IL DONO DEL TIMORE DI DIO
UMILI DAVANTI A DIO
Timore non è paura,
ma rispetto, umiltà, riconoscimento grato della nostra condizione di creature.
Nasce nel cuore di chi dice a Dio: dipendo da te e sono anche contento di
dipendere da te, non voglio dipendere da me e neppure dipendere dagli altri,
farli diventare degli idoli. Il mirabile esempio di Maria.
Il rapporto con Dio è la condizione fondamentale per rapportarci con tutto
il resto: se fosse difettoso, tutto rimane difettoso. Viviamo in una società
nella quale il rapporto con Dio oscilla tra due estremi, ateismo disperato e
amore appassionato. Cito due esempi.
Un esponente del rapporto negato, fallito – e quindi disperato – con Dio fu
Hemingway, il grande romanziere americano che, sebbene fosse di matrice
religiosa, scivolò in un ateismo senza speranza. Quando si accorse che era
ammalato non resistette. Si uccise col suo stesso fucile da caccia che gli
aveva dato delle emozioni magnifiche. In uno dei suoi romanzi fa dire a un
personaggio quello che lui stesso pensa, che è una parodia blasfema del Padre
nostro: O nada – “nada” in spagnolo è “nulla” – nostro che sei nel nada, sia
nada il tuo nome, nada il tuo regno”. Siamo di fronte ad un enorme grido al
nulla. Nulla di nulla di nulla dice il personaggio, e poi ancora c’è nulla di nulla
e nulla di nulla. Non è una frase, è una vita. L’esito suicida conferma appunto
che Hemingway visse aggrappato all’esperienza immediata, la più sensibile e la
più inebriante possibile, ma, fatta di questa concezione di vita un punto
fisso, dopo non rimane altro che l’abisso. Non tutti saranno così espliciti nel
dichiarare il proprio rapporto negativo con Dio, ma sicuramente un filo di
ateismo disperato c’è anche nella nostra società in cui stiamo vivendo.
A questo estremo negativo si contrappone l’estremo positivo. Un altro
grande uomo, Giovanni della Croce, ha parlato del nulla ma per il Tutto. In
Giovanni della Croce c’è un magnifico itinerario che passa dalla pochezza, dal
nulla della creatura, e si perde nella grandezza di Dio. “Fuoco soave” lui chiama
Dio. “Piaga deliziosa” dell’amore di Dio che ti tocca il cuore e poi non puoi
più dimenticarla. “Luce radiosa, fai vivere d’amore”. Sono espressioni
appassionate che si trovano frequentissimamente in questo grande campione del
cristianesimo.
Quindi da un lato l’ateismo disperato, dall’altro l’amore appassionato e
poi tutta una gamma di sfumature in cui ci troviamo in qualche maniera anche
noi.
Oggi il rapporto con Dio è molto vario: rifiuto, indifferenza, ricerca,
amicizia, fedeltà, testimonianza. Ti costruisci nel tuo rapporto con Dio
precisamente nella misura che vuoi: questo è molto bello perché esalta la
responsabilità, è bello poter dire che sono in rapporto con Dio perché lo
voglio essere, dato che nessuno mi obbliga. Questo Dio, a cui non ci si può
sottrarre, ci chiama, e la nostra grande saggezza è costruire con lui un
rapporto indistruttibile, infrangibile: qualunque cosa capiti, nulla mi
separerà da te, mio Dio. In ogni caso l’uomo “aspira a fare il dio”, con o
senza di lui (Blondel). Non c’è dubbio che la storia recente del nostro mondo
ha visto uomini che volevano fare il dio, tenere in mano tutto e tutti, giocare
sulla vita e sulla morte. Ecco perché Timor di Dio e Pietà sono effetti dello
Spirito estremamente forti.
TIMORE DI DIO
NON VUOL DIRE PAURA
Per noi timore vuol dire paura, invece no. Dal punto di vista biblico e
teologico timore vuole soltanto dire “rispetto”, che è un sentimento positivo.
Quando le società diventano più superficiali perdono il senso dei valori, la
prima cosa che capita è che si incomincia a mancare di rispetto a tutto e a
tutti. Invece davanti a Dio l’uomo in primo luogo ha un senso di profondissimo
rispetto: tu sei Dio e tutto quello che è lo tieni in piedi tu e non io, allora
mi viene questo senso di rispetto profondo che non mi impaurisce per nulla.
Un senso di dipendenza profonda: ecco cosa diventa il rispetto
profondissimo, poiché sono ragionevole, dipendo da Dio e lo so. Il mio rispetto
diventa dinamico, vivo, personale: dipendo da te e sono anche contento di dipendere
da te, non voglio dipendere da me e neppure dipendere dagli altri, farli
diventare degli idoli. Non è che tu ti abbassi al senso servile perché sei una
creatura.
