UN VALORE DA RISCOPRIRE

IL SILENZIO  NELLA LITURGIA

 

Pur essendo tanto raccomandato, il silenzio nella liturgia sembra quasi scomparso. Non perché manchino i momenti, ma a causa di un certo stile di celebrazione che non sa rispettarlo e valorizzarlo. Diventa allora molto difficile educare i fedeli a entrare nel mistero celebrato.

 

Se c’è una lamentela che si sente ripetere spesso è che nelle celebrazioni liturgiche manca il silenzio. Eppure la costituzione dogmatica sulla sacra liturgia Sacrosanctum concilium ne parla espressamente: «Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio» (30). Il silenzio di cui qui si parla non è un silenzio qualsiasi, ma un silenzio definito “sacro”, ossia qualcosa che riguarda il divino e introduce a una comunione con Dio, per Cristo e in Cristo.

Il silenzio è qualcosa di costitutivo della liturgia, non un elemento a parte, come si trattasse di un’interruzione della celebrazione o di una pausa per fare un’altra cosa o per non far niente. Il silenzio dell’assemblea nei vari momenti della celebrazione è un segno sensibile e significativo del mistero celebrato, in una dimensione simbolica, un vero rito commemorativo.

Non è vero che manchi. Se infatti si esaminano bene le cose, ci si accorge che invece il silenzio c’è, o meglio è previsto e che dovrebbe far parte viva dell’arte del celebrare. Ciò che purtroppo spesso non avviene.

 

NELLA CELEBRAZIONE

EUCARISTICA

 

Prendiamo, per esempio, la santa messa, giacché di questa vogliamo qui parlare.

Fr. Alberto Beckhäuser, autore di queste note,1 osserva che non si tratta soltanto dei momenti di silenzio che precedono o seguono qualche rito. Il silenzio è in se stesso un rito simbolico che accompagna la maggior parte dei riti. Possiamo distinguere perciò tra fare silenzio o stare in silenzio oppure ascoltare in silenzio, accompagnare in silenzio, accogliere in silenzio.

Fare silenzio

L’ “Ordinamento generale del messale”, parlando della Struttura, elementi e parti della messa, al capitolo I° scrive: «Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così, durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l’omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica. Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia e nel luogo dove si indossano i paramenti e nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione». Possiamo ora analizzare i vari elementi per parti.

– Silenzio prima della celebrazione. La chiesa, casa di Dio e della comunità riunita per l’incontro con il Signore, richiede un atteggiamento di silenzio. Davanti al numinoso, al sacro, al santo, l’essere umano tace, contempla. Cosa succede invece? Prove di canto, conversazioni come se le persone fossero al mercato o nella piazza, accordo degli strumenti, un correre qua e là. Giungendo in chiesa, nel luogo del sacro, siamo invitati a raccoglierci. Chi si ricorda di salutare Cristo presente nell’Eucaristia o di recitare un’Ora dell’ufficio divino o qualche salmo? Per questo si raccomanda di «osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia e nel luogo dove si indossano i paramenti e nei locali annessi». Ciò «affinché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione».

Notiamo che non si tratta di assistere ai sacri misteri, ma di attuarli, viverli.

I fedeli non vanno in chiesa per assistere a uno spettacolo. Di conseguenza, i cantori, i musicisti non suonano né cantano per l’assemblea, ma con l’assemblea. Essi fanno parte dell’assemblea che celebra, che attua i misteri.

 

– Atto penitenziale. Il sacerdote, dopo aver introdotto la celebrazione con brevissime parole, invita all’atto penitenziale che viene compiuto dall’assemblea dopo una breve pausa di silenzio. Qui il silenzio ha un carattere di raccoglimento, per mettersi davanti a Dio come poveri, bisognosi di misericordia.

– Invito alla preghiera. L’ “Ordinamento generale” dice: «Poi il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme con lui stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni di preghiera... Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione Amen». Si tratta non di un silenzio vuoto, ma pieno di contenuto: “prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni di preghiera”. Pertanto non è questo il momento di proporre le intenzioni della messa né di recitare la preghiera con il sacerdote, ma di unirsi in silenzio alla invocazione, facendola propria acclamando Amen.

Esiste anche un’altra forma di silenzio come risposta orante. Si ha nella preghiera dei fedeli, o preghiera universale, sia nella messa sia nella Liturgia delle Ore. «Il popolo invece, stando in piedi, esprime la sua supplica con una invocazione comune dopo la formulazione di ogni singola intenzione, oppure pregando in silenzio». Una preghiera del genere è quella che troviamo anche nel Venerdì santo, sia nella grande preghiera universale, in cui l’orazione silenziosa è di domanda, sia nel momento dell’adorazione della santa Croce, in cui la preghiera silenziosa assume il carattere di adorazione.

 

– Liturgia della Parola. L’ “Ordinamento generale” tratta in maniera nuova del silenzio nella Liturgia della Parola. Enumerandone gli elementi presenta in primo luogo proprio il silenzio: «La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera. Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura, e terminata dall’omelia» (56). Si tratta di un silenzio di preparazione ad accogliere la parola di Dio, di meditazione e di risposta alla Parola con la preghiera.

Su questo punto c’è molto da fare. È necessaria una sintonia armoniosa tra colui che preside, colui che commenta, i lettori e l’intera assemblea. Quest’ultima deve essere iniziata al rito del silenzio, soprattutto prima di cominciare la Liturgia della Parola, affinché il silenzio non sia un disturbo. Il silenzio non deve suscitare molestia nell’assemblea, ma pace e tranquillità. L’ “Ordinamento generale” sulla Liturgia delle Ore ci offre un criterio importante per valorizzare il tempo di silenzio: «Si deve evitare di introdurre momenti di silenzio che deformino la struttura dell’Ufficio, o rechino molestia o fastidio ai partecipanti» (202).

