ASSEMBLEA DELLA CARITAS INTERNATIONALIS

UN GRIDO D’ALLARME

 

I rappresentanti ecclesiali non hanno potuto nascondere al vertice dei G8 la loro preoccupazione per i ritardi nel raggiungimento degli impegni presi. Particolarmente disatteso risultava quello di destinare lo 0,7 del Pil ai paesi poveri. Tutto ciò in presenza di statistiche impressionanti sulla diffusione di malattie micidiali per il terzo mondo.

 

Fate funzionare gli aiuti, il mondo non può aspettare. La campagna internazionale contro la povertà, coordinata a livello globale da Caritas Internationalis, la confederazione delle 162 Caritas nazionali operanti in 200 paesi e territori di tutto il mondo, e da C.I.D.S.E. la rete di 15 organizzazioni cattoliche europee e nordamericane, impegnate nella cooperazione internazionale per lo sviluppo e la solidarietà, è da considerare una delle espressioni pubbliche più massicce e significative, che la chiesa cattolica abbia mai sviluppato a favore dei poveri nel corso della storia più recente.

La campagna, ispirata all’enciclica Popolorum progressio, ha voluto ricordare il 40° di questo fondamentale documento di Paolo VI. Essa ha coinciso anche con il “metà percorso” del periodo fissato in sede ONU dai governi, in occasione della famosa Dichiarazione del Millennio 2000. L’ONU, in quell’occasione, si era impegnata a raggiungere tra il 2000 e il 2015 otto obiettivi, di cui il più eclatante era quello di dimezzare la povertà nel mondo.

I 189 capi di stato nel 2000 avevano promesso il raggiungimento di 8 obiettivi:

 

1. ‑Dimezzare la povertà assoluta e la fame nel mondo.

2. ‑Assicurare l’istruzione elementare a tutti i bambini e le bambine del mondo.

3. ‑Promuovere la parità fra i sessi.

4. ‑Ridurre di 2/3 la mortalità dei bambini al di sotto dei 5 anni di età.

5. ‑Ridurre di 2/3 la mortalità materna.

6. ‑Fermare e invertire il trend di diffusione dell’Hiv/Aids.

7. ‑Assicurare la sostenibilità ambientale.

8. ‑Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo: cooperazione allo sviluppo, cancellazione del debito ai paesi più poveri, coerenza delle politiche, governance mondiale.

La verifica della strada percorsa – il cosiddetto Midterm Review – era stata inizialmente inserita nell’ordine del giorno del Summit del G8, che sarebbe stato celebrato in Germania, negli stessi giorni in cui Caritas Internationalis teneva in Vaticano la sua assemblea quadriennale. Essendo però plateali le inadempienze dei governi più ricchi, erano sorte forti pressioni per cancellare questo argomento dall’ordine del giorno.

Anche per questa ragione, Caritas Internationalis e C.I.D.S.E. decisero d’inserire, tra le iniziative della campagna, un incontro personale almeno con alcuni dei capi di stato, membri del G8, per illustrare il contenuto della campagna e del Memorandum che avrebbero inviato ufficialmente al Summit.

Una delegazione prestigiosa, composta dai cardinali Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga (Honduras) e Keith Michael Patrick O’ Brien (Regno Unito), dagli arcivescovi John Orolunpemi Onaiyekan (Nigeria), Vincent Michael Concessao (India), Lansenti Monsegwo Pasinya (Congo) e Werner Thissen (Germania), dai vescovi Frank

J. Dewane (USA), Arrigo Miglio (Italia) e Marc Stenger (Francia), accompagnati da alcuni laici responsabili di organismi non governativi cattolici, si è incontrato con le autorità ecclesiali e civili a Londra, a Berlino e a Roma.

Nella capitale italiana, la delegazione ha incontrato il presidente della CEI mons. Angelo Bagnasco e il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e fu ricevuta anche dal S. Padre.

Nella fitta rete di incontri, la delegazione ha ribadito la preoccupazione per i ritardi nel raggiungimento degli impegni per l’aiuto allo sviluppo. «I governi componenti del G8 – scrivevano nel messaggio – non hanno alcun mandato democratico per la governance globale. Tuttavia, a nessuno sfugge che le loro decisioni possono avere conseguenze per la vita di milioni di persone. A metà strada verso il 2015, l’obiettivo dello sradicamento della povertà si fa sempre più urgente, giacché i poveri diventano sempre più poveri al nord come al sud del mondo, e le disparità crescono ogni anno».

 

IL RISCHIO

DI TRADIRE LE PROMESSE

 

Di qui l’invito agli stati più ricchi ad assumersi le loro responsabilità in rapporto allo sviluppo umano e alla solidarietà universale.

Ai membri del “G8” venivano concretamente presentate alcune precise richieste:

•_in tema di aiuti allo sviluppo: mantenere gli impegni presi nel 2000 e ribaditi nel Summit del 2005, cercando anche nuove risorse da destinare alla cooperazione;

•_in tema di cancellazione del debito: elaborare nuove strategie per risolvere la crisi dei paesi più poveri;

•_in tema di trasparenza economica e finanziaria: potenziare la lotta alla corruzione nella gestione degli aiuti.

