LE SUORE IN CINA: UNA STORIA POCO CONOSCIUTA
VITALITÀ MAI SPENTA
Per secoli le donne
cinesi, prima le cosiddette “Beatas”, poi le vergini consacrate e
successivamente le congregazioni religiose hanno tenuto viva la vita cristiana
nel paese. Mentre oggi gli istituti maschili sono proibiti, le congregazioni
femminili sono in pieno sviluppo, ma con numerosi problemi da affrontare.
Un proverbio dice che Dio scrive diritto anche sulle righe storte. O meglio, come dice Paolo, “noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8,28).
Non è solo un’impressione, ma una conferma quella che si ricava leggendo le vicende della vita religiosa in Cina, narrata da sr. Gudula Thimm smic, missionaria dell’Immacolata concezione di Maria, che in Germania accompagna le suore studenti cinesi a Sankt Augustin.1
Le righe storte sono la lunga e complessa storia della Cina nelle cui vicende, a volte drammatiche, si è inserita la vita consacrata con espressioni a volte impensate, comunque sempre originali, e si è mantenuta viva fino ad oggi, dopo aver attraversato il “Mar Rosso” della violenta persecuzione comunista che ha avuto il suo massimo esponente in Mao Zedong. La vita consacrata, abbandonata a se stessa dopo lo scioglimento di tutti gli istituti e le espulsioni dei missionari stranieri, ha trovato altri modi di sopravvivere, compresa la clandestinità. Oggi conosce una nuova vitalità, ma continua a essere inserita in un contesto politico definito “tollerante”, in realtà avverso, con tutti i problemi che ne derivano.
Dopo la lettera del papa alla chiesa cattolica cinese del 30 giugno scorso (54 pagine e 20 capitoli) e mentre qualcosa sembra muoversi nei rapporti tra il governo cinese e il Vaticano, ci sembra interessante presentare questa panoramica della vita consacrata – che per ora è esclusivamente femminile – in Cina per cercare di allacciare un vincolo spirituale con una realtà non solo poco conosciuta, forse anche estranea, o per lo meno, assente dalle nostre quotidiane attenzioni. Durante la prossima estate si svolgeranno in Cina le Olimpiadi e lo sguardo del mondo sarà tutto rivolto a questo avvenimento. Ma distratti dallo sport, non dimentichiamo la Chiesa che in questo paese è ancor priva di libertà e non dimentichiamo la vita consacrata che ha bisogno del nostro interessamento e del nostro sostegno.
La Cina è stata toccata da tre tentativi missionari: nel 7/8o secolo dai nestoriani, nel 13°secolo dai domenicani e dai francescani, e nel secolo XVI dai gesuiti. Ai gesuiti sono seguiti i domenicani, i francescani, i missionari di Parigi e i lazzaristi. Il mondo cinese richiese dai missionari una grande capacità di adattamento e una grande sensibilità. Nella loro attività missionaria essi dipesero molto dall’aiuto offerto loro soprattutto dalle donne. Solo attraverso di esse, poterono conoscere le famiglie che avevano una fede cristiana. L’istituzione delle “Beatas” cinesi e delle vergini costituiva pertanto una necessità se i missionari volevano raggiungere la gente.
All’inizio del 16° secolo c’erano già a Fujian le “Beatas”, vergini cristiane che mediante i voti privati di verginità si consacravano al servizio di Dio e della missione della chiesa. I domenicani avevano portato dalla Spagna questa forma di vita dove le “Beatas” godevano di molta stima.
Nella Cina occidentale i missionari di Parigi introdussero all’inizio del secolo 17° una forma simile, le “vergini cristiane”. Allo stesso modo delle “Beatas”, le giovani vergini emettevano i voti privati di verginità, vivevano nelle loro famiglie e istruivano le donne e i fanciulli. Verso la metà del secolo 17o si trovano queste giovani vergini in tutte le regioni missionarie della Cina. Diversamente dalle “Beatas”, esse svolgevano anche attività apostoliche al di fuori delle loro famiglie. Erano soggette a un sacerdote o a un vescovo diocesano. Svolgevano un’attività sia pastorale sia sociale, per esempio si occupavano delle ragazze ripudiate o dei bambini moribondi, si prendevano cura delle chiese e delle cappelle e, non da ultimo, anche delle faccende domestiche del missionario. Il gesuita p. Fourrier affermava di esse nel 1855: «La missione trova un aiuto prezioso nelle vergini cristiane. Dove queste mancano, tutto si ferma e ristagna, la freschezza della vita e lo zelo derivano soprattutto da loro».
