SAN BENEDETTO
E L’IMPRESA MODERNA
La Regola di San Benedetto, una saggezza antica al servizio dell’impresa moderna: così recita il sottotitolo di un volume di Massimo Folador, ex dirigente d’azienda e consulente, presidente dell’associazione Verso il cenobio. Un’opera che ci conferma, se mai ne avessimo bisogno, del fatto che i monasteri benedettini sono un esempio illuminante di organizzazione perfetta che molte cose può dire al mondo manageriale, grazie alla corretta gestione di valori condivisi, a una leadership diffusa e alla capacità di far lavorare insieme persone motivate e consapevoli delle proprie responsabilità.
MONACHESIMO
AL SERVIZIO DEL MODERNO
Questo libro ha raccolto e sviluppato le tematiche degli incontri di un gruppo di amici presso l’Eremo di S. Caterina del Sasso (Lago Maggiore). «Il monachesimo della Regola non è un hortus conclusus ma una fucina aperta di civiltà che dal monastero si riversava poi sull’intero orbis terrarum: un cenacolo di forze nuove che resisterà all’urto delle orde dei barbari e risolleverà rigenerate le rovine dell’impero di Roma… Benedetto da Norcia, non era un antico filosofo e neppure un grande teorico del comportamento umano, ma l’ultimo grande figlio di Roma che, fuggito da quella civiltà ormai al collasso, ha portato con sé nella solitudine, tutti quei valori che sono stati l’ispirazione e la forza di un popolo che per secoli ha dominato il mondo. La sua rivoluzione spirituale e culturale, dopo una precisa formazione personale, distribuisce la giornata del monaco fra la preghiera e il lavoro con una concezione nuova di democrazia, di giustizia e di identità personale, anticipando di secoli le conquiste sociali dell’umanità… L’habitat benedettino con la sua dottrina umana e sociale può ispirare delle radicali scelte di una nuova ascesi laicale in una metanoia verso valori civili e umani che dal mondo silenzioso del chiostro possono trovare felice e fruttuosa accoglienza anche da parte dell’uomo del nostro tempo» (dalla Premessa di p. Roberto Comolli osb, pp. 11-13).
IL MOTORE
DEL CAMBIAMENTO
Il mondo dell’impresa vive da anni un momento di profondo cambiamento. In certe situazioni accade per di più che la risorsa più importante, l’uomo, che dovrebbe gestire questo cambiamento e coglierne le opportunità, è una persona spesso confusa e disorientata. Partire dunque dalle specifiche realtà significa che non esistono interventi o corsi precostituiti. D’altra parte anche Benedetto afferma parlando all’abate: “Sappia qual cosa ardua e difficile egli ha intrapreso col dirigere anime e adattarsi al carattere di molti”.
In quest’ottica vanno letti i capitoli II-V del nostro libro: Mission, valori e comportamenti (le abilità cardine per creare e sviluppare un team a partire dai principi); Guidare sé stessi (la persona in azienda e fuori, principi essenziali ed esperienze per governare azioni ed emozioni); Guidare gli altri (la leadership nella comunità azienda, gestire con efficacia, delegare e motivare le persone nel tempo e con continuità); Una comunità organizzata (ruoli, mansioni e responsabilità, la gestione del tempo e delle priorità, saper comunicare, la comunicazione organizzata e interpersonale).
Folador, al fondo, rivela la sensazione di inadeguatezza che l’ha spinto a scrivere. Siamo in un paese che per secoli ha irradiato ideali e cambiamenti in tutta Europa: nell’arte come in politica, in architettura e in economia. Da qui nasce oggi la sensazione di una ricchezza abbandonata e di un impoverimento diffuso. «È nei momenti di insofferenza che spesso capita di ritrovare il gusto per la curiosità, la voglia di comprendere ciò che sta accadendo e grazie a esse il desiderio di guardare oltre il perimetro degli avvenimenti e provare a individuare nuove soluzioni. Nel mio caso l’occasione fortuita è stata, oramai diversi anni fa, la visita a una piccola comunità benedettina che vive in un eremo abbarbicato sulla sponda lombarda del Lago Maggiore. Da quel primo incontro, grazie alla disponibilità e all’aiuto del padre benedettino responsabile dell’eremo e alla gentilezza delle oblate che lì vivono da anni, è nato il desiderio e la possibilità di approfondire ciò che via via andavo scoprendo nelle lunghe ore di silenzio e di meditazione trascorse assieme» (p. 18 e ss.).
Ricordiamo che nelle abbazie benedettine, per una cultura che vedeva nel lavoro un momento fondamentale nella crescita dell’individuo, hanno avuto la luce innovazioni sia dell’attività produttiva che di quella agricola (primi oleifici, vetrerie e cartiere, istallazione sistematica di mulini ad acqua). Sempre ai benedettini, abili architetti e progettisti, dobbiamo la realizzazione di alcune bonifiche o l’invenzione di strumenti e metodi di lavoro per nuove produzioni (orologeria, farmacia, enologia ecc.). Gloria Cuccato nel libro “San Benedetto, un uomo che desidera la vita”, riassume con efficacia questa vitalità: «Diverse sono le ragioni di questo sviluppo. In primo luogo i monaci erano in generale più istruiti rispetto al resto della popolazione; inoltre la dinamicità che caratterizzava l’esperienza monastica medioevale, come le continue fondazioni di nuovi monasteri e le frequenti peregrinazioni dei monaci, favoriva il confronto e lo scambio di esperienze». Un meticciato culturale che ci porta dritti dentro la modernità e che evidenzia come nella cultura benedettina esista una sorgente laica, legata all’uomo, qualunque sia la sua origine, il suo credo e le sue convinzioni.
Chissà, dice Folador, che un vecchio manuale a uso di un monastero non ci indichi una via sicura per gestire e guidare quel cambiamento che tutti auspichiamo ma i cui effetti positivi sembrano ancora ben lontani (p. 25).
Mario Chiaro
1 Il volume dal titolo L’organizzazione perfetta è edito da Guerini E Associati, Milano 2006, pp. 198, € 19,50.