Oggi abbiamo abbastanza perduto il sentimento della creaturalità. L’uomo,
che è simile a Dio, ha una doppia faccia: per un lato è creatura e per l’altro
lato è creatore. I due termini evidentemente non si equivalgono perché Dio ha
fatto essere ciò che non era, noi invece non facciamo essere ciò che non è,
trasformiamo ciò che è in ciò che può anche essere, pensiamo alla scienza,
all’arte. Ma oggi l’uomo si sente soprattutto creatore, non gli piace
ricordarsi che è creatura, diciamo che ne ha rimosso addirittura l’idea.
Il linguaggio dei Salmi è molto istruttivo in proposito, continuamente ti
ricordano che sei creatura, ti fanno contemplare il Creatore, ti fanno sentire
la tua pochezza, ti fanno dire dal profondo: grido a Te. Ti fanno dire insomma
continuamente che sei di Dio e da Dio e quindi dipendi da lui.
Senza il dono del timore di Dio facilmente si cade nella sicurezza,
nell’arroganza oppure nella tristezza, ti trovi perso, un piccolo atomo
nell’universo. Invece dipendere da Dio dà anche un senso di fiducia grande e si
capisce bene il sentimento fondamentale di Gesù stesso di realizzare, fino alla
croce, il suo “Faccio sempre le cose che sono gradite al Padre” (Gv 8,29). Gesù
non ha altro senso che dipendere facendo solo quello che al Padre piace. L’ha
detto lui: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la
sua opera” (Gv 4,34). E questo è anche il nostro pane: poco per volta, se siamo
saggi e cristiani, capiamo come è giusto vivere facendo la volontà di questo
Padre. Qualunque cosa faccia mi sono ispirato a quello che piaceva a te: non è
una utopia, è possibile, siamo figli di Dio anche noi, lo stesso Spirito di
Cristo è anche in noi e dobbiamo anzi avere fiducia, senza alcun pessimismo.
GLI EFFETTI
DEL TIMORE DI DIO
Il Timore di Dio in concreto ci conserva umili dinanzi alla grandezza di
Dio e alla sua volontà (Gv 5,30). La prima umiltà non nasce dal pensiero dei
nostri peccati, ma dal confronto con la grandezza di Dio. Maria non conosce
peccato, eppure è la più umile delle creature, “ha fatto in me cose grandi
colui che era onnipotente”. Se la tua preghiera ti fa stare un momento adorante
davanti alla grandezza di Dio, tu ti alzi più umile.
Il Timore di Dio ci evita la superficialità e la disinvoltura morale. Umili
davanti alla grandezza di Dio e alla sua volontà. Perché siamo così
disobbedienti? Perché ci lamentiamo dei comandamenti di Dio? Perché facciamo
tutto quello che ci pare e piace? È perché abbiamo perso il senso della sua
grandezza. Perdendo il senso della grandezza è chiaro che tutto scompare. Dì
quel che vuoi, io faccio quel che voglio: ormai è l’unico comandamento di gran
parte dei nostri contemporanei.
Nel salmo 49,16-21 Dio rimprovera il peccatore: tu vai con gli adulteri, tu
rubi, tu mentisci; e poi c’è una domanda molto penetrante: te la ridi di me, ma
credi che io sia come te, che io ti approvi? Ti sbagli, io non sono come te e
allora rientra in te stesso, diventa saggio e impara di nuovo a non essere
tanto disinvolto con la mia legge, obbedisci come ha fatto mio Figlio. Ecco, il
timore di Dio è questo.
Il Timore di Dio ci impedisce di farci una religione a nostra misura (Mt
23,23-24). Di fronte alla disinvoltura morale il timor di Dio impedisce di
farsi una religiosità comoda, a propria misura. Ricordiamo i rimproveri di Gesù
ai farisei i quali erano osservantissimi di un tipo di religiosità che però,
anche se impegnava nelle piccole cose, non disturbava molto. Si erano fatti una
religiosità che li rassicurava: nessuno è religioso come me perché faccio
questo, faccio quello, faccio quell’altro, ma erano tutte cosette. Una
religione comoda che in realtà non penetra nel profondo della tua coscienza e
non ti santifica.
Il Timore di Dio ci impedisce tutto questo perché ci rende limpidi, onesti
con Dio. Con questo dono bellissimo il rapporto con Dio è garantito, è ben
fondato, e da qui si parte per accogliere l’altro effetto speciale dello
Spirito, il dono della pietà.
mons. Giuseppe Pollano
da un incontro al Sermig