Verso il 1669 troviamo nella provincia di Fujian i primi tentativi di un istituto di vergini. Vengono ricordate 12 “Beatas”, vergini, che prestavano il loro aiuto ai missionari nella cura delle donne e dei bambini. Nel 1777 il p. Martinus Moye fondò con un gruppo di vergini cristiane la comunità delle vergini catechiste. Le catechiste erano già meglio formate, insegnavano e spiegavano il catechismo, accompagnavano le donne in chiesa e imparavano assieme a loro le preghiere. Le donne dei nuovi cristiani non si recavano in chiesa senza l’accompagnamento delle vergini. Nelle antiche comunità cristiane esse costituivano il sostegno della famiglia e dell’intera comunità. Il vicario apostolico Faurie pensava, per la loro presenza, che si potesse già rinunciare del tutto alle suore europee.
Martillat, il vicario apostolico di Yunnan e Sichuan, redasse nel 1744 la prima regola, approvata poi da Roma nel 1784. In questo modo le vergini cristiane ottennero uno status ben definito nella Chiesa. Nel 1832 questa regola fu assunta in tutta la Cina e rimase attuale fino al secolo 20°.
Con il miglioramento della loro formazione, alle vergini furono affidati nuovi e molteplici compiti. Non erano più responsabili solo della pulizia e del decoro delle chiese del villaggio, ma fungevano da insegnanti negli orfanotrofi e nelle scuole di catechismo, inoltre lavoravano in qualità di infermiere in piccole cliniche. Quelle che continuavano a vivere in famiglia, si prendevano cura dei fedeli per la frequenza regolare della santa Messa, la ricezione dei sacramenti e l’insegnamento delle verità della fede.
Per essere accolta tra le vergini, bisognava che una giovane avesse compiuto almeno i 18 anni e aveva bisogno del permesso del pastore d’anime. Per due o tre anni rimaneva novizia. Il voto di verginità poteva essere emesso soltanto all’età di 25 anni. L’abito della vergine consisteva di un panno di cotone grezzo color viola o nero, come quello che indossavano le donne del paese. Per accostarsi a ricevere la comunione indossavano un velo. Avevano anche una loro acconciatura dei capelli: le trecce sciolte che venivano annodate.
Quando nel 1724 il cristianesimo fu proibito dall’imperatore cinese, i missionari dovettero lasciare il paese. Nei seguenti cento anni di persecuzione, la guida delle comunità ricadde sulle vergini. Esse assunsero i compiti del sacerdote, battezzavano, tenevano riunioni di preghiera, annunciavano la parola di Dio e mantenevano unita la comunità. Non si potrà mai rendere sufficiente omaggio al loro impegno nel coltivare la fede durante questa epoca. Il lungo tempo di assenza dei missionari cambiò il ruolo delle vergini e conferì loro un alto grado di autonomia. Per questa ragione, quando i missionari tornarono in Cina, ebbero con loro delle difficoltà. Nel 1851 un vescovo lamentava che «esse erano superbe e ignoranti e che molte di loro suscitavano grande scandalo».
Nonostante la grande considerazione, le vergini, come tutte le donne cinesi, occupavano un posto inferiore. Nella tradizione cinese alla donna non era permesso di avere una sua opinione ed essa doveva obbedire all’uomo. Da lei ci si aspettavano quattro virtù: “morigeratezza, un parlare conveniente, un comportamento corretto e diligenza”. Sono atteggiamenti che si trovano anche in Paolo (1Cor 14,34). Questo ebbe come conseguenza che le donne furono tenute lontane da ogni incarico maggiore nella Chiesa. Nelle donne cinesi, tenute per tradizione all’obbedienza, una teologia del genere ha rafforzato ancor di più il modello dell’obbedienza. Le cristiane cinesi portavano così un doppio peso: quello della loro cultura tradizionale e quello di una teologia cristiana tradizionale. Tenendo presente questa realtà, l’istituzione delle vergini cinesi costituiva qualcosa di innovativo e persino di emancipatorio.
Le vergini hanno servito fedelmente la Chiesa per oltre 300 anni. La loro istituzione è stato il primo gradino di una vita consacrata a Dio delle donne cinesi. I primi ordini locali di religiose furono costituiti in gran parte dalle vergini cristiane. Questo stato di verginità tuttavia è rimasto fino a oggi una istituzione autonoma. Al tempo dell’oppressione e della persecuzione della Chiesa sotto Mao Zedong, le vergini non poterono più continuare il loro lavoro. Le loro comunità furono sciolte e distrutte. Ma anche in questo caso furono nuovamente le vergini a custodire e tramandare la fede nel segreto.
