INCONTRO DI CHRISOSTOMOS CON IL PAPA

MESSAGGERO DI BUONE NOTIZIE

 

L’arcivescovo ortodosso di Cipro, Chrisostomos, nella sua visita in Vaticano e alla CEI si è fatto interprete della necessità di ridare slancio al dialogo ecumenico e si è offerto anche come mediatore per riallacciare i rapporti tra il papa e il patriarca di Mosca. Tutto ciò è incoraggiante anche in vista dell’Assemblea ecumenica di Sibiu.

 

A Cipro, la  consuetudine con il sacro viene da lontano. Secondo l’antica mitologia greca, com’è noto, la dea della bellezza – Afrodite per i greci, Venere per i latini – sarebbe nata nel cuore del Mediterraneo, sorta magicamente dalla spuma del mare che si trova davanti alla spiaggia di Pafos. Diversi secoli più tardi, come racconta Luca negli Atti degli Apostoli, avvenne la fondazione della chiesa cristiana a Cipro dovuta direttamente all’azione apostolica: nel 46 sbarcarono infatti sulle sue coste Paolo e Barnaba, durante il loro primo viaggio missionario. Un secondo e più lungo viaggio fu in seguito intrapreso dallo stesso Barnaba – originario dell’isola – con l’evangelista Marco. Il III Concilio ecumenico di Efeso (431) e il Concilio di Trullo (692) avrebbero riconosciuto in seguito, anche formalmente, l’indipendenza della chiesa cipriota.

Facendo un lungo balzo nella storia, si può aggiungere che l’isola ha ottenuto la sua indipendenza nel 1960: l’allora arcivescovo Makarios fu eletto capo della nuova repubblica, unendo per la prima volta le cariche di capo dello stato e di capo della Chiesa fino alla sua morte, avvenuta nel 1977. Il 20 luglio del 1974 la Turchia ha invaso il territorio della Repubblica di Cipro, ha occupato e detiene fino ad oggi oltre il 36% del suo territorio. Quale risultato dell’invasione turca, oltre 170.000 cittadini ciprioti (circa un terzo della popolazione totale dell’epoca), sono diventati profughi nella loro stessa patria; mentre più di 500 chiese, cappelle e monasteri (cattolici, maroniti, armeni e ortodossi), sono stati occupati o distrutti.

Attualmente la chiesa ortodossa di Cipro, una delle più antiche chiese autocefale, conta circa 750.000 fedeli. L’arcivescovo in carica, Chrysostomos II, che porta il titolo tradizionale di Nuova Giustiniana e di tutta Cipro, è stato eletto dal Santo Sinodo della chiesa di Cipro nel novembre scorso: già metropolita di Pafos, ha avuto occasione di essere ufficialmente a Roma, facendo le veci di presidente del Santo Sinodo, partecipando ai funerali di Giovanni Paolo II e all’inaugurazione del pontificato di Benedetto XVI nel 2005. Come risposta a tali gesti fraterni, il nuovo papa ha inviato una sua delegazione alla cerimonia d’intronizzazione di Chrysostomos II nella cattedrale di Levkosia (Nicosia).

 

POSSIBILE

MEDIATORE CON MOSCA

 

Impossibile ignorare questo contesto di lunga durata, nel riflettere sulla recente visita di Chrysostomos II alla CEI e in Vaticano, preannunciata da una corposa intervista al settimanale L’espresso del 14/6/2007, in cui, senza mezzi termini, ha rivelato un doppio progetto straordinariamente ambizioso. Da una parte, si è presentato come possibile mediatore dello storico incontro, a lungo atteso, fra il papa di Roma e il patriarca di Mosca Alessio II (reso più urgente ma anche più delicato, sin dai tempi di Wojtyla, con lo spinoso caso degli uniati e le accuse di proselitismo cattolico dopo la fine del regime comunista). Su una simile prospettiva si è poi pronunciato anche il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, che ha rilasciato la seguente dichiarazione, a margine della cerimonia di conferimento della laurea honoris causa in missiologia da parte della Pontificia Università Urbaniana allo stesso Chrysostomos II, il 14 giugno: «C’è la speranza che Benedetto XVI e Alessio II possano incontrarsi entro un anno. Molto dipende da circostanze esterne e dalla situazione interna alla Chiesa russa. Il papa è disposto all’incontro e anche Alessio II è aperto. Nessuno è contrario all’incontro anche tra gli ortodossi» (SIR n.44, 2007).

