VC OGGI IN EUROPA

TRA PRECARIETÀ E SEGNI DI SPERANZA

 

Come infondere nuova vita al carisma e come migliorare la struttura organizzativa? L’assemblea della vita consacrata spagnola ha identificato in dieci punti i possibili interventi, sottolineando però che per far questo occorre oggi fantasia creativa.

 

La precarietà in cui si trova oggi la vita consacrata in Europa può, da una parte indurre a un certo pessimismo, dall’altra, per chi sa percepire l’azione dello Spirito, è un tempo anche pieno di segni di speranza. Non bisogna tuttavia rimanere inerti e stare a osservare. Bisogna, piuttosto cercare di infondere nuova vitalità ai nostri carismi e di promuovere un miglioramento organizzativo.

È l’argomento su cui ha riflettuto la 36a settimana nazionale di vita consacrata spagnola, che si è tenuta a Madrid durante la settimana di Pasqua della primavera scorsa, dal 10 al 17 aprile. Come tema era stato scelto Rivitalizzazione carismatica e miglioramento organizzativo. I 750 convenuti si sono interrogati su come far fronte alle fide che la vita consacrata deve oggi affrontare, in questa situazione di precarietà. La risposta è stata appunto quella espressa dal tema: bisogna cercare di ridare vita ai carismi e di ristrutturare in maniera nuova l’organizzazione. Per far questo ci vuole “fantasia” come tra gli altri oratori ha sottolineato, p. Aquilino Bocos, ma “una fantasia della carità che si lascia portare dagli impulsi dello Spirito”. In effetti, la semplice riorganizzazione non basta; si tratta piuttosto di fare in modo che le strutture siano poste al servizio di una costante innovazione dello Spirito sia nelle persone come nelle comunità e negli istituti. «È necessario, ha precisato, liberare l’elemento profetico che ogni persona consacrata porta dentro di sé. Questa è la nostra ora: lo Spirito bussa alla porta».

Mons. Agostino Gardin, segretario della Congregazione per la vita consacrata e la vita apostolica, prendendo come paradigma della vita consacrata attuale il giovane ricco di cui parla il Vangelo e Nicodemo, ha ricavato tutta una serie di priorità: la fede viene prima del rituale e di tutto l’istituzionale; la sequela di Gesù, dell’incremento dell’istituto; la comunione fraterna, delle regole e delle norme; la povertà all’efficacia delle opere; lo spirito missionario, alle opere mis­sionarie e la selezione vocazionale che deve precedere la professione perpetua.

 

UNA SINTESI

IN DIECI PUNTI

 

Al termine dei lavori, una commissione di partecipanti ha sintetizzato nei seguenti 10 punti le riflessioni maturate durante l’intera settimana.

 

1. La precarietà che oggi esperimentano i nostri istituti di vita consacrata in Europa sta a indicare la gravità del momento. Siamo parte di una Chiesa minoritaria e in diaspora, di un’Europa in costante ridefinizione della sua identità. Le statistiche presentano un futuro molto preoccupante. Lo sarà realmente se la vita consacrata non si tonifica, se perde la sua adesione a Gesù Cristo e la sua passione missionaria e carismatica, e se sciupa le sua energie in istituzioni incapaci di dare spazio ai germogli di vita che lo Spirito fa apparire in tutti noi.

 

2. Quando ripercorriamo la storia della vita consacrata, vi scopriamo importanti lezioni che permettono di illuminare il presente: a) la storia della vita consacrata non è stata lineare; b) ai momenti di fioritura carismatica ne sono succeduti altri di istituzionalizzazione, di crisi e di morte: c) la vita consacrata ha sempre sorpreso con una impressionante creatività: nuove forme hanno sostituito quelle antiche o sono convissute con esse. Anche oggi non stiamo vivendo l’ultima crisi della nostra storia. Lo Spirito del Signore ci chiama alla rivitalizzazione carismatica e al miglioramento delle nostre istituzioni. Questa è la nostra sfida nel momento presente, per versare in otri adeguati il vino nuovo che ci viene offerto.

 

3. Riconosciamo che lo Spirito sta operando in mezzo a noi per dare un nuovo volto alla vita consacrata. Scorgiamo la sua presenza e la sua azione in una umanità che sta aprendosi alla grande tappa dell’amore, della comunione. Il grande desiderio di spiritualità che si scorge nei nostri contemporanei, la disponibilità alla riconciliazione, al perdono, all’alleanza degli uni con gli altri – superando le nostre polarizzazioni – sono dei tratti con i quali lo Spirito plasma anche noi. Nostra responsabilità è di lasciarci mobilitare da questi segni dello Spirito e di configurare in base ad essi le nostre istituzioni.