CONGREGAZIONI
FEMMINILI LOCALI (19/20o SEC.)
Dopo il ritorno in Cina verso la metà del 19° secolo, i missionari cominciarono a fondare delle congregazioni femminili locali, che divennero i germi della vita consacrata nel paese. Ci fu tuttavia anche una resistenza da parte delle vergini contro questa appropriazione. Una parte delle vergini rimase autonoma e continuò a vivere come prima e a coltivare le medesime attività apostoliche. Alla fine del 19° secolo giunsero in Cina le prime suore missionarie straniere. Queste aiutarono le comunità locali a redigere le regole religiose e le costituzioni, nella formazione alla vita religiosa e nell’esercizio di attività manuali per il proprio sostentamento. Sostennero anche l’educazione e la formazione delle giovani vergini candidate. Tutti e tre i gruppi si sono sostenuti a vicenda nel lavoro missionario che abbracciava i seguenti ambiti: visite alle famiglie, cliniche ambulanti, istruzione catechistica, cura della chiesa, orfanotrofi, scuole primarie e superiori per ragazze, ecc. Dagli orfanotrofi e dalle scuole e anche dalle vergini giunsero le prime vocazioni femminili, sia per le congregazioni locali sia per quelle straniere.
L’attività missionaria in Cina poté basarsi su tre punti d’appoggio: le vergini, le suore indigene, e le missionarie straniere. Fino al 1949 queste forme di vita consacrata rimasero presenti nelle stazioni missionarie.
Verso il 1900 si contavano oltre 500 suore indigene nelle congregazioni locali e nelle congregazioni missionarie europee. Nel 1940 ogni vicariato apostolico in Cina aveva una congregazione di suore indigene. Ma c’erano anche 3/4.000 missionarie laiche attive nel campo dell’evangelizzazione tra la popolazione delle campagne. La maggior parte di esse erano vergini consacrate. Ambedue i gruppi, le nuove congregazioni femminili diocesane e le “vergini cristiane”, continuarono la loro vita e crebbero di numero: nel 1928 c’erano 2.641 suore cinesi e 1.327 straniere. Nel 1948 erano 5.112 le cinesi e 2.351 quelle straniere e circa 3.000 le vergini cinesi consacrate.
Le comunità femminili cinesi hanno continuato e sviluppato la tradizione cattolica di vita consacrata come l’avevano ricevuta dalle suore straniere. In questo modo esse hanno cooperato sostanzialmente all’adattamento della religione cattolica alla cultura cinese. L’attività apostolica missionaria sia delle vergini sia delle suore indigene e straniere ha cooperato anche a cambiare il ruolo della donna nella società cinese. La loro vita religiosa e il loro stato nella Chiesa esercitò un fascino su numerose giovani cinesi e ciò continua anche oggi.
CHIESA
DEL SILENZIO
Dopo l’arrivo al potere di Mao Zedong nel 1948, il partito comunista cercò non solo di controllare la religione, ma anche di distruggerla. Tutte le congregazioni religiose furono sciolte e le loro scuole, cliniche, orfanotrofi e asili statalizzati. I missionari e le missionarie dovettero abbandonare la Cina dopo lunghe umiliazioni, processi e imprigionamenti. Nel 1957 non c’era più alcuna suora straniera nel paese. Le suore cinesi furono mandate a casa; si sposarono o furono costrette a farlo, lavoravano come operaie nelle fabbriche, come infermiere, medici, insegnanti, impiegate e contadine. Molte furono imprigionate e inviate nei campi di lavoro. Alcune, singolarmente o in piccoli gruppi, continuarono la loro vita consacrata nella clandestinità e rinnovarono privatamente i loro voti. Erano missionarie silenziose che mantenevano viva la fede e la trasmettevano. Un piccolo numero di suore, membri degli istituti internazionali, abbandonò il paese per svolgere la loro attività tra i cinesi d’oltremare, a Hong Kong, Macau, Taiwan e in altri paesi.
Il governo cinese fondò agli inizi del 1950 l’“Associazione patriottica” e istituì l’ufficio della religione come organo di controllo. Fu permessa dal governo solo la chiesa ufficialmente approvata, guidata da vescovi riconosciuti dal governo, la maggior parte di questi oggi riconosciuti anche da Roma. Un gran numero di cattolici prese le distanze da essa e seguì i vescovi legittimamente riconosciuti da Roma nella clandestinità. La chiesa clandestina non è ancora ammessa a tutt’oggi e pertanto continua a essere sotto osservazione nelle sue attività e perseguitata. Ma c’è un controllo anche sulla chiesa ufficiale e le trasgressioni contro le leggi religiose sono perseguite, come si può leggere tutti i giorni sui giornali.
