UNA VITA AFFIDATA A DIO

 

La vicenda di p. Giancarlo Bossi, missionario del Pime sequestrato da ribelli per quaranta giorni a Mindanao nelle Filippine ha interessato in Italia una moltitudine crescente di persone che ha seguito con apprensione e speranza l’evolversi e la conclusione felice della situazione. Recentemente presso la EMI è stata pubblicata una interessantissima intervista a p. Giancarlo Bossi curata dalla redazione di Mondo e Missione. In realtà, il rapimento di missionari a Mindanao non è una novità, ma come hanno evidenziato i curatori del volume, quello di p. Bossi «è stato il rapimento più mediatico tra quelli occorsi ai missionari italiani negli ultimi anni. Né padre Luciano Benedetti (anch’egli del Pime), né padre Giuseppe Pierantoni (dehoniano) – entrambi sequestrati nella zona di Mindanao – avevano ottenuto un’attenzione paragonabile a quella che giornali e tv hanno riservato a padre Bossi nei quaranta giorni della sua prigionia». (p. 87). La ragione nasce probabilmente dal fatto che mai come in questo periodo storico la condizione critica dei cristiani in Medio oriente e in Iraq ha acceso l’interesse dell’opinione pubblica, specialmente italiana.

 

Eroe per caso

 

Subito dopo la sua liberazione, tutti abbiamo potuto conoscere ed apprezzare la discrezione e l’umiltà di questo missionario definito “eroe per caso”. Commenta Fazzini: «a p. Giancarlo è costato raccontarsi. Dopo aver subito l’assalto di giornalisti, taccuini e telecamere, la prospettiva di sottoporsi nuovamente a una serie di interviste non gli ha fatto fare salti di gioia. Dietro la sua ritrosia c’erano il pudore del missionario che chiede solo di lavorare a servizio del suo popolo, lontano dal clamore» (p. 14).

Il libro ha lo scopo di aiutare il lettore a comprendere l’atteggiamento interiore con cui p. Bossi ha affrontato la sua drammatica vicenda, ma anche offrire un contributo alla comprensione reale «dell’identità del missionario».

 

Rapito da Dio,

dalla gente e dai piccoli

 

La categoria del rapimento rappresenta il filo conduttore di tutto il libro. Ciò è evidente fin dalle prime pagine del racconto della nascita e sviluppo della vocazione cristiana e missionaria dell’autore. La titolatura dei medesimi capitoli diviene emblematica e rappresentativa dell’identikit del missionario e, in particolare, della storia spirituale di p. Bossi: rapito da Dio, rapito dalla gente, rapito dai piccoli.

L’esperienza dolorosa del sequestro da parte di guerriglieri – quaranta giorni – sono stati letti da p. Bossi come un esodo psicologico e spirituale: «Mi sono ricordato dell’Esodo: un cammino iniziato e da portare a termine. Ma ho pensato ai quaranta giorni di tentazione vissuti da Gesù. Liberazione e tentazione sono due dimensioni sempre presenti e collegate tra loro. Anche Israele l’ha sperimentato: aveva nostalgia della schiavitù. Per me il sequestro è stato anche un cammino di purificazione, di recupero dell’essenzialità, scoprendo più profondamente il senso della povertà. Mangiavi quando te ne davano e quel che ti davano. Sperimenti davvero la Provvidenza. La volta in cui è arrivato un pollo abbiamo fatto festa grande!» (p.79).

L’esperienza del rapimento ha messo in evidenza alcuni atteggiamenti che sono costanti nella vita di ogni missionario, e che di rimando, dovrebbero costituire il cuore della vita ecclesiale e di ogni comunità religiosa. Parole come dialogo, rispetto, accoglienza, perdono, speranza, sono risuonate in quei quaranta giorni come il banco di prova di un’esistenza radicalmente e quotidianamente consegnata a Dio. Per esempio alla domanda: “Non serbi rancore per i tuoi rapitori? Come fai a guardarli “con altri occhi”? p. Bossi risponde: «Ho provato a gustare le cose che essi sapevano darmi col cuore. Un esempio: i miei carcerieri sapevano che quando mi mettevo su una certa roccia era per pregare; quindi in quei momenti lì non mi hanno mai disturbato. E anch’io non mi permettevo mai di disturbarli mentre pregavano» (p. 73).

 

Lasciarsi rapire

dagli ideali

 

Questo libro è sicuramente una positiva testimonianza destinata a coloro che si propongono di confrontarsi con persone la cui vita è piena e felicemente realizzata, nonostante (o grazie) le drammatiche vicende della esistenza. Certamente un libro da consigliare ai giovani. Davanti a 400mila giovani riuniti il primo settembre scorso nella piana di Montorso a Loreto, p. Bossi ha confidato loro: «Prima che gli uomini di Abu Sayyf, a rapirmi sono stati la radicalità del Vangelo, l’amore per Cristo e la passione per i poveri. Sono convinto che ciascuno di noi abbia un sogno da realizzare. L’importante è mantenere vivo il sogno della vita. Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali» (p.94).

A conclusione della sua testimonianza ha raccontato: «Durante i 40 giorni del mio deserto nella foresta mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera è diventata più essenziale e forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva. Nelle difficoltà con forza si sperimenta la tenerezza di Dio. Io sono qui a nome di tutti quelli che agiscono nel silenzio». (p. 96)

Un libro dunque che racconta una vita affidata a Dio e il ritratto di un uomo portavoce di tanti missionari che operano nel silenzio.

 

Sergio Rotasperti

 

1 G. Bossi, Rapito, Quaranta gorni con i ribelli, una vita nelle mani di Dio, Vita di Missione, Bologna, EMI 2007, pp.127, ¤ 10,00.