I PRIMI TRE VOLUMI PER GLI ANNI A B C

I NUOVI LEZIONARI

 

L’uscita del Lezionario è un’occasione per riflettere sul valore di questo libro liturgico e della parola di Dio nelle nostre celebrazioni. La nuova edizione, inoltre, presenta delle particolarità che non sono da trascurare.

 

Nella prima domenica di Avvento (2 dicembre) la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha consegnato nelle mani delle comunità cristiane la nuova edizione del Lezionario domenicale e festivo (tre volumi per gli anni A, B e C). È il primo passo dell’uscita del nuovo Lezionario liturgico in lingua italiana che si è resa necessaria dopo l’approvazione della nuova traduzione ufficiale della Bibbia.

 

UN FRUTTO

DEL CONCILIO

 

Innanzitutto non dobbiamo dimen­ticare che il Lezionario attualmente in uso, la scelta e la quantità delle letture che leggiamo ogni domenica e ogni giorno nella liturgia, è frutto del concilio Vaticano II e della riforma liturgica promossa dal concilio stesso. Senza il Vaticano II noi non avremmo questo Lezionario, né le nostre liturgie sarebbero così ricche, non solo da un punto di vista quantitativo, di lettura delle Scritture sante. Infatti è stata la costituzione conciliare sulla di­vina liturgia Sacrosanctum concilium (SC) a indicare la via della riforma dell’ordinamento delle letture per la celebrazione eucaristica. Innanzitutto SC ha richiamato la Chiesa all’importanza da dare alle sacre Scritture nella celebrazione liturgica. Il concilio ritiene che «per promuovere la riforma, il progresso e l’adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorito quel gusto saporoso e vivo della sacra Scrittura, che è attestato dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali» (SC 24) e al n. 35 aggiunge: «Nelle sacre celebrazioni si restaurerà una lettura della sacra Scrittura più abbondante, più varia e meglio scelta». Quando poi passa a parlare del “mistero eucaristico” SC richiama nuovamente ed esplicitamente all’esigenza di una “maggiore abbondanza” di testi biblici nella liturgia, scendendo maggiormente nel dettaglio: «Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura» (SC 51).

Anche in un altro documento del concilio si parla del rapporto tra liturgia e sacra Scrittura. Si tratta della costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei verbum (DV). Anche questo è un documento fondamentale del Vaticano II. DV ricorda che «la Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (n. 21).

I documenti del post-concilio da citare riguardo all’importanza e al valore della proclamazione delle Scritture nella celebrazione liturgica sarebbero molti (OLM; OGMR…). Ricordiamo solamente il documento più recente: l’esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis di Benedetto XVI. In essa il papa afferma: «Insieme al Sinodo, chiedo che la liturgia della Parola sia sempre debitamente preparata e vissuta. Pertanto, raccomando vivamente che nelle liturgie si ponga grande attenzione alla proclamazione della Parola di Dio da parte di lettori ben preparati.[…] Infatti, la Parola che annunciamo ed ascoltiamo è il Verbo fatto carne (cf. Gv 1,14) e ha un intrinseco riferimento alla persona di Cristo e alla modalità sacramentale della sua permanenza» (45).

 

LA RIFORMA

DEL LEZIONARIO

 

A partire dalle indicazioni conciliari – maggiore abbondanza e completezza nella scelta delle letture (SC 35 e 51) – la riforma liturgica ha realizzato, negli anni successivi al Vaticano II, il Lezionario che è stato in uso fino ad oggi. Non dobbiamo sottovalutare l’importanza di questo grande lavoro che ha rappresentato una vera e propria “rivoluzione” nel rapporto tra i cattolici e la Bibbia. A questo lavoro hanno contribuito dal 1966 al 1971 «nove gruppi di esperti in varie discipline: esegeti, liturgisti, storici, catecheti, pastoralisti e altri» (R. De Zan). Il Lezionario uscito dalla riforma liturgica ed entrato definitivamente in vigore nel 1974 ha seguito – soprattutto per le domeniche e per le feste – due criteri generali nella scelta dei testi biblici: «la concordanza tematica e la lettura semicontinua. Nell’applicare questi due principi, si ricorre ora all’uno ora all’altro, secondo i diversi tempi dell’anno e le caratteristiche particolari di ogni tempo liturgico» (Ordo lectionum missae OLM 66,3). Gli altri criteri seguiti nella formazione del Lezionario sono illustrati e commentati nell’OLM (II ed. 1981).

