AUMENTANO LE CONVERSIONI
ESSERE CRISTIANI IN CINA
È di prossima pubblicazione la lettera di Benedetto XVI alle comunità
cristiane in Cina. Cresce il numero dei battezzati, soprattutto negli ambienti
intellettuali: è l’inizio di una nuova primavera ecclesiale.
Annunciata da mesi, appare ormai imminente la
pubblicazione della lettera che Benedetto XVI indirizzerà alla grande comunità
cristiana presente nella Repubblica popolare cinese. Secondo alcune
indiscrezioni, il contenuto toccherà controverse questioni, con l’obiettivo di
facilitare «la pacifica e fruttuosa vita della fede nella Chiesa e lavorare
assieme per il bene del popolo cinese».
In altri termini, pur avendo presente le delicate
relazioni con il governo (rimarcando “prudentemente”, per esempio, il fatto che
i vescovi sono tenuti a seguire le indicazioni e l’assenso della Santa Sede
prima di qualsiasi ordinazione episcopale e chiarendo la posizione della Santa
Sede nei confronti dell’Associazione patriottica e la Chiesa filogovernativa),
Benedetto XVI prenderà in seria considerazione la situazione concreta di tanti
cattolici cinesi.
La Chiesa in Cina è attualmente ancora divisa tra la
cosiddetta “chiesa patriottica” riconosciuta dal governo cinese e quella
“clandestina” più vicina alla Santa Sede. Stando agli ultimi ufficiali rilievi
statistici, alla chiesa patriottica aderiscono circa 5 milioni di cattolici,
mentre a quella clandestina sono legati oltre dieci milioni di persone. Il
governo computa ufficialmente 21 milioni di cristiani, fra cattolici e
protestanti, circa 1,6 % della popolazione. Ma altre indagini non governative
prospettano numeri molto più elevati: la presenza dei cristiani raggrupperebbe
all’incirca 80 milioni di persone, ovverosia il 6 % della popolazione cinese.1
Certamente il raffronto fra dati così contrastanti merita
un’analisi più approfondita che qui non possiamo affrontare e discutere, ma su
un punto entrambi convergono: è in costante aumento la domanda di ammissione
alla religione cristiana.
Un vecchio pastore cinese di 85 anni paragona l’attuale
contesto ecclesiale cinese a quello dei primi cristiani, allorquando essi erano
vittime della repressione dell’impero romano, e così conclude la sua disanima:
«Per ironia della sorte, quanto più è stato cruento e capillare il desiderio di
controllare la Chiesa da parte del governo, tanto più è aumentata quella chiesa
domestica così osteggiata dalla persecuzione maoista iniziata negli scorsi anni
‘50».
IL FASCINO CRISTIANO
NELLA CLASSE INTELLETTUALE
Fino alle soglie dell’anno 2000 la maggior parte dei
cristiani cinesi risiedeva nelle zone rurali; i centri urbani e le grandi
metropoli erano toccate solo marginalmente dalla loro presenza. Ma
l’accelerazione verso la cosiddetta economia di mercato ha favorito
inaspettatamente il crescente interesse per il cristianesimo e i suoi valori.
Ciò che gli analisti fanno emergere come dato sorprendente è che la fede
cristiana fa breccia non solo nella gente semplice, ma nella classe media della
società cinese e, in particolare, fra gli intellettuali.
La conversione di molti cinesi al cristianesimo è
favorita da alcuni fenomeni sociali.
