CONVEGNO OPERA DI MARIA A LOPPIANO
NOTTE COLLETTIVA?
A Loppiano, cittadella dei Focolarini, 150 religiosi/e appartenenti a più
di 50 istituti, provenienti da Umbria, Toscana e Emilia Romagna, hanno dato
vita al terzo Convegno interregionale promosso dall’Opera di Maria, sul tema
Carismi antichi e nuovi in comunione: dalla fragilità alla speranza nella vita
delle persone consacrate (4 maggio 2007).1
Come ha suggerito nel suo saluto ai convenuti, mons.
Gianfranco A. Gardin, ofm conv segretario Congregazione istituti VC e società
VA, sul tema della fragilità la tradizione monastica e la vita religiosa hanno
sempre riflettuto molto, elaborando e suggerendo processi morali e spirituali
che hanno aiutato molte persone a compiere cammini di crescita anche molto
esigenti ed efficaci.
Tuttavia si deve forse riconoscere che nel passato…
questa era talora oggetto di una visione, se non irrimediabilmente, almeno
pesantemente negativa. Ciò era favorito da una concezione “angelica” o
perfezionista dell’ideale religioso, secondo il principio bonum ex integra
causa, malum ex quocumque defectu: come dire: il bene, per essere tale esige di
essere integrale, senza incrinature; mentre basta un semplice, piccolo difetto
perché ci si possa considerare in presenza del male. Questa concezione poteva
suscitare sentimenti di scoraggiamento di fronte alla constatazione della
propria debolezza, e il male che da essa proveniva poteva creare un senso
paralizzante di frustrazione e di sfiducia. In realtà abbiamo bisogno di
recuperare l’esperienza della fragilità.. come occasione per riconoscere la
forza che viene dal Signore, memori dell’espressione di Paolo: «Quando sono
debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10)».
TEMPO
DI FRAGILITÀ
È davvero importante – ricorda mons. Gardin – che «la
vita fraterna vissuta nella comunità è condivisione di fragilità e luogo di
accoglienza reciproca delle altrui debolezze, e si costruisce nella misura in
cui si dà la disponibilità di portare gli uni i pesi degli altri (cf. Gal 6,2).
Sappiamo bene che la presunzione della propria virtù rompe la fraternità,
mentre l’umile accettazione delle proprie e altrui debolezze, insieme “gestite”
e curate, fa sì che si crei un corpo comunitario nuovo, in cui i segni del
peccato si trasformano in manifestazione della grazia. La comunità diviene così
il luogo in cui si attua una quotidiana, discreta, paziente reciproca terapia
delle fragilità, che genera speranza, desiderio di guarigione e di crescita,
benedizione del dono dell’amore di Dio che prende corpo nell’amore dei
fratelli».
Fabio Ciardi omi ha incentrato la sua relazione proprio
sullo scenario comunitario rappresentato da una miriade di spettatori, quelli
che hanno già superato le prove della fede: «Sono i nostri fondatori e
fondatrici, i loro primi compagni e compagne, i nostri santi e sante, le anime
grandi che hanno fatto la storia dei nostri istituti. La Lettera agli Ebrei ci
ricorda che per nostra corsa, come per la corsa nello stadio, la cosa più
importante è aver ben chiaro il punto di arrivo! L’atleta, prima ancora di
spiccare la corsa, fissa bene la meta e unicamente ad essa mira quando è in
pista. Analogamente noi siamo invitati a tenere ben fisso lo sguardo su Gesù
che ci ha preceduto e ci fa da guida: è lui la meta! Le persone consacrate sono
lanciate nella corsa verso l’incontro pieno con Cristo. Egli ci insegna anche
come correre: sulla croce, specialmente quando si sente abbandonato dal Padre,
è il modello del coraggio, della perseveranza, della sopportazione: ha saputo
rimanere saldo nella prova e si è riabbandonato nelle mani di quel Dio da cui
si sentiva abbandonato».
FASI DEL CAMMINO
“COLLETTIVO” DELLA VC
Gli autori spirituali insegnano che nel cammino
spirituale i momenti più alti momenti di grazia, e i più fecondi, sono quelli
della crisi, della prova, della notte. Per Ciardi l’intero corpo ecclesiale,
lungo il suo cammino, può vivere momenti di crisi, di prova, così come
testimoniate, ad esempio, nell’itinerario dell’esodo dell’antico popolo di Dio.
«Gustave Thibon nel 1938 scriveva: “Ho sempre pensato (…)
che l’evoluzione umana del cristianesimo comporti, oltre alle notti descritte
dai mistici e destinate a purificare l’amor divino negli individui, anche delle
autentiche notti storiche, ossia delle prove estese sulla scala dell’intera
umanità, nel corso delle quali si elaborano le nuove ère della spiritualità”.
