CONVEGNO ISTITUTI VC CONFERENZA UMBRA (1)

PORTATORI DI GIOIA E SPERANZA

 

Il Convegno degli Istituti di vita consacrata della Regione Umbria (Assisi, 5 maggio 2007) ci offre spunti, riflessioni, prospettive riguardanti la vita consacrata sullo sfondo del IV Convegno nazionale della chiesa italiana di Verona dell’ottobre scorso.

 

Si sono ormai spenti i riflettori sul IV Convegno ecclesiale di Verona, celebrato nei giorni 16-20 ottobre 2006 sul tema Testimoni di Gesù risorto speranza del mondo. Si sono spente anche le letture di comodo del convegno, in particolare quelle letture che amavano le contrapposizioni tra i protagonisti dell’evento o ipotizzavano una Chiesa incapace di intercettare la cultura di una società, quella italiana, profondamente cambiata così radicalmente da risultare estranea. Se tutto ciò si è spento, occorre dare atto che non è così del tema del convegno, delle prospettive che là sono state elaborate, dei nuovi stili e delle nuove azioni che Verona ha prospettato e di cui la Chiesa ha bisogno per stare dentro il vissuto di un paese in profondo mutamento.

Lo scopo di questi brevi appunti è di rivisitare il convegno, come persone consacrate, lasciandoci incrociare dai cammini che la chiesa italiana sta facendo e con questa Chiesa accogliere le sfide in essi iscritte e dare il nostro contributo alla loro soluzione.

Voglio partire da un passaggio del discorso del papa tenuto all’assemblea riunita nel salone della Fiera. Lo propongo subito per riprenderlo, poi, alla conclusione. Quanto dirò intende iscriversi nelle parole del papa, parole che hanno una intonazione programmatica: indicano la strada da percorrere per l’evangelizzazione in Italia. Il papa sta commentando la Prima Lettera di san Pietro, scelta quale guida biblica per il cammino del convegno, nel punto dove si dice che dobbiamo essere sempre pronti a dare risposta a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (1 Pt 3,15). Dobbiamo rispondere, dice san Pietro, “con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza” (3,15-16). «Dobbiamo farlo – commenta Benedetto XVI – a tutto campo, sul piano del pensiero e dell’azione, dei comportamenti personali e della testimonianza pubblica. La forte unità che si è realizzata nella Chiesa dei primi secoli tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti ha reso possibile la prima grande espansione missionaria del cristianesimo nel mondo ellenistico-romano. Così è avvenuto anche in seguito, in diversi contesti culturali e situazioni storiche. Questa rimane la strada maestra per l’evangelizzazione: il Signore ci guidi a vivere questa unità tra verità e amore nelle condizioni proprie del nostro tempo, per l’evangelizzazione dell’Italia e del mondo di oggi».1 Ecco le coordinate che dovrebbero caratterizzare il comune progetto di evangelizzazione in Italia: «una forte unità tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai

sofferenti».

 

I CONVEGNI

E GLI ISTITUTI DI VC

 

Il convegno celebrato a Verona è stato il IV della serie. Il primo era stato celebrato a Roma nel 1976 e si era svolto sul tema Evangelizzazione e promozione umana (352 religiosi/e presenti su 1653 partecipanti); il secondo si era tenuto a Loreto nel 1985 e nella cittadina mariana i partecipanti erano stati invitati a interrogarsi sul tema: Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini; il terzo ha visto la chiesa italiana riunirsi a Palermo nel novembre del 1995, per trattare il tema: Il Vangelo della carità per una nuova società italiana. Il Convegno di Verona ha approfondito il tema: Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo (religiosi/e presenti 322 su 2723 partecipanti).

Per la chiesa italiana si è trattato di «momenti importanti nei quali ha ricevuto e vissuto il messaggio di rinnovamento venuto dal concilio»: si è trattato di «tradurre il concilio in italiano».2 E il papa, nel discorso alla Fiera: «Questo IV Convegno nazionale è una nuova tappa del cammino di attuazione del Vaticano II, che la chiesa italiana ha intrapreso fin dagli anni immediatamente successivi al grande concilio: un cammino di comunione (…), un cammino proteso all’evangelizzazione (…); una tenace testimonianza di amore per l’Italia e di operosa sollecitudine per il bene dei suoi figli» (ivi, 671).

