LA FEDE DEL PAPA TEOLOGO
UN BEL LIBRO DA LEGGERE
Gesù di Nazaret di
Il libro del papa su Gesù si fa leggere: ben documentato ma insieme scritto
in forma piana e con grande afflato spirituale. Riesce a trasmettere il fascino
della figura e del messaggio di Gesù. Ha scritto il più importante giornale
tedesco, la Frankfurter Allgemeine: «Il più bel regalo che il papa ha fatto a
se stesso e ai suoi lettori in occasione del suo 80° compleanno».
Sorprende che nell’edizione italiana manchi il sottotitolo dell’edizione
originale tedesca, e cioè: Dal battesimo nel Giordano alla trasfigurazione. Il
libro percorre, infatti, la prima parte della vita pubblica di Gesù di Nazaret,
e attende di essere completato da una seconda parte, che ricostruirà il cammino
di Gesù fino all’ultima cena, alla morte e alla risurrezione. Libro che si è
fatto attendere, ma insieme, che ci fa attendere. Immagino che i due volumi
saranno poi riuniti in uno solo, che giustifichi il titolo, solenne nella sua
semplicità, dell’edizione italiana.
Sono attese reazioni dal mondo accademico. Lo stesso papa si è esposto ad
esse, sollecitando le critiche, e non impegnando il magistero della Chiesa. In
genere, saranno rispettose, come si addice all’Accademia; ma è prevedibile che
saranno differenziate, in quanto in un tema storico e teologico così vasto e
così centrale si possono mettere in atto diversi criteri storiografici e
diverse metodologie. Ma si riconoscerà che lo studio del papa ha una sua linea
storiografica ben definita, sulla base della migliore esegesi cattolica,
soprattutto di lingua tedesca.
Il lettore/lettrice comune ha un bel libro da leggere e molto da imparare;
un libro che si può leggere anche andando per argomenti, segnalati dai titoli
dei capitoli. Spingerà alla conoscenza della Bibbia e dei vangeli in
particolare. Il libro esige anche una predicazione più biblica, e meno
moralistica. È un libro anche edificante, nel senso forte della parola:
accompagnerà un cammino di fede.
LA QUESTIONE
DEL METODO
L’intenzione del papa, che qui scrive come teologo, è espressa nella
Premessa: «Ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei vangeli come
il Gesù reale, come il “Gesù storico” in senso vero e proprio» (18). Come si fa
a raggiungere il Gesù reale, il Gesù storico? Innanzitutto, praticando il
metodo storico, che va sotto il nome di metodo storico-critico, che
ricostruisce il formarsi del testo della Bibbia e dei vangeli (storia delle
tradizioni), e la redazione del testo (storia delle redazioni). Qui siamo di
fronte a complessi problemi che vanno sotto il nome di ricerca sul Gesù
storico.
La ricerca sul Gesù storico si divide in tre tappe. Semplificando: nella
prima (Bultmann) si opera la separazione tra il Gesù della storia e il Cristo
della fede; nella seconda (Käsemann) si ricuce lo strappo, ricuperando la
dimensione storica dell’evento cristologico; la terza (Meier) nasce dalla
molteplicità delle fonti a disposizione e da nuove metodologie, approdando a
una varietà di risultati. Ratzinger non si inserisce in questa scansione, ma,
in collegamento con altri esegeti, cattolici e protestanti (Jeremias, Gnilka,
Berger, Söding) valorizza al massimo la testimonianza storica presente nei
vangeli. Il libro andrà a rafforzare questa linea, peraltro ben definita e
costante nella teologia moderna e contemporanea.
