“TORNATE OGNI GIORNO

AL PRIMO AMORE”

 

Riservato ai giovani frati minori “under ten”, ossia con meno di dieci anni di professione perpetua, il Capitolo, celebrato in Terra Santa, si è rivelato una fonte di rinnovata fiducia, fedeltà e speranza. Vi hanno partecipato anche il Ministro generale, Fr. José R. Carballo, e i suoi consiglieri.

 

Nella tradizione francescana capita abbastanza di frequente che vengano celebrati i cosiddetti “Capitoli delle stuoie”. Si tratta di raduni a carattere spirituale e formativo durante i quali non si eleggono né superiori né si votano leggi. Lo spirito che li anima è piuttosto la gioia di stare insieme, per comunicarsi le esperienze e le difficoltà, per riprendere con nuovo slancio la missione. La tradizione di questi capitoli risale alle origini del francescanesimo, come ci narra fra Tommaso da Celano nella biografia su san Francesco, scritta tra il 1228 e il 1229. Egli racconta infatti che nel 1221, anno della Regola non Bollata, Francesco celebrò il notissimo capitolo dei “cinquemila frati” che avevano come riparo dei tessuti di giunchi, o stuoie. Di questo Capitolo  i Fioretti ci danno una quadro grandioso e memorabile (n. XVIII).

Rientra in questa tradizione  anche il capitolo delle stuoie under ten, ossia riservato ai religiosi con meno di dieci anni di professione solenne, che l’Ordine dei Frati Minori, ha tenuto in Terra Santa dal 1 all’8 luglio scorso. Concepito come momento qualificante in preparazione all’VIII centenario della fondazione dell’Ordine, ha voluto, come ha scritto il ministro generale José Rodríguez Carballo nell’atto della convocazione, che fosse «un momento privilegiato per porsi in ascolto della voce di più giovani, dei loro sogni e dei loro desideri, delle loro difficoltà e delle loro paure, delle aspettative e delle speranze che essi nutrono per il futuro».

Di recente erano stati tenuti altri due Capitoli internazionali del genere: uno a Santiago di Compostela, in Spagna, nel 1995, e un secondo in Brasile, a Canindé, nel 2001.

Quello appena terminato, era quindi il terzo della serie. Stando sempre alle parole di fr. Carballo, intendeva essere anche un invito e uno stimolo ad un reale rinnovamento di vita. Ha detto infatti: «Osiamo vivere il Vangelo, fratelli».

Come tema per questo incontro era stato scelto l’ascolto della parola di Dio quale condizione esistenziale per un profondo ascolto dell’altro, e come luogo la Terra Santa. I partecipanti hanno trascorso  i primi cinque giorni a Nazareth e attorno al lago di Tiberiade (30 giugno-4 luglio) e un giorno (5 luglio) sul Monte Tabor, dove  a guidare i frati alla riflessione e alla preghiera era stato invitato il card. Carlo Maria Martini, che in quei giorni stava facendo i suoi esercizi spirituali. Come argomento ha scelto una lectio divina sul brano evangelico della Trasfigurazione (Lc 9,28-36).

I capitolari si sono spostati poi a Gerusalemme dove hanno potuto  vivere momenti molto intensi soprattutto nelle celebrazioni al Getsemani, al Santo Sepolcro e successivamente a Betlemme.

Al capitolo hanno preso parte circa 200 giovani frati di 49 paesi diversi.

 

BELLEZZA DELLA VOCAZIONE

E GIOIA DI VIVERLA

 

Al termine del Capitolo i frati partecipanti hanno scritto un “messaggio ai Ministri, Custodi e a tutti i Frati” per descrivere l’esperienza vissuta e soprattutto le loro convinzioni e speranze. Il testo è modulato, in forma di contrappunto, sul racconto dell’Annunciazione di cui parla il Vangelo di Luca e termina con l’indicazione della visita di Maria ad Elisabetta.

«La parola di Dio, scrivono i giovani frati, ci ha resi un po’ più disponibili ad accoglierci a vicenda in questi giorni e a dialogare tra noi in modo franco e sereno. Ha allargato anche il nostro sguardo su noi stessi, sul mondo e la Chiesa, sui fratelli, educandoci a uno sguardo di fede positivo sulla realtà e sul travaglio in atto in questo tempo unico della storia».

Dall’ascolto di questa Parola – che, affermano, in se stessa non è mai “indolore” – «è emersa una speranza viva, la bellezza della nostra vocazione e la gioia di viverla, ritornando al primo amore che ci ha conquistati. Ci sappiamo amati dal Signore e seguendo i suoi passi in questa Terra benedetta gli abbiamo rinnovato il nostro “si”. Veramente siamo consapevoli che non possiamo che “ripartire da Cristo”».