Al tempo della rivoluzione culturale (1965-1975) tutte le chiese furono chiuse. Qualsiasi attività religiosa fu strettamente proibita. I vescovi, i sacerdoti e le suore sia della chiesa ufficiale sia di quella clandestina furono condannati da 20 a 30 anni di prigionia o a campi di lavoro.
Dopo la morte di Mao Zedong (1975) c’era in tutta la Cina una sola chiesa aperta, a Pechino, che rimase in funzione su pressione diplomatica internazionale per il personale delle ambasciate.
Per la chiesa cinese iniziò una lunga e dolorosa via crucis. Nella Cina di Mao nessuno poteva cercare di entrare in una congregazione femminile. Fu propagandato il nuovo uomo socialisticamente plasmato. La religione non costituiva alcun elemento positivo nella rivoluzione comunista e la vita religiosa era considerata inadeguata per questo genere di uomo.
Nel gennaio del 1956 c’erano in Cina soltanto 27 missionari (16 sacerdoti e 11 suore). Restava sul posto il clero indigeno con 2.542 sacerdoti, 663 fratelli e 4.717 suore. I cattolici rimasero per decenni da soli con i loro pastori, senza poter ricevere alcun sostegno dall’estero.
RINASCITA
DELLA VITA RELIGIOSA
La morte di Mao Zedong e le riforme di Deng Xiaoping all’inizio del 1980 portarono a una rinascita della religione cattolica e delle altre religioni dopo 30 anni di continua oppressione. Poco alla volta furono riaperti le chiese e i seminari. I vescovi del luogo, con il permesso del governo, poterono far rinascere le congregazioni femminili e fondarne di nuove. In ogni diocesi tuttavia era consentita solo una congregazione. Gli istituti maschili rimasero invece proibiti, perciò, fino ad oggi, essi esistono solo nella clandestinità. Tuttavia molti dei vescovi più anziani sono religiosi e non pochi giovani preti cinesi desiderano entrare in un istituto. Anche se la costituzione cinese garantisce ai cittadini la libertà religiosa, da molto tempo essa non è affatto assicurata pienamente. Di fronte alle religioni c’è una certa tolleranza, ma con una quantità di restrizioni e di controlli.
«Qui la Chiesa è libera, in Cina invece no”. È quanto ebbe a dire una giovane suora cinese al Katholikentag di Saarbrücken (Germania). La Chiesa e le comunità religiose non sono libere. Tutti i vescovi e i collaboratori della chiesa e anche le comunità religiose appartenenti alla chiesa ufficiale devono farsi registrare dal governo. Se una suora vuole studiare o specializzarsi in qualche materia ha bisogno del denaro dell’istituto, di una scuola ecc. Tutto ciò passa soltanto attraverso il consenso del governo. È ovvio che le comunità religiose e i vescovi cerchino altre strade per raggiungere questi scopi senza il controllo del governo. Ma questa tensione lacera anche i conventi delle suore. Ci sono così, per esempio, suore, soprattutto nelle comunità delle città, che hanno un buon rapporto con il governo, che tuttavia ne divengono anche più facilmente succubi. Ciò crea negli istituti e anche nella chiesa un clima di sospetto. Ecco, a questo proposito, un grave esempio attraverso cui sono passate tutte le congregazioni della Cina: nel 1980 era entrata in una comunità una donna di una famiglia cattolica che negli anni ’50 aveva scritto un articolo di denuncia nei riguardi della chiesa cattolica. Bisognava essere prudenti. Quando dopo solo tre anni di appartenenza avrebbe dovuto assumere l’incarico di superiora, le suore le negarono la loro collaborazione.
ALLA RICERCA DELL’EREDITÀ
E DELLA TRADIZIONE
Esiste oggi in Cina una varietà di istituti religiosi femminili. Le statistiche oscillano tra 70-100. Alcune congregazioni, poche, hanno 200-300 membri, ma la maggioranza ne ha solo 30-50 o anche meno. L’età media delle suore è di 35-50 anni. Appartengono a diverse congregazioni che negli ultimi 30 anni o sono di nuova fondazione oppure sono state rifondate. A queste se ne aggiungono sempre di nuove. I vescovi sciolgono le congregazioni e le fondano poi di nuovo. Le suore operano in 60 delle 138 diocesi. Nel 2004 il loro numero era di 5.200 (1.700 nella clandestinità e 3.500 ufficiali), mentre le novizie erano 1.600 (800 clandestine e 800 ufficiali).