I rappresentanti ecclesiali non hanno potuto nascondere al vertice dei G8 la loro preoccupazione per i ritardi nel raggiungimento degli impegni presi. Particolarmente disatteso risultava quello di destinare lo 0,7 del Pil ai paesi poveri. I dati più recenti evidenziano anzi un’inversione di tendenza dei flussi di aiuto. Si stima ad es. che l’Italia stanzierà 8 miliardi di dollari in meno rispetto a quanto promesso, la Francia 7,6 miliardi in meno, la Germania 7 miliardi in meno.

Tutto ciò in presenza di statistiche impressionanti sulla diffusione di malattie micidiali per il terzo mondo. La malaria colpisce ogni anno più di 350 milioni di persone: 3.000 bambini sotto i cinque anni muoiono ogni giorno di questa malattia. Otto milioni di casi di tubercolosi vengono diagnosticati ogni anno. Nell’Africa subsahariana si concentrano oltre la metà dei morti di tutto il mondo per Aids. Si tratta di malattie oggi curabili, ma mancano i mezzi per l’acquisto di medicinali. Inoltre la ricerca scientifica è latitante, trattandosi di malattie dei poveri e quindi con scarso ritorno di profitto. La ricerca oggi è quasi interamente applicata a malattie riguardanti i paesi ricchi, ossia al 10% della popolazione mondiale. Solo lo 0,3% della ricerca farmacologica è indirizzata a curare le prime cinque cause di morte nel mondo: malaria, tubercolosi, malattia del sonno, epilessia, leishmaniosi (lebbra).

I rappresentanti di Caritas Internationalis, hanno voluto rappresentare anche visivamente il loro messaggio agli otto grandi della terra, innalzando a Piazza S. Pietro uno striscione lungo 10 metri, con la scritta: Make aid work, the world can’t wait (fate funzionare gli aiuti, il mondo non può aspettare). Sullo striscione, il numero 8 della sigla G8 era disegnato come una clessidra arrivata agli ultimi granelli. Non c’è più tempo – questo il senso del messaggio – il mondo non può attendere ancora.

 

LA GLOBALIZZAZIONE

DELLA CARITÀ

 

Caritas Internationalis è stata creata dalla S. Sede nel 1951, come confederazione di tutte le Caritas nazionali. Essa svolge soprattutto tre funzioni:

•_coordina gli aiuti nelle grandi emergenze (terremoti, alluvioni, siccità, guerre…) e nelle grandi operazioni umanitarie;

•_rappresenta le Caritas negli organismi internazionali sia laici (ONU,_FAO, UNESCO, Parlamento europeo ecc.) sia ecclesiali (fa parte di Cor Unum);

•_favorisce la maturazione di orientamenti comuni nell’esercizio della carità cristiana (scelte preferenziali, metodo, stile…).

Sul piano civile Caritas Internationalis è equiparata agli altri organismi non governativi internazionali.

Sul piano ecclesiale essa ha personalità giuridica pubblica. Si autogestisce come un organismo democratico: sceglie i propri massimi responsabili e decide autonomamente sui programmi e sui bilanci. Si tratta di un’autonomia “relativa”, in quanto sui candidati alle elezioni è richiesto precedentemente il placet della S. Sede. Nel corso della recente assemblea generale, celebrata in Vaticano dal 3 al 9 giugno, sono stati eletti: come presidente il card. Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras); alla segreteria generale – che è il vero motore della confederazione – è stata eletta Lesile Anne Knight già responsabile dell’attività internazionale del Cafod (Caritas della Gran Bretagna); come tesoriere è stato eletto Grigor Vidmar, della Croazia. È la prima volta che una donna copre la carica di segretario generale della confederazione. La nuova eletta ha dichiarato il proprio impegno a mettere al centro del lavoro comune le emergenze umanitarie, lo sviluppo integrale dell’uomo, la costruzione di una pace sostenibile.

La struttura del segretariato generale è numericamente ridotta, ma molto efficiente. Nel corso degli ultimi decenni Caritas Internationalis si è guadagnata sul campo la stima dei governi e delle agenzie internazionali, per la rapidità degli interventi nelle emergenze e l’efficacia dei progetti di sviluppo.

Inoltre il lavoro della Caritas, soprattutto negli ultimi decenni, ha sviluppato una significativa collaborazione interconfessionale, in particolare con i luterani e gli ortodossi. Si può dire che è stato messo in atto “l’ecumenismo della carità”. Questa caratterizzazione è stata ripresa dal card. Renato Martino, presidente del pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, nel suo intervento alla seduta inaugurale dell’assemblea. Le Caritas, ha affermato, si trovano spesso a operare nelle zone più povere e dimenticate della terra e sono chiamate a esercitare il loro ministero di riconciliazione e di peacemaking, in aree gravate da conflitti, accanto a organizzazioni umanitarie di altre confessioni religiose e anche con non credenti.

