nostro tempo.
«Il Capitolo – si afferma
nel documento finale – ha fatto spesso riferimento al fenomeno mondiale della
povertà economica e ai meccanismi di ingiustizia che producono una sempre
maggiore separazione tra ricchi e poveri. Dichiariamo inaccettabile questo
crescente divario.
Le parole di papa Paolo
VI 40 anni fa nella Populorum progressio (26 marzo 1967) rimangono tuttora
valide: costruiamo una comunità umana dove le persone possano godere una vita
veramente umana… dove Lazzaro possa sedersi a tavola al medesimo banchetto del
ricco (n. 47). Le sofferenze dei nostri fratelli e sorelle attraverso il mondo
ci raggiungono.
Sono volti di popoli in
guerra; volti di bambini, vittime di violenza, fame, abusi, abbandono; volti di
donne, violate, comprate e vendute; volti di popoli indigeni, espropriati per
secoli di terra, cultura e fede; volti di esiliati e di migranti, alla ricerca
di sopravvivenza e dignità; volti di carcerati, che affollano le infinite
carceri del mondo; volti di ammalati, manifesto della nostra precarietà, ma
vittime spesso di interessi ciechi, di epidemie, della tremenda piaga
dell’AIDS. Volti di lavoratori precari e senza garanzia, privati della speranza
di futuro. Volti di bambini non nati.
E mille altri volti di
una umanità ferita che reclama rispetto, diritto di vivere e di partecipare
alla costruzione di una terra nuova, più giusta e fraterna. A questi volti e al
loro grido dobbiamo in qualche modo rispondere».
E infine, riflettendo
sulla povertà, si è capito che la vita religiosa deve oggi trovare anche una
“alleanza con il creato”. Per questo i capitolari si sono chiesti: «Come
dobbiamo rispondere alla gravissima aggressione che la terra stessa subisce
attraverso lo sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta, e che rischia
di compromettere l’esistenza stessa dell’umanità? Una ricerca affannosa di
ricchezza sta generando un rischio di morte per l’intero pianeta. Esempio
doloroso di questo squilibrio sono il riscaldamento globale, l’inquinamento, la
privatizzazione dell’acqua, lo spreco, la distruzione della Foresta Amazzonica.
I nostri primi Padri,
nella solitudine del Senario, coltivavano rispetto per la natura e devozione
verso il creato come dono di Dio (cf. L.O. 41). Anche oggi alcuni Servi
promuovono la responsabilità ecologica, altri difendono attivamente le risorse
della terra, ma insieme a loro tutte le comunità devono crescere nell’amore e
nel rispetto del creato, ponendo particolare attenzione alla sobrietà dello
stile di vita, all’uso consapevole di acqua e di energia, alla testimonianza
contro il consumismo».
IL NUOVO
GOVERNO GENERALE
I vari altri argomenti in
agenda sono stati delineati nella cornice della povertà. «L’organizzazione
dell’Ordine non è un mero strumento giuridico, ma un mezzo per favorire il bene
comune, facilitare la comunione fra tutti e prestare una attenzione particolare
ai fratelli che vivono nelle strettezze del bisogno». Anche il campo della
amministrazione finanziaria è solcato da intendimenti di servizio: «siamo
chiamati a usare nel modo più proficuo i nostri beni aiutandoci gli uni gli
altri a rispondere alle esigenze ministeriali e ai bisogni umani del nostro
mondo e a provvedere prudentemente per il futuro». La povertà evangelica e le
visibilità peculiari secondo tradizione e incarnazioni nella attualità con
l’ottica dei segni dei tempi e dei luoghi, si configurano come uno stile che
diviene mentalità tramite una solida formazione, a cominciare da quella
iniziale, «nell’intento di confermare o suscitare nell’Ordine valori e
decisioni che nascano dal necessario confronto tra la povertà evangelica e le
sfide concrete che la Chiesa e il mondo contemporaneo indicano e sollecitano
per viverla autenticamente».
Un’incombenza primaria
erano le elezioni del governo centrale. È stato confermato nel servizio di
priore generale fra Angel M. Ruiz Garnica, messicano cinquantenne. Il consiglio
generalizio, del tutto rinnovato, è composto dai frati Eugene M. Smith
statunitense, Reth M Sarabia filippino, Gino M. Leonardi modenese, Charlie M.
Leitao De Souza brasiliano.
La “salita dei Sette
Santi Fondatori a Monte Senario”, affresco dell’Annigoni, era il logo
iconografico del Capitolo. Il priore generale ha sovente invitato a tornare
“alle fonti della nostra vocazione, per riprendere energia, gioia e speranza”,
a camminare “insieme per la vita, al servizio di quanti il Signore porrà sul
nostro cammino quotidiano, con cuore grande e compassionevole, assieme a santa
Maria e ai nostri Sette Santi Fondatori”.
Lino M. Pacchin _e Umberto Omnibus