PREZIOSO STRUMENTO DI LAVORO DI C. MACCISE

“CENTO TEMI DI VITA CONSACRATA”

 

Uno strumento organico e sistematico per capire il passato e il presente della vita consacrata. Un libro ispirato al congresso internazionale del 2004: “Passione per Cristo. Passione per l’umanità”. È anche una ricerca di un nuovo modello di vita consacrata. Una grande storia non solo da “raccontare”, ma anche da “costruire”.

 

In occasione del congresso internazionale sulla VC, promosso congiuntamente dalle due unioni delle superiore e dei superiori generali, svoltosi a Roma nel novembre del 2004, p. Camilo Maccise mi parlò della sua ultima fatica editoriale riguardante una panoramica complessiva di tutti gli aspetti, le sfide e i problemi della VC di oggi. La pubblicazione è apparsa l’anno seguente, in spagnolo, a cura dei carmelitani di Burgos (Editorial Monte Carmelo). Oggi la possediamo anche in italiano.

Sicuramente la spinta venuta dal congresso – al quale Maccise era stato invitato come uditore e come relatore della sintesi finale - è stata determinante. Non per nulla il volume si conclude con alcuni dei paragrafi più significativi della sintesi finale stessa. Il tema generale del congresso Passione per Cristo. Passione per l’umanità, ritorna con insistenza in queste pagine. Maccise, però, non si è arrestato a quell’incontro. Ha cercato di andare “oltre”, non trascurando, però, il passato per cogliere con più evidenza il cammino percorso.

L’autore è sicuramente una persona che, per la sua competenza e per la sua esperienza, può permettersi questa ampia e suggestiva cavalcata dai primissimi tempi apostolici ai nostri giorni. Di origine messicana, per dodici anni – dal 1991 al 2003 - è stato superiore generale del suo ordine, i carmelitani scalzi, e dal 1994 al 2000 ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Unione dei superiori generali (USG). Proprio in quest’ultima sua veste, nel novembre del 1993, ha presieduto un convegno internazionale in preparazione ai lavori del sinodo sulla vita consacrata del 1994.

Nel suo intervento sulla “identità” della vita consacrata, ha esordito con una serie di affermazioni che in questi ultimi 13 anni hanno fatto sicuramente storia. Ne troviamo un’eco esplicita anche in quest’ultima sua opera. Il modello tradizionale della vita consacrata, scrive rievocando il suo intervento al convegno del 1993, è giunto ad un “incrocio decisivo” e sta attraversando una crisi. La figura storica che esso ha assunto finora sembra essersi esaurita e giunta al tramonto. Se ne mettono in discussione le strutture, i simboli, la teologia. Si intuiscono molte cose, ma non si riesce a delinearle e definirle. È necessario accogliere o ricreare un nuovo modello, che non è ancora disponibile, anche se si intuisce la necessità di trovare una sintesi fra “mistica” e “missione”, fra l’esperienza fondante e la realtà storica (79).

 

MEMORIA

DEL PASSATO

 

Dal convegno del 1993 a oggi non sono mancati eventi e documenti che hanno ulteriormente dilatato i confini della riflessione sulla vita consacrata. Pensiamo, anzitutto, ai lavori del sinodo episcopale stesso del 1994 (un punto “di arrivo”, dice Maccise, e insieme “di partenza” del cammino della vita consacrata negli ultimi trent’anni) e alla relativa esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Vita consecrata del 1996. Pensiamo ancora ai due documenti della Congregazione romana per la vita consacrata La vita fraterna in comunità (1994) e Ripartire da Cristo (2003). Pensiamo, inoltre, allo stesso congresso internazionale del 2004, alle “plenarie” dell’unione internazionale delle superiore generali (l’ultima delle quali risale al maggio di quest’anno), alle due assemblee annuali dell’USG, a tutte le commemorazioni del primo decennio del documento di Giovanni Paolo II Vita consecrata e del primo quarantennio del decreto conciliare Perfectae caritatis. Se a tutto questo aggiungiamo i documenti dei vari capitoli generali e provinciali e quelli dei rispettivi superiori generali, non possiamo certo dire che in questi ultimi anni sia mancata un’ampia riflessione sui vari aspetti della vita dei consacrati.

