I FRANCESCANI TRA I MUSULMANI

CON LO STILE DI SAN FRANCESCO

 

Un seminario di studio dei francescani che vivono in un contesto musulmano. Le sfide e le possibilit� che si pongono nella situazione contemporanea, ben diversa da quella in cui � nato l�Ordine. Ma il modello di relazioni lasciato da san Francesco conserva tutta la sua attualit�.

 

La presenza dei francescani tra i musulmani ha dietro di s� una lunghissima tradizione. Si ricollega infatti con le origini, con la �divina ispirazione� di san Francesco, il quale, come ci narra la storia, infrangendo ogni barriera e superando ogni paura, in un�epoca non facile, mentre cio� infuriavano le crociate, nel 1219 prese l�iniziativa di recarsi a incontrare il sultano d�Egitto al-M�lik al K�mil a Damietta, facendosi pellegrino, �mendicante� alla ricerca del fratello sconosciuto.

Da quella lontana epoca hanno continuato questa missione in maniera ininterrotta. Oggi sono presenti in vari paesi dell�Africa, Medio Oriente, in Asia e anche in Europa. In Africa: Marocco, Libia, Egitto, Somalia, Gibuti, Togo, Burkina Faso, Costa d�Avorio, Guinea Bissau; in Medio Oriente: Israele e Palestina, Libano, Giordania, Siria; in Asia: Pakistan, Indonesia, Malesia, Singapore, Filippine; in Europa. Bosnia, Albania, Kazakistan e in Turchia.

 

POSSIBILIT�

E SFIDE

 

Mentre nell�Ordine fervono i preparativi per la celebrazione dell�VIII centenario della fondazione (1209-2009), si � voluto fare il punto della situazione, organizzando a Roma, dal 17 al 21 settembre, presso la curia generale, un seminario di studio sul tema Francescani tra i musulmani oggi� per riflettere sulle possibilit� e sfide che oggi si pongono, di fronte a una situazione storica a dir poco problematica. All�incontro hanno preso parte 50 frati provenienti dalle varie entit� dell�Ordine, che vivono in paesi a maggioranza musulmana e impegnati in attivit� riguardanti il dialogo interreligioso o relative all�accoglienza di immigrati di questi paesi. Vi hanno partecipato anche il ministro generale, fr. Jos� Rodr�guez Carballo con il suo consiglio e i rappresentanti dei vari uffici della curia, i segretariati della formazione e dell�evangelizzazione, quasi a voler ribadire l�importanza che l�Ordine attribuisce a questa missione: una missione che continua a essere attuale e che �fa parte del carisma e della forma di vita del frate minore�, anche se �non va misurata dalla scarsit� di risultati esteriori o apparenti�.

Illuminanti sono state le riflessioni dei relatori; anzitutto di p. Miguel �ngel Ayuso Guixot, mcci, preside del P.I.S.A.I. (pontificio Istituto di studi arabi e islamistica) che, partendo dal brano di Lc 6,12-19, in cui si narra che Ges�, dopo avere pregato sulla montagna, scese in pianura per scegliere e inviare i dodici, ha ricordato come il dialogo fa parte integrante della missione dell�Ordine, ma che, secondo l�insegnamento evangelico, deve avere la preghiera come anima, presuppone una formazione all�amore, alla condivisione e al rispetto del prossimo. La ricca tradizione francescana indica anche la metodologia da seguire, e cio�, la conoscenza dell�altro, la stima e la simpatia, la riscoperta della propria identit� e della differenza e la testimonianza.

Di notevole portata, anche le testimonianze e le riflessioni offerte dai partecipanti (tre delle quali espresse nelle relazioni dei frati Rub�n Tierrablanca, Manuel Corull�n e Gwenol� Jeusset e numerose altre di carattere testimoniale) in cui si � potuto toccare con mano lo spirito che anima i missionari presenti tra i musulmani.

