UNA LETTERA ANNUNCIATA DA MESI

IL PAPA SCRIVE ALLA CHIESA CINESE

 

Benedetto XVI scrive alla Chiesa che è in Cina, per ribadire che indipendenza ed autonomia non sono rivendicazioni “contro” lo stato ma condizioni per operare serenamente per il bene dei fedeli e della nazione. Non è un documento politico, ma eminentemente religioso.

 

La lettera alla Cina, pubblicata il 30 giugno, dopo una gestazione di diversi mesi, nella versione italiana consta di 54 pagine e 20 capitoli, offre orientamenti sulla vita della Chiesa e sull’opera di evangelizzazione nel grande paese asiatico.

Annunciata da mesi e attesa anche dal governo cinese che ne ha avuto copia una decina di giorni prima della pubblicazione, il testo è composto da 54 pagine nell’edizione italiana ed ha anche due edizioni in cinese. In una nota, diramata dalla Sala Stampa vaticana e che accompagna la pubblicazione, si sottolinea che la lettera «tratta questioni eminentemente religiose» e «non è quindi un documento politico» né «vuol essere un atto di accusa contro le autorità governative, pur non potendo ignorare le note difficoltà che la Chiesa in Cina deve affrontare quotidianamente».

Il testo è diviso in due parti: la prima è dedicata alla situazione della Chiesa, la seconda ai problemi pastorali. All’inizio ci sono rispettose parole di apprezzamento per quanto la Cina sta facendo. Vi si parla di «significative mete di progresso economico-sociale» e di «lungimirante progettazione di iniziative». «Nutro – scrive poi il papa – un vivo apprezzamento e sentimenti di amicizia, sino a formulare l’auspicio di vedere presto instaurate vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese (n. 4)». «Sono consapevole – aggiunge – che la normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Popolare Cinese richiede tempo e presuppone la buona volontà delle due parti. Dal canto suo, la Santa Sede rimane sempre aperta alle trattative, necessarie per superare il difficile momento presente (n. 4)».

 

L’ASSOCIAZIONE

PATRIOTTICA

 

Non c’è nessun accenno all’altra questione che Pechino afferma cruciale, quella dei rapporti con Taiwan, che vuole siano interrotti. Una mancanza che la nota della Sala Stampa vaticana colma, affermando che «com’è stato detto in altre circostanze, se si perviene ad un accordo col governo, il trasferimento a Pechino della nunziatura della Santa Sede in Cina può avvenire in qualsiasi momento».

Per quanto riguarda gli aspetti ecclesiali, il Papa si sofferma sulla «situazione di forti contrasti che vede coinvolti fedeli laici e pastori» cinesi, ricordando che per l’unità della Chiesa nelle singole nazioni, ogni vescovo deve essere in comunione con gli altri vescovi e tutti, a loro volta, in comunione visibile e concreta con il papa. «La Chiesa che è in Cina – si legge nella lettera – è chiamata a vivere e a manifestare questa unità, in una più ricca spiritualità di comunione».

Al capitolo sette, il documento pontificio si sofferma sull’Associazione Patriottica, che, viene ribadito, è un organismo voluto dallo stato, estraneo allo struttura della Chiesa, con la pretesa di porsi sopra i vescovi stessi e di guidare la comunità ecclesiale. Sempre all’Associazione si riferisce parlando di «persone non “ordinate”, e a volte anche non battezzate» che «controllano e prendono decisioni circa importanti questioni ecclesiali, inclusa la nomina dei vescovi (n. 8)» e quando ammonisce che la comunione e l’unità «sono elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica: pertanto il progetto di una Chiesa “indipendente”, in ambito religioso, dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina cattolica (n. 8)». Le dichiarate finalità dell’Associazione di attuare i principi d’indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione della Chiesa sono dunque inconciliabili con la dottrina cattolica, e hanno, inoltre, «causato divisioni sia tra il clero sia tra i fedeli».

Ancora, la lettera evidenzia che la comunione e l’unità «sono elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica; pertanto il progetto di una Chiesa “indipendente”, in ambito religioso dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina cattolica».