Per il teologo Ratzinger, il metodo storico-critico ha una sua funzione e
utilità, ma finisce per scomporre il testo, smontandolo e rimontandolo, senza
cogliere la cosa, di cui parla il testo, e la cosa di cui parla il testo dei
vangeli plasma (un termine ricorrente nella scrittura del teologo Ratzinger) la
vita del discepolo e della Chiesa. Il metodo storico-critico è come la scala
del filosofo Wittgenstein: si utilizza la scala per arrivare al livello, dove
si vuole arrivare, e cioè, qui, al livello storico, e poi la scala non serve
più. Occorre procedere oltre, per cogliere la cosa di cui parla il testo. E si
procede oltre, praticando – in compagnia di esperti esegeti – quello che ora si
chiama «approccio canonico», o «esegesi canonica», che studia il testo nel
contesto dell’unità e della totalità della Scrittura. Per fare questo è
necessario il passo della fede, ma è un passo giustificato dal genere di testo,
con cui si è alle prese. L’esegesi storica si prolunga in esegesi teologica, se
si vuole superare il frammento della ricostruzione storica, e cogliere il tutto
nel frammento e oltre il frammento.
Il problema è: c’è discontinuità tra il Gesù storico e il Cristo della
fede? C’è discontinuità tra il Gesù della storia e il Cristo del dogma? La
risposta del teologo Ratzinger può essere così sintetizzata: il Cristo della
fede è la migliore interpretazione del Gesù della storia. Una esegesi, attenta
alla metodologia storica, ma attenta anche alla unità e alla totalità della
Scrittura, riesce a istituire il giusto rapporto tra storia e dogma, come si
evince dalla conclusione dell’opera: il dogma di Nicea (325 d.C.) introducendo
nel Credo la parola omooúsios (della stessa sostanza), «non ha ellenizzato la
fede, non l’ha gravata di una filosofia estranea, bensì ha fissato proprio
l’elemento incomparabilmente nuovo e diverso che era apparso nel parlare di
Gesù con il Padre» (405).
LE FONTI
A CUI HA ATTINTO
Il libro del papa teologo reca in appendice anche una selezionata
bibliografia, brevemente commentata, che permette di conoscere le fonti, a cui
ha attinto, e gli studi con cui si è confrontato. Voglio, qui, segnalare almeno
due studi citati, che permettono di cogliere meglio il libro di Benedetto XVI
su Gesù.
Il biblista nordamericano John Meier (sacerdote cattolico della diocesi di
New York, e non gesuita come è erroneamente indicato nella bibliografia del
libro di Ratzinger, e docente in una delle più prestigiose università
cattoliche degli USA, la Notre Dame University di South Bend in Indiana, ha
scritto negli anni novanta l’opera in tre volumi, Un ebreo marginale. Ripensare
il Gesù storico (edizione italiana presso la Queriniana, 2001-2003), esemplare
per l’utilizzazione del metodo storico-critico. L’autore nordamericano è
pienamente consapevole che la sua opera affronta il più grande enigma della
ricerca religiosa moderna: chi era Gesù? Per rispondere alla domanda, John
Meier immagina il seguente scenario: «Se un cattolico, un protestante, un ebreo
e un agnostico – tutti onesti storici competenti dei movimenti religiosi del
primo secolo – fossero rinchiusi nelle viscere della biblioteca dell’Harvard
Divinity School ... senza la possibilità di uscire prima di aver elaborato un
documento comune su chi fosse Gesù di Nazaret e su cosa abbia significato ...»,
un ebreo marginale è ciò che, secondo Meier, quel documento rivelerebbe. Meier
si attiene al metodo storico-critico, e non lo oltrepassa, ma senza
riduzionismi, come invece fanno altri studiosi, tra cui occorre citare il
circolo Jesus Seminar negli USA, e da noi, il libro-intervista di Augias-Pesce,
dove viene riaffermata la discontinuità tra il Gesù della storia e il Cristo
della fede. Si potrebbe dire che l’opera del Meier è il più recente e il più
onesto tentativo di praticare il metodo storico-critico nella ricerca del Gesù
storico, tenendo presente tutta la complessità della ricerca, ma non procedendo
oltre. L’oltre è il passo della fede. Procedimento legittimo, in campo
scientifico, ma solo propedeutico a una ricerca storico-teologica, qual è
praticata nel libro di Benedetto XVI.
