CONVEGNO INTERNAZIONALE SALESIANO

DAL CUORE DI DIO ALL’UOMO DI CUORE

 

I 120 anni del Tempio-Santuario internazionale del Sacro Cuore a Roma ha offerto ai salesiani l’opportunità di organizzare un convegno internazionale sul Cuore di Gesù. Quattro le relazioni principali: due di carattere teologico e due pastorale. Emblematico il riferimento a san Francesco di Sales.

 

Circa 80 persone, tra religiose/i e laici, hanno animato presso il Santuario internazionale del Sacro Cuore di Roma (11-13 giugno 2007) un convegno dal titolo Dal cuore di Dio all’uomo di cuore. Promosso dai salesiani dell’istituto Sacro Cuore e dalla Pia Opera ha messo in luce la fecondità di una spiritualità del Cuore di Cristo per l’oggi. Il superiore dei salesiani del Lazio, don Gian Luigi Pussino ha collegato il convegno al 120° anniversario della dedicazione del Tempio-Santuario internazionale del Sacro Cuore, «segno del grande amore di don Bosco per Gesù e per il papa».

«Guardare al Cuore di Gesù, nell’orizzonte della spiritualità salesiana incarnata da don Bosco, significa guardare al Buon Pastore che nella sua misericordia offre la vita, che nella sua amorevolezza conosce e entra nell’intimità, che nella sua sconfinata bontà cura i deboli e i lontani». Dunque, siamo continuamente discepoli di un maestro che ci educa e ci corregge, ci esamina e ci incoraggia perché il nostro amore non abbia altri privilegiati che i piccoli e gli ultimi, oltre i confini del vicino e oltre i confini di chi è già pronto alla riconoscenza. La devozione al Sacro Cuore è una devozione attiva.

Cercando di tradurre l’affermazione di papa Benedetto XVI nella Deus caritas est (19) – «Tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo; cerca la sua evangelizzazione mediante la Parola e i sacramenti: impresa tante volte eroica nelle sue realizzazioni storiche; e cerca la sua promozione nei vari ambiti della vita e dell’attività umana» – il convegno si è costruito su quattro relazioni fondamentali: due sul versante teologico e due su quello pastorale. In linea, appunto, con i due documenti pontifici: Deus caritas est (dall’essenza di Dio-Amore al credente che opera nella carità) e Sacramentum caritatis (dalla profondità del mistero eucaristico alla dottrina sociale della Chiesa).

 

IL CUORE

DI GESÙ CRISTO

 

La prima relazione, di don Norbert Hofmann sdb, segretario della Commissione pontificia per i rapporti religiosi con l’ebraismo, ha introdotto al mistero del Dio Uno e Unico. «I migliori tra gli ebrei meritano di essere chiamati i cercatori dell’unità. La vita cristiana dovrebbe essere, sull’esempio degli ebrei, la ricerca e la imitazione del Dio Uno». Nel nome di quest’unico Dio, Mosè dovrà chiedere al faraone la liberazione di Israele. Ma nel mondo di allora c’erano molti dei: così Mosè chiede a Dio il suo nome, il nome con il quale dimostra la sua autorità sopra tutti gli altri dei. Ma il Dio che lo chiama non è uno fra i tanti: Egli è e basta. Un nome significherebbe la sua distinzione tra i tanti dei. Egli è l’unico. Così la sua risposta è insieme nome e non-nome: JHWH. Dio non può mai essere conosciuto fino in fondo: la sua risposta rimane vaga, velata.