Nei capitoli otto e nove, il papa rivolge l’attenzione alla condizione dell’episcopato cinese e affronta il delicato tema delle ordinazioni episcopali, che, come ricorda la lettera, «tocca il cuore stesso della vita della Chiesa» e rappresenta «un elemento costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa». Il papa infatti sostiene che «non si vedono poi particolari difficoltà per l’accettazione del riconoscimento concesso dalle autorità civili, a condizione che esso non comporti la negazione di principi irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiastica». In via di principio insomma, “nulla osta” all’adesione alla Chiesa ufficiale, lasciando però la decisione ad ogni vescovo, perché «in non pochi casi concreti, se non quasi sempre, nella procedura di riconoscimento intervengono organismi che obbligano le persone coinvolte ad assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro coscienza di cattolici. Comprendo, perciò, come in tali varie condizioni e circostanze sia difficile determinare la scelta corretta da fare (n. 7)». Che potrebbe non essere condivisa da tutti i fedeli. Ma anche in questo caso, nella preoccupazione per l’unità della Chiesa, «mi auguro, tuttavia, che essa venga accolta, anche se con sofferenza, e che si mantenga l’unità della comunità diocesana col proprio Pastore (n. 7)».

 

TRE TIPOLOGIE

DI VESCOVI

 

Nella stessa logica, la lettera affronta le tre tipologie di vescovi cinesi, quelli clandestini, quelli riconciliati e i pochi non riconciliati. Per i primi auspica che il governo dia il proprio riconoscimento a coloro che «non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente (n. 7)». Proprio la loro assenza dal «Consiglio dei vescovi» cinesi, – che invece comprende «presuli, che sono tuttora illegittimi, ed è retta da statuti, che contengono elementi inconciliabili con la dottrina cattolica (n. 8)» – impedisce che questo sia considerato come una conferenza episcopale.

Dei secondi, che «sotto la spinta di circostanze particolari hanno acconsentito a ricevere l’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio ma, in seguito, hanno chiesto di poter essere accolti nella comunione con il successore di Pietro e con gli altri fratelli nell’episcopato (n. 7)», chiede che informino “pienamente” sacerdoti e fedeli del ristabilimento della piena comunione. Perfino per quelli illegittimamente ordinati, “un numero molto ridotto”, nelle parole del papa appare la ricerca dell’unità: egli ricorda infatti che essi sono illegittimi, ma validamente ordinati, per cui «pur non essendo in comunione con il papa, esercitano validamente il loro ministero nell’amministrazione dei sacramenti, anche se in modo illegittimo». Significativo quanto, in proposito, si legge nelle Sottolineature. Ricordate le “gravi sanzioni” (la scomunica, ndr) che colpisce chi ordina e si fa ordinare, aggiunge: «quando manca un vero spazio di libertà, per dichiarare che una persona è incorsa in una sanzione prevista dal Codice, si deve esaminare caso per caso, considerare tutte le circostanze e valutare la reale responsabilità soggettiva».  A tutti i vescovi si ricorda che «è lecito concelebrare con vescovi e con sacerdoti che sono in comunione con il papa, anche se sono riconosciuti dalle autorità civili e mantengono un rapporto con organismi, voluti dallo stato ed estranei alla struttura della Chiesa, purché il riconoscimento e il rapporto non comportino la negazione di principi irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiastica (n. 10)» e che i fedeli, pur dovendo in via di principio, rivolgersi ai vescovi in comunione col papa, «tuttavia, quando ciò non fosse realizzabile senza loro grave incomodo, possono, per esigenza del loro bene spirituale, rivolgersi anche a coloro che non sono in comunione con il papa (n 10)».