Il volume di Maccise ne è una sapiente, ampia ed esplicita conferma. Per comprendere la sua insolita impostazione val la pena ricordare che da tempo l’editrice carmelitana di Burgos ha avviato la collana cien fichas sobre, cioè cento schede su tutta una serie di argomenti: da Dio all’ecumenismo, al Vaticano II, alla Madonna, alla “Nuova era”, a Edith Stein, a Elisabetta della Trinità, a Teresa di Lisieux. Fra i tanti argomenti non poteva mancare ovviamente anche quello sulla vita consacrata. È qualche cosa di diverso e di molto più omogeneo di un semplice dizionario o di uno dei tanti prontuari. I dieci capitoli sono a loro volta suddivisi in dieci temi. Da qui il titolo del volume: Cento temi di vita consacrata. Anche la semplice elencazione dei dieci capitoli dà immediatamente la percezione della ricca articolazione del discorso di Maccise: storia, fondamenti biblico-teologici, consacrazione, consacrazione e voti, comunione, missione, formazione, spiritualità, aspetti giuridici, sfide attuali.

Lo sforzo, o, per usare una parola molto cara all’autore, la “sfida” da lui affrontata è stata quella di concentrare in poche pagine argomenti che normalmente richiedono trattazioni e sviluppi molto più ponderosi. Anche se nelle intenzioni dell’autore è percepibile una certa successione logica degli argomenti affrontati, sicuramente ognuno dei dieci capitoli, ma, per certi versi, anche ognuno dei singoli cento temi, può essere letto indipendentemente da quelli che lo precedono o da quelli che lo seguono.

Non si tratta, come detto, di un prontuario “pronto all’uso” per lo studio e la riflessione personale o per l’animazione di incontri comunitari sulla vita consacrata. Anche questo, certo. Ma c’è molto di più. C’è un disegno complessivo e costante nel tracciare un percorso molto articolato e anche molto problematico che dagli inizi della storia della Chiesa arriva alle sfide dei nostri giorni. «La vita consacrata nel cristianesimo, scrive Maccise in apertura del primo capitolo, è caratterizzata da una maniera originale di essere e di camminare alla sequela di Gesù. Diverse forme di vita consacrata sono apparse nel corso della storia della Chiesa per rispondere a nuove sfide socio-culturali» (9).

L’autore parte dal presupposto, continuamente richiamato nel corso dell’opera, che i vari modelli di società, di Chiesa, di teologia, di cultura hanno sempre condizionato, nel bene e nel male, la stessa vita consacrata. I voti, ad esempio, «non hanno lo stesso significato né la stessa espressione teologica e spirituale in una cultura agricola, prescientifica e sacra rispetto a quello che hanno in una cultura urbana, tecnico-scientifica e secolare» (129). Gli obblighi che la persona consacrata assume mediante i voti o altri simili legami sono sempre influenzati non solo dai diversi contesti socio-culturali, ma anche da quelli più prettamente ecclesiali. «La vita consacrata è stata condizionata nella sua struttura dalle situazioni socio-culturali ed ecclesiali di ogni epoca» (178).

Questo discorso, ad esempio, vale soprattutto per un argomento tra i più dibattuti in questi ultimi tempi, quello della “rifondazione”. Sono sempre i condizionamenti sociali ed ecclesiali propri dell’epoca di fondazione di un istituto religioso a spiegare la spiritualità, l’apostolato, l’organizzazione primitiva di un istituto. Tutti questi vari aspetti «non sono in alcun modo qualcosa di perfetto e di immutabile». Per cui, volendo mantenere una fedeltà autentica al carisma di fondazione non c’è alternativa ad una sua continua rilettura. I fondatori sono stati degli autentici profeti che, fedeli allo Spirito, hanno saputo aprire vie nuove, soffrendo spesso tensioni, incomprensioni, persecuzioni. «Risulta curioso che molti vogliano ora convertirli in baluardi dell’immobilismo, quando invece sono il prototipo dei pionieri dei cammini dello Spirito» (380). La riappropriazione del carisma di fondazione richiede non solo una “memoria del passato”, ma anche una necessaria “visione del futuro”, proprio a partire dalle nuove circostanze socio-culturali ed ecclesiali in cui il carisma di fondazione si è di fatto venuto a trovare. Solo in questo modo, per Maccise, è possibile vivere oggi i valori fondamentali del carisma in forma “significativa e intelligibile”.