Per comprendere l’importanza della riforma liturgica del Lezionario, che costituisce indubbiamente uno degli aspetti più significativi per la vita della Chiesa nel post-concilio, basta fare un veloce confronto con le letture bibliche – non esisteva un Lezionario – presenti nel Missale Romanum plenario di San Pio V. In un recente documento dei vescovi USA si sottolinea, in modo molto efficace e suggestivo, che mentre nel messale di Pio V si leggeva unicamente l’1% del Primo Testamento e il 17% del Nuovo, nel Lezionario uscito dalla riforma liturgica del Vaticano II si trova il 14% del Primo e ben il 71% del Nuovo. Non si può certamente dire che questa sia una “differenza” irrilevante per la frequentazione delle sacre Scritture da parte di pastori e fedeli. Inoltre il Primo Testamento non veniva mai letto nelle domeniche e nelle feste e il Vangelo di Marco era quasi del tutto assente. Nel Lezionario del 1974 invece, come abbiamo visto, il Primo Testamento è molto presente e, tranne per il tempo di Pasqua e poche altre eccezioni, viene letto ogni domenica e ogni festa. Nel messale di Pio V inoltre per i tempi di Pasqua e dopo Pentecoste non esisteva un Lezionario feriale e si era costretti a leggere ogni giorno la pericope della domenica precedente. Oggi invece disponiamo di un Lezionario che permette letture proprie per ogni giorno feriale (su due anni per il Tempo ordinario). Si è inoltre recuperato il criterio della lettura semi-continua che permette un accostamento quasi integrale di molti libri del Primo e del Nuovo Testamento a cominciare dai quattro vangeli.

Un ultimo aspetto, non secondario, che contraddistingue il Lezionario riformato riguarda il fatto di essere passati da un unico libro liturgico, il messale plenario, che conteneva sia le parti eucologiche (preghiera) riservate al presidente, sia le letture, a una _pluralità di libri liturgici. Non si tratta di un aspetto puramente “editoriale”, ma tocca la dimensione “ministeriale” dell’azione liturgica. Infatti mentre nell’antichità c’era una molteplicità di libri liturgici in base ai diversi ministeri, nel Messale Romano di Pio V (e negli altri messali plenari) tutto era riportato in un solo libro, poiché unico era il ministro. Le altre forme ministeriali erano pressoché scomparse. Il Vaticano II ha voluto recuperare la dimensione ministeriale delle celebrazioni liturgiche nelle sue diverse forme ed espressioni, e per questo ha riproposto la distinzione del Messale dal Lezionario, recuperando così la figura dei lettori che hanno oggi un compito assai significativo e importante nella liturgia.

Da queste brevi e incomplete osservazioni risulta evidente la grande ricchezza del Lezionario del 1974 rispetto al messale di Pio V nel quale molte pagine delle Scritture e anche dei vangeli non venivano mai proclamate nelle assemblee liturgiche e quindi rimanevano pressoché sconosciute alla maggior parte dei cattolici.

 

IL NUOVO LEZIONARIO

PREVISTI NOVE VOLUMI

 

Sulla scia della riforma del Lezionario post-conciliare e in continuità con essa si innesta la nuova edizione del Lezionario che è stato consegnato dalla CEI alle nostre comunità per essere utilizzato nelle assemblee liturgiche a partire dalla prima domenica di Avvento 2007 (anno A). Il nuovo Lezionario è stato presentato in una conferenza stampa il 12 novembre da mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI; mons. Felice Di Molfetta, presidente della Commissione episcopale per la liturgia; mons. Crispino Valenziano, liturgista del pontificio Istituto Sant’Anselmo; don Angelo Lameri, dell’Ufficio liturgico nazionale della CEI.

La preparazione di un nuovo Lezionario si era resa necessaria da quando la CEI aveva approvato la nuova traduzione della Bibbia (maggio 2002). La revisione del testo biblico è stata curata da diversi studiosi (32 per il Primo Testamento e 17 per il Nuovo) ed è stata la prima volta che una conferenza episcopale ha messo mano a una rinnovata traduzione della Bibbia dopo la pubblicazione dell’istruzione Liturgiam authenticam che indica i criteri di traduzione dei testi liturgici nelle lingue moderne. In tale documento si chiede inoltre che nella traduzione dei testi biblici per la liturgia, a partire dai testi originali, si tenga conto, soprattutto per i problemi di canonicità, del testo della Neo-vulgata. La nuova traduzione è stata anche l’occasione per eliminare errori e per predisporre un testo anche più adatto per la proclamazione liturgica e di più facile ascolto.