 

ORIENTAMENTI

PASTORALI

 

Con il capitolo 10 si apre la seconda parte della lettera, dedicata interamente agli orientamenti di vita pastorale e si ribadisce l’importanza della formazione dei cristiani, del clero come dei laici. E non manca di soffermarsi sul ruolo della famiglia in Cina, invitando i cattolici a «sentire in modo più vivo e stringente la sua missione» per il bene di tutta la società. Benedetto XVI chiede anche ai fedeli cinesi di vivere intensamente la propria vocazione missionaria. In varie parti della lettera, il papa evidenzia la testimonianza dei cristiani che hanno dato la vita per la fede e rappresentano l’esempio e il sostegno della nuova evangelizzazione. Nelle pagine conclusive, il papa, considerando alcuni positivi sviluppi della situazione della Chiesa in Cina, comunica la revoca delle facoltà e direttive di ordine pastorale concesse in tempi particolarmente difficili per la Chiesa.

La lettera si conclude con l’annuncio dell’istituzione di una “Giornata di preghiera” per la Chiesa in Cina, da osservarsi il 24 maggio, memoria liturgica della beata Vergine Maria, aiuto dei cristiani, venerata con tanta devozione nel santuario mariano di Sheshan a Shanghai. Nella medesima giornata, è auspicio del papa che i cattolici del mondo intero chiedano al Signore per i fedeli della Cina «il dono della perseveranza nella testimonianza», certi che le sofferenze passate saranno premiate, «anche se talvolta tutto possa sembrare un triste fallimento».

 

ALCUNE

REAZIONI

 

Molte le reazioni che ha avuto la pubblicazione del testo. Da Hong Kong, il cardinale Joseph Zen ha sottolineato che «il papa insiste sul fatto che i vescovi sono i leader della Chiesa, mai separati dal romano Pontefice. La mia speranza è che i nostri vescovi e sacerdoti rimangano in unione con il Santo Padre. Lasciate che la nostra Chiesa di Cina sia veramente una chiesa cattolica riconosciuta e rispettata dal resto del mondo, e lasciate che essa porti onore e gloria alla nostra nazione nell’ambito della chiesa universale». Padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews e uno dei maggiori esperti di questioni cinesi, ha rilevato che «la lettera rimane un messaggio nettamente spirituale, ma proprio per questo scuoterà la Cina molto di più di qualunque bega politica. Come prova di questo carattere spirituale, il papa lancia una “Giornata di preghiera” per la Chiesa in Cina, il 24 maggio di ogni anno, festa di Maria Ausiliatrice e festa del santuario nazionale mariano di Sheshan (Shanghai). In essa si pregherà per i cattolici e la loro unità col papa, ma anche per i persecutori, nell’attesa di vedere “il mattino della Risurrezione” per la Chiesa e per la società cinese».

Il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, ha notato che «il papa non cerca scontri con nessuno. Non pronuncia accuse nei confronti di nessuno, né dentro, né fuori la Chiesa; conserva sempre un tono sereno e pieno di rispetto, anche quando deve riferirsi alle limitazioni della libertà, agli atteggiamenti non accettabili, alle tensioni interne alla Chiesa. Una Chiesa che viene sempre considerata un’unica Chiesa, profondamente desiderosa di unione con il papa e al suo interno, anche se apparentemente divisa. L’esortazione all’unione, alla riconciliazione, al perdono reciproco è uno dei messaggi più intensi, che pervadono tutto il documento».

Da Pechino, il ministero degli esteri ha diffuso un laconico comunicato esprimendo l’auspicio che il Vaticano non frapponga “nuovi ostacoli” al dialogo sino-vaticano. La nota sottolinea ancora una volta le due pre-condizioni necessarie all’inizio del dialogo diplomatico (non ingerenza negli affari interni sotto il manto della religione; e la  rottura dei rapporti diplomatici con Taiwan). In passato, invece, si sono verificate reazioni ben più dure alle iniziative vaticane che guardavano alla Cina. Il leader nazionale dell’Associazione Patriottica, il laico Liu Bainian, ha decretato che non distribuirà la lettera del papa in Cina. Questo rende difficile alla Chiesa il poterlo fare da sé per il controllo esistente sulle pubblicazioni religiose, la cui distribuzione deve avere il permesso del governo. Liu ha detto che i cattolici possono «scaricare da internet il contenuto della lettera». Ma proprio in coincidenza con la diffusione del testo, il sito del Vaticano ha difficoltà ad aprirsi sui computer cinesi.

 

Fabrizio Mastrofini