I RAPPORTI CINA-VATICANO

QUALI ANCORA GLI OSTACOLI?

 

Questo commento è stato inviato dall’interno della Cina all’agenzia cattolica di Hong Kong, Ucan (Union of Catholic Asian News), da un sacerdote che ha chiesto di rimanere anonimo.

 

Nel 1999 i rapporti tra la Cina e il Vaticano cominciarono a distendersi e poco alla volta furono avviati dei dialoghi bilaterali. Da allora ebbe luogo una serie di sviluppi gradevoli e amichevoli, ma ci furono anche delle incomprensioni e dei conflitti spiacevoli.

Mentre la comunità internazionale guardò con speranza a questo clima di cordialità delle due parti, delle incomprensioni e conflitti provocarono una forte sofferenza e del danno alla Chiesa della Cina e alla Chiesa universale.

La Cina e la Santa Sede, il paese più popoloso e quello meno popoloso del mondo, ebbero un notevole influsso sul piano internazionale. Pertanto, che cosa impedisce loro di allacciare rapporti diplomatici?

Fin dall’inizio, il governo centrale cinese ha manifestato un sincero desiderio di coltivare rapporti normali con la Santa Sede, ma insistendo su due fondamentali condizioni. Primo: il Vaticano deve sciogliere i suoi “rapporti diplomatici” con Taiwan e riconoscere la Repubblica popolare cinese come l’unico legittimo governo della Cina. Secondo: il Vaticano non deve interferire negli affari interni della Cina, incluso tutto ciò che potrebbe essere intrapreso in nome della religione.

Anche il Vaticano ha ripetutamente espresso il desiderio di stabilire rapporti diplomatici il più presto possibile.

Che cosa vogliono dire realmente i due principi fondamentali posti dal governo cinese? Perché la Cina e il Vaticano non hanno ancora allacciato rapporti diplomatici, anzi sono sorti nuovi conflitti? Il problema di Taiwan rappresenta chiaramente una delle preoccupazioni del governo. Più cruciale ancora è il problema della scelta e della nomina dei vescovi che, probabilmente è una lotta di potere la cui soluzione richiede una più chiara definizione di cosa s’intende con “affari interni” e dell’ambito della fede.

Questo problema riflette in sostanza la diversità di giudizio da parte della politica e della fede tra la cultura cinese e quella occidentale e deriva dalla loro ostilità.

Per esempio, ognuna delle due parti ha nominato i propri vescovi senza il previo consenso dell’altra parte. Con queste iniziative, ognuna ha costretto l’altra ad accettare le proprie decisioni. La Cina lo ha fatto per salvaguardare la sua dignità nazionale, mentre la Chiesa la ha fatto in ossequio ai suoi principi. Questi conflitti sono delle evidenti indicazioni della loro reciproca sfiducia, incomprensione e ostilità.

La Cina e il Vaticano non sono ancora in grado di “decifrare” in maniera precisa le loro reciproche attese. La Cina non capisce la fede cattolica e la Santa Sede non comprende la politica cinese. Ambedue le parti sono circospette e persino ostili tra di loro.

La Cina e il Vaticano innegabilmente hanno la buona volontà di allacciare al più presto dei legami diplomatici. Come Giovanni Paolo II, anche Benedetto XVI e alcuni ufficiali vaticani hanno espresso la loro seria preoccupazione per la Cina. Essi parlano con grande rispetto e passione del suo miliardo e 300 milioni di abitanti.

Tuttavia, quando si esaminano i commenti di certe persone di Chiesa sia all’interno che all’esterno della Cina e anche dai mezzi di comunicazione di oltremare, si costata che nelle loro relazioni e analisi si parla chiaramente di “persecuzione religiosa” della Cina. Anche se l’aspro linguaggio anticomunista del secolo scorso è scomparso, persiste tuttavia un atteggiamento scettico, diffidente e ostile. Certi rapporti falsi e infondati hanno suscitato problemi e confusione nell’animo del popolo cinese. La Chiesa qui, come anche altrove, è diversa da un luogo all’altro e il paese deve ancora superare il gap che lo separa dalle nazioni occidentali per quanto riguarda la democrazia. Anche gli sviluppi favorevoli maturati in Cina e nella chiesa locale in questi ultimi anni spesso non sono riusciti a produrre commenti positivi e il riconoscimento da parte della Chiesa nei media d’oltremare.

A prescindere dalla decisa volontà della Santa Sede di voler allacciare rapporti diplomatici, non è di aiuto se alcuni media della Chiesa e persone di Chiesa continuano a provocare la Cina con parole e fatti di ostilità e di sfiducia.

Un comportamento del genere non fa che intensificare lo scontro e approfondire le incomprensioni tra le due parti. Inoltre, il governo e la società cinesi hanno purtroppo l’impressione che la Santa Sede dica una cosa davanti e un’altra dietro le spalle.

La conseguenza è che il governo cinese non si fida della Santa Sede ed emergono nuove crisi, e la Chiesa in Cina ne diventa inspiegabilmente il capro espiatorio.

Nell’oltremare, coloro che godono della libertà di stampa pensano che i loro commenti difendano la libertà religiosa e di parlare in nome della Chiesa in Cina. In realtà, i loro sforzi contraddicono le loro buone intenzioni e inoltre impediscono lo stabilirsi dei rapporti Cina-Vaticano.

La Chiesa in Cina ha sempre fermamente professato la sua fede nella “Chiesa una, santa, cattolica e apostolica” e ha sempre affermato che “il papa è la più alta autorità spirituale della chiesa cattolica universale”. Ciò nonostante, quando nascono dei conflitti tra politica e religione, il governo cinese tende a considerare il Vaticano così come vede le forze anti-cinesi e anti-comuniste di oltremare.

Se la Santa Sede è determinata a stabilire rapporti diplomatici con Pechino deve trattare la Cina come un partner con cui collaborare e un amico, non come un avversario e un nemico. La Chiesa d’oltremare deve anche imparare a capire la Cina e i suoi limiti e ad apprezzare lo sviluppo che il paese sta assumendo.

Allo stessa maniera, i tutti i cattolici della Cina devono rafforzarsi psicologicamente a vicenda. Dovrebbero tenere conto della situazione globale come pure tenere presenti i principi cardinali e rispondere all’invito del papa. Dovrebbero guardare con favore e prepararsi attivamente alla creazione dei rapporti tra Cina e Vaticano.

Attualmente sarebbe saggio che la Santa Sede desse alla Chiesa dentro e fuori la Cina dei chiari principi guida, o almeno un preciso orientamento Ogni gesto amichevole benefico alla riconciliazione tra Cina e Vaticano non sarà letto scorrettamente come “un’interferenza negli affari interni”. Al contrario, sarebbe bene accolto e apprezzato dalla società cinese.

La speranza di molti è che la Cina e il Vaticano abbiano ad eliminare l’ostilità, ricostruire la fiducia, stabilire l’amicizia e sviluppare normali relazioni diplomatiche il più presto possibile.