Proprio questa misteriosità è un aspetto della libertà di Dio. Il nome JHWH col quale si è consegnato, è stato confidato solo a Israele: implicava la garanzia, la vicinanza al suo popolo. «Quando Mosè chiese a Dio il suo nome, così disse Dio, secondo Rabbi Abba bar Memal: «Vuoi sapere il mio nome? Ebbene, io sono chiamato a seconda del mio agire. Talora mi chiamo El Shaddai (Dio onnipotente), tal altra Sebaot (Signore degli eserciti), Elhoim (Dio), IHWH. Quando giudico gli uomini, mi chiamo Elhoim. Quando faccio guerra ai malvagi, mi chiamo Sebaot. Quando sospendo il giudizio sui peccati di un uomo, mi chiamo El Shaddai. E quando ho misericordia verso il mondo, mi chiamo JHWH». Infatti JHWH designa sempre l’attributo divino della misericordia, come è detto “JHWH JHWH, Dio misericordioso e pietoso”(Es 34,6). Perciò è detto Io sono colui che sono (Es 3,14), che significa Io vengo chiamato a seconda del mio agire» (EsR 3,6).

Ed è proprio l’amore per il suo popolo che lo spingerà fino a condividere la sua vita “facendosi uomo”. Il Catechismo della Chiesa cattolica, riferendosi alla esperienza del popolo di Israele, dice: «Israele nel corso della sua storia ha potuto scoprire che uno solo era il motivo per cui gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito. l’amore per gli uomini induce Dio a una vera e propria imitatio hominis» .

Il cardinale Albert Vanhoye sj, per anni rettore del pontificio Istituto biblico ha introdotto successivamente i partecipanti nel misterioso cuore sacerdotale di Cristo. Gesù porta a compimento la legge antica introducendola nel cuore, cioè nella interiorità della persona. Per approfondire il tema ha mostrato come Cristo «1) ci ha fatto passare dal culto esterno al culto del cuore; 2) per vivere questo culto ci ha dato un cuore nuovo; 3) il quale è il suo cuore sacerdotale, sorgente e centro della nuova alleanza; 4) gran dono del cuore sacerdotale di Cristo alla Chiesa è il sacerdozio ordinato, sacramento della mediazione sacerdotale del suo cuore; 5) il sacerdozio ordinato è chiamato a vivere le due disposizioni fondamentali del cuore sacerdotale di Cristo; 6) e le tre dimensioni del sacerdozio di Cristo».

Cristo, mediatore della nuova alleanza (Eb 9,15) esercita la sua mediazione, fondata sul suo cuore, per mezzo dei ministri della nuova alleanza, come dice san Paolo (2Cor 3,6). Cristo, buon pastore, che ha spinto il proprio amore fino a dare la propria vita per le pecore (Gv 10,15), si prende cura del suo gregge per mezzo dei pastori della Chiesa (Ef 4,11), che vengono chiamati a “pascere il gregge di Dio”, come dice san Pietro nella sua Prima lettera (5,2) e san Paolo in un discorso degli Atti (20,28). «Il sacerdozio ordinato, come tutti i sacramenti, ha affermato il relatore, è una creazione straordinaria di Cristo, un’espressione del suo amore. Naturalmente il sacramento più importante è l’Eucaristia, ma l’Eucaristia non è possibile senza il sacerdote. Nella celebrazione eucaristica non c’è solo la carne di Cristo, ma anche la persona di Cristo resa presente nel sacerdote… Per essere sacramento di Cristo sacerdote, il presbitero deve essere unito al cuore di Cristo nelle due disposizioni fondamentali della mediazione sacerdotale, cioè la docilità verso Dio e la misericordia verso gli uomini. Il cuore del sacerdote si definisce dall’unione di queste due disposizioni fondamentali».

Ancora: il sacerdozio di Cristo mette insieme le tre dimensioni che corrispondono alle tre funzioni di profeta,che comunica la parola di Dio; sacerdote (che ci santifica comunicandoci la propria vita) e re (che governa la Chiesa e le assicura la comunione nell’unità). «Sono tre compiti che appartengono al sacerdozio di Cristo e che vengono comunicati al sacerdozio ordinato, il quale deve comunicare la parola di Dio, deve comunicare la vita di Cristo santificando i fedeli, deve anche assicurare l’unità governando il popolo di Dio».