 

IL NUOVO

GIÀ INCOMINCIATO

 

Scegliendo qua e là fra le tante suggestioni del volume emerge con chiarezza tutta la “passione” del suo autore nei confronti di un’esperienza di vita, quella dei consacrati, che per quanto “in sofferenza”, potrebbe però avere un sicuro e significativo futuro davanti a sé. Senza chiudere gli occhi di fronte alle insufficienti motivazioni bibliche, teologiche, ecclesiali del passato, bisogna saper vedere il “nuovo” che lo Spirito non si stanca mai di suscitare per il bene di tutta la Chiesa.

Di fronte alle sfide moderne della secolarizzazione, della globalizzazione e della liberazione sarebbe fin troppo ingenuo pensare che anche la vita consacrata non venga direttamente coinvolta. Con il Vaticano II è andata in crisi la concezione della vita consacrata come “stato di perfezione”. La nuova coscienza della vocazione laicale-secolare «ci obbliga a modificare la nostra comprensione teologica della vita consacrata» (114). Non sono più ipotizzabili oggi delle comunità religiose incentrate esclusivamente sull’osservanza della regola. La missione da vivere oggi sempre di più “nel deserto”, “nelle periferie”, “sulle frontiere”, è una parte integrante, fondamentale nella vita dei consacrati. Per sua natura la loro vita è evangelizzatrice. Ma sarà tanto più efficace quanto più sostenuta da una profonda spiritualità che non è solo una “parte”, ma è “tutta” la loro vita.

Maccise non si stanca di evidenziare il predominio della riflessione teologica maschile anche nell’ambito della vita consacrata. Nel volume rievoca alcune vicende relative alla redazione del documento Verbi sponsa del 1999 sulla clausura, un esempio evidente del “discrimine” nei confronti delle donne consacrate contemplative. «Furono uomini quelli che legiferarono su un tipo di vita che conoscono solo in teoria». Non è più possibile continuare a considerare la religiosa contemplativa come «una minorenne, come nei secoli passati, incapace di mantenersi fedele alla sua identità claustrale se non c’è vigilanza da parte degli uomini» (368). Quanta difficoltà a favorire nelle monache contemplative «la percezione della necessità che siano proprio loro a riflettere sugli orizzonti teologici della loro vocazione e missione nella Chiesa. Sono stati quasi sempre degli uomini quelli che hanno elaborato la dottrina teologica della vita contemplativa femminile» (369).

 

In un’epoca di disincanto, di crisi, di sconcerto, di ansia e di oscurità davanti al futuro, Maccise suggerisce alcune chiavi di lettura per guardare con fiducia in avanti. «Mentre dopo il concilio si parlava con insistenza di rottura e di liberazione dalle cose secondarie, oggi si preferisce il ricorso ad altre chiavi interpretative della realtà, da quella dell’esilio, come tempo di purificazione, a quella della gratuità assoluta di Dio, a quella, infine, della notte oscura, in cui, come insegna san Giovanni della Croce, davanti al credente si apre un cammino di fede, speranza e amore».

Maccise conclude il suo libro riproponendo la sintesi finale del congresso internazionale sulla vita consacrata del 2004. Mentre alcune realtà “obsolete” della vita consacrata stanno ormai definitivamente morendo e scomparendo, «qualcosa di nuovo sta nascendo». Anche se non sempre si riesce a intravvedere chiaramente l’azione dello Spirito in atto, alcuni “germogli di novità” sono sotto gli occhi di tutti: il fascino della figura di Gesù sulla vita consacrata, la centralità della lectio divina, iniziative nuove, audaci, profetiche, di frontiera nell’ambito dell’evangelizzazione, il dialogo interculturale, interreligioso e interconfessionale, l’inserimento a partire dagli ultimi e dagli esclusi, le nuove forme della comunicazione, la missione e l’opzione per i poveri, la ricerca di una comunione e di nuove comunità basate su relazioni profonde, la riscoperta, da parte dei consacrati, della Chiesa locale (parrocchia e diocesi), della città, della società, dell’umanità intera, l’esigenza di una nuova spiritualità che sappia integrare missione e contemplazione, l’importanza del dialogo intercongregazionale e intergenerazionale, il passaggio da una vita consacrata che “fugge” dal mondo a una vita consacrata incarnata e testimone di trascendenza. È a partire proprio da questi germogli che i consacrati, come ricorda Vita consecrata, non hanno solo «una gloriosa storia da ricordare e da raccontare”, ma anche “una grande storia da costruire».

 

A. Arr.

 

 

1 C. MACCISE, Cento temi di vita consacrata (storia e teologia, spiritualità e diritto), EDB, Bologna 2007.