UN NUOVO SINODO SPECIALE PER L’AFRICA 

CONTINENTE DA RICONCILIARE

 

Sono varie le ragioni che giustificano questo nuovo sinodo: i problemi relativi alla giustizia nel continente non hanno fatto altro che approfondirsi, così le guerre e gli squilibri sociali, il terrorismo mondiale con il fondamentalismo, soprattutto islamico, oltre alla fioritura delle sette.

 

Nel 2009 ci sarà presumibilmente un secondo sinodo speciale dei vescovi per l’Africa. Già da tempo, dal 27 giugno 2006, si conosce il primo documento preparatorio, chiamato Lineamenta, ossia le grandi linee dell’agenda del sinodo. Tema del sinodo sarà: La chiesa d’Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. L’annuncio, fatto da Giovanni Paolo II e confermato da Benedetto XVI, ha suscitato una certa sorpresa, anche se non sembra aver scosso più di tanto la coscienza ecclesiale in Africa. C’era bisogno di un altro sinodo speciale per l’Africa, mentre quello celebrato nel 1994 non è stato ancora assimilato? Che ragioni hanno richiesto questa nuova assemblea sinodale? Le ragioni non sono state dette dal papa, ma leggendo i Lineamenta è possibile fare delle congetture che non sembrano essere … fuori del mondo.

Il sinodo del 1994 s’era dato un’agenda molto vasta, anche se l’accento principale era sull’evangelizzazione in Africa e sull’impegno per l’inculturazione del messaggio cristiano. La vastità degli argomenti era legata al fatto che il sinodo voleva essere, nell’intenzione dei vescovi africani, una specie di concilio africano. Nasceva da una visione abbastanza ottimistica della situazione della Chiesa in Africa, da una forte soggettività di quelle chiese e da un certo trionfalismo della Santa Sede che da sempre guarda alla chiesa in Africa come alla riserva della speranza. Ma presto l’ottimismo che ne aveva accompagnato la preparazione si dovette ridimensionare nello scontro con la realtà storica del momento. I frutti hanno tardato un po’ a farsi vedere, forse perchè i tempi della ricezione – già di per sé lunghi nella chiesa – si sono rivelati in Africa più lunghi del previsto. Non mancò chi affermava che il sinodo, tenutosi a Roma, era sentito come un avvenimento estraneo e lontano dalle chiese locali. Non credo che tale giudizio fosse vero; più vero mi pare il fatto che il sinodo aveva voluto trattare troppe materie senza riuscire a metterne a fuoco nessuna. Era necessario quindi concentrare l’attenzione delle chiese africane su temi più precisi.

Queste preoccupazioni, colte da Giovanni Paolo II nel corso delle visite ad limina, lo hanno indotto, anche se ormai malato e anziano, a mettere in cantiere un nuovo sinodo per rifare l’esperienza del sinodo e prolungarne gli effetti positivi. Lo si capisce leggendo i Lineamenta del prossimo: «La risposta della Chiesa in Africa a questa esortazione (Ecclesia in Africa, l’esortazione postsinodale del 1995) e i recenti sviluppi di cui è stato protagonista il continente hanno reso urgente la celebrazione di una seconda assemblea del sinodo dei vescovi al fine di esaminare, in maniera più dettagliata, talune questioni già affrontate nella prima assemblea, più specificatamente quelle relative alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace  (n. 3), allo scopo di cercare dei cammini per  “uscire dalla crisi in cui si trova l’Africa (e per) far fronte alle sfide della missione evangelizzatrice della Chiesa che pone la situazione di disumanizzazione e di oppressione che affligge i popoli africani” (n. 1).

