ALCUNI TIMIDI SUGGERIMENTI

IN UN MONDO CHE È GIÀ CAMBIATO

 

Occorre saper scrivere qualcosa di nuovo, qualcosa di questa stagione, cercata con il cuore e la mente, fino a incontrare il nostro tempo e vedere l’apertura al futuro. La lente attraverso cui guardare rimane sempre sia la parola di Dio sia il carisma storico, reso oggi più chiaro dal nuovo impatto con la storia.

 

Sappiamo che il tormentone della vita consacrata è: quale futuro? O meglio: quale presente per costruire il futuro? intendendo con questo la ricerca di strade, di strategie e progetti per un avvenire che dia ancora consistenza e significato alla vita religiosa.

Le idee non mancano per il cammino da intraprendere. Ma – forse – spesso sono idee frutto di un’altra stagione che dicono poco o nulla, idee culturalmente stanche, in visibile difficoltà per interpretare il presente e delineare il futuro. Noi camminiamo con l’occhio al mondo che cambia, ma – forse – non ci siamo accorti a tempo che il mondo è già cambiato e che – mentre noi discutiamo – continua a cambiare. E così rischiamo di arrivare – dopo lunghi, (anche necessari) dibattiti – comunque in ritardo.

Ecco: ci mancano le coordinate giuste per tracciare il cammino. È comprensibile il disagio, come pure la fretta. Se è evidente a tutti la necessità di trovare queste coordinate, si nota anche con rammarico il “piccolo cabotaggio” di idee, la navigazione a vista di alcune realtà della vita consacrata. Molte volte “gattopardescamente” si cambia tutto per non cambiare – in fondo – nulla. Perché dentro (nei cuori e nelle comunità) si trova difficile cambiare marcia, convinzioni, traguardi, ambiti.

L’esistenza – come pure la consistenza e la permanenza – della vita consacrata è legata alle condizioni della vita culturale in cui è chiamata a vivere, con legami che non si possono ignorare, né tagliare in modo netto, anche perché è a questo tempo che deve parlare e rivolgersi. Inoltre la vita religiosa si deve rendere conto che il clima coevo produce e chiede modificazioni non solo di strutture, ma di comportamenti e di atteggiamenti. Per cui richiedono relazioni nuove (in senso formativo, apostolico, di incarnazione del carisma) con le persone e le loro domande. Relazioni che, se non esistono o non si sanno instaurare, lasciano nel vuoto la vita consacrata.

 

ILLUSIONI

CHE ACCONTENTANO

 

Ricette per intraprendere questo cammino si cercano da tutti gli istituti, ma di “sicure” non ne esistono. Per cui si possono dare timidi suggerimenti, che si allineano a tanti altri, come contributo alla ricerca.

Le illusioni – facili da avere, oggi, in questo continuo mutare di posizioni – sono sempre in agguato: si intravedono strade che, nel breve tempo di concretizzarle, si rivelano inadeguate o fallaci. Le piccole conquiste appaiono – per il momento – più desiderabili. Ma sono – appunto – piccole. Bastano per l’avvenire? Accontentano realmente il desiderio e la necessità di cambiamento, di ripresa? Coinvolgono – con convinzione – tutti? Ci si lascia, facilmente, sedurre da vie, traguardi che si presentano alla portata di mano e allora si rinuncia a orizzonti più lontani (certo) ma forse più paganti e appaganti sulla distanza. Pensiamo – ad esempio – a settori di apostolato che richiedono formazione, capacità che si acquistano con il tempo e la fatica, alle quali invece – spesso – sono preferite mete più vicine, più “simpatiche” e meno faticose. Salvo poi ad accorgersi – in breve tempo – che sfumano. Le inquietudini della ricerca molte volte sono abbandonate dai singoli religiosi e da singole comunità.

Invece occorre sapere scrivere qualcosa di nuovo, qualcosa di questa stagione, cercata con il cuore e la mente, fino a incontrare il nostro tempo e vedere l’apertura al futuro. “Inseguire” i segni dei tempi, senza – naturalmente – lasciarsi sedurre dalle sirene dei tempi. Occorre uno sguardo libero dai condizionamenti (non dalle esperienze positive) del passato (magari del “mio” passato) e dai preconcetti e dalle paure del futuro, per sapere cogliere le sfumature (anche) della storia  che si vive e che – attraverso il presente – si preannuncia. La lente attraverso cui guardare rimane sempre sia la parola di Dio sia il carisma storico, reso oggi più chiaro dal nuovo impatto con la storia. Le illusioni – si diceva – sono facilmente a portata di sguardo, se non si purifica continuamente l’occhio che scruta la realtà, sia della vita consacrata che della propria comunità.