I temi trattati nei quattro convegni – promozione umana, riconciliazione, verso una nuova società, Cristo risorto speranza del mondo – indicano i percorsi della chiesa italiana nell’attuazione della sua missione. Sono temi profondamente coinvolgenti la vita consacrata, che ha come suo programma la sequela e la testimonianza dello stile di vita di Cristo per offrire agli uomini di oggi concrete e significative proposte culturali di vita nuova (cf. VC 80-83). Se è vero quanto dicia­mo della vita consacrata, allora è fuori di ogni dubbio che nei percorsi della chiesa italiana la vita consacrata è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale. In una Chiesa che mette al primo posto l’evangelizzazione, che si propone come “comunione missionaria”, la vita consacrata è di casa. Il tema posto al centro dell’attenzione del convegno di Verona (Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo) interpella in modo del tutto particolare la vita consacrata. Giovanni Paolo II nell’esortazione Vita consecrata colloca la nostra forma di vita cristiana sulla strada che dal Tabor porta al Calvario. Quello della vita consacrata, scrive il papa, è un impegnativo “cammino esodale”, che, visto dalla prospettiva del Tabor, appare come un cammino posto tra due luci: la luce anticipatrice della Trasfigurazione e quella definitiva della risurrezione. La vocazione alla vita consacrata – sono sempre parole di Giovanni Paolo II – nonostante le sue rinunce e le sue prove, e anzi in forza di esse, è cammino di luce, sul quale veglia lo sguardo del Redentore» (VC, 104-105). Si tratta di ripartire dal Risorto. La chiesa italiana riunita a Verona, parlandoci del suo impegno di voler essere testimone di Gesù risorto speranza del mondo, ci invita a camminare insieme a tanti fratelli e sorelle per comunicare la nostra esperienza con il Risorto, la relazione viva che abbiamo con lui. Ecco allora il nostro compito all’interno del popolo di Dio, nelle chiese dove siamo presenti: con la nostra consacrazione diventare donne e uomini nuovi, testimoni del Risorto, portatori della gioia e della speranza che scaturiscono dalla risurrezione, in quel piccolo brano di mondo entro il quale quotidianamente operiamo. Se dalle persone consacrate ci si aspetta che siano «esperte di comunione e che ne pratichino la spiritualità» (VC 46), oggi dobbiamo aggiungere che da queste stesse persone ci si attende che siano testimoni del Risorto e della sua novità di vita.

 

LA PAROLA DI DIO

AL CONVEGNO DI VERONA

 

Nel Convegno di Verona la parola di Dio ha avuto un posto fondamentale. La Prima Lettera di Pietro ha costituito l’asse portante dell’itinerario di preparazione. Lungo il convegno la Parola è stata proclamata, ascoltata, celebrata, nella consapevolezza che «Cristo è presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» (SC 7). Si è cercato di vedere nella parola del Signore come una bussola che orienta il cammino. Nell’omelia del papa allo stadio, risonanza limpida e incoraggiante della Parola proclamata in quella liturgia, il convegno ha trovato un aiuto per interpretare gli eventi della vita e della storia alla luce della fede. Quella del papa è stata un’omelia da riprendere con intelligenza e amore. Benedetto XVI ha proclamato con forza che la risurrezione di Cristo è la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. Ha poi indicato la Chiesa come la “primizia di questa trasformazione” e la novità sorprendente della vita del credente innestato nella risurrezione. Vale la pena riascoltare la spiegazione del logo del Convegno: «Testimoni di Gesù risorto»: «Quel di – spiegava il papa – va capito bene. Vuol dire che il testimone è di Gesù risorto, cioè appartiene a lui, e proprio in quanto tale può rendergli valida testimonianza, può parlare di lui, farlo conoscere, condurre a lui, trasmettere la sua presenza. È esattamente il contrario di quello che avviene per l’altra espressione: “speranza del mondo”. Qui la preposizione del non indica affatto appartenenza, perché Cristo non è del mondo, come pure i cristiani non devono essere del mondo. La speranza, che è Cristo, è nel mondo, è per il mondo, ma lo è proprio perché Cristo è di Dio, è il “santo”. Cristo è speranza per il mondo perché è risorto, ed è risorto perché è Dio. Anche i cristiani possono portare al mondo la speranza, perché sono di Cristo e di Dio nella misura in cui muoiono con lui al peccato e risorgono con lui alla vita nuova dell’amore, del perdono, del servizio, della non violenza (…). Solo se, come Cristo, non sono del mondo, i cristiani possono essere speranza nel mondo e per il mondo».3

