CASE PER FERIE IN UNA PASTORALE INTEGRATA

IL MINISTERO DELL’ACCOGLIENZA

 

Le Case per ferie sono oggetto di nuova attenzione, affinché siano più coscienti di far pienamente parte del compito di evangelizzazione della Chiesa, contribuendo alla necessaria “pastorale integrata”.

 

In una società lacerata da paure terroristiche, da solitudini e soddisfazioni precarie, da desideri di sperimentare, il turismo (anche quello più semplice e modesto) può diventare fonte di ricchezza interiore. In particolare modo questo segno dei tempi legato alla globalizzazione interpella il comparto delle Case per ferie: quel vasto mondo di operatori, religiosi e laici, che con impegno si dedicano all’accoglienza secondo lo spirito evangelico e motivati da intenzioni di servizio all’uomo itinerante contemporaneo.1

 

PASTORALE

DEL TURISMO

 

In questi ultimi decenni, e in particolare a ridosso del Giubileo del 2000, si è potuto osservare e apprezzare il servizio reso a pellegrini, visitatori e turisti religiosi, da parte delle case di accoglienza gestite dalle diocesi, parrocchie o associazioni, ma soprattutto dagli istituti religiosi. Queste, denominate dalla legge in vigore Case per ferie, esprimono una realtà variamente qualificata e sono accomunate da una passione solidale e da convinti valori cristiani. Esse rivelano e testimoniano una particolare forma di ministero dell’accoglienza radicato nella diaconia della Chiesa verso le persone in viaggio, desiderose di una sosta di spiritualità e di riposo.

Perciò le Case per ferie sono oggetto di nuova attenzione affinché siano più coscienti di far pienamente parte del compito di evangelizzazione della Chiesa, contribuendo alla necessaria “pastorale integrata”. Intercettando il cambiamento, alla luce della cultura cristiana, le Case per ferie vanno dunque aiutate a capire come gestire questi luoghi di relazione e scambio di umanità, come renderli idonei alle esigenze degli ospiti. C’è da una parte la necessità di aggiornare e innovare le strutture, di formare le persone addette, di affinare gli stili e dall’altra l’urgenza di corrispondere, in modo evangelico, alle richieste spirituali e morali dei visitatori e pellegrini.

La pastorale del turismo si colloca oggi al crocevia tra testimonianza e integrazione. In primo luogo, essa deve prendersi cura di leggere le forme con cui le persone – per trovare la propria identità – attingono a una riserva di senso che faccia crescere la loro natura estroversa. La forma attuale con cui l’uomo cerca di sfuggire alle maglie della società razionale e produttiva, consumistica e competitiva, ha tratti di evasione, di interruzione dell’attività ripetitiva, di ricerca dell’esoterico e dell’esperienza-limite. Il tempo libero e la vacanza faticano a essere tempo dell’incontro, della cura, della curiosità intellettuale e culturale, dello spazio per la famiglia, del dialogo con il partner, dell’ascolto dei figli e, infine, del ritrovamento di se stessi.

Siamo passati dal pellegrino medievale all’esploratore rinascimentale, dal viaggiatore moderno al vagabondo contemporaneo: il “pellegrino” si rivela come bisognoso di redenzione e cerca purificazione; l’“esploratore” è l’uomo microcosmo e insegue orizzonti inesplorati; il “viaggiatore” si manifesta come anima sensibile e percorre i paesaggi della cultura umana; il “vagabondo” vive la sua identità fluida e si perde in un vagare senza meta. Occorre dunque ripensare le forme del tempo libero, recuperando uno sguardo nuovo sul mondo come dono gratuito. Va promossa una palestra della gratuità, in cui si impari a dare credito al dono che è la natura, l’arte, la cultura dei popoli, le nuove modalità della comunicazione. È necessario allora ritrovare il senso cristiano del tempo: la festa è il modo con cui l’uomo non è schiavo del tempo, ma lo riceve condividendolo e donandolo. Da qui un servizio per far scoprire anche la dimensione rituale della vita.

 

UN SERVIZIO

ALLA SOCIETÀ ITINERANTE

 

Inserite nella società delle persone itineranti, le Case per ferie rappresentano non un luogo neutrale, ma un ambiente ricco di vitalità cristiana e di calore umano. Se è vero che l’uomo contemporaneo avverte il bisogno di cogliere il significato finale della propria esistenza, le Case per ferie sono chiamate a trovare modi e forme per porre in esercizio la speranza, come virtù che spinge all’essenzialità della fede, come comunicazione del dono del Vangelo accolto e vissuto.

Gli operatori delle Case sono pertanto chiamati a una sempre più piena consapevolezza della propria responsabilità di evangelizzatori, cioè di “narratori di speranza” nel tempo presente. L’impegno va in due direzioni: facilitare l’apertura a nuove modalità di relazioni con le “persone” ospiti e con gli “ambienti” da cui provengono; adoperarsi per offrire un contributo alla crescita di un’etica più autentica e di una spiritualità più radicata nelle situazioni di vita personale e comunitaria.

Insomma, in virtù della loro identità e finalità le nostre Case sono investite di un ruolo educativo e formativo verso gli ospiti tale da essere “guide” alla comprensione della vocazione cristiana nella società contemporanea. Con tre compiti da evidenziare, in modo che esse siano maggiormente sollecitate a corrispondere alle attese della Chiesa e della società.