Le congregazioni femminili cinesi hanno assunto la tradizione cattolica della vita consacrata, così come è giunta loro attraverso le suore missionarie straniere, l’hanno continuata e sviluppata. Questa tradizione fu interrotta nel 1949 a causa della chiusura delle loro comunità e continuata singolarmente o in piccoli gruppi nella segretezza. Alla rinascita della vita consacrata dopo oltre 30 anni le nuove congregazioni si sono trovate davanti a un vuoto spirituale. I vescovi, i sacerdoti e le precedenti suore anziane cercarono di fornire i fondamenti spirituali a questa incipiente vita religiosa. Un sacerdote cinese raccontava che il suo vescovo aveva suggerito ai loro nuovi seminaristi di recitare ogni giorno sei rosari. Gli studenti avevano preso molto sul serio questa raccomandazione.
Nella ricerca di una eredità e di una tradizione della vita consacrata molti istituti si orientarono secondo lo spirito delle precedenti congregazioni. Oggi si possono distinguere cinque categorie di fondazioni religiose, a cui hanno fatto da padrini le congregazioni straniere e le suore cinesi più anziane, come pure i vescovi anziani e i sacerdoti: Congregazioni collegate con le loro ex comunità internazionali. Quando nel 1949 le suore furono espulse dalla Cina, esse dovettero lasciare le loro consorelle cinesi. Alcuni gruppi continuarono la loro vita consacrata nella segretezza e mantennero vivo il carisma della loro congregazione. Dopo il 1979 esse hanno potuto riprendere i contatti con le loro congregazioni all’estero e con il loro aiuto ricostruire i propri conventi.
Alcune congregazioni internazionali, nonostante i 30 anni di assenza, rimasero provvidenzialmente impresse nella memoria dei cristiani cinesi. Alla loro rinascita il vescovo diede ai nuovi gruppi di suore lo stesso nome con l’intenzione di continuare la loro vita secondo lo spirito di queste congregazioni internazionali. Queste si sentirono in dovere di sostenere attivamente tali gruppi di suore, soprattutto nella loro formazione spirituale.
Altri gruppi di suore, anch’esse attratte dallo spirito delle precedenti congregazioni internazionali, hanno assunto solo un nome similare. Non hanno tuttavia nessun contatto con queste congregazioni estere, per cui non ricevono da loro nessun sostegno.
Altri gruppi di suore sono costituiti da congregazioni cinesi richiamate in vita, fondate da missionari o missionarie oppure da vescovi cinesi. Queste hanno potuto essere richiamate in vita con il sostegno di alcune suore più anziane, in cui si era conservato il carisma dell’istituto. Tra di esse ve ne sono alcune che hanno dei contatti con le congregazioni di fondazione dell’estero, ma sono giuridicamente separate.
La maggior parte delle suore appartiene a fondazioni del tutto nuove. Sono state erette di volta in volta dal vescovo del luogo senza alcun legame con il passato. In genere sono state tutte fondate per sostenere le attività pastorali delle diocesi. A questi gruppi manca l’eredità della tradizione della vita consacrata. Manca loro un chiaro carisma, una missione specifica e uno spirito comune che li unisca. Tuttavia questi gruppi godono nella comunità di un prestigio stupefacente e di un grande influsso.
COSTRUZIONE
INTERNA ED ESTERNA
La crescita delle vocazioni di suore in Cina è consolante. Testimonia che la Chiesa cinese vive. Solo poche hanno dei legami con le congregazioni straniere. Le comunità devono imparare a camminare con le proprie gambe. Ma come possono farlo se nessuno le istruisce? (cf. At 8,31). Esse cercano il legame con il passato e nello stesso tempo hanno il vivo desiderio di trovare delle vie proprie verso il futuro.
Con la rapida crescita delle congregazioni femminili, non ha potuto tenere il passo la necessaria formazione spirituale e professionale dei membri. Il fatto che i vescovi abbiano visto in loro primariamente delle collaboratrici pastorali per le comunità, fin dall’inizio ha loro impedito di conoscere il contenuto più profondo della loro vocazione: «La vita consacrata, profondamente radicata nell’esempio e nella dottrina di Cristo, il Signore, è un dono di Dio Padre mediante lo Spirito alla sua Chiesa» (PC 1).
Sr. Maria Ko Ha Fong descrive così gli elementi essenziali della vita consacrata e i punti su cui le congregazioni devono lavorare.