Benedetto XVI augurava alla chiesa italiana di partire dal convegno «sospinta dalla parola del Signore risorto».

L’augurio cadeva in un terreno dissodato. Il martedì 17 ottobre, secondo giorno del convegno, il monaco camaldolese dom Franco Mosconi nella meditazione proposta all’assemblea all’apertura dei lavori, a un certo punto diceva: «Ora sarebbe il caso di domandarci a quarant’anni dalla Dei verbum: cosa ne abbiamo fatto della Parola?». Il profondo silenzio che teneva unita l’assemblea fu attraversato da un brivido, fu percorso da un brusio che lasciava intendere che era stata posta una questione cruciale. A distanza di oltre 40 anni dal Vaticano II, quali frutti ha portato il documento conciliare Dei verbum nelle nostre comunità, qual è stata la sua accoglienza?

Nei monasteri, lo si sa, la parola di Dio è di casa. È dall’esperienza monastica che è fiorita la Lectio divina, che oggi lo Spirito, tramite il magistero, propone al clero, alle comunità parrocchiali, ai movimenti, alle famiglie e ai giovani. «La novità della Lectio nel popolo di Dio – si legge nei Lineamenta preparati per la XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa – richiede una formazione illuminata, paziente e continua tra i presbiteri, tra le persone di vita consacrata e i laici, in modo da giungere a una condivisione delle esperienze di Dio motivate dalla Parola ascoltata» (25; cf. VC 94).

Come consacrati/e, non possiamo sfuggire all’interrogativo: quale posto ha la parola di Dio nella nostra vita: nella preghiera, nel discernimento comunitario, nell’aggiornamento…?. Nel cammino che la Parola è chiamata a compiere nel popolo di Dio un ruolo specifico spetta a noi, persone di vita consacrata. Si legge nei Lineamenta appena citati: «Le persone di vita consacrata “abbiano quotidianamente tra le mani la Sacra Scrittura, affinché dalla lettura e dalla meditazione dei Libri Sacri imparino “la sovreminente scienza di Gesù Cristo” (Fil 3,8) (PC 6) e trovino rinnovato slancio nel loro compito di educazione e di evangelizzazione specie dei poveri, dei piccoli e degli ultimi» (27). Va accolto l’invito dei Lineamenta: facciamo diventare il testo biblico oggetto di una quotidiana “ruminazione”. Quando l’uomo inizia a leggere le divine Scritture – riteneva sant’Ambrogio – Dio torna a passeggiare con lui nel paradiso terrestre (Ep. 49, 3: PL 16, 1154B).

Un lavoro concreto ci attende, sulla base dei Lineamenta di preparazione del sinodo dei vescovi che si terrà nell’ottobre del 2008. Nel questionario proposto nei Lineamenta, ci sono domande rivolte direttamente ai consacrati: «Quale relazione va pensata tra parola di Dio e vita consacrata? Di quali orientamenti abbiamo oggi bisogno a riguardo della parola di Dio? Quale importanza viene data alla parola di Dio nella vita delle nostre comunità? Siamo formati adeguatamente e con aggiornamento continuo all’animazione biblica della pastorale? Quale relazione c’è tra parola di Dio, liturgia e preghiera? Qual è l’impatto della Sacra Scrittura sulla vita spirituale delle persone consacrate? C’è largo accesso alla Scrittura?». Lasciamoci coinvolgere, prepariamo le nostre risposte!

 

Agostino Montan

 

1 Cf. Regno-documenti, 51 (2006) 674-675.

2 Tettamanzi D., «Prolusione al Convegno di Verona», in Regno-documenti 51 (2006) 602.

3 Cf. Regno-documenti, 51 (2006) 678.