L’opera prevede nel complesso l’uscita di nove volumi. I primi tre, già disponibili dalla prima domenica di Avvento, riguardano i tre cicli del Lezionario festivo (A, B, C). Nei mesi successivi è prevista l’uscita di altri sei volumi: tre per il ciclo feriale (un volume per Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua; uno per il Tempo ordinario anni pari; uno per il Tempo ordinario anni dispari), uno per le memorie e le feste dei santi; uno per la celebrazione dei sacramenti (messe rituali); infine, un volume per le messe ad diversa e votive. L’insieme dei volumi del nuovo Lezionario dovrebbe uscire nell’arco del 2008 e il suo utilizzo liturgico sarà obbligatorio a partire dall’Avvento del 2010.

Per quanto riguarda la scelta delle letture si è seguita la distribuzione indicata dalla seconda edizione dell’OLM (1981) senza apportarvi nessuna modifica.

Un aspetto non secondario del nuovo Lezionario riguarda il coinvolgimento di numerosi artisti italiani contemporanei nella realizzazione dei vari volumi. Anche questa è una novità assoluta nel panorama della Chiesa cattolica. Sono state realizzate, da parte di trentun artisti, ottantasette opere inedite, create appositamente per il Lezionario. Si tratta di illustrazioni, dal figurativo all’astratto, che rappresentano i brani principali delle Scritture proclamati nell’arco dell’anno liturgico. Nella presentazione mons. Betori ha sottolineato che «il Lezionario si pone in continuità con gli antichi libri liturgici per la proclamazione della parola di Dio. Di essi eredita la preoccupazione di presentarsi in una forma nobile, ben curata, dignitosa, arricchita dalle opere del genio umano». È significativo questo coinvolgimento del mondo dell’arte nella realizzazione del Lezionario. Anche questo corrisponde, oltre che alla sensibilità della Chiesa di ogni tempo, alle indicazioni del Vaticano II (SC 122-130). Rivolgendosi agli artisti nella Lettera del 1999 Giovanni Paolo II affermava: «Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani» (1). E, a proposito del rapporto tra Parola e arte – come è il caso del Lezionario – dice: «Dalla Natività al Golgota, dalla Trasfigurazione alla Risurrezione, dai miracoli agli insegnamenti di Cristo, fino agli eventi narrati negli Atti degli Apostoli o prospettati dall’Apocalisse in chiave escatologica, innumerevoli volte la parola biblica si è fatta immagine, musica, poesia, evocando con il linguaggio dell’arte il mistero del “Verbo fatto carne”» (n. 5).

 

OCCASIONE

PER UN RINNOVATO IMPEGNO

 

L’uscita del nuovo Lezionario, che si pone in continuità con la riforma liturgica e ne valorizza alcuni aspetti, è un’occasione preziosa per riprendere in mano, come singoli e come comunità, una delle dimensioni più importanti della celebrazione liturgica e della vita cristiana in generale: il rapporto con la parola di Dio. Se il Vaticano II e la riforma liturgica hanno ricollocato nel cuore della liturgia nella Chiesa cattolica la proclamazione delle Scritture sia del Primo che del Nuovo Testamento, d’altra parte non sono mancate delle difficoltà da parte di pastori e fedeli nel cogliere questa grande “novità”. Il nuovo Lezionario, con le sue non trascurabili novità, potrebbe essere l’occasione per “recepire” ciò che del concilio non è stato ancora pienamente valorizzato nella vita delle nostre comunità. Questo significa un rinnovato impegno da parte di tutti per fare in modo che la parola di Dio abbia in ogni celebrazione liturgica lo spazio e l’importanza che merita. Anche Benedetto XVI nella sua recente esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis richiamava a tale esigenza: «È necessario che i fedeli siano aiutati ad apprezzare i tesori della sacra Scrittura presenti nel Lezionario attraverso iniziative pastorali, celebrazioni della Parola e la lettura orante (lectio divina). Inoltre, non si dimentichi di promuovere le forme di preghiera confermate dalla tradizione: la Liturgia delle Ore, soprattutto le Lodi, i Vespri, la Compieta e anche le celebrazioni vigiliari. La preghiera dei Salmi, le letture bibliche e quelle della grande tradizione presentate nell’Ufficio divino possono condurre a un’approfondita esperienza dell’avvenimento di Cristo e dell’economia della salvezza, che a sua volta può arricchire la comprensione e la partecipazione alla celebrazione eucaristica» (45). Per la Chiesa è una rinnovata esperienza di “sequela” del suo Signore, perché «quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo» (OGMR 29).

 

Matteo Ferrari

monaco di Camaldoli