La diversit� delle esperienze � servita anche a rivelare i vari volti dell�islam che in certi paesi, come l�Indonesia, ha raggiunto un notevole livello di inculturazione, anche se adesso questa � messa in discussione e contestata da correnti fondamentaliste infiltrate dall�esterno. Si � potuto costatare, tuttavia, che i rapporti dei francescani con le popolazioni missionarie sono positivi e la loro presenza � spesso accompagnata da legami di profonda amicizia.

 

UNO STILE INCONFONDIBILE

�FARSI MINORI�

 

Oggi le situazioni sono cambiate rispetto all�epoca di san Francesco. Sono passati otto secoli dal concilio Lateranense IV (1215) in cui era stato detto che all�aggressione musulmana i cristiani dovevano rispondere con la guerra. �Per i cristiani, come ha affermato fr. Jos� Carballo nella relazione al seminario di studi, era una questione d�onore e di giustizia riprendere il possesso dei luoghi della nostra redenzione ai musulmani considerati �ladroni� della terra del Signore. I musulmani, dal canto loro, ritenevano di aver diritto a quella terra, che era stata data loro da Hallah all�inizio dell�Islam. Maometto, inoltre, era �asceso� al cielo dal monte Moria, che si trova a Gerusalemme�.

In un clima del genere, ha sottolineato fr. Carballo, anche �il vocabolario utilizzato dai predicatori delle crociate rispecchiava il clima bellico dominante: �Figli di Agar, la schiava di Abramo�, �Popolo schiavo dei demoni�, �Vermi da cui bisogna liberare la Terra Santa�. Ad essi si applicava l�immagine della Bestia, descritta da Daniele (7,20-24) e dall�Apocalisse (12,3). Maometto, scriver� Innocenzo III (1160-12169), � il �figlio della perdizione�, �la Bestia�, la cui morte, annuncia il papa, � imminente. In questo contesto, chi uccide un musulmano � arriva a dire san Bernardo � non � un omicida ma un �malicida� e sar� considerato come uno che ha vendicato l�oltraggio fatto al Signore. Da parte dei musulmani le cose non erano di certo migliori, bench� non ci sia letteratura al riguardo. Di fatto gli uni e gli altri combattono in nome del �loro� Dio, per una terra che, a parere di ciascuna delle due parti, gli spetta in maniera esclusiva�.

� in questo contesto storico che emerge gigantesca la figura di san Francesco: �Chiamato dal Signore a riparare la sua Chiesa, il Poverello deve abbattere molti muri e saltare molti ostacoli, soprattutto quelli che separavano i minori dai maggiori, i letterati dagli �idioti�, i cristiani dai musulmani�. L�esempio di Francesco non solo cambia radicalmente le �regole� dei rapporti, ma introduce uno stile nuovo di incontro che, nonostante i secoli trascorsi, trova ancora difficolt�, persino in molti cristiani, a essere compreso.

Come ha spiegato fr. J. Carballo, il metodo da seguire � lo stesso proposto da Francesco: �Consiglio, poi, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Ges� Cristo, che quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, cos� come conviene�.

 

METODO BASATO

SULLA MINORIT�

 

�Per Francesco, commenta fr. Carballo, la nostra missione non � quella di rivendicare niente, ma quella di �fare penitenza� e di essere minori. Per Francesco minorit� e ministero della riconciliazione sono dimensioni della stessa missione. Secondo i biografi Francesco � profeta di pace, e uomo di riconciliazione. Tra le righe possiamo leggere la metodologia usata da Francesco in questa missione: la non violenza, sperando contro ogni speranza nell�efficacia dell�amore attivo e forte, e l�amore indifeso, che confida nel cuore umano, nonostante le apparenze. Cos� lo affid� all�Ordine, come compito fondamentale. Tutto questo indica la minorit� come atteggiamento essenziale del nostro andare per il mondo, anche tra i saraceni e gli altri infedeli.