Un altro testo esemplare è il Gesù (2004, in edizione italiana presso la
Queriniana nel 2006) del biblista protestante, aperto al cattolicesimo, Klaus
Berger dell’università di Heidelberg, in Germania, che pratica una esegesi
storico-teologica, nella convinzione che «gli scritti biblici relativi a Gesù
vennero redatti, senza eccezioni, in un orizzonte mistico e solo in un
orizzonte mistico possono quindi essere compresi». Berger utilizza, per dire
così, la scala del metodo storico, ma poi l’abbandona per mettersi in sintonia
con la storia, di cui rendono testimonianza i vangeli, raccogliendo la sfida,
così formulata: «Gesù può dire ancora qualcosa di interessante alle donne e
agli uomini del nostro tempo?». Il Gesù di Berger si colloca,
metodologicamente, nella linea del Gesù di Nazaret di Ratzinger, anche se, più
che a una ricostruzione della figura di Gesù, è interessato al suo messaggio in
rapporto a tematiche, che riguardano l’uomo contemporaneo, come: Gesù e la
felicità umana; Gesù e la sofferenza umana; Gesù e le donne; il progetto
politico di Gesù, e altre tematiche ancora.
RITORNARE
AL VANGELO
Il libro del papa teologo utilizza una metodologia storico-teologica, come
fa Berger e a differenza di Meier, ma non per confrontarsi con i problemi
dell’uomo contemporaneo, – quali felicità, sofferenza, politica, ecc. – ma per
mostrare come il Gesù della storia è il Cristo delle fede, e il Cristo della
fede è il Gesù della storia.
L’intento è, dunque, storico-teologico. Tra il Gesù della storia e il
Cristo della fede non c’è discontinuità, ma, invece, è possibile mostrare la
corrispondenza tra storia e dogma, nell’orizzonte di una esegesi, che presti
attenzione, al di là delle stratificazioni storiche ricostruite dal metodo
storico, all’unità e alla totalità della Bibbia.
Nella sua ricostruzione Ratzinger utilizza largamente il quarto vangelo, il
vangelo di Giovanni, di cui rivendica «l’attendibilità storica» (257-279). Il
quarto vangelo non è «un’opera largamente poetica» (Hengel); né si presenta
come «un’opera letteraria, che testimonia la fede e vuole rafforzare la fede, e
non come resoconto storico» (Broer); ma, invece, è da ritenere come «vangelo
pneumatico», che rimanda alla realtà storica e alla tradizione della Chiesa,
che, sotto l’azione dello Spirito, introduce alla profondità della parola e
degli avvenimenti. Ratzinger domanda, stringendo le fila della sua
ri-proposizione della questione giovannea, a proposito del vangelo di Giovanni:
«Come può rafforzare la fede se si propone come testimonianza storica – e lo fa
con grande vigore, – ma non offre poi informazioni storiche?» (268). Il teologo
Utilizzando il vangelo di Giovanni, e procedendo anche oltre le conclusioni
cui arrivava il grande commentario di riferimento di Rudolf Schnackenburg
(1965-1985; in traduzione italiana in tre volumi presso la Paideia), Ratzinger
trova «il punto di appoggio», su cui si basa il suo libro: «Considero Gesù a
partire dalla sua comunione con il Padre. Questo è il vero centro della sua
personalità. Senza questa comunione non si può capire niente e partendo da essa
egli si fa presente anche a noi oggi» (10).
L’invito, insistente, che promana dal Gesù del papa teologo, è così
formulato: «Ritorniamo dunque al Vangelo, ritorniamo all’autentico Gesù» (78).
Un richiamo, che non può non avere per il discepolo e per la comunità dei
discepoli, una incidenza non solo di conoscenza, ma anche di pratica.
Rosino Gibellini