Questo, disse, è da considerare un segno dei tempi. Però è anche una provocazione per gli operatori delle Caritas a radicare la propria testimonianza in Cristo, il Dio dal volto umano, trasmesso dalla fede apostolica, che incon­triamo nei sacramenti e nella liturgia.

 

TESTIMONI DI CARITÀ,

COSTRUTTORI DI PACE

 

Il discorso rivolto dal S. Padre nell’udienza concessa agli oltre 300 delegati dell’assemblea, non ha avuto nulla di formale né di scontato e ha lasciato trasparire la preoccupazione di salvaguardare insieme all’apertura universale l’identità ecclesiale delle Caritas.

Richiamando la personalità giuridica canonica, attribuita a Caritas Internationalis, Benedetto XVI ha ricordato che la confederazione è una realtà che non si limita a lavorare “a nome” della Chiesa, ma fa parte integrante della Chiesa ed esprime la sua missione evangelizzatrice attraverso la testimonianza del servizio ai poveri e le opere di carità. Il segno esterno di questa caratterizzazione ecclesiale è dato dal fatto che Caritas è coordinata dal pontificio Consiglio “Cor Unum”.

Ne scaturiscono – ha affermato il S. Padre – due conseguenze:

•_anzitutto «ogni azione di carità dovrà ispirarsi a una forte esperienza personale di fede. Gli operatori delle Caritas, infatti, sono chiamati a testimoniare nel mondo l’amore di Dio». Devono perciò possederlo. «La carità vissuta fa crescere nella santità, come dimostra l’esempio di tanti servitori dei poveri, che la Chiesa ha elevato agli onori degli altari»;

•_inoltre, essendo l’amore di Dio aperto a tutti, anche la carità della Chiesa ha una “portata universale”, la Caritas deve impegnarsi, pur rispettando la natura propria della Chiesa, a favore della giustizia sociale.

Certo, dice il papa, «l’impegno politico non è competenza immediata della Chiesa». Tuttavia, essa deve affrontare le sfide del tempo presente, quali la globalizzazione, la violazione dei diritti umani, la presenza di strutture ingiuste, e deve affrontarle impegnandosi direttamente per uno sviluppo integrale dell’uomo e rendendo presente nella cultura attuale la visione cristiana della persona umana, comprensiva anche del destino trascendente.

 

IL COINVOLGIMENTO

DEL NOSTRO PAESE

 

Alla campagna mondiale di Caritas Internationalis, ha partecipato anche Caritas italiana, con una forte azione di sensibilizzazione e di pressione politica. Oltre 100.000 cartoline furono spedite dalle diocesi al governo italiano e alla presidente pro-tempore dell’Unione Europea Angela Merckel, con la richiesta di mantenere nell’agenda dei G8 il tema della povertà nel mondo e di tener fede agli impegni presi nei confronti dei popoli poveri.

Analogamente a quanto veniva compiuto a livello internazionale, la Caritas italiana ha realizzato una campagna dal titolo Prima che sia troppo tardi, assieme alla Focsiv e ad altre 16 organizzazioni cattoliche italiane. La campagna ha evidenziato il legame imprescindibile tra sviluppo e pace e tra povertà e guerra e ha voluto sottolineare l’importanza dell’aiuto allo sviluppo nella prevenzione dei conflitti e la necessità di una coerenza nelle politiche commerciali.

Come s’è detto, l’Italia è tra i G8 la nazione più in ritardo nell’adempimento degli impegni presi e la più lontana dalla solenne promessa di portare l’aiuto allo sviluppo dei popoli poveri a quota 0,7% del Pil. Attualmente il nostro paese è fermo a quota 0,2%. Inoltre, a causa delle resistenze a fissare scadenze precise nell’invio degli aiuti, ha corso il rischio di passare nell’opinione pubblica mondiale come “la cattiva di turno”.

Dopo i titoli dei giornali, Palazzo Chigi si è mosso, annunciando l’immediato stanziamento di 250 milioni di euro a favore del fondo globale per la lotta all’Aids, alla malaria e alla tubercolosi, e la conferma del mantenimento dell’impegno sui 400 milioni di dollari promessi dal governo Berlusconi all’ultimo incontro dei G8 a Greneagle ma non erogati. Romano Prodi ha assicurato la delegazione di Caritas Internationalis, che «questa volta le promesse saranno mantenute».

Ogni Caritas nazionale, pur nella condivisione degli orientamenti comuni alla confederazione, ha una propria identità.

Caritas italiana, nata dopo il concilio, ha assunto fin dall’inizio il carattere di organismo essenzialmente pastorale, con finalità prevalentemente pedagogiche. Essa è diffusa capillarmente in tutte le diocesi e in molte parrocchie e ha nel suo Dna la missione affidatale dal “fondatore” morale Paolo VI, di proporre e di vivere la carità come stimolo e completamento della giustizia. Educare le coscienze a vivere in sobrietà e a condividere il proprio benessere con i più poveri e stimolare i governanti a praticare la solidarietà e la giustizia, è la missione più pressante a cui oggi essa è chiamata.

 

Giuseppe Pasini