Autonomia delle congregazioni femminili
Tutte le congregazioni femminili, di qualsiasi origine, sono sottoposte ai vescovi diocesani. La nuova fondazione o la loro rifondazione è stata oggetto di trattative tra il vescovo e l’ufficio per la religione. Le suore hanno avuto in questo un ruolo puramente passivo. Non hanno potuto scegliere da sé i compiti apostolici. Per i vescovi al primo posto stava la cura pastorale nelle loro diocesi e molto meno la natura e la teologia della vita consacrata, le sue tradizioni e il suo stato giuridico. Spesso le congregazioni sono state fondate senza un’adeguata preparazione. I vescovi e i responsabili delle comunità cristiane non avevano alcuna diretta esperienza della vita religiosa, né avevano familiarità con la vita religiosa femminile. Per queste ragioni le congregazioni, dopo la loro fondazione, continuano a dipendere dai vescovi. In molte di esse i vescovi esercitano il ruolo di superiori, controllano le finanze e stabiliscono chi deve essere inviato a studiare. Alle suore mancano in particolare quelle attività con cui poter provvedere al proprio sostentamento. Non poche pensano che la loro congregazione appartenga alla diocesi e di dover rispondere più ai vescovi e ai sacerdoti che non alle loro superiore. Il più delle volte anche i conventi sono proprietà della diocesi. A molte congregazioni manca anche lo stato di persona giuridicamente autonoma.
Identità e carisma
Il concilio Vaticano II e il sinodo sulla vita consacrata hanno definito come caratteristiche essenziali della vita consacrata le tre seguenti: la sequela di Cristo secondo i consigli evangelici, una vita in comunità e una missione specifica. La maggior parte delle congregazioni cinesi non ha un carisma specifico e una spiritualità caratteristica e nemmeno un fondatore o una fondatrice. Si tratta non solo di una necessità giuridica, ma di elementi essenziali per la comprensione del vincolo religioso, del significato della comunità e la chiarezza della missione. La vita consacrata in Cina attualmente ha bisogno di essere alimentata dal patrimonio di santità della chiesa universale. Radicata nella tradizione, deve iniziare nuovamente con dei tratti essenziali propri, creare nuove tradizioni in vista del futuro, nuove esperienze dello Spirito e trasmetterle alle successive generazioni.
Processo decisionale e formazione
La maggioranza delle candidate alla vita religiosa proviene dalle campagne. Gran parte di esse ha frequentato soltanto la scuola elementare e media. Provengono certo in gran parte da famiglie cristiane e posseggono una solida pietà, ma le loro conoscenze della fede e l’idea che hanno della vita religiosa rimangono preconciliari. Mancano loro gli aiuti per giungere a una corretta scelta della vita religiosa. Molte non sanno che la vita religiosa è una chiamata di Dio e non una decisione personale. Altre considerano la vita religiosa anche come un’opportunità di promozione sociale.
Alle congregazioni manca in gran parte un preciso piano di formazione che tenga presente che questa riguarda non solo il tempo di preparazione ai voti, ma è un processo che abbraccia tutta la vita. Per le suore cinesi un tale piano di formazione è tanto più necessario in quanto esse sono la prima generazione di suore puramente cinesi. Il compito di porre ora i fondamenti spetta loro. Le suore che hanno compiuto i loro studi all’estero possono offrire in questo il loro contributo. Ma si tratta di un lungo cammino in cui hanno bisogno di aiuto.
Servizi pastorali senza un’adeguata preparazione
I servizi pastorali delle suore prima del 1949 erano limitati all’ambito ecclesiale. Si trattava delle attività apostoliche tradizionali, come le semplici istruzioni catechistiche delle donne e dei bambini, la gestione della sacrestia e della chiesa, il menage delle case dei sacerdoti del luogo, l’aiuto medico nei villaggi oppure di lavori come la confezione dei paramenti che garantivano un piccolo introito. Anche oggi le suore sono in gran parte di nuovo occupate in questo genere di attività. Ma ci sono dei tentativi nelle diocesi di coinvolgerle con una maggiore responsabilità nell’attività pastorale e di prepararle a questi compiti. Le suore sono presenti in numerose comunità senza sacerdote. Vi sono suore che impartono l’insegnamento catechistico, curano l’istruzione biblica e predicano esercizi ai fedeli. Durante le ferie estive organizzano corsi sulla fede per giovani e bambini e in inverno per gli adulti. Per questi ultimi e per le persone istruite tuttavia è per loro più difficile non essendo in grado spesso di rispondere alle loro domande.