Ma l’arcivescovo di Cipro si è spinto anche più in là, sostenendo che esistono le condizioni perché il dialogo d’amore fra la chiesa latina e quella orientale si trasformi in dialogo teologico, e l’opportunità che i cristiani stiano tutti insieme e non più separati. E se l’arcivescovo di Atene e patriarca di tutta la Grecia, Christodoulos, durante l’incontro del 14 dicembre scorso con papa Ratzinger aveva fatto proprio lo slogan “Il tempo stringe”, Chrysostomos II ha a sua volta rilanciato con «Non solo è tempo, ma è già tardi». Le condizioni, a suo dire, sarebbero favorevoli: a partire da un pontefice che conosce a fondo la teologia greca, e un patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, particolarmente aperto al dialogo, come ha confermato in occasione della visita papale a Istanbul, a fine novembre. «Inoltre – ha soggiunto – nel mondo mediatizzato e globalizzato abbiamo la possibilità di essere più vicini, conoscerci meglio. La gran parte dei cattolici e degli ortodossi stanno dentro la stessa Europa comune… l’importante è che la riunificazione non sia solo calata dall’alto, ma condivisa dalla gente, dai credenti, perché possa essere completa e funzionare». Fino a spingersi a guardare con speranza anche ai nodi teologici più complessi, a partire dall’accettazione da parte della Santa Sede del matrimonio dei sacerdoti: «Tutto è in evoluzione. Vent’anni fa sarebbe stato impensabile che un anglicano, sposato, potesse essere accettato nella chiesa cattolica. Oggi può succedere, se si converte». Non si può proprio dire che l’uomo difetti di coraggio…

«Verso questo mondo, spogliato dal senso della sacralità e spinto all’agnosticismo laico, la chiesa lancia il suo messaggio: l’uomo deve vivere con il sacro e il divino. Questo può essere raggiunto tramite la divina liturgia, una prassi mistica, allo stesso tempo umana e sovrannaturale». Si tratta di un passaggio della lectio magistralis tenuta da Chrysostomos II al conferimento del dottorato. «La Chiesa – ha detto – è perennemente in espansione in quanto cattolica e mira a incorporare tutti. Suo scopo è di mettere in atto il comandamento di Cristo ai discepoli, andate e ammaestrate le nazioni. L’azione missionaria costituisce una delle sue caratteristiche congenite». Scopo principale della missione, ha quindi spiegato il primate, «è assicurare la partecipazione attiva dei fedeli alla divina liturgia, al centro della quale si trova l’Eucaristia. Essa ci insegna ad allargare i nostri orizzonti, a parlare la lingua dell’amore nonostante differenze e contrasti». È questo il messaggio che «la chiesa ortodossa invia al mondo tramite la divina liturgia», ed è questo il motivo per cui «anche se permane una dissacrazione e secolarizzazione della vita specie nelle società occidentali, si assiste a un aumento dei giovani alla liturgia ortodossa».

L’appuntamento clou del viaggio italiano era fissato per sabato 16 giugno. Le voci dei due leader religiosi, il papa-teologo tedesco e il primate cipriota, hanno avuto accenti comuni. Occorre un «linguaggio nuovo per proclamare la fede che ci accomuna, un linguaggio spirituale condiviso, capace di trasmettere fedelmente le verità rivelate, aiutandoci così a ricostruire, nella verità e nella carità, la comunione tra tutti i membri dell’unico Corpo di Cristo», ha detto Ratzinger. «È l’ora della Chiesa e della nuova evangelizzazione per l’Europa di oggi», ha risposto l’ospite. Insieme, hanno poi evidenziato le urgenze dell’ora presente: in merito al dialogo ecumenico, alla pace in medio oriente, alle sfide della bioetica, ma soprattutto riguardo alla testimonianza comune nella vita dell’Unione Europea, nella quale l’isola è entrata recentemente (2004).

 

IL PAPA

INVITATO A CIPRO

 

Era la prima volta che un arcivescovo primate di Cipro si recava in Vaticano, ed è stata l’occasione per invitare a sua volta Benedetto XVI nell’isola. Significativamente, è stato più volte evocata la figura di Giovanni Paolo II, soprattutto per la sua immagine della Chiesa che deve respirare a due polmoni, oriente e occidente, nell’enciclica del dialogo ecumenico Ut unum sint (1995).