Il primo di questi è la cosiddetta “migrazione interna”,
cioè lo spostamento in massa di gruppi verso le grandi metropoli. Le ragioni
dello spostamento sono da attribuire a molteplici cause: la mancanza di lavoro,
la ricerca di condizioni economiche migliori, la possibilità di intraprendere
studi e la carriera universitaria ecc. È lo scrittore pechinese Yu Jie,
convertitosi al cristianesimo nel 2003, ad averne evidenziato il fenomeno:
«Prima dell’anno 2000, la maggior parte dei cristiani risiedeva nella zone
rurali. Dopo il 2000 i cristiani si sono spostati verso i grandi centri urbani
come Pechino, Shangai e Canton e così il cristianesimo ha cominciato a
conquistare gli intellettuali delle grandi metropoli».2
Le motivazioni per cui gli intellettuali scelgono il
cristianesimo sono varie. Di certo si tratta sempre di qualcosa che ha toccato
nell’intimo la vita delle persone. Ma l’adesione alla fede cristiana non si
ferma nell’intimo dei cuori: essa assume anche dimensioni “politiche”. I cinesi
convertitesi di recente sono fermamente convinti che il cristianesimo contenga
una «forza di sviluppo intellettuale, economico e sociale». Essi affermano:
«Una società senza religione non può offrire una buona democrazia e tanto meno
un reale progresso di modernizzazione», auspicata da più parti nei riguardi
della classe dirigente attuale. Alla luce di questo, molti intellettuali hanno
compreso con lucida consapevolezza come l’essere cristiano non inficia il bene
comune, anzi lo rende autentico.
ESSERE CRISTIANI
NELLA «SOCIETÀ ARMONIOSA»
Wen Jiabao, attuale premier del Consiglio di Stato della
Repubblica popolare cinese, ha avviato un progetto politico denominato “società
armoniosa”, promettendo fondi per l’educazione e i contadini, lottando contro
l’abisso fra ricchi e poveri e avviando riforme economiche per un progresso
sostenibile da tutti e per tutti. In margine a questo, non si possono tacere
alcune pesanti ombre, come per esempio il divieto di mettere in discussione
venti temi, tra i quali i diritti umani, la giustizia, la libertà religiosa.
Eppure i cristiani convertiti non temono di esporsi per
la causa della giustizia e dei diritti delle persone. Numerosi sono gli esempi
di avvocati passati al cristianesimo che si battono per ottenere giustizia,
offrendo gratuitamente assistenza nei tribunali, e senza tener conto
dell’appartenenza religiosa degli imputati.
Ciò che affascina le persone convertite, è la libertà di
pensiero che si respira nel cristianesimo e che può correre parallela alla fede
personale. Ma si possono aggiungere altri valori (quasi scontati per la nostra
società occidentale) quali la solidarietà e la fraternità universale e che
divengono baluardo di lotta intellettuale per la realizzazione di quella
società armoniosa che – ironia della sorte – il governo stesso propone.
PROTESTA INTERIORE
DEI GIOVANI CRISTIANI CINESI
La migrazione interna e il fascino dei valori cristiani
sulla classe intellettuale sono due realtà che contraddistinguono oggi la
presenza dei cattolici in Cina. Ma non solo questo. Alla fine degli anni ’80,
quando fu concessa la possibilità dell’espatrio per motivi di studio o di
lavoro, molti giovani cinesi emigrarono nell’America del nord. Il contatto con
culture e religioni differenti favorì una benevola accoglienza dello spirito
cristiano, tanto che agli occhi delle giovani generazioni cinesi gli stessi
cristiani vennero definiti come “gente simpatica”.
Così, ritornando in patria, per quei cinesi che si erano
avvicinati e confrontati con i valori e la testimonianza dei cristiani fu
abbastanza naturale mettere in discussione i principi e la vita sulla quale si
era fin lì basata la loro educazione.
Ancora oggi l’adesione al cristianesimo passa attraverso
la testimonianza personale, favorita dagli scambi internazionali ma anche dalla
frequentazione degli ambienti universitari. Per esempio, molti giovani si
avvicinano alla religione o perché nei primi anni universitari incontrano
cristiani o perché hanno la possibilità di leggere e di sviluppare la ricerca
universitaria. E ciò avviene anche se sussiste il divieto nei campus
universitari di costituire gruppi di preghiera o biblici, pena la rappresaglia
e l’espulsione dall’università.