Paragonava quindi l’inizio dell’èra cristiana all’abbondanza sensibile dei
principianti, il medioevo alla notte dei sensi, l’età moderna allo notte dello
spirito. Si può non concordare sulla periodizzazione. Rimane vera l’intuizione
di un cammino spirituale di tutta la Chiesa. Nel 1948 Karl Rahner allarga la
visione all’intera società, domandandosi: “Perché queste stesse notti non
dovrebbero esistere nella storia di popoli e dei continenti, tramutandosi in
qualche modo in esperienza comune?”. Non dovrebbe accadere quello che oggi sta
accadendo? E annota: forse si dimentica che lo stesso Signore «ha esclamato:
Perché mi hai abbandonato?”. Come non ricordare, in proposito, il famoso
discorso di Giovanni Paolo II a Segovia, ispirato a Giovanni della Croce, il
dottore della notte: “La notte oscura, la prova che fa toccare il mistero del
male ed esige l’apertura della fede, acquista a volte dimensione di epoca e
proporzioni collettive” (3/11/982)».
A questo punto il relatore risponde ricordando che
«l’istruzione Ripartire da Cristo prende atto che la VC si dibatte in una
situazione di fragilità e di incertezza. È insidiata dalla mediocrità nella
vita spirituale, dall’imborghesimento progressivo e della mentalità
consumistica, dal secolarismo. In questo momento di trapasso è toccata talvolta
anche dal problema della propria identità e quindi è alla ricerca di senso e di
qualità. Per quanto riguarda la missione la maggiore difficoltà sembra venire
dall’attivismo, dall’efficientismo pastorale, dall’immediatismo, dal
protagonismo. Si privilegia spesso l’apostolato individuale piuttosto che la
dimensione comunitaria della vita. Un ulteriore problema è la diminuzione dei
membri, sia per la mancanza di vocazioni che per l’invecchiamento».
COME LEGGERE
LA NOTTE?
La VC ha dunque terminato il suo ciclo vitale? È finita
la sua forza propositiva e profetica? Si afferma che il terzo millennio sarà
dei laici e più precisamente dei movimenti: ci sarà ancora posto per
religiose/i? Che non siano questi i segni di una notte oscura collettiva?
Ciardi è sicuro che «se si tratta di una notte, allora è
segno che stiamo vivendo un momento intenso di grazia, che Dio è all’opera con
la sua azione d’amore. Tale infatti è la natura della “notte oscura”. Dio si
muove a compassione di noi vedendoci così invischiati nei nostri problemi,
nelle debolezze, nei compromessi, e decide di intervenire e di prendere in mano
lui stesso questo vaso di creta per rimodellarlo». Ripartire da Cristo offre
alcune chiavi di lettura. La prima è quella di uno sguardo di fede: «lo sguardo
di chi sa che la storia della Chiesa è condotta da Dio e che tutto concorre al
bene per quelli che lo amano (…) La grazia di Dio, infatti, si manifesta
pienamente nella debolezza (cfr. 2 Cor 12, 9)» (n. 11). Viene poi indicato il
segreto per volgere in positivo il negativo: riconoscere in ogni situazione dolorosa
il volto di Cristo, che si è fatto solidale con i nostri limiti fino a portare
«i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce» (1 Pt 2, 24).
Cristo stesso, nel suo mistero di Croce e nel suo grido
di abbandono, «ha penetrato e assunto su di sé lo scoraggiamento che può
prendere davanti alla diminuzione dei membri e al loro invecchiamento, il senso
di emarginazione che può insorgere dall’emergere di nuove forze ecclesiali
vive, la percezione di una sfiducia nei confronti della vita consacrata da
parte della Chiesa, la tentazione della mediocrità, l’offuscamento
dell’idealità carismatica sotto il peso di opere ormai prive dell’originalità
evangelica e delle motivazioni spirituali, l’incrinamento della comunione della
fraternità insidiata dall’individualismo». Va fatto dunque oggi riecheggiare il grido di Gesù in
croce: Perché mi hai abbandonato?