 

SENZA ILLUSIONI

NELLA STORIA

 

Una realtà (non lo si può dimenticare dai religiosi, come non lo dimentica la Chiesa) che è redenta da Cristo incarnato in essa. Sulle orme di tanti santi (e prima ancora del vangelo stesso) sappiamo che tutto ora nella storia è sotto la benedizione di Dio. Una realtà – certo – ancora da purificare (è il compito del credente) ma una realtà sempre e comunque sotto il segno dell’amore redentivo e salvifico di Cristo. Dio ha amato e ama la nostra storia, spesso povera umanamente, a volte (tante) violenta socialmente, arida spiritualmente, ma comunque anche sua per l’Incarnazione.

Ecco allora: non possiamo dire di conoscere realmente le persone, alle quali la vita consacrata si rivolge per l’evangelizzazione, se non le guardiamo alla luce di Cristo e del suo amore. Diciamolo chiaramente: conoscere da vicino certe realtà umane, intellettuali fa svanire (o almeno diminuire di molto) la stima per le persone. Soltanto guardandole come figli di Dio la delusione viene coperta da una simpatia che attinge altrove la sua linfa e la sua sostanza: ci rimanda all’umanità redenta da Cristo.

È da questa visione cristologica che nasce la disponibilità all’ascolto, alla comprensione anche delle più estreme lacerazioni e lontananze, al perdono. Allora – in questa dimensione evangelica – non ci si illude più che le nostre più sofisticate analisi e ricerche possano, una volta per sempre, risolvere la questione della presenza efficace della vita consacrata nella realtà che si vive. Ma ci si sente sempre inadeguati alla trasmissione della parola di Dio e superati dalla velocità della storia, alla quale – però – mai ci si arrende, forti della Parola che non muore. Sono sentimenti e atteggiamenti che confluiscono nell’evangelizzazione quale parte integrante e – spesso – preliminare. La persona – per noi creata e redenta – rimane, costantemente, sullo sfondo della realtà che muta, nonostante le sue piccolezze, ignoranze, resistenze. La sua grandezza deriva da altre sorgenti che non esauriranno mai la loro attrattiva e il loro richiamo per l’impegno della vita religiosa. Nessuna illusione di convertire una volta per tutte il mondo, ma neppure la resa o l’accontentarsi del ricordato – e sempre accattivante – piccolo cabotaggio.

 

NELLE “TRACCE”

DELLA STORIA

 

Un mondo che continuamente cambia (e che richiama a un’attenzione costante per non essere fuori dalla storia) non procede in modo invisibile: lascia certe tracce che a volte si presentano appena percettibili, ma che la vita consacrata deve saper scrutare, perché di fatto diventano espressive di tendenze e anticipazioni per chi le sappia interpretare. Pensiamo ai molteplici e nuovi ambiti della cultura che sono – e saranno di più per il futuro, grazie a queste tracce – il terreno privilegiato per l’evangelizzazione. Continuare, nella formazione sia iniziale che permanente, secondo gli schemi collaudati nel passato, si rischia di essere pronti…all’evangelizzazione di persone che sono fuori sintonia con il nostro parlare e atteggiarsi.

Occorre procedere a una ricognizione attenta di queste tracce, alla luce dello Spirito, conoscendo gli elementi costitutivi della cultura, letti e riletti sotto la lente del vangelo. Senza illusioni del tocco magico risolutivo, ma neppure con l’afasia di chi non sa più che dire. Bisogna immettere nella materia della storia il respiro e l’alito che doni supplemento di vita alla società, cogliendone gli aspetti positivi e “tinteggiando” di vangelo quelli non completamente secondo la dignità globale e le attese della persona umana. A volte – e nel nostro tempo si presenta come una missione prioritaria – si tratta di “ri–creare” l’uomo. Con l’energia vitale della parola di Dio.

Una Parola che è all’origine del mondo (“e Dio disse”) e che continua a risuonare (se si è capaci di ascoltarla) nella storia. Ed è sempre una fonte inesauribile di novità, di persistente vita  e di vivificazione della realtà dei tempi, di perenne tensione verso l’altro. È la parola dello Spirito che forgia veri viventi, in grado di respirare l’aria di Dio e di immetterla nelle case degli uomini. Spirito che traccia i reali percorsi della vita consacrata nelle strade della storia. Senza di lui ci sono gli abbagli da parte nostra: non sappiamo individuare queste strade o le percorriamo con eccessiva leggerezza e fiducia. Con lui le inevitabili svolte di queste strade non generano fermate, ma rilanciano alla scoperta di un nuovo percorso. Con lui le illusioni non abbagliano e le delusioni non scoraggiano.

Ennio Bianchi