Dunque, per molti cinesi l’appartenenza al partito
comunista più che ideologica è utilitaristica, poiché permette di muoversi
tranquillamente nella società cinese e di accedere a servizi altrimenti
impossibili, ma di fatto numerosi giovani cinesi (e non) aderiscono al
cristianesimo, poiché in esso vi trovano una sorta di forza e ribellione
interiore a un sistema sociale in cui non si riconoscono.
Più che protestare apertamente contro il partito e le sue
vessazioni, molti preferiscono leggere la presenza onnicomprensiva del partito
comunista come una tappa necessaria del loro cammino di fede, e di cui la
Provvidenza si serve. Per esempio, una ragazza cinese specializzanda in
medicina così scrive: «Il disegno che Dio ha scelto per me è quello di
alleviare la sofferenza di molte persone, mediante le cure mediche; l’essere
divenuta membro del partito è una tappa di questo cammino».
CRISTIANI
OGGI E DOMANI
Come si è potuto evidenziare, la conversione al
cristianesimo nasce indiscutibilmente da motivazioni interiori, ma è stata pure
facilitata da circostanze esterne quali gli incontri e il contatto personale
con cristiani e dal fascino dei valori cristiani. Indubbiamente il senso di
freschezza, rispetto e libertà del cristianesimo a fronte del modello
societario imposto dal governo comunista rappresentano una buona strada di
evangelizzazione.
Rimangono aperte e da risolvere alcune questioni dentro
la chiesa cinese stessa. In primo luogo, il rapporto tra chiesa ufficiale e
quella clandestina, poiché si corre il rischio di una irreversibile spaccatura.
A livello pastorale, sarà necessario colmare il forte
divario esistente tra cristiani che vivono in ambienti rurali e quindi legati a
una fede più “emozionale” e cristiani delle metropoli la cui fede è anche
pensiero e democrazia. Secondo gli esperti, il futuro della Chiesa in Cina si
giocherà proprio sul terreno del rapporto tra Chiesa e democrazia. In terzo
luogo, l’aumento consistente delle conversioni al cristianesimo rischia di
portare molte persone alla deriva fondamentalista. Da qui l’importanza della
formazione di sacerdoti, laici e catechisti come uno degli impegni prioritari.
Infine, non è da sottovalutare il fascino esterno della
cultura di mercato la quale, oltre ad aumentare il divario tra ricchi e poveri,
allontana gli stessi cristiani dalla pratica della fede. Durante le recenti
festività pasquali, il vescovo di Shangai ha rivolto un pressante monito a «non
lasciarsi tentare dal materialismo, ma dedicare la vita alla carità e
all’evangelizzazione perché solo così si vive il mistero pasquale e la fede
cristiana» (Asia News).
«Dopo decenni di martirio – scrive Bernardo Cervellera –
la Chiesa di Cina è più viva che mai: crescono le vocazioni al sacerdozio,
tanto che in molte diocesi l’età media dei sacerdoti è sui 34-35 anni; in molte
aree fioriscono vocazioni religiose femminili a carattere diocesano. E anche se
rimane il divieto governativo a far nascere e radunare vocazioni religiose
maschili, molti sacerdoti vivono seguendo una regola monastica. La Chiesa
risponde al grido silenzioso nel cuore della gente, alla sete di Dio che sta
investendo il paese. In più, i cristiani mostrano che una sana collaborazione
fra la fede e la ragione migliora la vita umana e incoraggia il rispetto per la
creazione».3
È l’inizio di una nuova primavera per la Chiesa che vive
in Cina.
1 Cf. D. Aikman, Jesus in Beijing: How
Christianity is Transforming China and Changing to Global Balance of Power, Regnery
Publishing Inc., Washington (DC) 2003, 344.
2 Cf. L. Hook, «Les conversions au
christianisme se multiplient dans les grandes villes chinoises», EDA 459 (2007)
10-14.
3 Cf. B. Cervellera, «A Pechino migliaia di battesimi;
nel Zhejiang prigione per due sacerdoti», in www.AsiaNews.it, 10/04/2007.