Chrysostomos II ha sottolineato con sincera partecipazione il problema del continente europeo, che risente della mancanza di unità fra i cristiani: «L’Europa, culla della civiltà occidentale e casa comune della Chiesa cattolica e di quella ortodossa, sta attraversando un periodo di crisi e di disorientamento, di ateismo e di dubbio, di secolarizzazione e di decadenza». Di conseguenza, l’uomo del nostro tempo «ha dei valori ispirati al Vangelo», ma «rifiuta l’importanza fondamentale delle radici cristiane dell’Europa: è l’ora della Chiesa e della nuova evangelizzazione, l’ora della missione ad intra». Per questo, l’arcivescovo di Cipro ha ribadito l’urgenza di operare per l’unità delle chiese, senza la quale «di certo poche cose possono avere un esito positivo e tanti sforzi isolati delle diverse chiese e confessioni cristiane sono, purtroppo, condannati al fallimento».

Chrysostomos II ha successivamente invitato Benedetto XVI «proveniente da un paese amico, traumatizzato dalla divisione per decenni, come il nostro, ma grazie a Dio riunificato», affinché ascolti e faccia ascoltare il lamento dell’isola, sulla quale «i diritti umani vengono calpestati, monumenti vengono distrutti, opere del nostro patrimonio spirituale diventano oggetto di commercio internazionale e la divisione dell’ultima capitale europea, Nicosia, sembra perpetuarsi in eterno». Della “situazione di divisione e di tensioni che da oltre trent’anni colpiscono Cipro, si fa riferimento pure nella dichiarazione congiunta, in cui emerge inoltre un pensiero per la penosa situazione del Medio Oriente, «dove la guerra e i contrasti tra i popoli rischiano di estendersi con disastrose conseguenze. Abbiamo invocato la pace che viene dall’alto».

In quei giorni, come accennavamo, si è molto parlato di una mediazione di Chrysostomos per un faccia a faccia tra il papa di Roma e Alessio II di Russia. Nel suo tentativo, «non richiesto ma offerto» di mediare per l’incontro fra i due, il primate ortodosso ha tracciato l’ipotesi della sua isola come una possibile sede dell’evento: «Siamo aperti a ogni possibilità e speriamo che i contatti portino a un esito positivo… a luglio – ha rivelato – partirò per Mosca dove incontrerò il patriarca e chiederò, se non in programma, di vedere anche Putin”.

 

PER UN RILANCIO

DELL’ECUMENISMO

 

Guardando ora lo sfondo in cui ci si sta muovendo, è innegabile che spesso oggi l’ecumenismo, dopo gli anni rigogliosi delle speranze fiorite attorno al concilio, appaia in difficoltà, talvolta in panne, tal altra ridotto a un dialogo di pura formalità e non di sostanza. Ma è altrettanto innegabile che in svariati ambiti – da quelli scientifici di chi studia la Bibbia sempre più assieme a quelli che erano i fratelli separati, a chi sperimenta un dialogo spirituale e nella preghiera, fino a quanti sperimentano l’accoglienza allo straniero o il confronto interreligioso senza chiedere carte d’identità di quanti operano al suo fianco – l’ecumenismo sia sempre più sentito come la normalità dell’essere cristiano oggi: soprattutto in un pianeta ormai definitivamente globalizzato, in un’Europa smarrita, caratterizzata da appartenenze liquide (Z. Bauman) e preoccupata di perdere i privilegi acquisiti più che di elaborare uno sguardo sul futuro, oltre che da ossessioni identitarie che favoriscono l’insorgere della violenza più che di indispensabili segni di pace.

Questo il contesto in cui fra appena qualche settimana, dal 4 al 9 settembre, si terrà a Sibiu, in Romania, la terza tappa del processo conciliare avviatosi nell’ormai lontano 1989 in Svizzera, a Basilea, e proseguito nel ’97 con l’assemblea di Graz. Sarà la prima assemblea del terzo millennio, ma soprattutto sarà la prima volta che un appuntamento del genere si svolge in un paese a maggioranza ortodossa (info: www.eea3.org). Con tale decisione, spiegano gli organizzatori, si è voluto evidenziare la comune appartenenza a una terra, a una storia, a una tradizione… Esistono le premesse, insomma, perché questo atteso avvenimento, promosso congiuntamente dalla KEK (Conferenza delle chiese europee) e dal CCEE (Consiglio delle Conferenze episcopali europee), che affronterà il tema La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento ed unità in Europa, metta a fuoco la centralità dell’antica voce cristiano-ortodossa nel vecchio continente, dopo diversi decenni venati purtroppo di silenzio e di grigiore. Un’occasione in più, che si deve sperare verrà colta appieno, perché l’Europa, oltre a parlare di dialogo – cominci a respirare ecumenicamente – finalmente – a pieni polmoni.

 

Brunetto Salvarani