Nello stesso tempo, osservano, «la parola di Dio ha messo a nudo le nostre debolezze. A noi, giovani frati minori, sono state affidate le più svariate attività. Spesso dobbiamo fare i conti con le difficoltà della nostra scelta di vita e non sempre ci sentiamo sostenuti nella nostra vocazione. Constatiamo l’esistenza di alcune barriere nel dialogo in Fraternità. Spesso dobbiamo fare i conti con la solitudine, la frustrazione e avvertiamo la fatica di dover mantenere in vita strutture ereditate dalla nostra tradizione che rendono faticoso il cammino e non di rado diventano una controtestimonianza».

Riferendosi quindi al dialogo tra l’angelo Gabriele e Maria, scrivono: «Vogliamo evidenziare l’esigenza di un dialogo più profondo in Fraternità, meno “istituzionale”, e insistiamo nel chiedere con fiducia ai fratelli le opportunità di un effettivo accompagnamento spirituale anche dopo la formazione iniziale. La comunicazione tra noi ai diversi livelli è molto importante, anche per curare relazioni fraterne sane e profonde. Questo salto di qualità dei nostri rapporti non può che essere vissuto nel quotidiano, che richiede fedeltà e disciplina».

Dopo aver sottolineata l’urgenza di aprirsi sempre di più a forme di collaborazione, sia tra province, sia con gli altri soggetti ecclesiali, i giovani attirano l’attenzione su quella che essi chiamano la “grazia del lavoro” nella loro vita personale e fraterna. Da qui passano poi a chiedersi che cosa significa per loro oggi «vivere sine proprio, da minori e come pellegrini e forestieri, attraverso un’itineranza che è anzitutto docilità a rimanere in cammino e in ricerca». Si tratta di un atteggiamento del cuore, scrivono, che ci permette di leggere e interpretare i segni dei tempi, camminando nel mondo “come se vedessimo l’invisibile” (Eb 11, 27): per questo ci sembra urgente coniugare la lettura orante della Parola con la lectio mundi, la capacità, appunto, di leggere la realtà concreta della persona umana e della creazione, e della loro aspirazione alla pace e riconciliazione. È così che possiamo rispondere alla nostra chiamata all’evangelizzazione e alla missione ad gentes, per riempire la terra del Vangelo di Cristo». E aggiungono: «Abbiamo anche confermato la necessità di una solida e vitale formazione intellettuale per leggere la realtà delle nostre culture, per approfondire la Scrittura e annunciare il Vangelo».

Quindi confermano: «Facciamo nostro il proposito di invocare la lucidità e il coraggio di ascoltare la parola di Dio e di assumere alcune decisioni concrete e significative in ordine a una vita meno distratta e più concentrata sull’essenziale. La “metodologia di Emmaus” ci sarà di grande aiuto al fine di passare “dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo”». Seguono quindi delle proposte concrete, accompagnate da alcuni auspici.

 

DUE CONVINZIONI

E DUE TIMORI

 

Questa era la prima volta che un incontro di tanti giovani frati ha potuto svolgersi con la presenza del Ministro generale e dei suoi consiglieri. Fr. Carballo ha vissuto quindi dall’interno questo avvenimento e alla fine ne ha offerto anche una sua lettura, esprimendo due convinzioni e due timori.

Anzitutto le due convinzioni. La prima, ha affermato, è che «la vita, la nostra vita, è bella e molto affascinante». Bisogna pertanto viverla in pienezza e senza riserve. «Non è tempo di saldi», ha precisato, «non lo sono mai stati e tanto meno lo sono oggi».Pertanto, «non è nemmeno il tempo della mediocrità. Vivete con gioia la vostra vocazione. Per questo vi aiuterà sapere che se siamo qui è perché Egli vi ama. Come uomini e come francescani siamo frutto dell’amore senza limiti di una persona: Gesù. Fate memoria grata di questo dono. Vi aiuterà a mantenerlo “giovane”».

La seconda convinzione è che «la vita, e quindi anche la nostra vita, non è facile. Al contrario, è lotta, un costante combattimento. Si tratta di fare una scelta tra due porte: una larga che porta alla perdizione, e una stretta che porta alla vita: «Davanti a voi ci sono due cammini. Tocca a voi scegliere quello che, anche se duro e segnato dalla croce, porta alla vita e non alla morte. Prendete il largo! Lottate, senza venir meno, fino a raggiungere la meta, come ci insegna Paolo di Tarso, il grande atleta e lottatore. Cominciate sempre di nuovo, come ci insegna Francesco, desideroso di iniziare sempre da capo. Non stancatevi di ricominciare sempre. Non c’è sconfitta che quella che ci imponiamo. Non c’è insuccesso che il lasciare qualcosa di intentato. Oggi, e certamente domani, la nostra vita è solo per gli atleti».

Fr. Carballo è passato quindi a esprimere due timori, scegliendoli fra i vari emersi durante le giornate del Capitolo. Il primo riguarda le strutture; il secondo il  rischio dell’accomodamento.