Le suore con una istruzione più bassa, vi rinunciano quando si trovano in una situazione del genere. Così è stato per una suora che non si sentiva in grado di rispondere alle domande degli studenti circa la religione cattolica. Durante la loro crescita queste suore non hanno ricevuto un’istruzione adeguata, neanche dopo essere entrate nelle congregazioni. Le novizie, per esempio, dovevano lavorare per guadagnarsi il loro sostentamento. Per questa mancanza di istruzione scolastica e di formazione queste suore occupano spesso un livello sociale basso nella società. Anche nell’ambito della Chiesa c’è poca stima nei loro riguardi. La prima generazione di suore avverte che manca loro questa formazione e perciò ne soffrono. Quelle che entrano oggi invece hanno già avuto una formazione e hanno lavorato professionalmente per un tempo più o meno lungo. In confronto di prima, esse hanno una maggiore consapevolezza di sé.
Lo stato non permette alle suore di impegnarsi nel settore dell’istruzione. Possono lavorare come medici o infermiere in una clinica ambulante della Chiesa oppure nella pastorale. La preparazione professionale delle suore cresce. Esse gestiscono cliniche ambulanti, case per anziani o disabili. Sono impegnate in attività pubbliche e lavorano in significativi uffici delle diocesi. Nel settore dell’istruzione è consentito loro di gestire gli asili nido. Ci sono anche congregazioni occupate in maniera particolare nel campo dell’Aids e della lebbra.
Vita di comunità
La prima generazione delle suore cinesi complessivamente è chiamata a realizzare nella vita comune le esperienze della chiesa primitiva. Attraverso l’unione e l’amore vicendevole, esse possono mostrare che essere cristiani vuol dire essenzialmente amare, servire e condividere. Possono vivere esemplarmente quell’armonia che nella cultura cinese rappresenta il massimo valore della vita, reso possibile al di là dei vincoli di sangue e degli interessi. Lo spirito di famiglia nella comunità è il luogo ideale per crescere personalmente e rendere visibile la ricchezza della vita consacrata. Le giovani congregazioni in Cina non hanno in mezzo a loro quali esempi dei membri più anziani. Perciò le suore sono ancor più stimolate a essere l’una per l’altra modello e testimoni di rispetto e di amore.
Un altro serio problema è il ruolo riguardante il governo. Il concetto di autorità e di obbedienza nella vita religiosa non è sempre chiaro. La mancanza di suore di mezza età continua a essere un problema. Molte suore e anche le attuali responsabili sono giovani e inesperte. Le superiore il più delle volte non sono sufficientemente preparate per quanto riguarda la loro qualifica umana e spirituale. È una situazione sfavorevole non avere nessuno in comunità che possegga le necessarie cognizioni e capacità per assumersi i compiti di guida. Spesso le comunità non possiedono nessun ordinamento vincolante circa i diritti e i doveri della superiora. La giovane generazione cinese di responsabili nella Chiesa e nelle comunità religiose deve rendersi conto che l’autorità non è collegata con il potere, con privilegi e il prestigio, ma col mistero della croce.
Negli ultimi decenni sono sorte in Cina anche nuove forme di vita religiosa, come il rinnovamento carismatico, i neocatecumenali, i cursillos, la comunità Emmanuel e la comunità delle Beatitudini. Due forme si sono profondamente radicate: il movimento dei Focolari e il movimento Famiglia dell’amore. La caratteristica specifica di queste nuove comunità o movimenti è di essere costituite di gruppi misti di donne e uomini, sacerdoti e laici, sposati e celibi. Essi portano nella chiesa cinese la loro ricchezza spirituale. Quale strumento di evangelizzazione operano fruttuosamente anche nella società.
Formazione
La politica delle riforme avviata in Cina a partire dagli anni ’80 non solo ha messo in moto un rapido cambiamento ecumenico, ma ha prodotto anche dei cambiamenti sociali e culturali. Il livello di vita è aumentato, ma dal punto di vista spirituale rimane un vuoto.
Non ci sono orientamenti per una vita significativa. Questi problemi sociali suscitano nella gente sempre maggiori e più alte attese nelle persone religiose. Anche i fedeli sono diventati più critici. Gli studenti, i giovani accademici nelle città appartengono in misura sempre maggiore a coloro che manifestano interesse per il cristianesimo. La Chiesa deve porsi sempre più questi problemi e prendere di nuovo in considerazione i bisogni sociali: cura degli anziani, cliniche, asili d’infanzia, impediti, malati di aids e di lebbra. Il vicario generale Shao parla di un’ “età d’oro dell’evangelizzazione”. Egli è convinto che la chiesa cattolica, che rappresenta l’1% (12 milioni) della popolazione cinese, ha una grande responsabilità in una società che si trova in una fase vertiginosa di cambiamento.