 

4. Gesù chiede alla vita consacrata europea attuale che navighi verso l’altra riva. Questo è il momento di riscoprire l’altro, il diverso, di renderci presenti là dove lo Spirito ci porta ad evangelizzare situazioni, persone e istituzioni. La missione carismatica di ciascun istituto è come una cellula madre che rigenera la sua spiritualità, le sue istituzioni, comunità e persone. Non vogliamo lasciare che lo spirito missionario si spenga in noi. Dobbiamo sentirci responsabili della vita che ancora ci viene concessa. Ci aspettano i nuovi areopaghi, le nuove frontiere. Vogliamo cooperare ad abbattere i muri, intavolare dialoghi, mantenere vincoli di uguaglianza. La nostra identità nella missione richiede una speciale attenzione alla vita in comunità, al modo di vivere la povertà e a un costante atteggiamento di preghiera; altrimenti saremo dei “funzionari filantropici” ma non uomini e donne appassionate di Cristo.

 

5. La coscienza della centralità della missione ci fa vedere la necessità di organizzarci meglio, di strutturare i nostri istituti in forma sapiente e adeguata per il miglioramento che il nostro tempo e la situazione di precarietà richiedono. Le nostre istituzioni sentono la necessità di migliorare, di cambiare e di svilupparsi in forma nuova. Ciò richiede la consapevolezza dei modelli di guida e di decisione. Ci sono istituzioni in grado di gestirsi un futuro da se stesse. Ve ne sono altre che si rifiutano. Ci sono piste per migliorare che dobbiamo applicare con fermezza e saggezza.

 

6. La tensione tra l’elemento carismatico e quello istituzionale diventa creativa quando ne assumiamo la complessità. Ci sono delle strade per il miglioramento carismatico e istituzionale. Viviamo in istituti che sono organismo vivi in evoluzione, in evoluzione con altri sistemi ecclesiali e mondiali. La trasmissione del carisma ci fa riscoprire con toni nuovi il senso della paternità e della maternità spirituale dei nostri anziani e accogliere l’iniziativa creatrice dei nostri giovani.

 

7. La rivitalizzazione carismatica è simboleggiata dalla salita della vita consacrata alle dieci montagne bibliche: la montagna della spiritualità (Sinai), del rinnovamento al di là del rigorismo (Gelboe), del monte del sacrificio e della donazione senza riserva (Moria), della montagna dell’anti-idolatria (Carmelo), quella delle voci profetiche (Hermon), quella della dimensione femminile della fede (Garizim) il monte delle chiamate evangeliche (il monte delle beatitudini). Abbiamo davanti a noi un programma simbolico di ascensione a tutte queste montagne per rispondere alle chiamate che, in base ad esse, oggi ci rivolge il nostro Dio. Salendole, entriamo in comunione con lui e prepariamo il nostro servizio al mondo.

 

8. Il miglioramento organizzativo e carismatico chiede oggi alle persone e comunità un nuovo sforzo. È necessaria una nuova spiritualità del cambiamento. Ciò che ha vissuto il popolo di Dio nel suo peregrinare attraverso il deserto deve essere il nostro vivere in questo tempo. Da esso possiamo imparare gli atteggiamenti più conformi alla volontà di Dio che sta in alleanza con noi. Ma il miglioramento carismatico e organizzativo si traduce anche nella necessità di un cambiamento e miglioramento delle nostre strutture economiche. Ci sono proposte molto serie al riguardo che gli istituti religiosi non possono evitare e che devono essere inclusi nei nostri progetti di miglioramento.

 

9. Il programma di rivitalizzazione carismatica e di miglioramento organizzativo ha il suo nucleo centrale nella missione. Ci troviamo davanti a un kairos che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Alla vita consacrata europea, in situazione di precarietà, rimane ancora un tempo per lasciarsi portare dalla fantasia missionaria e per introdurre ancora importanti innovazioni nella sua forma di vita e di servizio di evangelizzazione. Un carisma senza fantasia missionaria perde la sua ragion d’essere. È l’ora urgente dell’innovazione carismatica, istituzionale. Tutto perché è il Signore che ci invia.

 

10. La parola di Dio ci ha accompagnato abbondantemente durante questi giorni. Davanti ad essa abbiamo fatto silenzio lasciando pregare in noi lo Spirito che supplica le nostre cose impossibili: “Non abbiate paura piccolo gregge”. “I vostri anziani avranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”, “Salvami, Signore, che perisco”, “Nicodemo, anziano: devi nascere di nuovo!”, “Tu, giovane ricco: se vuoi entrare nella vita, lascia tutto e seguimi”. Siamo convinti della centralità della Parola in ogni processo di rivitalizzazione e di miglioramento carismatico e organizzativo. Essa è stata la Relazione di tutte le relazioni. E continuerà ad essere così. Per questo, la speranza abita in noi nonostante la nostra precarietà.