Anzitutto la preoccupazione riguardante le strutture. In Capitolo alcuni giovani avevano espresso il timore di sentirsi usati per mantenere strutture che oggi non sembrano avere molto senso.

Ci sono delle strutture fisiche o materiali, e in molti casi, ha affermato Carballo, «credo che sia necessario, a volte con  urgenza, un adeguato ridimensionamento, perché le strutture siano a servizio della vita e non viceversa, come invece sta accadendo in non pochi casi». Ci sono poi le strutture di vita, ossia quelle che  devono entrare  nella mediazione che chiamiamo progetto di vita personale e fraterno. Ora, ha precisato, «nella vita personale e in quella fraterna non possono mancare alcuni elementi, o strumenti, che ci permettano di alimentare la nostra vocazione e manifestare la nostra missione: preghiera, lavoro, capitolo locale, formazione permanente, lettura orante della Parola, opere apostoliche… Queste strutture ci aiuteranno a mettere ordine nella nostra vita, a elaborare un progetto di vita ecologico e a vivere in esso. Senza strutture è molto difficile mantenerci fedeli a quanto abbiamo promesso».

Il secondo timore è il rischio dell’accomodamento e dell’imborghesimento. Ha detto: «Vi chiedo di guardare al passato con gratitudine e di abbracciare il futuro con speranza, vivendo il presente con passione. Non potete pensare che tutto incominci con voi, perché sarebbe un grave errore disconoscere la nostra storia e fare a meno di quanto hanno fatto e fanno quelli più anziani di voi, ma nemmeno potete pensare di essere qui per vivere come noi siamo vissuti o per fare ciò che noi abbiamo fatto. Vino nuovo in otri nuovi. A nuove domande e a nuove situazioni, nuove risposte. È il tempo della fedeltà, ma di quella creativa. Dovete avere la parresia, la lucidità e l’audacia necessaria per riprodurre la creatività e la santità di Francesco. Dovete avere il coraggio di essere profeti, come Giovanni Battista, di vivere il presente con passione e, così, di incominciare a preparare il futuro. Non siate semplici spettatori, ma costruttori; non siate semplici ripetitori, ma creativi. Non siate vittime del materialismo e del consumismo che, giustamente, affermate essere intorno a voi».

 

PREPARARE

IL FUTURO

 

Si sente spesso  ripetere che i giovani rappresentano il futuro. Tocca ad essi quindi prepararlo. Ma come?

Anzitutto, ha sottolineato fr. Carballo, è necessario «dare qualità alla nostra vita». E questo passa «attraverso la qualità delle relazioni»: relazioni con se stessi vivendo pienamente riconciliati con la propria storia, senza complessi di alcun tipo. Qualità di relazioni con gli altri – relazioni sane, caratterizzate dalla fiducia, dalla familiarità e dall’accoglienza dell’altro, partendo dalla fede. Qualità di relazione con Dio – attenzione a non manipolarlo – che si manifesta nella ricerca e nell’incontro quotidiano con lui, nella preghiera personale e fraterna, nella Parola, nei sacramenti, nei frati e negli uomini e le donne che incontriamo, soprattutto nei poveri… Qualità di relazione con il mondo, che suppone una relazione giusta, vigilando per non lasciarsi afferrare da esso, ma conservandone una visione ampia e positiva, e, allo stesso tempo, una visione realista che parte dalla fede. Né pessimisti, né ingenui. Siamo chiamati a essere lievito nella massa».

In secondo luogo, crescere nella comunicazione a diversi livelli: personale, fraterno, provinciale e interprovinciale. Inoltre, «aver chiaro il senso di appartenenza all’Ordine del frati minori e dire: Questa è la mia famiglia. Accettarla com’è, con le sue luci e le sue ombre... In questo senso considero fondamentale passare dall’io al tu, dal tu al noi».

E ancora: superare l’abisso tra la formazione iniziale e quella permanente: dare priorità alla vita sulla teoria e aprirsi ai progetti missionari dell’Ordine.

Fr. Carballo ha terminato con un invito e una consegna: «Cari frati “under ten”, siate uomini di speranza. La speranza che nasce dal sapersi amati e accompagnati dal Signore. Aprite gli occhi al positivo che c’è intorno a voi. Tornate ogni giorno al primo amore. Non siate semplicemente giovani frati, ma frati giovani. Vivete ancorati all’essenziale, senza distrazioni. Vivete nella verità e nell’autenticità. Vivete il presente aperti al futuro. Cercate il Signore assiduamente e, una volta incontrato, seguitelo radicalmente. Non abbiate paura, il nostro Dio è il Dio dell’impossibile. E dopo correte e annunciate a tutti quelli che incontrerete sul cammino ciò che avete visto e udito».

In queste parole – ci sembra – c’è tutto il significato del III capitolo internazionale delle stuoie.

 

A.D.