La chiesa cinese è consapevole di dover lavorare intensamente per innalzare il livello culturale dei suoi membri e dei suoi collaboratori. Come tutti i giovani della comunità cinese, così anche le giovani suore devono imparare e studiare per poter lavorare per la Chiesa e per la gente. Esse non hanno nessuna colpa se sono state private di formazione culturale nella loro gioventù. Ai vescovi e alle superiore ciò che semplicemente manca è il denaro per la necessaria formazione. Gli istituti più grandi sono in condizione di offrire alle loro suore dei programmi propri di formazione. Le suore del S. Cuore di Xian costituiscono il più grande istituto diocesano con 220 religiose. Ogni anno organizzano un corso per le suore di professione perpetua, che hanno lavorato nella Chiesa dieci anni, e uno per quelle che nelle ferie estive danno un corso religioso per bambini e giovani della comunità cristiana. Nella provincia di Shanxi nel 2003 è stato istituito un centro di formazione per sacerdoti, suore e laici, a cui fanno capo 8 diocesi. Altre istituzioni del genere sono sorte in Jinze, Sheshan, Taiyan e in Xian.
La chiesa cinese deve tuttavia cercare anche di incontrare la società. Le suore e i sacerdoti hanno bisogno di un contatto con la gente che devono servire. La Chiesa invia sacerdoti e suore alle scuole superiori e alle università. La pressione politica continua a porre delle restrizioni ai giovani. Per lo studio in una università, per esempio, i giovani sacerdoti o suore non possono presentarsi con la loro vera identità, altrimenti non sarebbero accettati.
Il bisogno di ulteriore formazione e di perfezionamento è molto grande nella chiesa cinese. I sacerdoti, i religiosi e i laici desiderano avere l’opportunità di ulteriore formazione. Per una suora o un sacerdote poter compiere la formazione all’estero costituisce una opportunità di vita. Nel 2006 studiavano in Europa 317 sacerdoti cinesi, seminaristi e suore (34).
Responsabilità della chiesa universale
Le congregazioni internazionali non possono operare in Cina come prima del 1949. A partire dal 1979 è stato tuttavia possibile stabilire dei contatti con i nuovi gruppi di religiose. Piccoli gruppi di suore di Taiwan, Hong Kong o di Macao hanno avuto il permesso dal governo di gestire attività nel campo della formazione, spiritualità e vita di comunità ecc. Con il loro aiuto le suore cinesi sono state in grado di redigere le loro costituzioni. Una delle mie consorelle di Taiwan ha trascorso tre anni in un convento cinese in qualità di guida di formazione. Le suore di un’altra congregazione internazionale hanno vissuto addirittura sette anni in una comunità.
Chi ha potuto visitare i seminari e i conventi della Cina sa per esperienza quanto sia grande il desiderio di stabilire dei rapporti con la vita della Chiesa universale. Visitando dei conventi femminili abbiamo sentito sempre la stessa domanda: «Diteci una parola di incoraggiamento», «raccontateci come vengono formate le vostre novizie», oppure «come si guida una comunità?». E anche «raccontateci qualcosa del papa». Un sacerdote che ha studiato in Germania, ha detto alla sua partenza: «Come seminaristi in Cina abbiamo sempre pensato: la chiesa è Chiesa universale, ma che cosa fa la Chiesa universale per noi? A causa della difficile situazione della Chiesa in Cina molti cristiani pensano che la chiesa cinese sia stata abbandonata dalla Chiesa universale e che debba lottare da sola». Egli è tornato in Cina con una forte certezza che essa non è sola.
Desideri e speranze
Le suore cinesi sono una benedizione per la Chiesa della Cina. Per secoli le donne, le vergini e le suore hanno custodito e trasmesso la fede in circostanze difficili. Oggi cresce nel paese una giovane generazione di suore che si sentono chiamate a tramandare ulteriormente questa eredità. Il loro compito è di rinnovare lo spirito e il carisma delle loro comunità e di portare l’amore di Dio agli uomini. Esse sono un segno di speranza e possono plasmare il futuro. Hanno il desiderio di ricevere dalla Chiesa i necessari strumenti spirituali e professionali di cui hanno bisogno per vivere la loro vocazione e di essere efficaci testimoni della buona novella di Gesù Cristo.
1 Gudula Thimm
Smic, «Ordensleben in China», in Ordens Korrespondenz 1 (2007).