Appare anzitutto necessario che le Case per ferie diventino modello di nuova ospitalità, nello stile e secondo il metodo della missione. In esse deve svilupparsi un clima che favorisca la riscoperta dei valori e il risveglio della consapevolezza culturale, attraverso un linguaggio, una sensibilità e una disponibilità specifiche. Una seconda notazione: un luogo sprigiona originalità quando rispecchia un carisma, uno stile di vita. Così le nostre Case curino di essere attrattive per testimoniare la vita e dunque la speranza di una vita “bella” che vince le solitudini, le paure, il vuoto esistenziale. Se, infine, l’ospitalità umana e cristiana è l’emblema forte di riconoscimento delle Case per ferie, essa non po’ essere solo qualità formale, burocraticamente ineccepibile, ma viene sostanziata da un valore aggiunto che è la spiritualità ospitale, frutto di sapiente interiorizzazione di quanto proviene dalla Scrittura e dal patrimonio dei singoli istituti.

Per tutto ciò, va sviluppata e sostenuta una visione alta del ruolo delle Case per ferie. Di fatto queste rappresentano un importante snodo del cosiddetto turismo dal volto umano. Osservando, ad esempio il caso specifico della Via Francigena, si rende sperimentabile l’opportunità di unire valori e cultura. Attraverso l’ospitalità storica e contemporanea, si rivela dunque come l’accoglienza del pellegrino, accolto come segno dell’invisibile e come ricercatore assiduo di Dio, possa trasmettere contenuti di fede con conoscenze storiche e scambi di varia umanità.

Pertanto va stimolata la coscienza dei gestori e degli operatori perché queste Case rispondano alle esigenze di speranza diffuse nei cuori e nel territorio, come “luce” che avvince anche gli agnostici e gli indifferenti. In questo contesto le Case per ferie esprimono un’ originale identità giuridica e una condizio­ne particolare di fiscalità da formalizzare e ordinare al meglio. Ci si deve convincere che è meglio testimoniare la fede, la speranza e la cari­tà nelle forme richieste dalla convivenza civile e dall’ordinamento vigente piuttosto che in modalità confuse, non evidenti e solitarie.

Se adempiono al fine di postazioni missionarie, esse assumono la figura della stabilità, della sicurezza, della bellezza originaria, del servizio motivato e fondato.

 

OPERATORI

DI OSPITALITÀ

 

A fronte di un’accoglienza commerciale e di mercato caratterizzata da rinuncia alle identità culturali, spersonalizzazione dei luoghi in nome di una standardizzazione dei servizi, la Case per ferie devono orientar­si a un’accoglienza culturale e di relazione. Perciò devono vigilare per non identificarsi con il ruolo di semplici albergatori o di semplici prestatori di stanze (tipica richiesta di ospitalità in una società mobile e di lavoro limitato e diffuso sul territorio), ma per tenere alto il profilo della diaconia evangelica di operatori di ospitalità, ispirati e animati da una logica di servizio fraterno che attua un proprio e innegabile carisma.

Secondo un censimento provvisorio, tale segmento dell’offerta ha dimensioni di rilievo: quasi 3.000 strutture di accoglienza religiosa (in cui rientrano abbazie, alberghi, centri congressi, centri parrocchiali, collegi, colonie, conventi, eremi, monasteri, pensionati, santuari, ecc.), di cui poco meno di 2.800 case religiose di ospitalità. Da qui nasce l’urgenza di mettersi in rete per unire l’aspetto “prestazionale” (prezzo, ma anche sicurezza ed efficienza) e l’aspetto “emozionale”: il desiderio di avere un contatto forte con la cultura religiosa, la possibilità di recuperare energie spirituali e soprattutto il desiderio di stare in un clima familiare.

La logica della rete tra Case può favorire il perseguimento dei loro tre obiettivi fondamentali. Creare una coscienza di ruolo: nell’ambito di una pastorale integrata, esse, in quanto ambasciatori della cultura cristiana, rappresentano uno strumento per affermare attraverso la fede e le relazioni tra le persone una più intensa e significativa vitalità ecclesiale. Perciò l’identità di carisma o di spiritualità delle singole Case deve essere una caratteristica distintiva e significativa da tenere in costante considerazione, perché non rischi di svanire nel nulla. Eppure la valenza pastorale connessa all’accoglienza cristiana nelle Case rimane per lo più intenzionale, anche per la distanza concettuale/culturale rispetto alla Chiesa locale. I rapporti delle Case per ferie con le istituzioni, il territorio e le comunità locali appaiono poi sovente occasionali e precari.

Promuovere una coscienza di funzione: la configurazione delle Case si presenta variegata e destinata ad assolvere molte funzioni. La differenziazione appare positiva, anche se rende più difficile la percezione all’esterno in termini di identità condivisa. Assicurare una coscienza di stile: le case per ferie si scelgono consapevolmente anche per qualità e umanità. La competenza, la professionalità e l’innovazione risentono di consolidate abitudini. Ed è importante che anche le Case per ferie ne avvertano la congruenza rispetto a mutamenti che mettono a dura prova ogni giorno le proprie capacità organizzative. Conoscere i bisogni e le aspettative delle persone che accogliamo consente di programmare un percorso di qualità che metta in relazione organizzazione, gestione, comunicazione, evangelizzazione.

Mario Chiaro

 

1 Cf. in particolare i due convegni organizzati dall’Ufficio CEI per la pastorale del tempo libero, turismo e sport: Le Case per ferie in un mondo che cambia: una risorsa per l’evangelizzazione, la cultura e la società (Roma 2005) e il più recente Case per ferie. Segno e luogo di speranza (Roma, 13-14 marzo 2007).