 

DARE A DIO

IL CUORE

 

Don Michele Molinar sdb, parroco ad Alessandria, ha presentato in san Francesco di Sales la concretezza di questo Dio dal cuore umano. Francesco di Sales, maestro di vita e di sapienza ha un messaggio per la vita consacrata e per la vita laicale. Il Dio di Gesù Cristo dal cuore umano si è manifestato e concretizzato in Francesco con una esemplarità specifica e unica, perché ha potuto vivere esemplarmente nella sua esistenza la misericordia, l’umiltà, la bontà di Dio.

Già vescovo, a chi gli domandava il segreto di tanta gentilezza e bontà e dominio di se stesso il santo rivelava: «Per 19 anni, giorno per giorno, mi sono interrogato accuratamente circa il mio proposito di non trattare con asprezza nessuno. Dunque anzitutto una lunga, dura battaglia con il proprio “genio”, e di conseguenza l’impegno a mantenere unite verità e carità. Perché la verità sola rischia rigidità, inflessibilità e trasforma i problemi in questioni di principio. Ma la carità sola, una benevolenza senza riferimenti, senza direzione, sconfina nella debolezza di dar ragione a tutti. L’anima devota propone: voglio convertirmi a Dio buono e pietoso: desidero, propongo, scelgo e decido irrevocabilmente di servirlo e amarlo adesso e per l’eternità. Ma, Filotea, devi portare con te i propositi e le decisioni prese, per metterle in pratica immediatamente, nella giornata. È questo il frutto irrinunciabile della meditazione; se manca, non soltanto la meditazione è inutile, ma spesso anche dannosa, perché le virtù meditate ma non praticate, gonfiano lo spirito di presunzione e finiamo per credere di essere quello che ci eravamo proposti di essere: non possiamo sperare di diventare come ci siamo proposti di essere soltanto quando i propositi saranno pieni di vita e solidi; non quando sono fiacchi e inconsistenti e quindi destinati a non venir attuati” (Filotea II,8). «Il suo comportamento esterno e il suo interno erano tutto nell’accomodamento (condiscendenza), le sue parole e i gesti e le azioni nella compiacenza. Se gli altri volevano farsi temere, lui desiderava farsi amare ed entrare negli spiriti attraverso la porta della compiacenza » (Wirth, 21).

Anche la società odierna, connotata da tratti adolescenziali, può trovare nel primato del cuore la risposta alle dinamiche relazionali. I Fatti di Vangelo nel mondo di oggi, raccontati dal giornalista Luigi Accattoli, vaticanista del “Corriere della sera”, hanno suscitato emozione e stupore. Cristiani morti a centinaia per difendere la giustizia e la dignità dell’uomo; persone che perdonano gli uccisori dei parenti; uomini e donne che accettano serenamente dalle mani del Signore malattie e morte; malati di Aids che compiono cammini di conversione e muoiono santamente (“vi sono casi in ogni nostra città”); portatori di menomazioni che resistono e vincono fino a mettersi a servizio di meno fortunati; coppie che adottano bambini menomati e realizzano “case aperte” o “case famiglia” per dare un focolare a chi non ne ha. Veri cristiani che, in nome del Vangelo – ma anche in forza del solo cuore buono – contravvengono a una società che esalta solo il benessere fisico, con un’etica dello stordimento. Siamo di fronte a una cronaca bianca circostanziata, attuale, sotto ogni cielo, di tutte le età, presso ogni popolo. Vangelo vivo oggi.

«Ma la nostra attenzione, ha concluso Accattoli, dovrebbe andare soprattutto ai santi che restano sconosciuti anche a se stessi. Dovremmo imparare a individuarli, a scoprirli, e a segnalarli. A narrarli nel linguaggio effettuale dell’epoca». Si può quasi ritenere questo invito del giornalista come il messaggio conclusivo di un incontro vissuto in clima di riflessione e di familiarità; al quale è mancato forse, ed è stato sottolineato, uno spazio di confronto fra i partecipanti, per uno scambio arricchente di esperienze.

 

don Carlo Filippini, sdb