Nel commento della fondatrice dei Focolarini, Chiara
Lubich, al testo della Lettera agli Ebrei citato sopra, appare come il modello
della corsa e di come si superano le prove. «Un aspetto di Gesù abbandonato, e
forse uno dei più dolorosi, è quello di chi, dopo aver sperimentato tutta la
sua vita spirituale della fede nell’amore di Dio, si trova per delle
circostanze a sentirsi abbandonato da lui». Leggendo queste parole, si capisce
che l’attuale situazione della VC non sempre è frutto di mancanza di generosità
e di amore. La prova che essa sta passando è proprio nel paradosso che si sente
come abbandonata da Dio. Il suggerimento è di guardare a lui e riconoscerlo in
ogni prova, così da imparare a “chiamarlo per nome”. «Così gli diremo:
Gesù_Abbandonato-solitudine, Gesù Abbandonato-dubbio, Gesù Abbandonato-ferita,
Gesù Abbandonato-prova, Gesù Abbandonato-desolazione e così via. E chiamandolo
per nome, egli si vedrà scoperto e riconosciuto sotto ogni dolore e ci
risponderà con più amore; e abbracciandolo diverrà per noi: la nostra pace, il
nostro conforto, il coraggio, l’equilibrio, la salute, la vittoria. Sarà la
spiegazione di tutto e la soluzione di tutto».
RISPOSTA COMUNITARIA
ALLA NOTTE COLLETTIVA
Se la prova non è soltanto del singolo religioso o
religiosa, ma della comunità, dell’istituto, della VC come tale, allora anche
il modo di affrontarla e di viverla dovrà essere comunitario.
Richiamando l’icona pasquale dei due discepoli diretti a
Emmaus, Ciardi si chiede: la loro situazione di perdita di fede di incertezza,
di insicurezza, non può essere una parabola della VC che sembra aver perduto il
senso del proprio esistere nella Chiesa? «Se il Risorto apparisse oggi ai
religiosi e alle religiose, lungo il loro difficile cammino, ripeterebbe forse
le stesse cose e inviterebbe a fare memoria delle sua parole, le direbbe di
nuovo, ed esse illuminerebbero nuovamente la mente, facendo comprendere che
stiamo vivendo in comunione con il suo mistero di morte e di risurrezione e
nuovamente scalderebbero il cuore, infondendo ancora slancio e forze per
procedere nel cammino. Non è soltanto un sogno, non è un’utopia. È la verità.
Lui ha promesso che se siamo uniti nel suo nome si accosterà a noi e camminerà
con noi. Lui stesso condividerà la nostra notte e lui stesso porterà la nostra
croce».
Una pagina di Igino Giordani (1894-1980)2 ci ridice che
la croce «pesa di meno se Gesù ci fa da Cireneo». E pesa ancora di meno,
continua, se la portiamo insieme: «Una croce portata da una creatura alla fine
schiaccia; portata insieme da più creature con in mezzo Gesù, ovvero prendendo
come Cireneo Gesù, si fa leggera: giogo soave. La scalata, fatta in cordata da
molti, concordi, diviene una festa, mentre procura un’ascesa» (La divina
avventura).
La conclusione di p. Ciardi punta sulla difficoltà di
vivere in una società dove spesso regna una cultura di morte: essa può
diventare una sfida per vivere i voti come via per la piena realizzazione della
persona. L’impressione di un calo di stima per la VC, può risultare un invito a
una purificazione dalla ricerca di apprezzamenti umani. La contrazione numerica
dei membri dell’istituto può essere letta come l’invito a recuperare il proprio
compito essenziale di lievito, di fermento, di segno e di profezia. La
crescente presa di coscienza dell’universale vocazione alla santità da parte di
tutti i cristiani, con conseguente perdita del monopolio della santità da parte
della VC, può diventare ulteriore motivo di gioia nel sentirsi più vicini agli
altri membri del popolo di Dio con cui condividere il comune cammino di sequela
di Cristo.
a cura di Mario
Chiaro
1 Il titolo del convegno si è modificato man mano
che esso si snodava. Preoccupati di scoprire come passare dalla fragilità alla
speranza, i presenti hanno scoperto che la speranza abita già nella fragilità.
A questo cambiamento di prospettiva hanno concorso le esperienze del mattino e
del pomeriggio, raccontate in uno stile di tavola rotonda. Le esperienze
riguardavano direttamente religiosi/e, e hanno toccato la malattia che fa
rimanere immobili su una sedia a rotelle; le comunità e gli istituti
attraversati dalle fragilità più disparate (morali, spirituali, strutturali,
ecc…); l’umanità, ferita e fragile, che si incontra nel ministero apostolico.
2 Scrittore e giornalista fecondissimo. Autore di
migliaia di articoli, di qualche centinaio di opuscoli e saggi, e di oltre
cento volumi. Scrisse di patristica, apologetica, ascetica, agiografia,
ecclesiologia, politica ed anche di narrativa.