 

DI FRONTE

A UNA NUOVA REALTÀ

 

In realtà nel periodo seguito al sinodo del 1994 la situazione socio-politica ed economica del continente africano, già dichiarato da Giovanni Paolo II «un’appendice senza importanza, dimenticata da tutti» (Ecclesia in Africa 40), che non interessava più le potenze mondiali, è andata aggravandosi in modo preoccupante. Anzitutto la catastrofe rwandese, accaduta proprio all’inizio del sinodo 1994, non era che l’inizio di una più vasta conflagrazione che si è diffusa nel cuore dell’Africa. Dal Rwanda il conflitto si è andato progressivamente estendendo: Rwanda, Burundi, RDC con due guerre (1996-97 e 1998-2005) dette appunto “africane” per i molti stati che ne sono stati coinvolti, Costa d’Avorio, Repubblica Centro-africana, Sudan, Darfur e Ciad senza dimenticare gli avvenimenti che hanno riguardato l’Uganda, il Congo Brazzaville, la Guinea Bissau, il Madagascar e, ora anche la Guinea Equatoriale e lo Zimbabwe.

In questo decennio i problemi relativi alla giustizia nel continente non hanno fatto altro che approfondirsi lasciando intravedere un avvenire molto incerto. La corruzione a tutti i livelli e l’insicurezza, l’impunità dei criminali, la cattiva amministrazione e i soprusi sono all’ordine del giorno nella vita di molti paesi africani, già afflitti da problemi strutturali molto gravi come la fame, l’analfabetismo, le malattie endemiche; certe malattie, che si credevano estinte, stanno ritornando come la mortalità infantile, la malattia del sonno, la febbre gialla, la TBC, per non parlare della malaria e dell’AIDS che mietono vittime quotidianamente. L’accesso ai beni di prima necessità, come l’acqua potabile, la terra da coltivare, la scuola di base e la cura della salute, diventa sempre più problematico. Ma il problema che sembra compromettere veramente il futuro dell’Africa sono le guerre civili e le divisioni interne, a sfondo etnico e regionalistico, che pregiudicano lo sviluppo di molte parti del continente. E tutto questo sotto gli occhi di tutti e nell’indifferenza del resto del mondo. Ciò giustifica l’affermazione che troviamo nei Lineamenta che «l’Africa è volutamente dimenticata nella costruzione del mondo d’oggi» (n. 8).

A questi due problemi, le guerre e gli squilibri sociali, si deve oggi aggiungere il terrorismo mondiale con il fondamentalismo, soprattutto islamico, che si ripercuote anche in Africa dove potrebbe trovare una manodopera facile e a buon mercato, come afferma Jean-Paul Ngoupandé, filosofo ed ex-presidente della Repubblica Centroafricana, nel suo libro L’Afrique face à l’islam (Albin Michel Paris 2003). Il fatto che in questi ultimi tempi l’Islam ha ripreso lo slancio di conqui­sta che aveva perduto nei decenni passati, tocca diret­tamente la vita della chiesa africana e potrebbe portarla a chiudersi pericolosamente su se stessa. È  un fatto innegabile che Ecclesia in Africa (n. 66) parlava del dialogo cristiano con l’Islam in un breve paragra­fo carico di ottimismo, mentre oggi quell’ottimismo è drammaticamente cambiato: pare non ci sia più spazio per il dialogo, mentre tutto sembra volgere allo scontro delle civiltà! Insieme con l’islam c’è una fioritura di sette che rubano più cristiani alla chiesa cattolica dello stesso islam!

 

UN SOLO TEMA

ALL’ORDINE DEL GIORNO

 

Tutti questi fatti e fenomeni, qui rapidamente abbozzati, giustificano la convocazione del sinodo dei vescovi, che insieme con il successore di Pietro, cercheranno di affrontare questa volta uno solo dei cinque grandi temi trattati nel sinodo del 1994. Con più modestia e con più profondità, metteranno a fuoco la missione della Chiesa per la riconciliazione in vista della giustizia e della pace; un tema cruciale per il futuro della chiesa e dell’Africa, tout court. Il sinodo non potrà ragionevolmente aprirsi prima dell’autunno del 2009. Ma già ora la macchina preparatoria si è messa in moto e abbiamo tra le mani il testo dei Lineamenta. Il testo è lungo e articolato e merita di essere letto, cosa che qui non è possibile. Mi limiterò a ricordare i titoli dei cinque capitoli che lo compongono. Il primo capitolo, l’Africa all’alba del XXI secolo, presenta un’analisi vasta e dettagliata degli aspetti positivi e negativi che la caratterizzano. Il secondo, Cristo, Parola e Pane di vita, nostro Riconciliatore, nostra Giustizia e nostra Pace, insieme con il terzo, la Chiesa, sacramento di riconciliazione, di giustizia e di pace in Africa, offrono il fondamento teologico della riflessione. Il quarto capitolo presenta la testimonianza di una Chiesa in tutte le sue forze vive che riflette la luce di Cristo sul mondo. Il quinto, infine, considera le risorse spirituali che la Chiesa ha a sua disposizione per la promozione della riconciliazione, della giustizia e della pace in Africa: che sono la spiritualità, la Parola e i sacramenti, soprattutto l’Eucaristia.