La consuetudine dei capitoli dei canonici, dei monaci e religiosi di proclamare la salmodia in due cori rivolti gli uni verso gli altri ci insegna una cosa importante. I salmi costituiscono la parola di Dio in forma di risposta orante dell’essere umano. Perciò essa è proclamazione e nello stesso tempo risposta orante. Un lato annuncia mentre l’altro ascolta in silenzio. Poi il lato che ha ascoltato annuncia la Parola e l’altro, a sua volta, ascolta in silenzio. Il modo migliore di ascoltare è di farlo in silenzio. Tutta la liturgia possiede un carattere dialogico. Il dialogo tra Dio e l’uomo si esprime nel dialogo dell’assemblea che celebra, soprattutto tra il sacerdote e i fedeli. Nell’abitudine di recitare i testi insieme si corre il serio rischio della routine e della banalizzazione e questa cessa molte volte di essere vera preghiera. È necessario recuperare il dialogo tra la parola e il silenzio.

 

– Prima e dopo la comunione. Dopo il rito della frazione del pane «Il sacerdote si prepara con una preghiera silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo stesso fanno i fedeli pregando in silenzio» (84).Questo momento di preghiera in silenzio, in pratica, non è ancora stato scoperto dai fedeli, in generale, occupati come sono nel canto dell’Agnello di Dio che accompagna la frazione del pane. Per questo si raccomanda che quando ci sono una o poche particole da spezzare, l’assemblea canti o reciti l’Agnello di Dio, una volta con abbi pietà di noi e una seconda con dona a noi la pace. Allora ci sarà la possibilità per i fedeli di raccogliersi in una breve preghiera silenziosa, mentre anche il sacerdote recita una preghiera in silenzio.

«Terminata la distribuzione della comunione, il sacerdote e i fedeli, secondo l’opportunità, pregano per un po’ di tempo in silenzio» (88). È un silenzio di preghiera del cuore, di accoglienza, di comunione, di risposta di lode e di ringraziamento e anche di adorazione del Signore presente in maniera sacramentale nell’intimo di ciascuno.

Silenzio che accompagna testi, azioni, gesti o movimenti

Il silenzio è un segno di accoglienza, sia per l’ascolto sia per l’accompagnamento delle preghiere e dei riti come azioni, gesti, posizioni e movimenti. Qui possiamo enumerare vari momenti di silenzio di questa natura durante la celebrazione eucaristica.

 

– Silenzio che accoglie ascoltando: l’assemblea si pone in un silenzio di ascolto, in particolare durante le letture bibliche: «La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione» (56). Si tratta di una lettura meditata e orante della Bibbia, nel silenzio interiore. Le letture sono ascoltate non lette insieme dal foglietto. Per questo devono essere lette ritualmente dal libro e ben proclamate, in modo che tutti nell’assemblea possano sentirle e capirle. Esse hanno carattere di memoriale dei misteri celebrati, costituiscono un rito. Sono ascoltate in un atteggiamento orante, nelle virtù della fede, speranza e carità, in un atteggiamento di conversione e di adesione alla parola di Dio. L’ascolto della parola di Dio è una forma di preghiera, di comunione con Dio, poiché è Cristo che è presente con la sua Parola, è lui stesso che parla quando si leggono le Scritture sacre in chiesa (cf. SC 7). Questo silenzio orante di ascolto e di accoglienza deve regnare anche durante l’omelia, che è parte integrante della sacra liturgia.

 

– Silenzio che accompagna le preghiere di chi presiede e si unisce ad esse. È un silenzio che accompagna le preghiere di chi presiede, come la colletta, la preghiera del giorno, quella sopra le offerte, la preghiera dopo la comunione e quella conclusiva delle preci. Abbiamo anche l’embolismo del Padre nostro, come pure la preghiera per la pace.

La più importante, tuttavia, è la preghiera eucaristica recitata dal sacerdote, che il popolo accompagna e fa sua. Dice l’ “Ordinamento generale”: «Il sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore verso il Signore nella preghiera e nell’azione di grazie, e lo associa a sé nella solenne preghiera, che egli, a nome di tutta la comunità, rivolge a Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo. Il significato di questa Preghiera è che tutta l’assemblea dei fedeli si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e nell’offrire il sacrificio. La Preghiera eucaristica esige che tutti l’ascoltino con riverenza e silenzio» (78). E dice ancora «La Preghiera eucaristica esige, per sua natura, di essere pronunciata dal solo sacerdote, in forza dell’ordinazione. Il popolo invece si associ al sacerdote con fede e in silenzio, e anche con gli interventi stabiliti nel corso della Preghiera eucaristica, quali sono le risposte nel dialogo del Prefazio, il Santo, l’acclamazione dopo la consacrazione e l’Amen dopo la dossologia finale, e altre acclamazioni approvate dalla Conferenza Episcopale e confermate dalla Santa Sede» (147).

 

A queste forme di silenzio si aggiungono poi quelle che accompagano i vari momenti della celebrazione attraverso le azioni, i gesti, le posizioni del corpo e dei movimenti( cf. fuoritesto)

 

 

1 Alberto Beckhäuser, «O silencio na sagrada liturgia», in Grande Siinal, luglio-agosto 2007.