Il metodo missionario francescano �, pertanto, inseparabile dalla minorit�, dall�atteggiamento di servizio e di dialogo, soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio. Questo fa s� che si dia priorit� alla persona dell�altro, che si cerchi, prima di tutto, l�uomo, considerando l�altro fratello o sorella. Il missionario francescano � chiamato a mettersi in relazione evangelica con l�altro, facendosi accoglienza, ascolto e sviluppando sentimenti di simpatia e di cortesia. Il missionario francescano � chiamato ad accogliere e rispettare l�altro in ogni momento, a vivere la solidariet� fino alle ultime conseguenze, a camminare con l�altro. Per il missionario francescano la persona deve contare pi� della cultura, credo religioso compreso.1

Le armi proposte da Francesco per la missione, in contrapposizione alle armi dei crociati, sono la mansuetudine e la semplicit�, senza dimenticare, ovviamente, la prudenza. I frati sono chiamati a partire per la missione, soprattutto tra i saraceni e gli altri infedeli, come persone libere da ogni ideologia e senza confidare in alcun potere umano, ma solo nel Signore che li manda. La loro unica forza � la potenza della parola del Signore e la potenza di Dio, che si manifesta nella debolezza degli uomini�.

Si tratta comunque di una missione difficile e impegnativa. Per questo, fr. Carballo ha tenuto a precisare sopratutto due cose: anzitutto che i ministri (superiori) devono stare attenti a non dare il permesso di andare in missione a quanti non sono adatti e di non negarlo a coloro che,davanti al Signore, considerano idonei ad andare tra i saraceni e gli altri infedeli. In altre parole �si va in missione perch� ci si sente chiamati�, nel senso che �nell�ordine della vocazione nessuno � �signore� di se stesso o dell�altro�.

In secondo luogo, che prima di dedicarsi a una missione del genere � necessaria una preparazione particolare. Occorre, pertanto, osserva fr. Carballo, che venga promossa �fin dalla formazione iniziale un�antropologia della reciprocit�, la multiculturalit�, il dialogo, l�accoglienza e l�ospitalit�, con tutti gli atteggiamenti concomitanti. Per esempio, per quanto riguarda la multiculturalit�: valorizzare la persona umana, ossia �credere che la persona umana, chiunque sia, vale pi� di qualunque progetto proprio�; passare dall� �io� al �noi�, sapendo riconoscere l�uguale dignit� dell�altro, il quale �esiste con me, vive con me e insieme formiamo la �famiglia umana�; inoltre camminare dietro all�altro, �cio� lasciarsi educare dall�altro, dal diverso, in un atteggiamento di apertura, umilt�, gratitudine, cooperazione, solidariet�. E in riferimento al dialogo: chiarezza, mansuetudine, capacit� di affrontare i conflitti, fiducia.

Infine, per quanto riguarda la cultura dell�accoglienza e dell�ospitalit�: uscire dal proprio contesto sociale; incontrare parole capaci di creare comunione, vivere in un rapporto che sia insieme profondo, libero e liberatore.

 

Il seminario di studio � terminato con un messaggio finale a tutti i confratelli dell�Ordine dei frati minori in cui tra l�altro si dice: �Abbiamo misurato, grazie alle nostre diverse provenienze geografiche e culturali, la vastit� del fenomeno e l�urgenza della sfida che l�incontro con i musulmani propone al mondo di oggi; vogliamo dare il nostro contributo a questo dialogo, come servizio alla comunicazione tra le culture e tra i credenti che, nella luce della loro rispettiva religione, cercano insieme i segni della misericordia di Dio per l�umanit�. Ciascuno di noi ha esperienze di collaborazione con i musulmani, e queste esperienze concrete ci spingono a rinnovare il nostro impegno di promozione dello sviluppo integrale dell�uomo, riconoscendo nei nostri fratelli musulmani la stessa sete di giustizia e di pace che ci anima. Non possiamo altres� trascurare l�esigenza di una maggiore collaborazione all�interno dell�Ordine, della Chiesa cattolica e con i cristiani di altre confessioni, perch� la testimonianza di unit� � il primo e pi� importante messaggio che siamo chiamati a trasmettere al mondo di oggi�.

 

A.D.

 

1 Cf. Vincenzo Brocanelli, Vivere in missione secondo il carisma francescano, Roma 2006, 66ss.