 

ANALISI CRITICA

DEI LINEAMENTA

 

Riflettendo insieme ai miei confratelli che lavorano in Burundi e in Congo, i Lineamenta del sinodo sono apparsi un documento importante, anche se poco conosciuto a quasi un anno dalla sua pubblicazione. Esso è accompagnato da un questionario che si propone come uno strumento che facilita la riflessione su questo tema pastorale della chiesa in Africa. Il tema è attuale e tutti ne sentono l’importanza, a condizione che esso sia assunto coscientemente dalle comunità cristiane nella sua fase preparatoria come dopo la celebrazione del sinodo. Non si può che felicitarsi perché la scelta del tema riapre gli orizzonti missionari delle chiese africane, che tendono, ben comprensibilmente, a chiudersi sui propri problemi.

L’analisi della situazione, ampia e dettagliata (nn. 6-23), con cui si apre il testo, è per le comunità cristiane un invito ad approfondirla. Prima di ogni progetto pastorale è necessario, infatti, analizzare la situazione secondo il metodo «vedere-giudicare-agire». Se è permesso fare qualche appunto critico, è facile prevedere che l’analisi proposta dal documento resterà inefficace se non sarà fatta propria dalle comunità cristiane dell’Africa, da coloro che soffrono la situazione e che sono chiamati a essere i protagonisti del cambiamento del continente. L’analisi, per essere vera e fruttuosa, non potrà inoltre limitarsi, come fanno i Lineamenta, a fare la lista dei problemi; deve invece mettere in luce i “sistemi” nei quali i problemi si iscrivono, deve ricercarne le cause e le conseguenze e il legame che le tiene insieme, quei punti nevralgici che sono come i pilastri del sistema di ingiustizia e di oppressione. Non basta neppure denunciare il male se non si annuncia la “lieta notizia” della Pasqua. L’analisi deve infine metter in evidenza le potenzialità dell’Africa – della gente d’Africa – che possono essere la base sulla quale costruire un progetto di cambiamento e rinnovamento sociale. In questo l’analisi dei Lineamenta è, a nostro avviso, ancora carente, ma la riflessione locale la può completare e rendere efficace.

Nel testo dei Lineamenta ci sembra che manchi un’analisi approfondita della mondializzazione o globalizzazione, un fenomeno che interessa tutta l’Africa e di cui essa paga i conti più di altri continenti sul registro « giustizia e pace ». Si tratta di umanizzare questo fenomeno, ormai irreversibile, che non è per sé negativo, ma che può e deve essere trasformato con la forza della solidarietà evangelica. Ora i cristiani africani devono essere coscienti di avere un contributo specifico da offrire con la loro cultura fecondata dalla fede cristiana.

 

DIALOGO

O SCONTRO?

 

Un altro punto debole e carente dei Lineamenta che attende di essere approfondito da parte delle chiese africane è quello del dialogo con le altre religioni non cristiane e in particolare con l’islam e con la religione tradizionale africana. Il tema del dialogo interreligioso in questi ultimi tempi si è fatto molto attuale (nn. 24-29). La Chiesa sa di essere dialogo per il mondo, di avere una Parola che pur venendo dall’Alto, non è per questo chiusa su di sé, ma che suscita il dialogo e chiede quindi alla Chiesa di rimanere sempre aperta a chi cerca la Verità, pronta a condividere la propria ricerca con le altre religioni. I Lineamenta sembrano ridurre il dialogo con le religioni al campo della riconciliazione e della promozione, mentre esso deve essere lo stile proprio del popolo di Dio. Ma non basta neppure dire “dialogo”, come fanno i Lineamenta: si deve scrutare le condizioni per il dialogo e i mezzi per metterlo in opera. Infatti, in questo momento in cui si rischia lo scontro tra le civiltà, c’è il pericolo di cadere anche noi cristiani in forme di fondamentalismo che sono per sé estranee alla nostra fede.

Certo l’islam domanda oggi un’attenzione particolare. Non è il caso però che cadiamo in forme di paura o di emergenza identitaria e militante nei suoi confronti. Meglio sarà che i pastori della Chiesa approfondiscano la fede delle comunità cristiane e la loro capacità di “rendere conto” delle ragioni della loro speranza (1Pt 3,16). Nel campo del dialogo con l’islam l’Africa, infatti, può portare delle esperienze significative e inedite e sarebbe un peccato che questo non venisse preso in considerazione nel momento in cui il sinodo trattasse il problema dell’Islam in vista di una collaborazione per la giustizia e la pace.

Ci sembra poi che il testo dei Lineamenta non dia spazio a un soggetto che nel campo della riconciliazione dovrebbe essere tenuto presente, e cioè le sette, che in Africa stanno moltiplicandosi quasi ovunque con rapidità impressionante. Esse non sono certamente dei luoghi di riconciliazione, non si preoccupano delle riforme strutturali in vista della giustizia e della pace anche se intercettano – meglio di noi – il bisogno di prossimità e di conforto nei momenti difficili della gente. Prima di giudicarle e condannarle dovremmo chiederci il perché della loro fioritura: effetto di un’evangelizzazione di massa? di un’evangelizzazione disincarnata? di un disagio sociale?

 

ATTENZIONE

ALLA RICERCA LOCALE

 

I due capitoli di fondazione teologica (II e III) potrebbero essere più contestualizzati e tenere conto delle ricerche che si stanno facendo in Africa sul ruolo delle conferenze episcopali, delle chiese locali spesso ridotte al rango di chiese minori, sulla giusta autonomia che esse dovrebbero avere, sui ministeri locali, sul ruolo delle comunità ecclesiali di base, presentate solo nella conclusione (n. 91), quando potrebbero essere degli strumenti di evangelizzazione e luoghi di riconciliazione. Il discorso teologico dei Lineamenta sembra svolgersi sulla falsariga di un “pensiero unico” che blocca ogni creatività. Non sarebbe stato il caso che i Lineamenta utilizzassero le due lettere che il SCEAM ha pubblicato, La Chiesa in Africa, una Chiesa-famiglia (Accra 1998) e La Chiesa-Famiglia di Dio, luogo e sacramento del perdono, della riconciliazione e della pace (Doc. Cath. 2262, gennaio 2002, pp. 64-86)? Questi testi avrebbero potuto essere un eccellente punto di partenza per il prossimo sinodo! Così pure l’enfasi sulla dottrina sociale della Chiesa, giusta e doverosa indicazione per l’azione della Chiesa in questo momento in Africa, dovrebbe essere presentata come un invito a contestualizzarla e non come un enunciato universalmente valido (41-52).

Tra le risorse che la Chiesa in Africa ha  a sua disposizione per la sua missione di riconciliazione, ci sono certamente la Parola e l’Eucaristia. Ma bisogna pur chiedersi a quali condizioni la celebrazione eucaristica diventa sacramento di riconciliazione e di liberazione del popolo senza cadere nel ritualismo. E a quali condizioni la Parola può trovare spazio in una cultura che privilegia l’oralità, essere nutrimento di liberazione senza cadere nella trappola del fondamentalismo?

Se i Lineamenta vogliono favorire un ampio dibattito in seno alle chiese locali, bisognerà che si faccia spazio anche a una certa “audacia creatrice”, che francamente in Africa non si vede ancora, in grado di rimettere in discussione abitudini, maniere di fare e di pensare che sono relativamente recenti e quindi difficili da cambiare. La fede dei neofiti ha di solito una resistenza che è più forte della tradizione. Speriamo sia vero quello che dicono i Lineamenta al n. 90: «La libertà è un segno distintivo della spiritualità».

Gabriele Ferrari s.x.